Scheda Città | Bari | |
---|---|---|
Famiglie | Nel 1318, l’Università compilò un quaderno di apprezzo super facultatibus nobilium singulorum, in cui censiva i vigneti e gli oliveti posseduti dall’aristocrazia barese e dagli enti religiosi (CDB XVI, n. 43, a. 1318; CDB XVIII, n. 7, a. 1343). Si ha notizia di altri due quinterni appretii bonorum nobilium, compilati nel 1536 e nel 1563, in cui si elencano dettagliatamente tutti i nobili baresi con i rispettivi beni (Massilla [ed. Bonazzi 1881], docc. III e IV). Nel 1570, invece, a seguito della Capitolazione della città di Bari compilata dal regio commissario Livio Margarita, venne stilato l’elenco ufficiale, trascritto nel Libro Rosso della città, detto il Messaletto, degli ascritti alle due piazze, che potevano godere di tutti gli onori e i benefici relativi (Massilla [ed. Bonazzi 1881], doc. VI). Sulla base di questi censimenti, il giurista Vincenzo Massilla, Uditore collaterale di Bona Sforza ed egli stesso aggregato alla nobiltà di Bari nel 1530, nel 1567 scrisse la Cronaca delle famiglie nobili baresi. Il giurista principia dalle otto nobili famiglie greche le cui origini risalivano alla dominazione bizantina, e di cui solo le prime quattro erano ancora esistenti al tempo dello scrittore: Dottula, Effrem, Elia o Chiurlia, Gizzinosi, Giannaci, Sergii, Carofigli, Amorosi. Queste famiglie spesso facevano precedere al proprio nome o a quello di famiglia la parola greca Kyri, per sottolineare la propria nobiltà. La famiglia di cui si hanno più antiche memorie è quella dei Dottula, la cui prima attestazione in Puglia risalirebbe al VII secolo. Tra XIII e XV secolo era feudataria di Monterone e Valenzano; membri della famiglia furono nell’Ordine Gerosolimitano. La famiglia Abenante, di origine calabrese, ebbe dimora a Bari con Pietro Antonio Abenante che soggiornò dal 1555 al 1557 presso la corte di Bona Sforza della quale era stato governatore generale e dalla quale era stato inviato nel 1552 a Rossano con 300 uomini per difendere la città dalle incursioni dei pirati, fortificandola con artiglierie e munizioni. Abenante aveva fatto porre un'iscrizione sulla Porta Melissa che, restaurata, aveva cambiato nome in Porta Bona in onore della regina di Polonia e principessa di Rossano. Tuttavia, negli anni Sessanta del XVI secolo dopo la morte di Bona Sforza, Pietro Antonio, insieme ai figli Ottavio, Lelio e Marzio, fu accusato di eresia e la denuncia al Sant’Uffizio con il relativo procedimento inquisitoriale segnò irrimediabilmente il destino di questo ramo della famiglia. La famiglia Chiurlia fu detentrice dell’ufficio di Gran Protonotario e feudataria di Modugno, Montenato, Bitetto. Un ramo si staccò trasferendosi a Giovinazzo: possedeva i feudi di Cellino, Lizzano, Lizzaniello, Roccaforzata. Il ramo di Bari si estinse alla fine del XVI secolo. La famiglia Carofigli, imparentata con i Bozzuto di Napoli, possedeva dei palazzi nel Largo del Castello. Un Franco lasciò un legato testamentario per l’ospedale di San Tommaso, e per la costruzione di una chiesa dedicata a Santa Caterina, che Giosuè Ruggero, su concessione di Isabella d’Aragona, avrebbe poi fatto abbattere per costruire un palazzo passato poi in possesso dell’Univeristà. La famiglia Giannaci patrocinò, invece, la costruzione di una chiesa intitolata a Santa Maria de Kyri Jannace. Le altre famiglie nobili descritte da Massilla sono: Casamassima, De Rossi, Marsilia, Lamberti, Affatati, Carducci, Arcamoni, Gerondi, Tresca, Taurisani, Charis, Gliri, Carettoni, Pascalini, Ventura, Reina, Boccapianola, Opula e Massilla. La famiglia Lamberti, di origine bolognese, ebbe tra i suoi membri l’abate Cola, che alla metà del XV secolo fu nominato priore della basilica di San Nicola. Giovan Giacomo Affatati fu, invece, tesoriere di Bona Sforza; venuto in contrasto con Ludovico de Alifio, luogotenente di Bona in Italia, fu da questi catturato e imprigionato in Lituania. La famiglia Carducci giunse a Bari da Firenze alla metà del XV secolo, e si imparentò con i Giannaci. Gli Aracamone, nobili napoletani del Seggio di Montagna, giunsero a Bari alla fine del XIV secolo, quando furono investiti da Carlo di Durazzo di Bitetto, Balzano e Ceglie. I Girondi sarebbero stati di origine francese; si impiantarono dapprima a Squillace, e da lì si spostarono a Monopoli e, infine, a Bari quando acquisirono il casale di Canneto e si imparentarono con i Dottula. Un membro dei Charis fu