OggettoCrotone, santuario di Hera Lacinia
LuogoCrotone
TipologiaSantuario
Nome attualeCapo Colonna
Nomi antichiCapo Stortingo; Capo Nao; Capo delle Colonne (fino a metà del secolo scorso); Capo Colonna
Materiali e tecniche edilizie
Dimensioni
Stato di conservazione

Resta in sito una sola colonna del tempio dorico esastilo di età classica; le altre struture dell'area sacra sono scarsamente conservate in alzato. 

Immagine
CronologiaOikos: VI secolo a.C.; Tempio A: prima metà del V secolo a.C.; restauri della prima età augustea
Fattori di datazione

Tecnica edilizia; stratigrafia

Storia e trasformazioni medievali e moderne
Famiglie e persone

Antonio Lucifero

Descrizione

L'unica colonna dorica superstite e il relativo tratto di crepidoma appartengono al lato breve orientale, ossia alla fronte che si sviluppava verso il mare, dell'Heraion di età classica (Tempio A).

L'edificio sorgeva, sul lato orientale, su un'ampia e scenografica terrazza, ora quasi del tutto crollata, che ne raccordava lo stilobate con la ripida scarpata verso mare (restituzione grafica e datazione in Rocco 2008, 112-114), da questa parte la crepidine, di tre gradini sugli altri lati, ne presentava cinque al fine di raccordarsi con il livello della terrazza.

Accurati studi metrologici, basati sugli elementi in sito e sui dati resi disponibili dalle recenti campagne di scavo, hanno consentito di ricostruire l'edificio del V secolo a.C. come un tempio esastilo con doppia riduzione angolare e 14 colonne sui lati lunghi, con cella preceduta da pronao e seguita da opistodomo, entrambi forse con due colonne in antis (dimensioni della pianta: m 59x24; per la ricostruzione cfr. Rocco 2008, 114-117). É stato notato che un tale impianto planimetrico richiama molto da vicino i templi di Himera e Siracusa, mentre la ricostruzione dell'alzato, calibrato sulle proporzioni della colonna, sembrerebbe discendere direttamente da modelli provenienti dalla Madrepatria, come ad esempio il tempio di Apollo a Delfi (cfr. Rocco 2008, 119-222).

Questo edificio, databile al primo classicismo (secondo quarto del V secolo a.C.), era stato impiantato sul sito di un tempio più antico, di età arcaica (Spadea 2008 80, Aversa 2008).

L'Heraion di V secolo, realizzato in calcare locale, presentava un copertura in marmo insulare (Belli 2008); si tratta infatti del tetto marmoreo che fu spogliato, secondo il celebre racconto liviano, da Quinto Fulvio Flacco (LIV.  XLII 3, 1 ss.; La Rocca 1996).

Il tempio subì un restauro di età romana; probabilmente a questo intervento si deve attribuire il risarcimento in reticolato di un muro della cella, che viene ricordato dalla descrizione di von Riedesel; il viaggiatore tedesco poteva misurare l'altezza del primo filare in opera quadrata pari a palmi 7,5 sul quale vedeva poi svilupparsi  l'opera reticolata (cfr. Mertens 1983, 229). Questa annotazione fornisce, inoltre, una prova della visibilità nell'area, in età medievale e moderna, di altre strutture antiche oltre alle celebri colonne.

L'area sacra era chiusa sul versante settentrionale ed occidentale da una poderosa cinta muraria, costituita da uno zoccolo in opera quadrata e da un alzato in opera reticolata. L'accesso sul lato ovest era garantito da un'imponente porta a tenaglia, fiancheggiata da un avancorpo rettangolare con funzione di torretta difensiva; un'altra torre difensiva è stata individuata a nord del propileo. L'intera opera di fortificazione è stata attribuita da studi recenti alla prima età augustea e ritenuta realizzata in seguito alla famosa razzia di Sesto Pompeo (Aversa 2006; Ruga 2013, 190-191; contra Medaglia 2010, 277 che ritiene lo zoccolo in opera isodoma risalente a una fase più antica).

