NomeNola
TipoCittà
Luogo superioreNapoli
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OggettoNola, Annunziata
Tipologiachiesa (esistente)
Nome attualeSantissima Annunziata
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1393: il 22 novembre 1393 il vescovo di Nola Francesco Scaccano dà il suo consenso per la fondazione della chiesa e dell’annesso convento da parte del conte Nicolò Orsini (Remondini 1747-1757, I, p. 221; Bonaguro 1997, p. 131, doc. 401).

1394-1395: negli anni immediatamente successivi alla fondazione il monastero riceve donazioni da parte di Nicolò Orsini, e vengono aggregate alcune altre fondazioni religiose già appannaggio di altri enti: San Felice in Pincis a Lauro (già dipendente dal monastero di San Giacomo di Caserta), il priorato di San Giorgio (già dell’Abbazia di Cava) e quello di San Giovanni de Plesco (già del monastero di San Lorenzo ad Aversa); cfr. Bonaguro 1997, docc. 406, 407, 409, 410.

1567: è intorno a questo anno che la chiesa viene ricostruita nelle forme attuali, come si desume dalle date apposte sugli architravi delle due porte, quella principale verso la piazza del Collegio e quella secondaria su vico 2° del Collegio (cfr. Avella 1996-1999, vol. 4, p. 656).

1867: il monastero diventa proprietà del comune di Nola.

1905: alcuni ambienti vengono demoliti.

1913: Con l’apertura della nuova via A. Ciccone, la chiesa viene separata dal Collegio delle Rocchettine (Avella 1996-1999, vol. 4, p. 650).

Autore
Committente

La fondazione è di Nicolò Orsini conte di Nola. Nella chiesa sono presenti stemmi di altre famiglie (lastra tombale con stemma della famiglia Fontanarosa; lastra tombale con stemma Albertini. Cfr. Avella 1996-1999, vol. 4, p. 664, nn. 1161, 1162).

Famiglie e persone

Nicolò Orsini

famiglia Albertini

famiglia Fontanarosa

Descrizione

La chiesa ha pianta a croce latina con navata unica conclusa da un'abside, con cinque cappelle per lato. La navata è coperta da un soffitto ligneo a cassettoni dorati (epoca imprecisata compresa fra XVI e XVIII secolo), mentre l'abside è coperta da una cupola. L’interno è ricoperto da stucchi barocchi.

Iscrizioni

Sopra le due porte la datazione "1567".

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Nell’antico chiostrino delle Rocchettine, ancora adiacente alla chiesa, colonna antica in granito grigio con capitello (secc. XIV-XV) (Avella 1996-1999, vol. 4, p. 655, foto 1145).

Opere d'arte medievali e moderne

Pala dell'Annunciazione (1494) di Cristoforo Scacco  (attualmente nel Museo Diocesano).

Dipinti su tavola attribuiti a Belisario Corenzio.

Crocefisso ligneo del 1400.

Dipinti su tela del XVIII secolo.

Altare settecentesco.

Storia e trasformazioni
Note

A differenza di gran parte delle Annunziate sparse per la Campania e per il Regno, quella di Nola non è una AGP (Ave Gratia Plena) di fondazione “civica”, ma una fondazione privata di Nicolò Orsini. Infatti non si tratta di una chiesa annessa a un ospedale o a un conservatorio di fanciullo, bensì di una chiesa monastica, dipendente dall’annesso monastero benedettino detto “delle Rocchettine”, la cui prima badessa (Guglielma de Palo) era anche priora di San Guglielmo al Goleto (Bonaguro 1997, doc. 407).

Fonti iconografiche

Compare nella Nola presens in Leone 1514, indicata come “Collegium”.

Piante e rilievi
Fonti/Documenti

La chiesa e il convento edificati su un’area dove il conte Nicolò Orsini possedeva alcune “case palazzi e terreni… con diritto di patronato anche sulla chiesa ossia una cappella costruita sul suolo di detti beni col nome di Maria Vergine Annunziata…” (ASNa, Patrimonio Ecclesiastico, fasc. 257, ff. 10-12; cit. da Avella 1996-1999, vol. IV, p. 654).

Remondini 1747-1757, I, p. 221: “E perché fu costruito questo Collegio accanto ad una antica cappella di Maria Vergine dell’Arcangelo Annunziata, prese subitamente il conte a ridur questa in convenevol Chiesa, dalla qual prese poscia il nuovo titolo il collegio, e quindi chiamar si venne il Collegio della Santissima Annunziata”.

Archivio Storico Diocesano di Nola, libro di conventi, Atto di fondazione (trasunto in copia del 1613): “L’anno 1393 à 22 di novembre giorno di S. Cecilia fu determinato dalla bona memoria dell’Ill.mo sig. conte di Nola Nicola Ursino nella cattedrale chiesa di Nola, con la presentia, e consenso del Rev.mo Mons. Francesco Scazzano Vescovo e cittadino di detta Città ed del suo R. Capitolo, che il Monasterio del Collegio di Donne Monache si erigesse conforme la divotione del sopradetto ill.mo sig. Conte Nicola, del che ne appare instrumento reassunto in forma probante fatto per mano del notar Pertesso Sussolano firmato di propria mano dal sopradetto vescovo Scazzano, e dall’ill.mo sig. Conte Nicola nel detto di 22 novmebre 1393 … L’anno seguente poi a sette di giugno che fu domenica della sacralissima Pentecoste per ordine di detto ill.mo conte Nicola entrarono sette figgliole di questa città di Nola, in governo delle quale, fu assegnata d. Guglielma de Palo dell’ordine di S. Benedetto, et ebbe felice principio il Monasterio del Collegio. A 20 di settembre  dell’istesso anno 1394 detto ill.mo conte donò la casa e la Chiesa dove al presente sta detto Monasterio e rinnovò la concessione della Dogana e taverna con le due botteghe…”; cit. da Avella 1996-1999, vol. 4, pp. 654, 656.

Bibliografia

Alparone 1988: Giuseppe Alparone, "C’era una volta a Nola un affresco…", Hydria, marzo 1988, n. 51, 8-13.

 

Avella 1996-1999: Leonardo Avella,  Fototeca nolana: archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, 12 volumi, Napoli 1996-1999, Vol. 1, 120-127; vol. 4, 650-676.

 

Buonaguro 1997: Carmela Buonaguro, Documenti per la storia di Nola (secoli XII-XIV), Salerno 1997.

 

Cristoforo Scacco  1984: Cristoforo Scacco, a cura di Dario Lo Sordo, Fondi 1984.

 

Leone 1514: De Nola, opusculum distinctum, plenum, clarum, doctum, pulcrum, verum, graue, varium, & utile, Incussum est hoc opus opera diligentiaque probi viri Ioannis Rubri Vercellani, Venetiis anno Salutis MDXIIII [1514].

 

Palo 2004: Tullio Palo, Nola città museo, Nola 2004.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore ... Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini ... tomi 1-3. In Napoli, nella stamperia di Giovanni di Simone, 1747-57. [tomo Itomo IItomo III], I, 220-230.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione30/05/2012 14:09:55
Data ultima revisione17/11/2016 13:42:58
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OggettoNola, castello
Tipologiacastello
Nome attuale(distrutto)
Immagine
Nomi antichi

Fosso grande

Torre di Nola

Arce

Cronologia

1591 nuova cinta muraria

1884 deliberazione comunale per la distruzione del complesso

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

La rocca nolana, detta arce o castello, non è più esistente dopo la distruzione deliberata dal consiglio comunale nel 1884, anche in ragione di motivi igienico-sanitari in occasione dell'epidemia di colera di quell'anno. Dalla descrizione di Ambrogio Leone (1512) sappiamo che era una struttura fortificata posta nella parte meridionale della città presso la Porta vicanziana (detta poi del Carmine) con un impianto a base quadrata e circondata da un fossato. Il castello aveva un perimetro quadrato con torri angolari e un mastio centrale, a pianta circolare, di notevoli dimensioni, con merli su mensole e molto alta prima che Orso Orsini (o Pirro, morto nel 1420), secondo quanto viene riferito all'umanista nolano, la riducesse di circa 40 piedi. Essa, inoltre, era dotata di un antemurale di difesa.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

La cinta muraria della Nola medievale deve risalire nel suo impianto all'età angioina e all'avvento alla contea della famiglia de Monfort. Nei pressi della porta meridionale (Vicanziana e poi del Carmine) fu eretta la rocca che dové essere ricostruita o fortemente riattata al tempo degli Orsini, senza tuttavia subire più modifiche con il rifacimento della cinta muraria nel 1591. Distrutta dopo il 1884, se ne conserva tracce in dipinti, piante e vedute della città.

Note
Fonti iconografiche

Incisione della Nola Presens in Leone 1514.

Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Carillo 1993: Saverio Carillo, "La distruzione della torre medievale di Nola", in Giuseppe Fiengo (a cura di), Tutela e restauro dei monumenti in Campania 1860-1900, Napoli 1993, 380-410

 

Carillo 1996: Saverio Carillo, "Alcune osservazioni sulla pianta della città allegata al De Nola di Ambrogio Leone", in Tobia R. Toscano (a cura di), Nola e il suo territorio dalla fine del medioevo al XVII secolo. Momenti di storia culturale e artistica, Castellammare di Stabia 1996, 25-43

 

Cordella 2007: Federico Cordella, A guardia del territorio. Castelli ed opere fortificate dell'Ager Nolanus, Nola 2007, 89-101

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SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione01/06/2012 10:09:08
Data ultima revisione17/11/2016 14:09:01
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OggettoNola, cattedrale
Tipologiachiesa cattedrale (esistente)
Nome attualeSanta Maria Assunta e Santi Paolino e Felice
Immagine
Nomi antichi

tutte le varie dediche (alla Vergine, all’Assunta, a San Paolino, San Felice e Santo Stefano), nel corso dei secoli e dei rifacimenti, sono riassunte da Ebanista 2007, 43-48. 

Cronologia

1190, ante: probabile costruzione

1385 o 1395: rifondata in forme gotiche

1456, post: eestaurata dopo il sisma

1583: crollo della parte presbiteriale e conseguente ricostruzione (1586-1594)

1861: incendio e successiva ricostruzione in forme neo-rinascimentali (inaugurata nel 1909). 

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Edificio principale dell'insula episcopalis nolana insieme al palazzo vescovile, alla chiesa dei Santi Apostoli e al campanile. Secondo l’opinione critica corrente (ante Ebanista 2007) nel 1370 il vescovo Francesco III Scaccano aveva ottenuto da Gregorio XI il trasferimento della sede vescovile da Cimitile a Nola, e nel 1395 iniziarono i lavori della nuova cattedrale dedicata all’Assunta e ai Santi Felice e Paolino, finanziati da Niccolò Orsini (Toscano 1994, p. 30). Prima del trasferimento a Cimitile la chiesa episcopale di Nola era la chiesa dei Santi Apostoli.

Sul territorio era presente il culto della tomba di san Felice presbitero a Cimitile (evidenze e strutture databili a partire dalla prima metà del IV secolo), e quello del sepolcro di San Felice protovescovo a Nola. Non vi sono però evidenze o testimonianza della presenza di edifici di culto paleocristiani sull’attuale insula episcopalis di Nola. Tre ipotesi per questo problema:

1) La prima dipende da Leone (1514, c. 34v) e vuole che un primo edificio cristiano sorse sul Tempio di Giove.

2) La seconda del gesuita Jean Bolland (1643, I, pp. 940-941) vuole che la cattedrale sorse a Nola, per poi essere spostata da Paolino e Cimitile, e poi ritornare a Nola.

3) La terza sostenuta contro la curia nolana dal preposto di Cimitile Carlo Guadagni (1676, p. 8), secondo il quale la cattedrale fu sempre a Cimitile per poi essere spostata solo dal vescovo Francesco Scaccano nel ’300 con la costruzione del Duomo in città.

Paolino da Nola non fa alcun riferimento al protovescovo san Felice o ad edifici di culto urbani, ma Giovanni Santaniello e Salvatore Costanza sulla base di un passo di Paolino hanno desunto che la comunità diocesana veniva gestita dall’urbe mentre un battistero per i catecumeni era a Cimitile (dibattito raccolto da Ebanista 2007, 32-33).

Remondini sosteneva la presenza della sede a Cimitile, e ‘manomise’ l’iscrizione sulla campana di Nola (1413 invece di 1313; I, 1747, p. 169), e travisò il senso di una perduta epigrafe posta da Niccolò Orsini, promotore della costruzione della cattedrale, riportandola con due anni diversi: 1385 e 1395 (I, 1747, pp. 162 e 168; e III, 1757, p. 169). Ad oggi non conosciamo quale sia quella giusta, ma sappiamo che Orsini donò parte di alcune decime per il finanziamento nel 1387 (Buonaguro 1997, doc. 372). Remondini rilevò che nel 1372 la sede era sicuramente in urbe (cfr. bibliografia in Ebanista 2007, 37, nota 46).

La tesi di Ebanista (2007, p. 38), dalla rilettura delle fonti e dei documenti, è che una cattedrale urbana già esistesse nel 1190, e che fu solo rifatta nel ’300, visto che anche il documento di finanziamento dell’Orsini parla di “riparazione e ampliamento” dell’edificio. Per di più una donazione di un terreno del 1181 (documento andato perduto, di cui rimane il regesto) indica che fosse “vicino alla Curia del vescovo” (Buonaguro 1997, doc. 3). La parte urbana di Nola infatti non fu del tutto abbandonata (nel 591 Gregorio Magno citava un monastero femminile in città: Ebanista 2007, p. 82). La cattedrale sarebbe stata però a Cimitile dall’età paolina († 431) e il ritorno a Nola potrebbe datarsi tra l’VIII e il IX secolo con eventi traumatici per Cimitile (la violazione delle tombe dei santi Felice e Paolino e il crollo della basilica nova; Ebanista 2007, p. 87).