tra i marinai che trasportarono a Bari il corpo di San Nicola. Un Antonio, invece, fu vescovo di Castellaneta e Nardò, e cappellano di re Ferrante. Un Cola Maria fu musico e sopracuoco di Bona Sforza. La famiglia Ventura, originaria di Salerno, si trapiantò in Terra d’Otranto avendo ricevuto da Giovanna II i feudi di Morice e Palmerice. Più tardi si diramò in Modugno, Bari, Taranto e Trani, ascrivendosi ai seggi nobili di tutte le città. Spinetta Ventura fu uomo d’arme dell’esercito di Fabrizio Colonna e cortigiano di Alfonso II. I Reina giunsero a Bari dalla Lombardia al seguito di Isabella d’Aragona, imparentandosi con i Marsilia e i Tresca. Dai capitoli presentati a re Ferrante nel novembre 1463 emergono, altresì, i nomi di altri cittadini, probabilmente appartenenti al popolo, inclusi nelle grazie e privilegi particolari: lo spectabile Ambrogio Perrense di Ruvo, l’egregio notar Giacomo di Castellaneta, doganieri; Roberto Perillo, che era stato al servizio di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo per ventitré anni; Signorino di Bari, detentore del feudo Contessa di Vico; Leone di Bacco, cittadino di Trani ma abitante a Bari; i figli di Brigobisso Plumbarolo di Venosa; Damiano de Alemagna (per la famiglia cfr. scheda Alemagna). | |
Personaggi illustri | Giovanni Antonio Orsini Del Balzo Ludovico Maria Sforza | |
Colonie mercantili e minoranze | La colonia mercantile fiorentina ebbe la facoltà di eleggere un console a Bari prima del 1345, anno in cui la concessione fu rinnovata (Vitale 1912, 37). Come nelle altre città pugliesi, stabile e potente era la colonia veneziana, affiancata, nel corso del XV secolo da quella milanese, impiantata già prima del dominio sforzesco. Nei capitoli, presentati a Ferrante nel 1463, i mercanti veneti e milanesi vengono salvaguardati nel saldo dei loro crediti accesi nei confronti del defunto principe di Taranto. Nei capitoli presentati a Sforza Maria Sforza, nel 1466, gli stessi diritti goduti dai veneziani vengono richiesti anche per Genovesi e Ragusei, oltre naturalmente che per i milanesi (Pepe 1900, 13-14; Carabellese 1908, 177-178; Ferorelli 1914, 389-468). I Lombardi si rafforzarono soprattutto durante il governatorato di Isabella d’Aragona. S’insediarono nella rua francigena, eleggevano regolarmente un console, ed ottennero la chiesa di Santa Pelagia, ristrutturata entro il 1508, anche con finanziamenti dell’Università, ridedicata a Sant'Ambrogio e affidata agli Eremitani (Beatillo 1637, 193, 290-291). A Veneziani, Fiorentini, Pistoiesi, Milanesi, Veronesi viene riconosciuto il diritto di cittadinanza, secondo le Consuetudines, in quanto habitatores Bari stanziali; le loro attività spaziano dal commercio di olio e mandarle, a quello dei panni di Perpignan e di Bergamo o dei metalli e del legname. Possessori di case, magazzini e botteghe (nel 1467, un Bonomo degli Alamanni di Firenze possiede case e magazzini nel vicinium di San Nicola al Porto, cfr. Carabellese 1908, 191), spesso, come denunciano i cittadini baresi nei capitoli del 1463, sono detentori di benefici ecclesiastici. Altra colonia e minoranza presente in tutte le città commerciali del regno è quella degli ebrei, che compaiono non solo come prestatori e mutuatori in imprese commerciali, ma anche come venditori di panni e di mantelli, esportatori all’ingrosso di pesce salato, oltre che nella professione medica. Nei capitoli del 1463, evidentemente per iniziativa regia, venne chiesta la protezione regia, che fu accordata purché indossassero contrassegni sugli abiti e vivessero in un unico quartiere; due anni dopo lo stesso sovrano impose un prestito forzoso di 610 ducati alle giudecche di Terra di Bari (CDB XV, n. 317, a. 1465). | |
Confraternite | Nel 1542 fu fondata la confraternita al Santissimo Corpo di Cristo. | |
Corporazioni | ||
Istituzioni di Beneficenza | Un ospizio per poveri, intitolato a San Tommaso, annesso alla chiesa di Santa Caterina, prope ecclesiam Sancti Thome, è attestato nel 1375 nelle volontà testamentarie del protontino Antonio Carofiglio (CDB XVIII, n. 120, a. 1375). Nel 1374 la chiesa risulta curata dai Celestini (CDB XXIII, n. 96, a. 1409; CDB XV, n. 230, a. 1423). Un’altra chiesa di Santa Caterina, extra moenia, era grancia dell’ordine di San Giovanni Gerosolimitano (CDB XV, n. 217, a. 1414; CDB XV, n. 598, a. 1599). | |
Schedatore | Veronica Mele | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Societa/22 |