OggettoNardò, Sant'Antonio, mausoleo di Giovan Bernardino e Belisario Acquaviva d'Aragona
Luogo di conservazioneNardò
Collocazione originaria
Materialepietra leccese
Dimensionistatua destra: h cm 124; statua sinistra: h cm 116; distanza tra le nicchie: cm 188
Cronologia1545
Autore
Descrizione

Il mausoleo, collocato alle spalle dell’altare maggiore della chiesa di Sant’Antonio da Padova di Nardò, nel luogo in cui un tempo c’era il coro dei frati (oggi vi è la sacrestia della chiesa), fu eretto nel 1545 da Giovanna Gaetani per onorare la memoria del marito Giovan Bernardino Acquaviva, II duca di Nardò (†1541), e quella dei suoceri Belisario Acquaviva (I duca di Nardò, †1528) e Sveva Sanseverino.

In pietra leccese, si presenta come una possente macchina scenica scandita in tre registri da quattro statue femminili, simboleggianti le quattro Virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza), le quali si ergono al di sopra di un alto zoccolo intagliato con motivi decorativi. Dei tre registri il più complesso sul piano strutturale è quello centrale. Nel basso, due leoni accovacciati sostengono sulla groppa una piccola piattaforma su cui poggia un sarcofago intagliato con motivi vegetali e funerari. Al di sopra del sarcofago, chiuso da un coperchio, si dispongono quattro grifoni, che fungono a loro volta da basamento per due cavalieri a grandezza naturale, appena ricurvi sotto il peso di una seconda urna, anch’essa riccamente ornata, e sulla quale sono semisdraiati due angeli appoggiati specularmente su teschi. I due guerrieri, abbigliati con corazze, ma privi di elmo, si appoggiano entrambi (quello a sinistra con la mano destra, e quello a destra con la mano sinistra) su due grandi scudi dal profilo accartocciato, recanti gli stemmi delle famiglie Acquaviva d’Aragona, Sanseverino e Gaetani. Nei registri laterali quattro medaglioni (due per lato, sovrapposti verticalmente) ospitano figurazioni di soggetto mitologico, mentre due cartelle sospese tra fauci leonine (sempre una per parte), riportano iscrizioni in latino che ricordano la committenza dell’opera e l’anno di completamento del monumento.

Il mausoleo termina con un’alta trabeazione – il cui fregio presenta figurazioni di gusto classicistico che richiamano quelle del fregio della fontana di Gallipoli –, al di sopra della quale, alle due estremità, entro nicchie, si scorgono due mezze figure di francescani, quasi a tutto tondo e in origine a figura intera, inginocchiati e leggenti un breviario.

L’impressione generale che il monumento suscita è, come è già stato osservato, di una certa disorganicità, dovuta forse ad una manomissione, che spiegherebbe anche certe sproporzioni.* Sicuramente le fasce laterali del mausoleo, decorate da panoplie, risultano ridotte, essendo stato il mausoleo adattato alla curvatura della parete e in essa incastrato. Gravi perdite deve aver subito il registro superiore, come testimoniano le due statue di francescani, che appaiono piuttosto mortificate nella posizione attuale. Inoltre il registro superiore è privo del rilievo centrale.**

L’opera ha avuto una limitata fortuna critica. Per quel che riguarda l’artista che ha eseguito tale monumento, non c’è unanimità di opinione tra gli studiosi. Francesco Negri Arnoldi lo ha assegnato ad “un seguace forse di Nuzzo Barba”; Clara Gelao, pur notando, sotto l’aspetto compositivo, una dipendenza dal mausoleo conversanese di Nuzzo Barba (soprattutto nell quattro cariatidi), ha invece assegnato il mausoleo a Francesco Bellotto (2004).

Lasciando aperto il problema dell’attribuzione, vanno evidenziate l’abilità e la fantasia di questo ignoto artista, artefice del monumento funerario in esame. Si tratta di un’opera ricchissima nell’ideazione, al limite dell’opulenza, affollata com’è di spunti decorativi. Lo scultore dimostra grande fantasia, forse sollecitata anche da committenti di elevato rango. Risulta infatti evidente anche il gusto di corte raffinato degli Acquaviva e il loro intellettualismo. Alcuni particolari, come il finto estofado che fa da sfondo ai due cavalieri, oppure la retina che raccoglie e avvolge i capelli della Fortezza, denotano una certa perizia tecnica di questo maestro e una certa dimestichezza con lo scalpello, per quanto quest’ultima possa essere anche stata favorita dalla morbidezza della pietra leccese.

  

*Certamente il mausoleo doveva avere in origine una collocazione diversa rispetto a quella odierna, ma, contrariamente a quanto sostenuto dalla Gelao (1991, 337), Diego Tafuri da Lequile non sembra descrivere l’opera in un luogo della chiesa differente rispetto a quello attuale (cfr. Tafuri da Lequile [ed. De Santis 2004], 116: “In choro inferiori a tergo altaris maioris eminet venustum columnis, statuisque lapidis exornatum mausoleum, in quo sepulti sunt illustrissimi duces, cum ducissis civitatis Neritonensis, nempa Dominus Baldasarrus, et dominus Ioannes de Acquaviva et Aragonia”). Evidentemente lo spostamento deve essere avvenuto in epoca precedente. 