La chiesa gotica: Ambrogio Leone descrive un edificio gotico a tre navate, con archi sorretti da pilastri, facciata a tre portali, quattro finestre ogivali e un oculo. L’edificio fu completato nei primi decenni del ’500 con la pala d’altare di Andrea da Salerno, il pulpito di Giovanni da Nola e l’icona Cesarini (Toscano 1994, p. 30).

Leone specifica però che la chiesa era stata costruita ai tempi dello zio paterno, fabricae praefectus, e se la notizia fosse vera si potrebbe trattare d’importanti lavori di ristrutturazione in séguito al disastroso sisma del 1456 (Ebanista 2007, p. 74).

Nel 1583 il Duomo crollò a causa di una tomba scavataalla base di un pilastro (Costo 1613 [ma 1594], III, p. 97), e tra il 1586 e il 1594 si provvide a rimetterlo in piedi sotto il vescovato di Fabrizio Gallo (cfr. la bibliografia in Ebanista 2007, p. 38, nota 50, e p. 48). Continuava ad essere a tre navate, divise da cinque arcate sostenute da pilastri in piperno, e ad ogni arcata corrispondeva un altare laterale (Remondini, I, 1747, pp. 161-168).

Nel 1861 un incendio distrusse la cattedrale (cfr. la bibliografia in Ebanista 2007, p. 38, nota 51). Si salvarono le reliquie, la Cappella Barone, la cripta e alcuni dipinti ricoverati nel Vescovado (note di G. Toscano a Guadagni [1688], pp. 311 e segg.).

La nuova basilica fu costruita su progetto di Nicola Breglia e inaugurata nel 1909 (Carillo 1993).

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne

Il pulpito: fatto a inizio ’500, subì danni nel 1582 e venne accomodato nel 1597 (da Fabrizio di Guido e Vincenzo da Prato; doc. in D’Addosio 1914, p. 867). A fine ’800 Salvatore Cepparulo scolpì la Predica di Cristo (firmata), probabilmente utilizzando un modello del distrutto pannello. Secondo Toscano (1994, p. 33) sarebbero di Cepparulo anche San Giovanni e San Matteo, e di Giovanni da Nola San Luca e San Marco.

 

Cero pasquale.

 

Cappellone del Crocifisso: il paliotto con una Dormitio Virginis a rilievo ricordata anche da Remondini (I, 1747, p. 65) forse di Giovanni da Nola  (da mettere in relazione col paliotto di Monteoliveto). Il Crocifisso pure dovrebbe essere cinquecentesco (cfr. Avella 1, nn. 34-35).

 

Cappella della Pietà: tavola della Pietà forse di Mattia Preti (Avella 1, n. 43).

 

Cappella della Concezione: con l’Immacolata di Francesco Cassano e le tombe dei Barone e dei Mastrilli.

 

Nella Cripta

 

Altare Cesarini: commissionato da Giacomo Antonio Cesarini, ambasciatore alla corte di Spagna, con iscrizione datata 1523, con il tabernacolo eucaristico  e la lunetta (oggi nel museo diocesano).

 

Ciborio Orsini-Aragona (ante 1504)

 

lastra medievale con Cristo e gli apostoli.

 

Croce gemmata: cfr. Campone 2000 e 2009.

 

Nel Museo diocesano:

 

Gisant della tomba del vescovo Orlando Orsini (1475-1503)

 

Cona marmorea con Madonna delle Grazie (sec.. XVI, da un altare)

 

Polittico dell'altare maggiore (sec. XVI, Andrea da Salerno)

 

Rilievo con San Girolamo penitente (sec. XVI, da un altare)

 

Frammenti di altorilievo con due teste (sec. XVI, trafugati)

 

Nel Palazzo vescovile:

 

Fregio marmoreo con stemmi del vescovo Orlando Orsini (1475-1503)

Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche

Incisione della Nola presens in Leone 1514

Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Avella 1996-1999: Leonardo Avella, Fototeca nolana. Archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, Napoli 1996-1999, I, 24-74.

 

Bolland 1643: Jean Bolland, Acta Sanctorum Januarii, Antverpiae 1643

 

Buonaguro 1997: C. Buonaguro, Documenti per la storia di Nola (secoli XI-XIV), Salerno 1997

 

Campone 2000: Maria Carolina Campone, «Apporti teologici paoliniani all'evoluzione dell’arte liturgica dei primi secoli: la croce gemmata della cattedrale di Nola», Rendiconti della Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, n.s., 69, 2000, 13-18

 

Campone 2009: Maria Carolina Campone, «L’alfa e l'omega: contaminazioni tra Oriente e Occidente. La croce gemmata nel succorpo della cattedrale di Nola», Studi sull’oriente cristiano, 13, 2009, 1, 33-48.

 

Carillo 1993: S. Carillo, «La ricostruzione del Duomo di Nola: 1861-1909», in Tutela e restauro dei monumenti in Campania 1860-1900, a cura di G. Fiengo, Napoli 1993

 

Costo 1613: Tommaso Costo, Compendio dell’istoria del Regno di Napoli di Pandolfo Collenuccio, Venezia 1594, ed. cons. 1613.

 

D’Addosio 1914: Giovan Battista D’Addosio, "Documenti inediti di artisti napoletani del XVI e XVII secolo: scultori, intagliatori e marmorai", Archivio storico per le province napoletane, 39, 1914, 839-868

 

Ebanista 2007: Carlo Ebanista, «Tra Nola e Cimitile. Alla ricerca della prima cattedrale», Rassegna storica salernitana, n.s., 24, 2007, 1, 25-119.

 

Guadagni 1676: Carlo Guadagni, Breve relatione e modo di visitar il S. cimiterio e le cinque basiliche di San Felice in Pincis

 

Guadagni [1688], Carlo Guadagni, Nola sagra, ed. a cura di Tobia R. Toscano, Massalubrense 1991.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.

 

Rosi 1949: Giorgio Rosi, «Il Campanile della Cattedrale di Nola», Bollettino d’Arte, ser. IV, 34, 1949, 1, 10-20.

 

Toscano (G.) 1994: Gennaro Toscano, «Il pulpito del Duomo di Nola», Antologia di belle arti, 1994, nn. 48-51, 30-37.

 

Toscano (T.R.) 2001: Tobia R. Toscano, «Giano Anisio tra Nola e Napoli: amicizie polemiche e dibattiti», in Nola fuori di Nola. Itinerari italiani ed europei di alcuni nolani illustri, a cura di T. R. Toscano, Castellammare di Stabia 2001, 35-56.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione01/06/2012 10:11:08
Data ultima revisione17/11/2016 14:10:52
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/80
OggettoNola, cattedrale, campanile
TipologiaTorre campanaria
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

secolo XII, seconda metà: inizio dell'edificazione

Autore
Committente

Vescovo Bernardo (1175-1222).

Famiglie e persone
Descrizione

Il campanile è parte integrante del complesso dell'insula episcopalis nolana, insieme alla cattedrale, al palazzo vescovile e alla chiesa dei Santi Apostoli. La torre a cinque piani è stata da sempre ritenuta una fabbrica isolata, più volte restaurata con l’aggiunta di piani sovrapposti di diversa fattura e stile, con l’apertura o la tompagnatura di archi e l’aumento della quota di calpestio.

Il livello più antico è composto da un primo basamento cubico - interrato di circa m 2 - e da un altro superiore realizzato con materiali di spoglio pertinenti alla prima età imperiale.

La presenza dei materiali di spoglio ha suggerito la pertinenza del campanile alla vicina chiesa dei Ss. Apostoli costruita nel XII secolo con una pianta a tre navate divise da colonne e capitelli di spoglio; al contrario l’edificio in esame dovrebbe essere di pertinenza dell’antica cattedrale romanica, a cui era addossato. Le stratigrafie murarie successive (d’epoca angioina e del XV secolo) hanno contribuito a eliminare le strutture murarie orginarie, in parte rinnovate per fare spazio alla nuova cattedrale.

Le fonti erudite locali, in particolare il medico Ambrogio Leone descrivono l'edificio. Nel Settecento, l’abate Gian Stefano Remondini ricorda che il campanile era stato costruito con i materiali cavati dall’anfiteatro marmoreo.

L’autore descrive attentamente i rilievi impiegati nel paramento delle facciate, le 11 metope scolpite con miti e imprese militari (allora ben visibili e liberi dalle incrostazioni calcaree) e li confronta con altri simili impiegati in città, quasi certamente quelli di Palazzo Albertini, sito a poca distanza. I blocchi metopali della prima età imperiale sono disposti in filari in diversa altezza, quasi a voler definire un marcapiano e nell’insieme arricchire la facciata con soggetti mitici e allegorici allusivi ad un passato glorioso, come accade nel campanile del duomo di Benevento e nella torre del Goleto.

Delle quattro colonne angolari ne restano due soltanto; è ipotizzabile che a questo edificio si possa attribuire la coppia di capitelli identici (del tipo corinzio occidentale) conservata nel piazzale della curia di Nola, ai lati della scalea d’ingresso, insieme ad altri materiali antichi accatastati nel corso del tempo a seguito dei rifacimenti del duomo.

In base al confronto con i campanili di Capua, Salerno e Amalfi, l’edificio rientra nella  tradizione del romanico campano del XII-XIII secolo, attribuibile all’opera del vescovo Bernardo (1175-1222). 

Iscrizioni

Nei paramenti sono impiegate alcune iscrizioni antiche.

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Cornice con cassettone

Blocco con cornice dorica della prima età imperiale di tipo dorico.

I campi metopali raffigurano scene mitologiche, cataste d'arme, motivi vegetali:

blocco di architrave con soggetti marini;

altro blocco di architrave con soggetti marini;

blocco di architrave con lupercale;

blocco di architrave con scene di battaglia;

blocco di architrave con Eroti lottatori;

blocco di architrave con catasta d'armi;

blocco di architrave con catasta d'armi;

blocco di architrave con catasta d'armi;

blocco di architrave con armi e elementi vegetali;

blocco di architrave con armi e soggetti marini;

blocco di architrave con armi.

Soffitto di architrave modanato (nel basamento)

Capitello corinzio asiatico nel primo livello

Capitello corinzio del secondo livello

Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche

Il campanile è raffigurato nella veduta di Nola Presens inserita in Leone 1514

Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Rosi 1949: Giorgio Rosi, "Il campanile del duomo di Nola", Bollettino d'Arte, 34, 1949, 10-20

 

Ebanista 2007/b: Carlo Ebanista, “Paolino di Nola e l’introduzione della campana in Occidente”, in Dal fuoco all’aria. Tecniche, significati e prassi nell’uso delle campane dal Medioevo all’età Moderna, a cura di Fabio Redi e Giovanna Petrella, Pisa 2007, 325-353.

Link esterni
SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione28/11/2012 17:10:44
Data ultima revisione17/11/2016 14:48:33
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/142
OggettoNola, chiesa del Gesù
TipologiaChiesa e complesso monastico annesso (trasformato)
Nome attualechiesa del Gesù
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1558 la contessa Maria Sanseverino, moglie dell'ultimo conte di Nola Enrico Orsini, dona il palazzo ai gesuiti per realizzare un complesso monastico con chiesa

1568 posa della prima pietra per la costruzione della chiesa

1578 completamento della facciata

1584 costruzione della sacrestia e acquisto di arredi liturgici

1587 c.a dipinto della Circoncisione di Girolamo Imparato per la chiesa

1809 alienazione del complesso monastico e affidamento della chiesa alla Confraternita di San Luigi Gonzaga

Autore
Committente

Maria Sanseverino, moglie dell'ultimo conte di Nola Enrico Orsini

Famiglie e persone
Descrizione

La chiesa del Gesù, fondata per volontà di Maria Orsini accanto alla reggia Orsini donata ai Gesuiti dalla stessa contessa che volle essere seppellita nella nuova chiesa nolana della Compagnia, dove si conserva la lastra tombale. Il prospetto, dal tipico disegno delle chiese dell'ordine di Sant'Ignazio, presenta nel primo ordine l'impiego di grandi blocchi squadrati di reimpiego, dello steso tipo di quelli impiegati per il palazzo adiacente.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne

Crocifisso ligneo sagomato

lastra tombale di Maria Sanseverino

Resti di affreschi del sec XVI

Tavola con la Circoncisione (1584-1587, Girolamo Imparato)

Storia e trasformazioni

L'edificio ecclesiastico fu fondato per volontà di Maria Sansverino, moglie dell'ultimo conte di Nola, Enrico Orsini,che donò alla Compagnia del Gesù la residenza familiare, il Palazzo Orsini, reggia voluta da Orso nel 1470, acquistandola da Ippolita Castriota, proprietaria al tempo. Ella lasciò inoltre alla sua morte 1000 ducati annui per la decorazione della chiesa. Dopo la donazione e con l'aiuto di eminenti famiglie cittadine (Albertini, Cesarini, Mastrilli, al cui interno vi furono alcuni religiosi dell'ordine), venne intrapresa la costruzione della chiesa affidando l'incarico all'architetto dell'ordine, il ferrarese Giovanni Tristano, che fornì il disegno e prospettò anche l'abbattimento dell'ultimo piano del palazzo, e a Giovanni de Rosis. L'edificio venne eretto con la direzione del padre gesuita Francesco Comes. La chiesa iniziata nel 1568 e completata, per la facciata, nel 1579 proseguì per alcuni anni ancora: nel 1584 fu costruita la sacrestia e acquistati arredi; nel 1587 venne consegnata la pala dell'altare maggiore (la Circoncisione di Girolamo Imparato).