Lo spazio interno è attraversato da una via sacra, risalente ancora all'età classica, che probabilmente doveva condurre al di fuori del temenos, al famoso bosco sacro, paradiso di delizie ricordato dalle fonti antiche. Il recinto ospitava inoltre strutture funzionali alle pratiche cultuali e alla vita del santuario; al IV secolo a.C. risalgono una sala per banchetti (hestiatorion) e una foresteria (katagogion). Sul margine della via sacra, poco distante dal grande tempio, è stato rintracciato l'impianto di un edificio di minori dimensioni, l'oikos, il primitivo luogo di culto di Hera al Lacinio; si trattava di un'aula rettangolare con tetto di paglia ed elevato in mattoni crudi (i più antichi votivi rintracciati rimandano al VIII secolo a.C., cfr. Spadea 2008, 79).

Nel settore settentrionale del promontorio, in un'area delimitata a sud dalla via Sacra, è venuta alla luce parte di un abitato che risulta sia stato in vita tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C., che pare indipendente dal santuario e che viene ora identificato con l'insediamento della colonia romana di Croto (Spadea 2006).

La mansio di Lacenium, nota dagli itinerari di età imperiale, si deve essere sviluppata grazie alla presenza del santuario, diventando per i viaggiatori e i fedeli un luogo in cui soggiornare, come mostrerebbe la vignetta di due torri unite da un corpo centrale con cui è rappresentata nella Tabula Peutingeriana (Medaglia 2010, 285-286).

Tra XI e XII secolo venne realizzato un edificio cristiano sul quale ancora oggi insiste la chiesetta dedicata alla Madonna di Capo Colonna.

Iscrizioni
Apparato decorativo

Sima in marmo con profilo a gola rovescia e protomi leonine; tetto con embrici e coppi in marmo pario, frontoni scolpiti (Belli 2008); grande acroterio del tipo a volute con schema a lira nascente da un cespo acantino e desinente in una palmetta (Bavaro, Passarelli 2008).

Note

L'Heraion di Capo Lacinio prospettante direttamente sul mare ha prappresentato un simbolo identitario della città antica sin dalla sua origine - al Lacinio sono infatti legati i miti di fondazione della polis - , nonché un importante polo aggregatore di tutta la regione circostante (Spadea 2008). D'altra parte la collocazione geografica rende ragione di questo ruolo centrale nella storia, non solo dell'antico Bruzio, ma di tutta la Magna Grecia, garantendo al santuario un dominio dell'intero arco di costa compreso tra il Golfo di Taranto e Punta Stilo (così nelle fonti antiche e moderne).

Anche in età medievale e moderna il sito, nonostante la rovina del grande tempio, del quale già alla fine del 1400 erano visibili due sole colonne (cfr. la testimonianza di Pietro Ranzano in Fonti e Documenti) ha continuato a rappresentare, come elemento fortemente caratterizzante del paesaggio, un sicuro punto di riferimento per il cabotaggio (cfr. infra il Portolano greco del XVI secolo). É significativo che la denominazione di Le Colonne sia già attestata alla metà del XII secolo nel geografo arabo Edrisi.

Passando in rassegna la letteratura corografica e antiquaria è evidente che le due colonne, ancora in piedi, fino agli anni del Di Nola Molisi, che ne descrive il crollo come un fatto contemporaneo, dovevano essere circondate da una quantità rilevante di strutture antiche, anche se ridotte allo stato ruderale; il paesaggio, prima delle massicce spoliazioni che si sono succedute almeno dal Cinquecento al Settecento, doveva essere diverso dalla radura attuale nella quale affiorano appena le creste dei muri degli antichi edifici.

Al Di Nola Molisi risale la notizia, poi riportata in tutta la letteratura antiquaria successiva, della massiccia spoliazione dell'area ad opera del vescovo Antonio Lucifero, che avrebbe utilizzato i materiali antichi per la costruzione del vescovato (si tratta di un evento coevo al manoscritto cinquecentesco utilizzato dal di Nola Molisi per la sua cronaca).