**Clara Gelao ha proposto di identificare il rilievo mancante con quello raffigurante il Cristo morto sorretto dagli angeli, oggi incastrato nel muro del cortile di un palazzo nobiliare a pochi metri dalla chiesa, in via San Giovanni (Gelao 1991, 337). 

Immagine
CommittenteGiovanna Gaetani
Famiglie e persone

Gaetani, Acquaviva d’Aragona, Sanseverino

Iscrizioni

+ ILLVSTRI BELISARIO/ AQUIVIVO NERITONOR. DVCI/ DOMI FORISQ(UE) PRÆSTANTIS/SIMO ET SUDEVÆ SANSEVERINIÆ/ CONIVGI PERPET. MONVMENT(UM)/ POS. MDXLV.

 

+ ILLUSTRI/ JOANNI BERNARDINO/ ACQUIVIVO NERITINORVM DVCI/ STRENVO JOANNA GAETANA/ CONIVX
PERPETVVM MONV/MENTUM POSVIT/ MDXLV.

 

Intagliata nel fregio superiore, al centro:

IVSTA PETENTI/ GRATIOSA SU(ORUM)(?)

Stemmi o emblemi araldici
Note

Clara Gelao, notando sullo zoccolo dell’urna sostenuta dai due cavalieri la scritta (visibile a occhio nudo) “+ D. DONAT(US)”, si è domandata (rimanendo sempre nel campo ipotetico) se tale iscrizione non potesse fare riferimento a “Donato Acquaviva d’Aragona, fratello di Andrea Matteo e Belisario, arcidiacono della Cattedrale di Conversano e poi vescovo della stessa città fino al 1529, anno della sua morte”, chiedendosi se tale Donato possa aver trovato qui sepoltura o se non possa essere stato tra i committenti.

Ciò che però va notato è che sulla stessa lastra marmorea, dopo la scritta “D. DONAT.”  ed uno spazio vacante di almeno 15 cm, compare un’altra “T”, isolata. Sorge il dubbio che questa lastra possa essere stata qui reimpiegata, forse prelevata da un monumento destinato ad un Donato della famiglia, iniziato (durante la vita del titolare) e mai completato (lo spazio lasciato vacante potrebbe essere stato previsto per essere riempito in un secondo momento, oppure la lastra potrebbe essere stata abrasa nel reimpiego).

Fonti iconografiche
Fonti e documenti

Gli studiosi si sono interrogati sulla funzione del monumento, domandandosi se esso fosse un cenotafio oppure una vera e propria tomba. Marcello Gaballo (2006) ha rinvenuto, nell’Archivio di Stato di Lecce, tra i rogiti del notaio Santoro Tollemeto, un atto del 1616 che documenta un uso del mausoleo, almeno a quella data, come vera e propria tomba, e non come cenotafio (Gaballo, che non trascrive il documento, ma che ne rivela il contenuto, c’informa che nell’atto si richiede che trovi sepoltura temporanea la piccola Porzia Beltrani, di soli cinque anni, figlia di Ferdinando e di Camilla Acquaviva d’Aragona, quest’ultima pure già defunta e sepolta “in sepulchro dictorum de Acquaviva”; Gaballo 2006).

In effetti, comunque, già D’Afflitto scrisse che Belisario I, morto di peste a Napoli il 24 agosto 1528, fu sepolto in Nardò nelle chiesa di Sant’Antonio de’ Zoccoli.

Bibliografia

Gaballo 2006: Marcello Gaballo, “Il cinquecentesco mausoleo dei duchi Acquaviva d’Aragona nella chiesa di Sant’Antonio da Padova a Nardò (Lecce)”, in Ottant’anni di un maestro..., a cura di Francesco Abbate, I, 2006, 277-281.

 

Gelao 1988: Clara Gelao, “L’attività di Nuzzo Barba a Conversano e le influenze veneto-dalmate nella scultura pugliese del Rinascimento”, Saggi e memorie di storia dell’arte, XVI, Firenze 1988, 17.

 

Gelao 2004: Clara Gelao, Scultura del Rinascimento in Puglia, Atti del Convegno... (Bitonto 2001), Bari 2004, 42, 44.

 

Mazzarella 1999: Emilio Mazzarella, Nardò sacra, a cura di Marcello Gaballo, Galatina 1999, 235-249 (in partic. 245-246).

 

Perrone 1981, I conventi della serafica riforma di S. Nicolò in Puglia (1590-1835), Galatina 1981, II, 153-154.

 

Tafuro da Lequile (ed. De Santis 2004): Diego Tafuro da Lequile, Relatio historica huius reformationis Sancti Nicolai  [1647], a cura di Luigi De Santis, Lecce 2004, 116-117.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMichela Tarallo
Data di compilazione30/09/2015 02:42:46
Data ultima revisione01/03/2017 14:05:34
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/548