Note
Fonti iconografiche

Una pianta della chiesa del Gesù di Nola si trova in un album di disegni di architetture gesuitiche nella Raccolta Campori della Biblioteca Estense di Modena

Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Bösel 1995: R. Bösel, Jesuitenarchitektur in Italien. 1540-1773, 2 voll., Wien 1995, I, 471-475

 

Cirillo, Casale 2001: A. Cirillo, A. Casale, Palazzo Orsini di Nola: dalla Reggia al Tribunale, Napoli 2001, 61-75

 

Clarke 1996: G. Clarke, «The Palazzo Orsini in Nola: a Renaissance Relationship with Antiquity», Apollo, 144, 1996, 44-50

 

Guadagni 1688 (1991): Carlo Guadagni, Nola sagra, edizione a cura di Tobia R. Toscano, Massa Lubrense 1991, 213-216

 

Iappelli 1992: F. Iappelli, “Gesuiti a Nola. 1558-1767”, Societas, 41, 1992, 1-2, 20-25

 

Iappelli 2001: P. Iappelli, La chiesa del Gesù di Nola. Tradizione e sperimentazione nell'architettura gesuitica in Campania, Napoli 2001

 

Manzi 1970: Pietro Manzi, La reggia degli Orsini di Nola (1470-1970). Note di storia e arte nel V centenario della fondazione, Roma 1970, 48-58

 

Stefanile 1996: G. Stefanile, «La "reggia" Orsini e l'architettura del Rinascimento nell'Italia meridionale», in Nola e il suo territorio dalla fine del Medio Evo al XVII secolo: momenti di storia culturale e artistica, a cura di T. Toscano, Nola 1996, 45-74

 

Vincenti 1897: G. Vincenti, La contea di Nola dal secolo XIII al XVI, Napoli 1897

Link esterni

Album della Raccolta Campori di Modena: http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/mss/i-mo-beu-gamma.i.1.50.pdf

SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione20/12/2012 21:13:02
Data ultima revisione17/11/2016 15:05:34
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/309
OggettoNola, Palazzo Albertini
Tipologiapalazzo
Nome attualePalazzo Covone
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

XV secolo: costruzione

XVI secolo: facciata

Autore
Committente
Famiglie e persone

Albertini

Descrizione

All'esterno si sviluppa un lungo basamento in calcare bianco, con frammenti antichi di reimpiego sormontato da un toro in piperno. Al di sopra del basamento si elevano due ordini architettonici sovrapposti di paraste in piperno. Dal portale centrale mormandeo, a paraste ioniche, si accede a un ampio vestibolo voltato a botte, che immette in un cortile interno quadrangolare. Sul lato sinistro del cortile si apre una loggia ad archi su colonne nella quale è incastonata la scala a due rampe che consuce al piano nobile. Proseguendo lungo l'asse centrale del cortile, invece, dopo alcuni ambienti, si incontra un secondo portale lapideo con intradosso a cassettoni decorati da emblemi militari.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Uno stemma in calcare è incastonato nell'angolo destro della facciata, all'altezza del primo piano. Lo stemma risulta illegibile poiché parzialmente annegato nella muratura dell'edifico contiguo. Si nota comunque la presenza di una banda trasversale obliqua con un giglio nella parte superiore sinistra.

Elementi antichi di reimpiego

L'elemento più appariscente del palazzo è il lungo fregio dorico antico reimpiegato nel basamento, composto da metope e triglifi e alto circa un metro, e composto da:

Blocco di architrave con motivo d'armi (elmo e frammento di metopa con patera)

altro Blocco di architrave con motivo d'armi (elmo)

Blocco di architrave con motivo vegetale e d'armi

Blocco di architrave con armi (coppia di scudi e una prora di una nave)

Blocco di architrave con grifo

Blocco di architrave con togati e armi

Blocco di architrave con catasta d'armi

Nel palazzo era anche l'iscrizione CIL, X, 1241, irreperibile già nel XIX secolo (Mommsen 1883, p. 144). 




Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi

Pianta del piano terra in Mollo 1996; Avella 2006, p. 308.

Fonti/Documenti

La collocazione della casa degli Albertini nella regione è attestata da Ambrogio Leone

Leone 1514, lib. III, cap. 3, c. 44v-45r: “In regione Portellana […] Sunt Albertini, ex quibus Jacobus utriusque iuris peritia excelluit atque Neapoli regius iudex conscriptur est in foro quam Magnam Curiam vocant, idem in bello Gallico magno habitus est loco. Quinetiam Gentilis, huius filius legum scientia atque oratione prestanti floret”.

Bibliografia

Avella 1996-1999: Leonardo Avella, Fototeca nolana. Archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, Napoli 1996-1999, III, 430-440.

 

Avella 2006: Leonardo Avella, Cartografia nolana. La città di Nola e il suo ‘Ager’ nelle carte topografiche antiche e moderne, edite, inedite e ipotetiche, Napoli 2006.

 

Blunt 1975: Anthony Blunt, Architettura barocca e rocoò a Napoli, (London 1975), ed. it. a cura di Fulvio Lenzo, Milano 2006. 


Campone 2007: Maria Carolina Campone, «Nola. Palazzo Albertini», in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Campania ricerche, a cura di A. Gambardella, D. Jacazzi, Roma 2007, 246-248.

 

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more Doricorum: espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005. 


Donceel 1964: Robert Donceel, “Une Chimère sur une frise à mmétopes figure d’époque augustéenne, à Nole”, Bulletin de l’Historie Belge de Rome, 36, 1964, 5-31.

 

Leone 1514: De Nola, opusculum distinctum, plenum, clarum, doctum, pulcrum, verum, graue, varium, & utile, Incussum est hoc opus opera diligentiaque probi viri Ioannis Rubri Vercellani, Venetiis anno Salutis MDXIIII [1514].

 

Mollo 1996: Giuseppe Mollo, "Note sull'Architettura di palazzo Albertini in Nola", in Nola e il suo territorio: dalla fine del Medio Evo al 17. secolo, momenti di storia culturale e artistica: atti del 2. Corso di formazione per docenti in servizio Didattica e territorio, 10 febbraio-28 maggio 1994, a cura di Tobia Toscano, Nola 1996, 53-62.

 

Mommsen 1883: Theodor Mommsen, “Nola”, in Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae latinae. Pars I, Inscriptiones Bruttiorum Lucaniae Campanie, Berolini 1883, 142-146.

 

Polito 1998: Eugenio Polito, Fulgentibus Armis. Introduzione allo studio dei fregi d’armi antichi, Roma 1998.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione31/05/2012 12:14:41
Data ultima revisione29/10/2019 17:47:05
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/28
OggettoNola, Palazzo Ceva Grimaldi
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi

Palazzo Ceva Grimaldi

Cronologia

XV secolo: costruzione.

1702: dal catasto onciario risulta che il palazzo era proprietà di Felice Michele Ceva Grimaldi, duca di Telese, e della moglie donna Anna Trombatore "padrona diretta"  (Avella 1996-1999, II, 254).

Autore
Committente
Famiglie e persone

famiglia Ceva Grimaldi

Descrizione

Un portale quattrocentesco ad arco ribassato in piperno conduce al profondo vestibolo, che immette al vano scala e quindi al cortile interno. Sulla parete sinistra del vestibolo è un grande arco in pietra, sempre quattrocentesco, a più ghiere concentriche – attualmente tamponato -  poggiante su piedritti polistili con capitelli a foglie sul calato e una cornice ad ovoli e dentelli nell’abaco. Simile è l’altro arco che dal vestibolo si apre verso il cortile interno; in questo caso i capitelli presentano un abaco con toro a fascia di alloro su cornice a perline.

In fondo al vestibolo, sulla parete destra, si sviluppa una scala a più rampe. La fine della  prima rampa è segnata da due semicolonne con capitelli tardogotici; segue un ripiano irregolare, alla fine del quale si trova un arco in piperno, poggiante, da un lato sulla semicolonna di sinistra della prima rampa, dall’altro su un capitello pensile a peduccio conico strigilato, segnato superiormente da una fascia a corona d’alloro su cornice a perline. La rampa successiva, di epoca recente, prosegue quindi scoperta. 

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Avella 1996-1999: Leonardo Avella, Fototeca nolana. Archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, Napoli 1996-1999, II, 252-257.

 

Campone 2007: Maria Carolina Campone, “Nola. Palazzo Ceva-Grimaldi”, in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Campania. Ricerche, a cura di Alfonso Gambardella e Danila Jacazzi, Roma 2007, 249-250.

 

Campone 2007/a:Maria Carolina Campone, "Nola, palazzo in via Santa Chiara 74", in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Campania. Ricerche, a cura di Alfonso Gambardella e Danila Jacazzi, Roma 2007, 253-254.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione01/06/2012 09:30:54
Data ultima revisione30/12/2018 22:15:20
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OggettoNola, Palazzo Mastrilli
TipologiaPalazzo con cortile
Nome attualePalazzo Mastrilli
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

sec. XVI costruzione dell'edificio

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

L'imponente edificio rappresenta una delle residenze dell'importante famiglia nolana nel centro cittadino. Dell'impianto originario si conserva il basamento in bugnato e il cantonale decorato con conci di tufo grigio mentre all'interno del cortile si vedono i resti della loggia con pilastrini e della scala aperta. Resta anche una porzione del giardino, con una vasca di marmo con gli stemmi della famiglia.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Sui pilastrini della loggia:

stemmi abbinati (Mastrilli-Cesarini?)

 

Nella vasca del giardino, sui quattro lati:

stemma della famiglia Mastrilli

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne

Vasca in marmo, residuo dell'arredo del giardino

Storia e trasformazioni

Il palazzo sorge in pieno centro e costituisce una delle residenze dalla famiglia, tra le più importanti della città con una notevole presenza nella vita cittadina tra XV e XVIII secolo, grazie anche a suoi numerosi esponenti, personaggi politici e dell'amministrazione cittadina e del regno, religiosi, eruditi, antiquari, oltre ad essere stati feudatari di numerose località del nolano e dell'intera regione. Il palazzo conserva solo parti del suo aspetto e impianto cinquecenteschi, come il basamento e il cantonale dell'imponente prospetto e resti della scala aperta del cortile interno e del giardino con il suo arredo.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Carifi 1767 (2000): Antonio Carifi, Ragguaglio della Famiglia Mastrilli, edizione del manoscritto (1767) a cura di Guido Galdi, Marigliano 2000

 

Castaldo 2013: Nicola Castaldo (a cura di), Le dimore dei Mastrilli, San Paolo Belsito 2013

 

Castaldo, Solpietro 2013: Nicola Castaldo, Antonia Solpietro, "Cortefellana autem regio hisce nationibus illustratur... censentur Mastrilli", in Nicola Castaldo (a cura di), Le dimore dei Mastrilli, San Paolo Belsito 2013, 21-22

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SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione11/12/2012 20:52:22
Data ultima revisione30/12/2018 22:16:28
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OggettoNola, Palazzo Orsini
Tipologiapalazzo
Nome attualeTribunale di Nola
Immagine
Nomi antichi

Reggia

Convento della Compagnia di Gesù

Real Conservatorio dei Poveri

Caserma della Cavalleria

Distretto Militare di Nola (n. 80)

Tribunale di Nola

Cronologia

1470 c.: costruzione voluta da Orso Orsini.

1559: donazione da parte di Maria Sanseverino, ultima contessa di Nola, alla Compagnia di Gesù, che utilizzò il palazzo come convento (Bösel, 1995).

1767: il palazzo passa al Demanio, diventando il Real Conservatorio dei Poveri.

XIX secolo: è Caserma della Cavalleria.

XX secolo: subito dopo la Secondo Guerra Mondiale è Distretto Militare di Nola e poi deposito di armi.

1980: viene dismesso come deposito e ristrutturato.

1994: diventa sede del Tribunale di Nola.

Autore
Committente

Orso Orsini

Famiglie e persone

Orso Orsini

Enrico Orsini

Maria Sanseverino

Luigi Tansillo

Descrizione

Costruito a partire da un precedente palazzo di famiglia, il palazzo è situato nell'attuale Piazza Giordano Bruno. L’elemento di maggiore interesse è la facciata composta da un grandi blocchi lisci: anche se Ambrogio Leone (De Nola 1514) dice che la facciata è realizzata “ex marmore quadrato” sappiamo che si tratta di un calcare locale. Il muro è a doppia cortina, esterna in marmo, interna in tufo (Stefanile 1996, p. 51) Secondo Leone, Orso inizialmente voleva costruire il palazzo con tufo locale piuttosto che in marmo ma le quantità di travertino rese disponibili dalla dismissione dell’antico anfiteatro romano rendevano possibile il rivestimento dell’intera facciata. Summonte indica come fonte antica dei blocchi “la fabrica dove si crede sia lo palazzo nel quale morse Augusto". La pietra in sé antica, lo stile con cui sono tagliati i conci di pietra e la disposizione regolare dei filari riproduce l'opus isodomum vitruviano anticipando di circa vent’anni il Palazzo della Cancelleria di Raffaele Riario a Roma. Il bugnato liscio non presenta partizioni verticali; è  percorso da due lunghi tori, uno alla base e un altro tra il pianterreno e il primo piano,  al di sotto della quale di trova una lunga iscrizione in monumentali capitali all’antica che corre su due righe lungo tutta la facciata del palazzo; l’iscrizione monumentale anticipa quella di una sola riga della Cancelleria e rivela l’intento antiquario non solo nell’aspetto ma anche nel contenuto: disposta su due righe l’iscrizione riferisce di un Ursus Alus che era governatore, soldato, difensore e restauratore della propria città e delle leggi e include una lode a Vituria e un riferimento ai molti figli. Per rivendicare Ursus Alus come antenato Orso non crea un’iscrizione ex novo ma copia due diverse iscrizioni funerarie distinte (una di Ursus Alus e una di Vituria) conservate all’epoca in uno dei tre palazzi della famiglia Orsini a Roma. Ritenute false nel Seicento, nel Quattrocento venivano reputate antiche e si pensava che Ursus Alus fosse un soldato Orsini del V o VI secolo che aveva fondato la dinastia Orsini, dimostrandone così l’antichità: ci troviamo dunque di fronte a un chiaro caso di fabbricazione di antiche iscrizioni per supportare le rivendicazioni di una famiglia rinascimentale, ripreso in maniera originale da Orso Orsini per legittimare la sua posizione di figlio naturale (Clarke 1996). Abbiamo un’ulteriore iscrizione, in capitali romane di piccole dimensioni posta sotto la nicchia al centro della facciata sopra il toro marcapiano, dove il “Romano Orso” dichiara di aver costruito la dimora nel 1470. La nicchia conchigliata ospitava in origine il busto del committente; una nicchia analoga sormontava il portale del Palazzo di Giulio De Scortiatis a Napoli (c. 1470) e ospitava il busto di Ferrante (il precedente è il palazzo di Diomede Carafa con nicchia a conchiglia che ospitava una Venere antica). Il portale architravato al centro della facciata presenta una cornice che poggia su due piccoli piedistalli con la raffigurazione araldica di due orsi di profilo; le rose negli stipiti sono un ulteriore richiamo alla famiglia Orsini. Nel timpano ricurvo del portale ci sono due leoni (altro elemento delle armi di Orso) che reggono un tondo, che forse in origine conteneva lo stemma Orsini. All’interno, il vestibolo coperto a botte, è delimitato da un arco ribassato su pilastri polistili con capitello vegetale. All’interno il palazzo si sviluppa intorno a una corte quadrangolare, con il corpo di scala principale a sinistra entrando, come a Palazzo Medici e a Palazzo Carafa. La scala presenta un portale architravata con mensolette vegetali negli angoli e decorato sull’architrave con lo stemma e imprese di Orso; così pure le finestre della scala. Il lato verso la strada includeva la Gran Sala al primo piano. Mentre questo lato è a tre piani, il lato interno opposto verso il giardino è a un solo piano. Il muro di cinta che delimitava il giardino verso orinete è scandito da grate marmoree con motivi “catalani”, tipo rosone di Castel Nuovo. Il palazzo includeva una cappella, che potrebbe corrispondere con l’attuale Aula d’Assise (Stefanile 1996, p. 51) nell’ala meridionale del palazzo. 