Se da una parte gli scavi del 2003 hanno messo in luce le fosse di spoliazione praticate nello stilobate del tempio (Spadea 2008), non si individuano nell'episcopio e nella cattedrale tracce evidenti di riuso di materiali antichi; inoltre il riferimento alle quarantotto basi di colonna che secondo Di Nola Molisi erano ancora visibili dopo il recupero del materiale da costruzione da parte di Lucifero, non trova riscontro nella ricostruzione del tempio proposta da ultimo da Giorgio Rocco (Rocco 2008).

Fonti iconografiche

Portolano di Piri Reis (Baltimore, Walters Art Museum, ms. W 658)

Piante e rilievi
Fonti e documenti

Edrisi 1154: ... da  questo a Le Colonne che sono avanzi di antica costruzione, sei miglia. Dalla città Le Colonne a quella di Cotrone, che altri chiamano Cotrona, città primitiva antichissima, primitiva e bella, dieci miglia. (trad. in Amari, Schiapparelli 1883, 73).

 

Ranzano  (ed. Di Lorenzo et alii 2007): Vetustissimi templi hodie videntur quaedam vestigia, inter quae extant duae in altum erectae columnae quae causam novo dedere nomini, quo ipsum promontorium vulgus cognominat Caput namque Columnarum vocitat.

 

Alberti 1553,  197 : ... di questo magnifico Tempio, infino ad oggi veggonsi meravigliosi vestigi, e fra gli altri molte grosse e alte colonne che in piedi sono. Dalle quali ha acquistato questo promontorio il nome di Capo delle Colonne...

 

Marino Freccia 1579, 58: ...deletum fuit authoritate Senatus consulti, e hodie nihil conspicitur, nisi columnae  alte satis e magne, e vulgo in hoc promontorio dicitur, lo capo de le Colonne.

 

Sertorio Quattromani (Aceti 1737, 303): Error est credere Promontorium Naum aliud esse a Lacinio, cum in eodem sit templum Junonis: recentiores Nau caput appellant a templo quod Graeci Naon vocant: a Clumnis item quae superfuerunt ex reliquiis huius temoli dixerunt Columnarum Promontorium.

 

Portolano Greco del XVI sec. (Vat. Cod. Ottoboniano gr. 150): E sopra il capo delle Colonne vi è una chiesa con due colonne, la chiamano Santa Maria delle Colonne (cfr. Pulgiese Carratelli 1982)

 

Occhialì, Historiae: fitta foresta di tronchi sul mare (cfr. Spadea 2008, 66).

 

Di Nola Molisi 1649, 65-67, 126:

Questo promontorio fu primieramente detto Stortingo e dopo Lacinio come si dirà appresso: dopo fu detto Nao, parola greca che in latino sona Templum, perchè in quello fu il tempio di Giunone Lacinia... oggi si dice Capo delle Colonne, per le quantità delle colonne che vi sono state, e hoggidì se ne conservano due; e pochi anni sono che ne cadè una, restandone solo una in piedi, sopra le quali quantità di colonne era la scola di Pitagora...

 

...la scuola di Pitagora fu situata nel Promontorio Lacinio, gionta al tempio della Dea Giunone, eretta come un teatro sopra quarantotto para di grosse e alte colonne e perciò detto promontorio fu detto capo delle colonne, vi si vedono due colonne di quelle stare in piedi perchè le altre furono consumate da Mons. Antonio Lucifero di essa città nella nuova fabbrica del Vescovado, conforme da' i nostri vecchi,  ... n'abbiamo avuto relatione, e si vedono le base, dove erano dette colonne che facilmente si possono contare.

 

Bibliografia

Aceti 1737: Thomae Aceti academici Consentini, ex Vaticanae Basilicae clerici beneficiati, in Gabrielis Barrii Francicani De antiquitate et situ Calabriae libros quinque, nunc primum ex autographo restitutos ac per capita distributos, prolegomena, additiones, et notae quibus accesserunt animadversiones Sertorii Quattrimani patricii Consentini, Romae, 1737, ex Typographia S. Michelis ad Ripam, sumptibus Hieronymi Mainardi.