Iscrizioni

Nel fregio corre l'iscrizione di Ursus Alus

Iscrizione sotto nicchia sulla facciata: URSUS URSINO GENERE ROMANUS / DUX ASCULI SUANE NOLE TRIPALLEQ(UE) / COMES HAS EDES FECIT MCCCCLXX

Motto personale di Orso che si trova su porte e finestre: TEMPUS PRO NUMERUS ET MENSURA

Stemmi o emblemi araldici

Stemma della famiglia Orsini rappresentante una rosa si trova nel portale e nelle finestre trabeate del piano nobile.

lmpresa del collare spinato e del compasso si alternano nel fregio delle finestre della gran sala in facciata e della scala all'interno del cortile. 

L’impresa personale di Orso del compasso è accompagnato spesso daldal motto TEMPUS ORDO NUMERUS ET MENSURA.

Elementi antichi di reimpiego

Facciata costruita con blocchi di travertino antico provenienti dall'antico teatro, allora considerato anfiteatro (Leone, 1514)

Cippo con epigrafe all'interno del filare inferiore di blocchi antichi della facciata.

Fonti risalenti alla trasformazione del palazzo in convento della Compagnia di Gesù attestano una cornice di coronamento fatta di pezzi antichi, andati persi con l'abbattimento dell'ultimo piano del palazzo nella seconda metà del Cinquecento.

Opere d'arte medievali e moderne

Stando ad Ambrogio Leone, nella nicchia conchigliata posta al di sopra del portale principale c'era un busto ritratto di Orso Orsini (Leone, 1514).

Storia e trasformazioni

Con il passaggio del palazzo alla Compagnia di Gesù l'edificio è stato privato dell'ultimo piano e del cornicione terminale, probabilmente realizzato con pezzi di reimpiego. Inoltre la Gran sala è stata utilizzata come cappella principale del Convento.Trasformazioni ulteriori risalgono al momento in cui il palazzo fu riutilizzato come caserma militare a partire dall metà del XVIII secolo.

Note

La facciata viene ricordata da Pontano nel trattato De magnificentia come esempio di magnificenza, e la liberalità di Orso nei confronti di coloro che lavorarono al palazzo è ricordata nel De liberalitate.

Pietro Summonte (Niccolini 1926) lo mette in relazione con il Palazzo di Carlo Carafa conte di Airola (ora Monte di Pietà) a Napoli.

In contemporanea al palazzo di Nola, Orso Orsini realizza un palazzo sulla strada principale del centro antico di Napoli, su Via de' Tribunali, a pochi passi da Castel Capuano, residenza del Duca di Calabria. Il palazzo fu trasformato nella chiesa di Santa Maria del Rifugio. Nel fregio del portale corre la seguente iscrizione: "HEC ROSA MAGNANIMI DEFENDITUR UNGUIBUS URSI – HINC GENUS URSINUM ROMA VETUSTA TRAMIT. ANNO DOMINI MCCCCLXXI"

Fonti iconografiche

Tavola della Nola presens in Leone 1514

 

Piante e rilievi

Manzi 1970; Stefanile 1996, pp. 48-49; Cirillo 2002.

Fonti/Documenti
Bibliografia

Bösel 1995: R. Bösel, Jesuitenarchitektur in Italien. 1540-1773, 2 voll., Wien 1995.

 

Cirillo 2002: A. Cirillo, Palazzo Orsini di Nola: dalla Reggia al Tribunale, Napoli 2002.

 

Clarke 1996: G. Clarke, «The Palazzo Orsini in Nola: a Renaissance Relationship with Antiquity», Apollo, 144, 1996, 44-50

 

Manzi 1970: P. Manzi, La reggia degli Orsini di Nola (1470-1970), Roma 1970.

 

Pieri 1933: P. Pieri, «Il Governo et exercitio de la militia di Orso degli Orsini e i Memoriali di Diomede Carafa», Archivio Storico per le Province Napoletane, 19, 1933, 101-103

 

Stefanile 1996: G. Stefanile, «La "reggia" Orsini e l'architettura del Rinascimento nell'Italia meridionale», in Nola e il suo territorio dalla fine del Medio Evo al XVII secolo: momenti di storia culturale e artistica, a cura di T. Toscano, Nola 1996, 45-74.

 

Vincenti 1897: G. Vincenti, La contea di Nola dal secolo XIII al XVI, Napoli 1897.

Link esterni
SchedatoreBianca de Divitiis
Data di compilazione01/06/2012 09:33:30
Data ultima revisione30/12/2018 22:17:23
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OggettoNola, Palazzo Santorelli
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi

Palazzo Santorelli

Cronologia

XV secolo: costruzione del nucleo originario.

XVIII: dal catasto onciario il palazzo risulta di proprietà della famiglia Santorelli.

1799: data incisa sul portale, riferibile a un probabile rifacimento.

Autore
Committente
Famiglie e persone

famiglia Santorelli

Descrizione

Il palazzo si presenta attualmente come il frutto di interventi edilizi succedutisi durante i secoli in maniera disorganica. L'accesso avviene da via Santa Chiara, alle spalle del muro di cinta dei giardini di palazzo Orsini, tramite un portale a tutto sesto con incisa la data 1799. Della costruzione originaria conserva una interessante finestra "catalana" al livello del piano nobile, sul fronte principale. Un'altra finestra, sempre al primo piano, si apre verso il cortile interno, con estradosso cuspidato.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Un frammento di lastra lapidea con iscrizione romana è reimpiegato come mensola di sostegno a un balcone del cortile interno:

"D(is) M(anibus) / Publilia/e Doxae / matri dul/ciss[i]mae / filiae f/ecerunt" (trascrizione da scheda G. Camodeca nel database epigrafico EAGLE)


Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Avella 1996-1999: Leonardo Avella, Fototeca nolana. Archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, Napoli 1996-1999, II, 251-253.

 

Campone 2007: Maria Carolina Campone, “Nola. Palazzo Santorelli”, in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Campania. Ricerche, a cura di Alfonso Gambardella e Danila Jacazzi, Roma 2007, 251.

Link esterni

Scheda di G. Camodeca nel database epigrafico EAGLE:

http://www.edr-edr.it/edr_programmi/res_complex_comune.php?id_nr=EDR106649

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione01/06/2012 09:42:51
Data ultima revisione30/12/2018 22:18:30
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/76
OggettoNola, San Biagio
Tipologiachiesa
Nome attualeSan Biagio
Immagine
Nomi antichi

San Francesco

Cronologia

1293: data leggibile su una lapide già nel chiostro (Ambrosio 2001).

1372: data di fondazione tradizionalmente accettata (Guadagni 1688; Remondini 1747-1757).

XVI secolo: rimaneggiamento della struttura originaria.

XVIII secolo.: la chiesa viene profondamente modificata con la costruzione di un’abside poligonale più avanzata verso la navata e il rivestimento interno in stucco.

1781: è la data iscritta sul soffitto dipinto da Angelo Mozzillo.

1807: soppressione degli ordini religiosi.

1825: viene intitolata a Santa Maria della Misericordia e San Biagio.

1925: ritorna ai francescani.

1980: chiusa al culto a causa del terremoto. Restauri (urante i lavori vengono rinvenute strutture archeologiche risalenti all’epoca imperiale e una domus della seconda metà del III sec. d. C.)

Autore
Committente
Famiglie e persone

Nicolò Orsini

Raimondo Orsini

Famiglia Albertini:

Fabrizio Albertini

Gentile Albertini

Giacomo Albertini

Descrizione

Chiesa a navata unica con sei altari laterali e abside poligonale. L’originaria abside trecentesca (a cinque ottavi) è ancora osservabile dietro quella barocca: ha volta poligonale innervata da costoloni e snelle finestre a lancetta nelle pareti.

La facciata attuale a doppio spiovente è articolata da due doppie paraste. Al centro è ancora il portale originario di età angioina, con elementi scolpiti e stipiti in marmo africano fortemente strombati.

Iscrizioni

Iscrizioni sono presenti sulle tre tombe Albertini attualmente nell’antisagrestia:

 

"IACOBO ALBERTINO / PONTIFICII CAESARIQ. IVRIS CONSVLTISS. / VITAE QVOQVE INTEGRITATE SATIS CALRO / CONDITORIVM HOC QVOD / GENTILIS PATRI BENEMERITO DESTINARAT / FRANCISCA TOPHIA NVRVS / PRAETER VOTVM GENTILI VIRO SVPERSTES / PROFVSIS LACHRIMIS. P. AN. MDXLI / OBIIT DIE VIII OCTOBRIS AN. MDVIII / VIX. ANN. LX."

 

"GENTILI ALBERTINO / IVRIS CONSVLTO PERITISSIMO / AC PATRONO OP. CVIVS STVDIVM /CVM MVLTIS PRODESSET / OBESSET NEMINI / AVARA MORS / COMMODIS AMICORVM INVIDENS / MEDIO IN CVRSV ABSTVLIT / FRANCISCA TOPHIA / VXOR INFELIX VIRO DVLCISSIMO P. / VIX AN. LI ME. VIIII DIES XV / OBIIT. AN. SAL. MDXXXVIIII. XII APR."

 

"FABRICIO GENTILIS FILIO ALBERTINO SENENSI / TRVENTINOQ. BELLO MILITVM PRAEFECTO STRENVO / DOMI EQVITVM GRAVIS RAMATVIRAE VICARIO PROVIDO / IO. HIERONYMVS DOLORE IMMATVRAE MORTIS MOESTVS / GLORIA VIVENTIS FAMAE LAETVS / GERMANO FRATRI OPT. F.C. / VIXIT ANN. XXVIII OBIIT ANN. MDLXIIII."

 

Secondo Remondini (1747-1757, I, p. 208) nella chiesa era anche una epigrafe più antica ricordante un altro membro della famiglia Albertini e datata 1266:

"VBERTINVS ALBERTINVS / IN GALLIA CISALPINA / AB EXELLINO TIRANNO / MVLTIS OPPIDIS EXPOLIATVS / CAROLI I STIPENDIA SECVTVS / NOLAE CONSEDIT AN. MCCLXVI"

Stemmi o emblemi araldici

Stemma Orsini sul sarcofago marmoreo oggi nell'antisagrestia.

Stemmi Albertini.

Elementi antichi di reimpiego

Di spoglio il marmo africano reimpiegato negli stipiti del portale principale.

Opere d'arte medievali e moderne

Affreschi trecenteschi nelle pareti interne del vano sotto il campanile.

Sarcofago marmoreo con stemma Orsini attualmente nell’antisagrestia.

Tombe e altare cinquecenteschi già nella cappella Albertini (attualmente in antisagrestia)

Soffitto dipinto tardosettecentesco

Storia e trasformazioni

La chiesa gotica originaria è stata profondamente rimaneggiata nel XVIII secolo, modificando la spazialità interna con la costruzione di un muro poligonale dietro l'altare maggiore che nasconde l'abside poligonale angioina. A parte il retrocoro, della struttura mediovale sussiste anche il portale maggiore in facciata.

Note
Fonti iconografiche

Incisione della Nola Presens in Leone 1514.

Piante e rilievi

Pianta in Sabatino 2002.

Fonti/Documenti

Nola, Archivio Diocesano, Platea del convento di San Francesco d’Assisi, 1697-1807.

Bibliografia

Ambrosio 2001: Il restauro del portale 2001: Il restauro del portale. Chiesa di S. Francesco in Nola (oggi parrocchia di San Biagio), [testi di Vanda Ambrosio], Nola 2001.

 

Avella 1996-1999: Leonardo Avella,  Fototeca nolana: archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, 12 volumi, Napoli 1996-1999, II, 312-341.

 

Bove et al. 1980: Gennaro Bove, Giacomo Verrengia, Adele Malagnini e Biagio Malagnini, Il convento di San Francesco in Nola (oggi San Biagio). Profilo storico Pastorale e artistico, Nola 1980.

 

Guadagni 1688:  Carlo Guadagni, Nola sagra, (Napoli 1688) ed. a cura di Tobia R. Toscano, Massalubrense 1991.

 

La Rocca, Angelillo 1971: Eugenio La Rocca, Dora Angelillo, Nola dalle origini al Medioevo, Napoli 1971. 


Leone 1514: De Nola, opusculum distinctum, plenum, clarum, doctum, pulcrum, verum, graue, varium, & utile, Incussum est hoc opus opera diligentiaque probi viri Ioannis Rubri Vercellani, Venetiis anno Salutis MDXIIII [1514]. 

 

Naldi 2007: Giovanni da Nola, Annibale Caccavello, Giovan Domenico D’Auria. Sculture ‘ritrovate’ tra Napoli e Terra di Lavoro, 1545-1565, a cura di Riccardo Naldi, Napoli 2007.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore ... Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini ... tomi 1-3. In Napoli, nella stamperia di Giovanni di Simone, 1747-57. [tomo Itomo IItomo III].

 

Sabatino 2002: Rosa Sabatino, "La Fravrica dela ecclesia reale de sancto Juanne a Carvonare in una pergamena del 1423", Napoli Nobilissima, s. 5, III, 2002, 135-152.

 

Toscano 1989: Gennaro Toscano, “Sculture del Quattro e Cinquecento a Nola: la committenza Orsini”, Quaderni. Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale, 6, 1989, 117-142.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione01/06/2012 09:45:03
Data ultima revisione18/11/2016 17:04:28
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OggettoNola, Sant'Angelo in Palco
TipologiaChiesa e complesso monastico annesso
Nome attualeSant'Angelo in Palco
Immagine
Nomi antichi

San Michele Arcangelo

Cronologia

1420-1436: Raimondo Orsini (conte di Nola dal 1420) e la moglie Isabella Caracciolo del Sole (+ 1436) fondano il convento e lo affidano ai frati minori dell'Osservanza.

XVI secolo: realizzazione di cicli pittorici ad affresco.

1626: i Padri riformati succedono ai Minori dell'Osservanza.

1632: un violento terremoto danneggia gravemente il complesso.

1657: Ricostruzione del complesso, inglobando parti della struttura originaria.

1661: la nuova chiesa viene consacrata dal vescovo di Nola Francesco Gonzaga.

1840: realizzazione di un nuovo ciclo pittorico raffigurante la vita di san Francesco.

1866: in seguito alle Leggi Eversive il complesso viene secolarizzato.

Autore
Committente

Raimondo Orsini conte di Nola e sua moglie Isabella Caracciolo del Sole.

Famiglie e persone

Raimondo Orsini

Isabella Caracciolo del Sole.

Descrizione

Il complesso sorge sul pendio della collina. Si accede alla chiesa tramite un porticato a cinque arcate in piperno su colonne antiche in marmo e granito.  L’interno è a navata unica coperta a capriate lignee, con cinque cappelle sul fianco sinistro. Presbiterio quadrato con volta a crociera ogivale, introdotto da arco a sesto acuto. Sul lato destro della chiesa si sviluppa il convento, organizzato intorno a un chiostro rettangolare con portici su colonne e a un cortile secondario. 

Iscrizioni

Iscrizione relativa alla consacrazione della chiesa nel 1661: 

D.O.M. / D[omi]NVS D. FRANC[iscv]S GO[n]ZAGA / EP[iscop]VS NOLAN[v]S / HOC TE[m]PLVM DICATVM S[anc]TO / MICHAELI ARCANGELO / PRINCIPI ANG[elorvm] SOLEMNI / CONSECRAVIT RITV AN. D.NI / MDCLXI DIE XXIX 7[m]BRIS

 

Iscrizione attestante una sepoltura realizzata dal dottore in filosofia e medicina Salvatore Vecchione (datata 1632).

Stemmi o emblemi araldici

Sul muro esterno del convento è lo stemma in marmo bipartito Orsini e Caracciolo del Sole, sorretto da due orsi rampanti e sormontato da un’aquila bicipite.

Elementi antichi di reimpiego

Sono di reimpiego le colonne e i capitelli del portico esterno della chiesa.

Opere d'arte medievali e moderne

Notevoli sono gli affreschi del refettorio, di inizio XVI secolo. L’immagine più antica, Cristo alla colonna, risale alla seconda metà del XV secolo. Al 1503 datano gli episodi della Passione di Cristo, e al XVIII secolo le scene vetero e neotestamentarie. 

Altri affreschi nel chiostro.

Storia e trasformazioni

Costruito fra il terzo e il quarto decennio del XV secolo, il complesso viene ricostruito dopo il terremoto del 1631. Delle strutture originarie sopravvivono alcuni archi durazzeschi inglobati nelle murature sul fianco sinistro della chiesa, la vecchia cappella della Natività, in prossimità del campanile, e il portico di ingresso alla chiesa.

Restauri alle strutture sono stati condotti dalla Soprintendenza ai Monumenti nel 1957.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Avella 1996-1999: Leonardo Avella, Fototeca nolana. Archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, Napoli 1996-1999, IV, 740-753.


D'Andrea 1999: Gioacchino Francesco D'Andrea, "La biblioteca del convento di S. Angelo del Palco di Nola", Archivum Franciscanum historicum, 92, 1999, 395-412.

 

Mollo 1991: Giuseppe Mollo, "Il convento di S. Angelo in Palco a Nola", Impegno e dialogo: incontri culturali, 9, 1990-1991, 123-136.

Link esterni

http://www.meridies-nola.org/nola/sc_palco.htm

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione01/06/2012 10:20:40
Data ultima revisione18/11/2016 17:01:38
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OggettoNola, Santa Chiara
Tipologiachiesa
Nome attualeSanta Chiara vecchia
Immagine
Nomi antichi

Santa Maria Jacobi

Cronologia

1330: primo documento attestante l’esistenza di una comunità monastica femminile.

1342: interventi di ampliamento al complesso monastico.

1354: il pontefice autorizza Niccolò Orsini conte di Nola a ripristinare parti della fabbrica ormai collassate.

1359: epigrafe (in parte lacunosa) consente di leggere questa data, probabilmente da riferire a interventi edilizi intrapresi nel complesso.

Autore
Committente

Niccolò Orsini, conte di Nola (dibattuto il nome del committente e di conseguenza la datazione della fondazione, cfr. Note)

Famiglie e persone

Orsini

Descrizione

La chiesa ad aula unica suddivisa in due piani (quello superiore era il coro dalle monache), con un presbiterio quadrato. Il presbiterio voltato a crociera ogivale costolonata ha altezza minore della chiesa, coperta da capriate lignee; i due ambienti sono anche fortemente disassati fra loro, denunciando la loro appartenenza a fasi cronologiche ben distinte. Alla destra del presbiterio si aprono due piccoli ambienti sovrapposti, a pianta trapezoidale. Sulla parete di fondo del presbiterio si apre una slanciata bifora coronata da un traforo con tre oculi tetralobati.

Iscrizioni

Oltre alle iscrizioni antiche murate agli spigoli esterni del presbiterio (cfr. Elementi antichi di reimpiego) particolarmente interessanti sono due epigrafi lacunose che attestano interventi edilizi trecenteschi.

+ANNO DOMINI MCCCLI [....] / MAGNIFICVS DOMINVS NICOL[avs de filiis v]/RSI NOLANVS ET PALAT[invs comes fi]/ERI FECIT HOC DORMITO[rivm ad honorem] / DEI ET EIVS GENETRICIS AC BEA[ti j]/ACOBI ET BEATAE CLARAE VIR[ginis pr]/O ANIMA MAGNIFICAE COMITISSAE [sve]/VE DE BAVTIO MATRIS SVAE. (seguono nella porzione inferiore dell’iscrizione gli stemmi delle casate Orsini, del Balzo e Sabran).

 

L’altra porzione di iscrizione: +ANNO DOMINI MCCCLVIIII XIII IND[ictionis].

 

Stemmi o emblemi araldici

Le pareti interne della chiesa sono affrescate con numerosi stemmi delle famiglie nolane. Nella chiave di volta del presbiterio è scolpito lo stemma Orsini. Gli stemmi Orsini, Del Balzo e Sabran sono scolpiti nella aprte inferiore della lapide con epigrafe relativa al rifacimento dei dormitori.

Elementi antichi di reimpiego

Ai tre spigoli esterni del presbiterio sono murati tre cippi romani con le  CIL,X,1251, CIL,X,1254, mentre il terzo mostra una decorazione con patera.

Base di statua nel paramento esterno

Nel monastero era il cippo con l'iscrizione CIL,X,1249, adesso trasferito nel cortile del municipio.

Opere d'arte medievali e moderne

Nella chiesa si trovano lacerti di affreschi risalenti al XV secolo, parte strappati e riposizionati (Madonna del Latte, quattro figure di santi), parte ancora in sito (figure di santi, Cristo fra due figure maschili, motivi decorativi e araldici).

Storia e trasformazioni

Il complesso è stato soggetto a numerose ricostruzioni più o meno parziali durante i secoli. In particolare il presbiterio sembra risalire a una fare più antica rispetto all’aula. Leonardo Avella ha ipotizzato che il presbiterio preesistesse alla chiesa e che ospitasse l’antico Seggio dei nobili, poi ricostruito da Niccolò Orsini in posizione poco distante sull’altro lato della stessa strada (cfr. scheda Seggio di Nola).

Gli interventi più significativi di età moderna sono quelli condotti dall’architetto Ferdinando Sanfelice nel XVIII secolo, quando viene costruita una nuova chiesa di Santa Chiara e l’edificio della vecchia aula di culto destinato ad ambiente del monastero.

Importanti restauri sono stati condotti nell’immediato dopoguerra (1947-1948) da Mario Zampino, e altri ancora, diretti da Vincenzo Milano, tra il 1985 e il 1995. Si deve ai restauri di Zampino il ripristino della facies medievale, con la rimozione della decorazione settecentesca, e la riapertura di alcune aperture – portali e finestre bifore – emerse al di sotto degli intonaci. 

Note

Elemento di particolare interesse è la suddivisione orizzontale dell’aula, che riecheggia la chiesa di Santa Maria Donnaregina a Napoli, come sottolineato da Venditti 1969, pp. 797-800.

Ancora controversa è la fondazione del convento e di conseguenza la data di costruzione della chiesa. Secondo Ambrogio Leone 1514, il convento sarebbe stato fondato dal conte Nicola Orsini, padre di Pirro. Remondini, invece, ritiene più probabile che il fondatore sia stato Roberto I Orsini, in ragione del fatto che ai suoi tempi erano ancora visibili sul portale d’ingresso gli stemmi Orsini e Del Balzo, quest’ultimo riferibile a Sveva Del Balzo, moglie di Roberto Orsini. L’ipotesi di Remondini è da ultimo ritenuta la più plausibile da Di Cerbo, che si basa su nuove indagini d’archivio, sulla stratigrafia delle tessiture murarie e sullo studio dell’inconsueta dedicazione originaria a Santa Maria Jacobi. 

Fonti iconografiche

Incisione della Nola Presens in Leone 1514.

Piante e rilievi

Piante e sezioni in Zampino 1957; Di Cerbo 2008.

Fonti/Documenti
Bibliografia

Avella 1996-1999: Leonardo Avella, Fototeca nolana. Archivio d’immagini dei monumenti e delle opere d’arte della città e dell’agro. Guida topografica delle insule del centro urbano storico della città di Nola, Napoli 1996-1999, IV, 584-609.

 

Bruzelius 2004: Caroline Astrid Bruzelius, The Stones of Naples, New Haven-London 2004, 182-184.

 

Buonaguro 1997: Carmela Buonaguro, Documenti per la storia di Nola, secoli 12.-14., introduzione di Giovanni Vitolo,  Salerno 1997. 


Camodeca 2001: Giuseppe Camodeca, “I pagi di Nola”, in Modalità insediative e strutture agrarie nell’Italia meridionale in età romana, Atti del convegno internazionale (Napoli giugno 1998), Bari 2001, 413-433.

 

Camodeca 2003: Giuseppe Camodeca, “Rilettura di un titulus lectu difficillimus di Nola: CIL X 1251 del IV secolo”, in Cultus splendore. Studi in onore di G. Sotgiu, Senorbì (CA) 2003, 135-145.

 

Campone 2003: Maria Carolina Campone, “Un inedito di Ferdinando Sanfelice: il dormitorio delle illustrissime monache di S. Chiara in Nola”, in  Napoli-Spagna: architettura e città nel XVIII secolo, a cura di Alfonso Gambardella, Napoli 2003, 397-404. 


Di Cerbo 2008: Cristiana Di Cerbo, “L'insediamento di Santa Chiara in Nola e la devozione a Santa Maria Jacobi. Un'ipotesi di lettura”, Annali dell'Istituto italiano di studi storici, XXIII, 2008, 107-222.

 

Fusco 1996: Antonio Fusco, Origini provenzali del culto di S. Maria Jacobi in Nola, Marigliano 1996.

 

Leone 1514: De Nola, opusculum distinctum, plenum, clarum, doctum, pulcrum, verum, graue, varium, & utile, Incussum est hoc opus opera diligentiaque probi viri Ioannis Rubri Vercellani, Venetiis anno Salutis MDXIIII [1514].


Mollo 1991: Giuseppe Mollo, “La chiesa di Santa Chiara in Nola: contributo storico-architettonico”, Atti del Circolo Culturale B. G. Duns Scoto di Roccarainola, 16-17, 1991, 145-155.

 

Mollo 1994: Giuseppe Mollo, “Metodologia per un restauro: la chiesa di S. Chiara in Nola”, Impegno e dialogo: incontri culturali, 10, 1992-1994, 411-433.

 

Mollo 1998: Giuseppe Mollo, “La Chiesa di S. Chiara in Nola. Contributo per un’analisi architettonica”, in Nola e il suo territorio dal secolo XVII al secolo XIX. Momenti di storia culturale e artistica, Nola 1998, 109-121.

 

Mommsen 1883: Theodor Mommsen, “Nola”, in Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae latinae. Pars I, Inscriptiones Bruttiorum Lucaniae Campanie, Berolini 1883, 142-146.


Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore ... Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini ... tomi 1-3. In Napoli, nella stamperia di Giovanni di Simone, 1747-57. [tomo Itomo IItomo III].

 

Venditti 1969: Arnaldo Venditti, “Urbanistica e architettura angioina”, in Storia di Napoli, vol. III, Napoli 1969, 665-888.

 

Wadding 1625: Luca Wadding, Annales minorum in quibus res omnium trium ordinum a Sancto Francisco institutorum, (Lugduni 1625), vol. VIII, Firenze 1932, 1347-76, 102.XIII, 119.