 

Alberti 1553: Descrittione di tutta Italia di F. Leandro Alberti bolognese, nella quale si contiene il sito di essa, l'origine, & le signorie delle città, & de i castelli, co i nomi antichi, & moderni, i costumi de' popoli, le conditioni de i paesi. Et più, gli huomini famosi, ... Con somma diligenza corretta, & ristampata, in Vinegia : per Giovan Maria Bonelli, 1553.

 

Amari, Schiapparelli 1883: Michele Amari, Celestino Schiapparelli, L'Italia descritta nel "Libro del Re Ruggero", Roma 1883. 

 

Architettura Greca 2007: Architettura Greca: Storia e monumenti del mondo della Polis dalle origini  al V secolo, a cura di E. Lippolis, M. Livadiotti, G. Rocco, Milano 2007, 778-780.

 

Aversa 2006: Gregorio Aversa, "Lo sviluppo del Santuario Hera Lacinia: problematiche generali e nuove ipotesi", in Spadea, 2006, 31-49.

 

Aversa 2008: Gregorio Aversa, "Indizi per un tempio di età arcaica: il tetto B", in Mezzetti 2008, 99-106.

 

Bavaro, Passarelli 2008: Victor Mariano Bavaro, Gabriella Passarelli, "Ipotesi ricostruttiva dell'acroterio occidentale del Tempio di Hera Lacinia", in Mezzetti 2008, 157-172.

 

Belli 2008: Roberta Belli Pasqua, "Le sculture frontonali del tempio di Hera Lacinia. Un'ipotesi di ricostruzione", in Mezzetti 2008, 135-156.

 

Frecciae 1579: Marini Frecciae Neapolitani ... De subfeudis baronum, & inuestituris feudorum. Quibus accesserunt nonnulli Tractatus aurei, ac singulares ..., Venetnojs, apud Nicolaum de Bottis 1579.

 

La Rocca 1996: Eugenio La Rocca, "Le tegole del tempio di Hera Lacinia ed il tempio della Fortuna Equestre: tra spoliazioni e restauri in età tardo-repubblicana",  in Il tesoro di Hera. Scoperte nel santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna di Crotone, catalogo della mostra  (Museo Barracco 28 marzo-30 giugno 1996), a cura di Roberto Spadea, Milano 1996, 89-98.

 

Medaglia 2010: Salvatore Medaglia, Carta archeologica della provincia di Crotone: paesaggi storici e insediamenti nella Calabria centro-orientale dalla Preistoria all’Altomedioevo, Arcacavata di Rende 2010.

 

Mertens 1983: Dieter Mertens, "I santuari di Capo Colonna e Crimisa. Aspetti dell’architettura crotoniate", in Crotone,  Atti del Ventitreesimo Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1983, 189-230.

 

Mezzetti 2008: Carlo Mezzetti, Il santuario di Hera al Capo Lacinio: l'analisi della forma, il restauro, la ricerca archeologica, Roma 2008.

 

Pugliese Carratelli 1982: Pugliese Carratelli, "La costa ionica dell'Italia in un portolano greco del XVI secolo", in I Bizantini in Italia, a cura di Guglielmo Cavallo et alii, Milano-Verona 1982, 684.

 

Ranzano (ed. Di Lorenzo et alii 2007): Pietro Ranzano, Descriptio totius Italiae (Annales, 14.-15), a cura di Adele Di Lorenzo, Bruno Figliuolo e Paolo Pontari, Firenze 2007.

 

Ruga 2013:  Alfredo Ruga, “Crotone Romana. Dal promontorio Lacinio al sito acheo”, in Kroton. Studi e ricerche sulla polis achea e il suo territorio, a cura di Roberto Spadea, Roma 2013, 181-272.

 

Spadea 2006: Roberto Spadea, Ricerche nel Santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna in Crotone, Roma 2006.

 

Spadea 2008: Roberto Spadea, "Capo Colonna: cronache di scavi, di ricerche e di tutela", in Mezzetti 2008, 63-90.

Link esterni

Portolano di Piri Reis (Baltimore, Walters Art Museum, ms.  W.658)

SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione22/12/2015 13:09:32
Data ultima revisione06/01/2019 13:01:52
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/72