 

Zampino 1957: Mario Zampino, “La chiesa vecchia di S. Chiara in Nola”, in Atti del V Convegno Nazionale di Storia dell’Architettura (Roma 1955), Firenze  1957, 437-450. 

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione01/06/2012 10:06:01
Data ultima revisione18/11/2016 16:51:28
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OggettoNola, Santi Apostoli
Tipologiachiesa
Nome attualeChiesa dei Santi Apostoli
Immagine
Nomi antichi

Chiesa delle Anime del Purgatorio o dei Morti

Cronologia

89 d.C.: secondo la tradizione sarebbe la data di costruzione della primitiva chiesa, che avrebbe svolto funzione di cattedrale fino al trasferimento della sede vescovile a Cimitile.

409 d.C.: in questa data sarebbe avvenuto il trasferimento della sede vescovile da Nola a Cimitile, per opera del vescovo san Paolino.

XI sec.: la chiesa dei Santi Apostoli risulta affidata a un rettore.

1190: viene ricostruita dal vescovo Bernardo II.

1215: risulta fra le chiese parrocchiali di Nola.

1370: viene elevata a cattedrale. Poco dopo, però, risultando troppo piccola per la nuova funzione, il vescovo Scaccano dà avvio alla costruzione di una nuova più ampia cattedrale.

1395: la nuova cattedrale, sorta sulla cripta di San Felice, è ultimata.

1585-1593: mentre la cattedrale è in ricostruzione le funzioni sono officiate nella chiesa dei Santi Apostoli.

1594: terminati i lavori della cattedrale la chiesa dei Santi Apostoli viene abbandonata.

1642: il vescovo Giambattista Lancellotti riapre la chiesa dei Santi Apostoli dopo aver provveduto al suo restauro. In questa occasione viene dedicata ai Morti.

1735-1741: nuovi lavori di restauro su disegni di Domenico Antonio Vaccaro

Autore

Restauri XVIII secolo: Domenico Antonio Vaccaro

Committente
Famiglie e persone
Descrizione

L’accesso alla chiesa avviene da un corridoio parallelo alla facciata, che la collega direttamente al duomo. La quota dell’aula è sensibilmente più bassa, e si trova allo stesso livello della cripta di San Felice e del basamento del campanile della cattedrale (cm 170 circa sotto l’attuale livello stradale). L’interno, conformemente alla tradizionale pianta delle basiliche paleocristiane, si sviluppa in tre navate separate da arcate su sette colonne in marmo. La navata centrale è coperta a capriate lignee mascherate da un controsoffitto stuccato, quelle laterali presentano volte a crociera. L’aspetto attuale è quello dato dai restauri settecenteschi.

Poco visibili risultano le finestre a bifora ogivale che si aprono nelle murature della navata centrale in corrispondenza del presbiterio.

Iscrizioni

Sulla porta d’ingresso della  chiesa:

OLIM / PONTIFICVM TEMPLVM / DIVIS APOSTOLIS DICATVM / IAM PRIDEM VETVSTATE COLLAPSVM / ANNO MDCLXII / DEFVNCTORVM ANIMIS / QVI LVSTRALI IGNE EXPIANTVR / INSCRIPTVM / ET PVBLICIS TABB / ATTRIBVTVM / TANDEM / RESTITVTVM / ELEGANTIVSQVE INSTAVRATVM / ANNO MDCCXLI

 

Alla base dell’altare maggiore iscrizione del decano Michele Mastrilli.

Stemmi o emblemi araldici

Sul soffitto della navata due stemmi della famiglia Mastrilli.

Elementi antichi di reimpiego

Secondo quanto riportato da Leone 1514, la chiesa sarebbe sorta sull’area di un tempio pagano dedicato a Giove.

Sono inoltre antichi i fusti delle colonne, ricoperti da un’impiallacciatura marmorea risalente ai restauri del XVIII secolo:

capitello corinzio (di tipo asiatico)

capitello corinzio

 

CIL, X, 1285, oggi nell’antiquarium del seminario vescovile: negli ultimi anni del XV secolo Fra Giocondo la descrive “in exedra Sancti Apostoli versum viam publicam” (Mommsen 1883, p. 149, n. 1285), mentre nel XVIII secolo si trovava esposta nel sedile della città (Remondini 1747-1757, I, p. 33). Cfr. Antonini, Mollo Solpietro 1997, pp. 24-25, n. III. 

Altra iscrizione antica attestata in Santi Apostoli da Giocondo è CIL, X, 1239, adesso dispersa (testo: "C. CAESARI / AVGVSTI F. / COS. / PRINCIPI IVVENTVTIS")

Opere d'arte medievali e moderne

Altare maggiore e scalinata di accesso con sculture e commessi marmorei  settecenteschi.

Puttini della scala (1742) di Francesco Pagano.

Sugli altari delle navate laterali due tele (San Michele Arcangelo e San Gennaro) di Domenico Antonio Vaccaro.

Storia e trasformazioni

È possibile che l’attuale presbiterio della chiesa fosse in origine l’ingresso, e che l’altare originario fosse orientato a est, in corrispondenza dell’attuale corridoio di ingresso. Non è chiaro in quale epoca potrebbe essere avvenuto tale inversione nell’orientamento della chiesa, se durante i restauri del 1190 o in occasione della costruzione della nuova cattedrale alla fine del XIV secolo.

L’aspetto attuale si deve ai restauri intrapresi nel 1734 su progetto di Domenico Antonio Vaccaro (Tortora 2005, p. 424; Lenzo 2006, p. 311), il quale disegna gli altari laterali e il pavimento in marmo del presbiterio (1735; cfr. Fiengo 1983, p. 208; Rizzo 2001, docc. 450, 461) e presta assistenza per la collocazione dei puttini posti sulla scalinata d’ingresso e realizzati dallo scultore Francesco Pagano (1742; cfr. Rizzo 2001, doc. 526). 

Note
Fonti iconografiche

Incisione della Nola Presens in Leone 1514.

 

Piante e rilievi

Piante e sezioni in Russo 1973.

Fonti/Documenti
Bibliografia

Angelillo 1909: Luigi Angelillo, La cattedrale di Nola nella sua storia, Napoli 1909.

 

Angelillo, La Rocca 1971: Dora Angelillo, Eugenio La Rocca, Nola: dalle origini al Medioevo, Nola 1971.

 

Antonini, Mollo Solpietro 1997: Rosalba Antonini, Giuseppe Mollo, Antonia Solpietro, Il Cippus Abellanus e le Epigrafi latine, Nola 1997.

 

Avella 1996-1999: Leonardo Avella,  Fototeca nolana: archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, 12 volumi, Napoli 1996-1999, I, 74-90.

 

Capaccio  1607: Giulio Cesare Capaccio, "Nola", in Historia Neapolitana, (Neapoli 1607) ed. Napoli, suntibus Joannis Gravier, 1771, II, 462-481.

 

De Dominici 1742-1745: Bernardo De Dominici, Vite dei pittori, scultori e architetti napoletani, 3 voll., Napoli 1742-1745.

 

Fiengo 1983: Giuseppe Fiengo, Organizzazione e produzione edilizia a Napoli all’avvento di Carlo di Borbone, Napoli 1983.

 

Lenzo 2006: Fulvio Lenzo, “Aggiornamento”, in Anthony Blunt, Architettura barocca e rococò a Napoli, Milano 2006, 270-329.

 

Leone 1514: De Nola, opusculum distinctum, plenum, clarum, doctum, pulcrum, verum, graue, varium, & utile, Incussum est hoc opus opera diligentiaque probi viri Ioannis Rubri Vercellani, Venetiis anno Salutis MDXIIII [1514].

 

Mommsen 1883: Theodor Mommsen, “Nola”, in Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae latinae. Pars I, Inscriptiones Bruttiorum Lucaniae Campanie, Berolini 1883, 142-146.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore ... Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini ... tomi 1-3. In Napoli, nella stamperia di Giovanni di Simone, 1747-57. [tomo Itomo IItomo III].


Rizzo 2001: Vincenzo Rizzo, Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro. Apoteosi di un binomio, Napoli 2001.

 

Russo 1973: Alfonso Russo, La chiesa dei Santi Apostoli in Nola, Nola 1973.

 

Tortora 2005: Simona Tortora, “Regesto delle opere”, in Domenico Antonio Vaccaro. Sintesi delle arti, a cura di Benedetto Gravagnuolo e Fiammetta Adriani, Napoli 2005, 401-435.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione01/06/2012 10:19:01
Data ultima revisione18/11/2016 17:11:42
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OggettoNola, seggio
Tipologiaedificio pubblico: sedile
Nome attuale(distrutto)
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

XIV secolo: costruzione

1801: ultima attestazione nota dell'esistenza del seggio.

Autore
Committente

Nicolò Orsini

Famiglie e persone

Nicolò Orsini

Descrizione

Stando alla descrizione fornita da Ambrogio Leone (1514, lib. II, cap. X, c. xxx recto), il seggio era un edificio rettangolare, lungo 5 passi, largo venti piedi e alto circa tre passi. Si innalzava di sei gradini dal livello stradale, posto all'incrocio fra le vie Cortefellana e Vicanciana (attuali via Santa Chiara e via T. Vitale). I fronti nord e ovest erano completamente chiusi; due archi poggianti su un'unica colonna angolare (nello spigolo sud-est) costituivano invece l'intero lato orientale e la metà di quello meridionale.

Gli archi erano parzialmente chiusi da balaustrate, che si interrompevano al centro per lasciare due varchi larghi circa tre piedi.

La copertura era costituita da due volte in successione, mentre un lungo sedile era addossato lungo le pareti interne.

Iscrizioni

 

Iscrizione moderna (ora dispersa) a ricordo dell'epidemia del 1504 e di quella del 1424: CUM VERNA DILUVIA IN CAMPIS TUIS NOLANAE VIDERIS / MORS MORA, VITA FUGA ERIT. / A.D. MDIIII AB RADICIBUS CICALAE / MONTIS USQUE PALUDES A PORTA VICANTIA / AD QUINGENTOS PASSUS VERSUS VESUVIUM ILLINC TENSA / HINC LATA PISCOSA STAGNA NOLANOS / FERE OMNES FEBRE MALA AESTATE UNA NECARUNT / IDEM OCTOGESIMO ANTE ANNO VENISSE NOVIMUS. (da Remondini 1747-57, III, p. 204.)

 

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

CIL, X, 1277. Descritta da Capaccio (1607, p. 886; ed. Graevi 1771, Lib. II, p. 468), poi da Remondini (1747-57, I, pp. 32-33): "veder si può ancora questo marmo accanto al Sedile malamente lasciato in su la strada. E’ in due pezzi, che uniti ‘nsieme formerebbero un piano ovale, e nella sua profondità di più di un palmo si legge dalla parte interiore: T. VEDIUS. T. F./ T. VITORIUS. GN. F. / II. VIRI / LIBRIPENDES / EX. D. D.". Mommsen trascrive l'iscrizione nel Seminario, dove oggi è però irreperibile.

 

CIL, X, 1285, oggi nell’antiquarium del seminario vescovile: negli ultimi anni del XV secolo Fra Giocondo la descrive “in exedra Sancti Apostoli versum viam publicam” (Mommsen 1883, p. 149, n. 1285), mentre nel XVIII secolo si trovava esposta nel sedile della città (Remondini 1747-1757, I, p. 33). Cfr. Antonini, Mollo Solpietro 1997, pp. 24-25, n. III. 

Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Secondo Ambrogio Leone (1514, lib. II, cap. XVI) il Seggio sarebbe stato costruito da Nicolò Orsini (1346-1399). Alcuni documenti citati da Avella (1996-1999, III, 420) attestano che il Seggio era ancora esistente nel 1801. Non è noto quando venne sostituito dall'edificio attuale.

Note
Fonti iconografiche

Incisione Nola Praesens in Leone 1514.

Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Antonini, Mollo, Solpietro 1997: Rosalba Antonini, Giuseppe Mollo, Antonia Solpietro, Il Cippus Abellanus e le Epigrafi latine, Nola 1997.

 

Avella 1996-1999: Leonardo Avella,  Fototeca nolana: archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, 12 volumi, Napoli 1996-1999, III, 420-421.

 

Capaccio  1607: Giulio Cesare Capaccio, "Nola", in Historia Neapolitana, (Neapoli 1607) ed. Napoli, suntibus Joannis Gravier, 1771, II, 462-481.

 

Lenzo 2014: Fulvio Lenzo, Memoria e identità civica. L'architettura dei seggi nel Regno di Napoli (XIII-XVIII secolo), Roma 2014, 178-179.

 

Leone 1514: De Nola, opusculum distinctum, plenum, clarum, doctum, pulcrum, verum, graue, varium, & utile, Incussum est hoc opus opera diligentiaque probi viri Ioannis Rubri Vercellani, Venetiis anno Salutis MDXIIII [1514].

 

Mommsen 1883: Theodor Mommsen, “Nola”, in Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae latinae. Pars I, Inscriptiones Bruttiorum Lucaniae Campanie, Berolini 1883, 142-146.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore ... Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini ... tomi 1-3. In Napoli, nella stamperia di Giovanni di Simone, 1747-57.

Link esterni

Capaccio 1607.

Leone 1514.

Remondini 1747-1757: tomo Itomo IItomo III.

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione28/05/2012 14:20:23
Data ultima revisione18/11/2016 17:09:52
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/8
OggettoNola, Anfiteatro romano
TipologiaEdificio per spettacoli
Nome attualeAnfiteatro
Nomi antichiAnfiteatrum latericium
Materiali e tecniche edilizieOpera reticolata; opera laterizia
DimensioniSull'asse maggiore lung. 138 m e su quello minore 108 m
Stato di conservazione

Si conserva solo un terzo dell'edificio antico. Persa la decorazione scultorea.

Immagine
CronologiaTarda età repubblicana
Fattori di datazione

Tecniche edilizie in uso; stratigrafie murarie; arredi scultorei

Storia e trasformazioni medievali e moderne

L'anfiteatro consta di tre/quattro fasi costruttive: la prima è pertinente all'edificazione dell'edificio verso la metà del I secolo a. C. - fase della colonizzazione sillana; una seconda fase risale alla prima età imperiale; restauri di II e III secolo sono documentati per la parte pavimentale; l'uso dell'arena fino al IV secolo è documentato da una serie di basi di statua erette a favore di Pollius Iulius Clementianus dagli abitanti. E' probabile che una delle basi riempiegate nella piazza del duomo, in seguito al restauro dell'area da parte di Orso Orsini, provenisse proprio dall'anfiteatro (CIL, X, 1255). Una provenienza simile è stata supposta anche per un'altra base, inedita e recentemente scoperta nel basamento del palazzo degli Orsini. Nell'arena venne martirizzato il vescovo Felice.

L'edificio, saccheggiato sin dall'età tardoantica per la costruzione delle vicine basiliche di Cimitile, fu presto interrato. Gli scavi hanno documentato il suo abbandono  già prima dell'eruzione c.d. di Pollena alla fine del V secolo d. C. A questa fase erano stati già spoliati i gradini della cavea e parte della decorazione marmorea. Erano visibili ancora tra Quattrocento e Cinquecento la pianta e le arcate superiori in opera laterizia. Negli anni più recenti il monumento fu in parte nascosto sotto le strutture del c.d. Mercato nuovo; in parte i cunicoli dei vomitoria furono reimpiegati come magazzini dai contadini del posto.

Gli scavi degli anni novanta hanno consentito la restituzione dell'edificio con parte dell'arredo scultoreo e del rivestimento marmoreo, in questo modo è stata confutata la tesi di Ambrogio Leone, che contrapponeva la povertà dell'arredo architettonico in laterzio a quella di un altro anfiteatro in marmo, corrispondente all'antico teatro romano.

L'edificio noto agli eruditi locali fino alla metà del Settecento non è più citato dagli studi eruditi successivi.

Famiglie e persone
Descrizione

L'anfiteatro di Nola è localizzato nel settore Nord-Ovest dell'antica città, in località Masseria d'Angerio. Di forma ellettica, fu costruito nei pressi delle mura sillane.  La pianta dell’edificio è simile all’anfiteatro di Avella (Iandoli 2005) e di Paestum per la presenza di un piccolo corridoio di servizio, anulare, dinanzi al podio, una sorta di rifugio per il personale dell’arena. Poteva accogliere circa 20.000 spettatori disposti su tre livelli della cavea.

Scavi recenti hanno consentito di portare alla luce poco meno di un quarto della struttura dell'edificio realizzata da una serie di corridoi di accesso. E' stato possibile analizzare i paramenti murari, realizzati con cubilia di grande modulo (10-11 cm) nella prima fase di costruzione; altri di dimensione inferiore (8-9 cm) relativi all'ammodernamento di I secolo d. C. I restauri d'età medio-imperiale interessarono la pavimentazione.

Oltre al rivestimento in lastre marmoree della zona compresa tra l'arena e le gradinate, nel corso delle indagini furono recuperati sei pilastrini in calcare, raffiguranti soggetti del repertorio classico ed ellenistico, elaborati dalle botteghe locali d'età augustea (Capaldi 2004-2005). Trovati nei pressi di una rampa di accesso per essere riutilizzati altrove, i blocchi parallelepipedi - oggi conservati al museo archeologico - dovevano rivestire una balaustra del parapetto sul modello noto nell'anfiteatro capuano.

Il paramento esterno dell'anfiteatro conserva tracce di pannelli di stucco in primo stile. 

Iscrizioni

Da via San Felice, nei pressi della chiesa dei morti, proviene il titolo funerario di Tito Mario Iuliano (II-III secolo d. C.) che aveva finanziato un munus (G. Patroni, Notizie degli scavi 1900, 102-103).

Un'iscrizione relativa ad un personaggio famoso della Nola tardoantica rimanda a spettacoli fatti nell'edificio: CIL, X, 1256: Pollio Iulio Clementiano, / subvent[o]ri civium / necessitatis aurariae, / defensori libertatis / redonatrori viae populi, / omnium munerum recreat[o]ri, / Univ[e]rsa Regio Romana / patrono praestantissim[o] / statuam collocavit. /Curante Cl.Plotiano.

 

Apparato decorativo

Dall'anfiteatro dovrebbero provenire una coppia di basi di statua erette in onore di Pollio Iulio Clementiano, dato non confermato in seguito al riuso dei pezzi nel centro cittadino (la prima edita in CIL, X 1256; la seconda inedita è murata sulla facciata della Reggia Orsini).

Dallo scavo provengono sei pilastrini decorati con soggetti della tradizione classica ed ellenistica (Capaldi 2004-2005):  

1. un trofeo d'armi e una coppia di prigionieri

2. tre scudi accatastati

3. quattro scudi accatastati

4. una scena di lotta eroica

5. uno scudo affiancato ad una corazza

6. corona civica.

La maggioranza dei soggetti trova confronti con i rilievi delle metope riempiegate sulla facciata del Palazzo Albertini e nel basamento del campanile del Duomo.

Note

Cfr. scheda sulla Nola Vetus di A. Leone e G. Mocetto.

Fonti iconografiche

Leone 1514: particolare nel disegno di Mocetto sulla Nola Vetus.

Piante e rilievi

Archivio Soprintendenza archeologica di Napoli.

Fonti e documenti

Leone 1514: "sicuri e chiari meglio sono gli anfiteatri e le tombe. Adunque dei due anfiteatri suddetti, quello laterizio conserva ancora il circuito e il muro esterno anche sopra le volte e gli archi più bassi: le parti superiori invece sono crollate, e sembra che esso abbia avuto due file di archi ; poiché il muro esterno non è solido e forte tanto da essere stato buono a sostenere anche una terza e più alta fila di archi. Onde l’anfiteatro laterizio, sebbene abbia la stessa superficie e lo stesso circuito di quello marmoreo, tuttavia era più piccolo e più basso di una fila di archi".

L'umanista, pur riconoscendo la tipologia dell'edificio, documenta lo stato di interro dell'arena e la spoliazione dell'alzato, di cui restavano a vista solo le partiture architettoniche in laterizio.

Un disegno stilizzato dell'edificio è documentato in una delle piante aragonesi conservate a Napoli, denominata della 'Selva di magdalone' (Jacazzi 2008; Cesarano 2012) e nella pianta di Nola Vetus, realizzata da Mocetto a corredo del saggio di Leone.

L'abate Remondini (1747, p. 102-103) individua il luogo su cui sorgeva l'edificio, quasi completamente interrato, sulla base del racocnto di Leone. 

Bibliografia

Beloch 1890: J. K. Beloch, Campanien, Breslau 1890, 460

 

Capaldi 2004-2005: C. Capaldi, “Rilievi in calcare dall’anfiteatro di Nola”, Rendiconti della Accademia di archeologia lettere e belle arti di Napoli, 73, 2004-2005, 439-468

 

Cesarano 2012: M. Cesarano, “Il disegno dell’anfiteatro di Nola in alcune pergamene aragonesi di Napoli”, Symbolae Antiquariae, 4, 2012, 49-82.

 

Giordano 1961: C. Giordano, Spettacoli anfiteatrali in Nola e l’origine della città di Comiziano alla luce di documenti pompeiani, Pompei 1961

 

La Rocca 1971: E. La Rocca, Introduzione allo studio di Nola antica, Napoli 1971, 63, 70-75

 

Legrottaglie 2008: G. Legrottaglie, Il sistema delle immagini negli anfiteatri romani, Bari, 2008

 

Remondini 1747: Remondini,  Nolana ecclesiastica historia, I, Napoli 1747

Sampaolo 1991: V. Sampaolo, “Località Masseria d’Angerio. Anfiteatro”, Bollettino di Archeologia, 1991, 11-12, 165-166

 

Tosi 2003: G. Tosi, Gli edifici per spettacoli nell'Italia Romana, Roma 2003, 153-154

 

Welch 2007:  K. E. Welch, The Roman Amphitheatre from its Origins to the Colosseum, Cambridge 2007, 240-245

Link esterni
SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione10/01/2013 12:18:52
Data ultima revisione12/01/2019 19:46:52
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/31
OggettoNola, mausoleo romano a cuspide
Tipologiamonumento funebre
Nome attualeTorricelle
Nomi antichiTorricelle
Materiali e tecniche edilizieOpera incerta.
Dimensioni
Stato di conservazione

Resta il nucleo cementizio dell'alzato. Apparato decorativo spoliato nel corso dei secoli.

Immagine
CronologiaFine I secolo a. C.
Fattori di datazione

Tecniche edilizie in uso; tipologia monumentale.

Storia e trasformazioni medievali e moderne

La prima attestazione dell'edificio compare nell'opera di Ambrogio Leone. Nota insieme ad altre due tombe all'abate G. S. Remondini, scompare dalle trattrattazioni erudite, forse in seguito ad un parziale interro della struttura.

Famiglie e persone
Descrizione

Monumento funerario d'età romana a pianta circolare con terminazione cilindrica. L'edificio sorge a poca distanza da un altro monumento funebre, da cui si differenzia per la forma del basamento e per le dimensioni del cilindro.

Resta parte della base, ipogea, e l'alzato. L'accesso nel cono avveniva attraverso un ingresso posto sul lato del tamburo. I muri sono realizzati in opus incertum, tecnica diffusa a partire dall'età repubblicana (II-I sec. a. C.). L'impiego di una terminazione a cuspide o a piramide consente di confrontarlo con altri monumenti della Campania antica: trova confronti con un mausoleo, poco noto, conservato nel territorio tra Avella e Baiano; un edificio analogo, anche per la tecnica edilizia è noto nell'area del monte Taburno, che dipendeva in età romana dal territorio di Caudium. Tutti questi edifici, inediti e appena noti agli eruditi locali, riflettono le aspirazioni di una committenza medio-alta della Campania d'età triumvirale che si ricollegava ad una tradizione architettonica più antica.

La presenza di un tamburo circolare in cui è ascritta la struttura conica consente di ricondurlo ad un monumento a tumulo. Questa tipologia di edifici, con l'alzato a forma di 'meta' ha origine nel mondo etrusco e trova una sua diffusione anche in ambiente laziale. Un disegno di Pirro Ligorio raffigura un edificio, alto 17 m, simile al nostro ubicato lungo la via Labicana (von Hesberg 1994, p. 135 fig. 63). 

Si tratta quindi di architetture che recuperano tradizioni più antiche, e che  riflettono le aspirazioni dei defunti attraverso le dimensioni della tomba che risultava piuttosto appariscente.

La forma e l'altezza del monumento suggeriscono l'uso del toponimo 'torricelle' per indicare monumenti in aperta campagna, di cui si ignorava la destinazione d'uso.

Iscrizioni
Apparato decorativo
Note

Cfr. scheda sulla Nola Vetus di A. Leone e G. Mocetto.

Fonti iconografiche

Leone 1514: nel disegno di Nola Vetus sono raffigurati due mausolei nei pressi dell'area dell'anfiteatro.

Piante e rilievi

Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli.

Fonti e documenti

Leone (1514) non descrive il monumento, ma si limita ad indicare la presenza di tombe antiche in rovina nei pressi dell'anfiteatro romano.

Bibliografia

Hesberg 1994: H. von Hesberg, Monumenta. I sepolcri romani e la loro architettura, Milano 1994.

 

Michailova 1969: M. Michailova, "Mausolei romani nei disegni di un architetto italiano del Rinascimento all'Ermitage di Leningrado", Palladio, 19, 1969,  3-13.

 

 

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione10/01/2013 20:34:49
Data ultima revisione06/01/2019 13:04:12
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/33
OggettoNola, mausoleo romano con terminazione poligonale
Tipologiamonumento funebre
Nome attualeTorricelle
Nomi antichiTorricelle
Materiali e tecniche edilizieParamento in opus incertum.
Dimensioni
Stato di conservazione

Resta parte dell'alzato. Il rivestimento è stato completamente spogliato dall'età postclassica.

Immagine
Cronologia
Fattori di datazione

Tecniche edilizie in uso; tipologia monumentale.

Storia e trasformazioni medievali e moderne
Famiglie e persone
Descrizione

Sepolcro romano sito su via Polveriera. L'edificio sorge nei pressi  di un antico asse viario che conduceva verso l'anfiteatro romano. Fa parte di una delle necropoli extraurbane del centro antico di Nola. In quest'area sono documentate numerose sepolture, pertinenti alla fase d'età tardo-repubblicana relativa quindi alle tombe dei primi coloni.

L'edificio presenta una pianta poligonale con un vano ipogeo voltato circondato da un doppio anello concentrico con muri radiali di collegamento. All’interno si trova un piccolo vano nelle cui pareti si aprono sei nicchie, che contenevano urne cinerarie. All’esterno il basamento era decorato da ventiquattro nicchie semicircolari, originariamente stuccate e probabilmente ornate con le statue dei defunti. Un recinto trapezoidale in opus reticulatum circondava l’intera struttura.

Nel corso degli scavi degli anni Novanta venne recuperato un frammento dell'iscrizione funeraria in corso di studio da parte di G. Camodeca.

Il mausoleo nolano non trova molti confronti nel territorio campano-laziale. Per il basamento a pianta circolare con nicchie addossate alle pareti riprende il tipo del mausoleo di Augusto a Roma, riproposto a Capua nella tomba denominata le Carceri Vecchie. La terminazione poligonale, al contrario, è piuttosto diffusa nelle tombe ad edicola su alto podio, del tipo della c.d.tomba a Conocchia di Santa Maria Capua vetere (Tuccinardi 2011) e di un'altra poco nota di Avella (Palmentieri 2011). La tipologia della Torricella di Nola rispecchia la fusione di due componenti monumentali, note in ambito ellenistico.

L'uso della tecnica costruttiva in opus incertum è indiziario di una cronologia di poco precedente al regno di Augusto (tarda età repubblicana).

Tra le prime attestazioni iconografiche del monumento va ricordato il saggio di  Ambrogio Leone, che oltre a citare l'esistenza di tombe in rovina, ne riproduce una copia poco fedele nella pianta di Nola antica. E' possibile che si riferisca ad una delle due conservate in località Torricelle.

Per quanto si conservi vicino ad un monumento, tipologicamente affine, il disegno (1492?) del codice Destailleur di Lenigrado sembrerebbe riferirsi proprio alla tomba in esame, rappresentata piuttosto fedelmente, documentando il titolo epigrafico (ossa /[...]), che è solo in parte perduto. Va notata la semplificazione della pianta, esagonale, e la ricostruzione dell'alzato con un tamburo piramidale o a cuspide, piuttosto che cilindrico (Michailova 1969). 

La denominazione 'Torricelle', relativa ai due monumenti posti in aperta campagna, risale al XVIII secolo, in seguito alla suggestione sulla natura dei due edifici, in rovina, simili ad una torretta.

L'abate Remondini testimonia l'esistenza di tre mausolei (Remondini 1747: "son presso la via pubblica, che da Nola porta a Napoli nel luogo, che volgarmente alle tre torri s’appella"), confutando la tesi dell'erudito cinquecentesco. E' possibile, che il terzo monumento si riferisca ad un'altra tomba scavata di recente e rinvenuta dinanzi al mausoleo in esame.

Iscrizioni

Titolo funerario inedito.

Apparato decorativo
Note

Cfr. scheda sulla Nola Vetus di A. Leone e G. Mocetto.

Fonti iconografiche

Un disegno è nel codice Destailleur, album B di Leningrado, foglio 107,v (1492); Leone 1514: particolare dell'edificio nel disegno di Mocetto sulla Nola Vetus.

Piante e rilievi

Archivio Soprintendenza archeologica di Napoli.

Fonti e documenti

Leone 1514: "sono accanto alla via medesima alcune tombe antichissime"

Bibliografia

Cesarano 2011: M. Cesarano, “L’anfiteatro di Nola in alcune pergamene aragonesi”, Symbolae antiquariae, 4, 2011, figg. 7-8.

 

Della Corte 1928: M. Della Corte, “Nola. Sopralluogo e ricognizione”, Notizie degli scavi, 1928, 377

 

von Hesberg 1994: H. von Hesberg, Monumenta: i sepolcri romani e la loro architettura, Milano 1994

 

La Rocca 1971: E. La Rocca, Introduzione allo studio di Nola antica, Napoli 1971

 

Michailova 1969: M. Michailova, “Mausolei romani nei disegni di un architetto italiano del Rinascimento all'Ermitage di Leningrado”,  Palladio, 19, 1969, 3-13

 

Palmentieri 2011: A. Palmentieri, “La necropoli romana monumentale di Abella. diffusione del tipo di tomba ‘a Conocchia' in Campania”, in Roma y las provincias: modelo y difusiòn, ed. T. Nogales, I. Rodà, II, Roma 2011, 1076 s.

 

Remondini 1747: G. S. Remondini, Della Nolana Ecclesiastica historia, Napoli 1747, 106

 

Tuccinardi 2011: S. Tuccinardi, “La Conocchia presso Curti. Forma e Significato”, in Curti tra storia e archeologia, a cura di L. Falcone, Napoli 2011, 102 ss.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione10/01/2013 20:33:56
Data ultima revisione06/01/2019 13:05:01
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/32
OggettoNola, Teatro romano
TipologiaEdificio per spettacoli
Nome attuale
Nomi antichiAnfiteatrum marmoreum
Materiali e tecniche edilizie
Dimensioni
Stato di conservazione
Immagine
CronologiaAugusteo-tiberiana
Fattori di datazione
Storia e trasformazioni medievali e moderne

Fu restaurato e abbellito con colonne di marmo dalla Res Publica Nolanorum come conferma un'iscrizione oggi perduta (CIL, X, 1264). Al XV secolo risale la spoliazione dei calcari di rivestimento e di fondazione per la costruzione della Reggia Orsini. Fino agli anni ’90 del secolo scorso, non si conosceva la sua esatta ubicazione; l’edificio era noto soltanto attraverso la documentazione rinascimentale. Il teatro è stato messo in luce solo negli anni novanta in località ‘’Castellorotto’’ (Sampaolo 1991). 

Famiglie e persone

Orso Orsini.

Descrizione

Il teatro fu costruito nella zona meridionale della città romana nel corso della fase monumentale di età augustea. Si tratta di una struttura urbana prossima alla cinta muraria meridionale e orientata con la scena a sud. Sono stati portati in vista parte dei muri radiali della cavea e un tratto della scaenae frons con absidi fenestrate e vani di passaggio. Alle spalle è stata rinvenuta una scala, un fronte in laterizio articolato in due absidi alternate a due vani fenestrati, certamente per un prospetto monumentale (della cui ricca decorazione avanzano pochi frustuli marmorei) che faceva forse da quinta scenografica ad una porticus post scaenam. A questo portico, secondo alcuni, potrebbero essere attribuite delle cornici trabeate con metope decorate, recuperate  nella facciata di palazzo Albertini e in maggior numero nel paramento del campanile del duomo. Lo scavo non ha permesso di verificare questa tesi. 

Al contrario è stata confermata la pesante opera di demolizione condotta da Orso Orsini, che a detta di Leone non si limitò allo spoglio dei blocchi calcarei e marmorei.

I segni di un taglio in un muro e la presenza di un battuto sono stati ricondotti ad alcuni edifici, a cui forse ricondurre la testimonianza di Leone: ‘’edifici aggiunti con scale coperte da volte e costruiti posteriormente; difatti la struttura…è molto più modesta’’.

Iscrizioni

CIL, X, 1264: (res pu)blica No(lanorum) / theathru(m) / (collap)sum rest(ituit / refe)ctis colu(mnis) / (mar)moribus(que).

Apparato decorativo

Dallo scavo provengono: un capitello corinzio; parte di trabeazione a fasce con astragali; frammenti di panneggi pertinenti a statue; frammenti di basi di colonna decorata con treccia a due capi.

 

Note

Cfr. scheda sulla Nola Vetus di A. Leone e G. Mocetto.

Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, parla dell'edificio per spettacoli definendolo un anfiteatro in marmo. L'errore in cui cadde l'umanista nolano potrebbe essere stato adotto dalla trasformazione dell'edificio, che in età medievale fu riutilizzato come fortezza, il cod. Castello rotto.

Bibliografia

Beloch 1890:  p. 460

 

Capoferro Cencetti 1999: A. M. Capoferro Cencetti, “Storia della continuità urbana: esempi di persistenze strategiche”, in Città e monumenti dell’Italia antica, a cura di L. Quilici, S. Quilici Gigli, Roma 1999, 230

 

De Caro 1996: S. De Caro, “La Campania”, in Sibari e la Sibaritide, (Atti del XXXII Convegno di Studi sulla Magna Grecia), Taranto 1993, 686

 

La Rocca 1971: p. 74

 

 Remondini 1747:  p. 102 s.

 

Sampaolo 1991: V. Sampaolo, “Località Castellorotto. Teatro romano”, Bollettino di Archeologia, 11-12, 1991, 166-167

 

Tosi 2003: G. Tosi, Gli edifici per spettacoli nell’Italia romana, Roma 2003, 154 tav. III fig. 53

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione10/01/2013 11:36:14
Data ultima revisione18/11/2016 13:40:22
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/30
OggettoNola, Ursus Alus
SupportoPalazzo Orsini
Cronologia1470
Immagine
Prima attestazione
Trascrizione

URSUS ALUS CUIUS SATRAPES EX UMBRIA IN ARMIS FLORUIT ADOLESCENS VIR POSTQUAM FACTUS EST AEQUATUM CAPITOLIUM RECONDIDIT TABULARUM LEGES SERVAVIT REMP. A FALISCIS LIBERAVIT QUIRITES IN EXILIUM ACTOS REDUXIT PONTES REFECIT PLEBEM PLACAVIT DIVISUM IMPERIUM /  CONCILIAVIT VIXIT ANNIS XXXXVIII DIEBUS SACRUM. ** VITURIA URSI ALI UXOR AUGUSTI CAES(ARIS) NEPTIS QUAE DE PUDICITIA VERSUS CONDIDIT VIXIT ANNIS XXXX MENSIBUS X DIEBUS iii EORUM SUPERSTITES FILII VIII FILIAE VI PRO SE IPSIS POSTERIS QUE EORUM III KAL. MAIAS/ D.M.

Famiglie e persone

Orso Orsini

Ursus Alus (V-VI sec. d.C.)

Vituria (V-VI sec. d.C.)

Famiglia Orsini

Note

Georgia Clarke ha dimostrato che la fonte per l'iscrizione di Palazzo Orsini sono due iscrizioni funerarie, una di Ursus Alus e una di Vituria. Le due iscrizioni si trovavano a Roma nel Quattrocento in uno dei vari palazzi Orsini, insieme ad altre iscrizioni che citavano la gens romana Ursinus; non è chiaro però in quale delle varie residenze erano collocate, in particolare se nella principale residenza baronale a Monte Giordano vicino Ponte S. Angelo o in quella a Campo dei Fiori. Le evidenze contemporanee per la posizione delle iscrizioni, e in particolare di quella di Ursus Alus sono contraddittorie. Fra Giocondo dice di aver cercato l’iscrizione nel palazzo Orsini in Campo de' Fiori, ma di non averla trovata; forse voleva confermare la copia dell'iscrizione manoscritta di cui era già in possesso. Mazzocchi (Mazzocchi, 1521, f. 86v) colloca l'iscrizione nel palazzo di Monte Giordano, insieme ad altre iscrizioni riguardante la gens Ursinus. La Clarke ipotizza che Orso vide le iscrizioni quando visitò Roma all'inizio degli anni 60. 

Dall'inizio del Quattrocento membri della famiglia Orsini erano interessati alle iscrizioni che li collegavano a un passato classico. Nel 1435 Ciriaco d'Ancona viaggiando attraverso l'Egeo registra un'iscrizione a Korcula (Itinerarium, Firenze 1742, pp. 58-59, ep. 3). L'iscrizione era stata fatta da un Ursinus e un’Euticia per il loro figlio Orsino (CIL III, 3071). Nella lettera in cui descrive l'iscrizione, Ciriaco sostiene che i caratteri sono molto antichi e nota che c'era lo stesso nome del suo protettore, il cardinale Giordano Orsini. Giordano Orsini viveva a Monte Giordano ed era un committente di umanisti e collezionista di manoscritti greci e latini, ed è possibile che con lui si sviluppi la collezione d'iscrizioni degli Orsini (Simpson, 1966).

Non sono neanche chiare le sorti successive delle iscrizioni di Ursus e Vituria.  Sono registrate in varie sillogi epigrafiche manoscritte, ma queste erano spesso copiate da precedenti manoscritte e quindi senza ulteriori prove non è possibile accertare né la loro esistenza né la loro collocazione. L’unica traccia è Boissard (Boissard 1597, III, p. 88) che segnala l’iscrizione di Ursus nel Borgo vaticano. Nel 1601 tutte e due le iscrizioni erano reputate false (J. Gruter, Inscriptiones..., 3, nn.8-9) e tale ipotesi è ormai accreditata anche dagli studi successivi.

Nel secondo Quattrocento e sicuramente fino a Sansovino, quindi fino al secondo Cinquecento, le due iscrizioni, e in particolare Ursus Alus, erano reputate antiche e venivano chiamate in causa come prova materiale dell’antichità della famiglia e in particolare come prova della romanizzazione degli Orsini, che avendo origini gote, divennero “romani” con la concessione della cittadiannza a Orsino e Primeno, come premio per la loro valorosa difesa prima dell’Umbria e soprattutto di Roma dai Longobardi nell’anno 588.

A inizio Cinquecento le origini della famiglia Orsini erano già da tempo oggetto d’interesse e d’indagine da parte dai membri della stessa famiglia coadiuvati da storici e letterati.

Una dimostrazione è l’attestazione di un codice attribuito a Petrarca sull’origine degli Orsini che circolava nell’ambiente umanista. Si tratta di una copia attribuitagli di un libro antico della Origine della famiglia Orsina contenente le vicende di Mundilas e dei fratelli Orsino e Primieno. Esiste tuttora una copia dell’antico manoscritto in un codice databile al tardo Cinquecento conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze (cfr. Crevatin). Nella “finale peroratione” del codice fiorentino (c.29v) il cosiddetto Petrarca dichiara che il volume da cui egli ha ricavato la storia sulle origini degli Orsini giaceva nascosto nel monastero di Fulda, ed aveva talmente sofferto per le ingiurie del tempo che era rimasto mutilo sia all’inizio che alla fine, di modo che non se ne poteva leggere il nome dell’autore, e nemmeno era possibile conoscere il seguito delle vicende orsinesche.  “Petrarca” dice poi di recuperare dal misterioso e non identificato ps. Martin-Polono la seconda parte della storia degli Orsini, ovvero quella sulla loro “romanizzazione”, sancita dal titolo di “civis romanus” conferito ai due fratelli Orsino e Primieno per il loro eroico comportamento a difesa di Roma assediata dai Longobardi nel 588.

Il testo attribuito a Petrarca circolava sicuramente già molto prima che ne fosse eseguita la copia di fine Cinquecento, come dimostra Maffei che nei Commentarii (1506): “Ursinorum genus hic commemorare fas  fuerit, ex Petrarchae primum autoritate, qui hoc in antiquo codice reperisse testatur”. Maffei chiama in causa l’autorità di Petrarca e deriva il falso epigrafico di Ursus Alus, utilizzando l’iscrizione come prova materiale che rafforza l’ipotesi della romanizzazione degli Orsini, derivando l’iscrizione dalla stessa fonte petrarchesca. (CIL, VI 5, n.4, d,a).  Raffaele Maffei nota inoltre che alcuni ritenevano che l’Ursus Alus citato nell'iscrizione fosse un soldato Orsini del V o VI secolo e che aveva fondato la dinastia Orsini.

L’iscrizione di Ursus Alus è utilizzata anche da Minervio Severo nella storia di Spoleto per dimostrare le origini umbre degli Orsini; la fonte citata per l’iscrizione non è però Petrarca ma Coluccio Salutati. Dunque, mentre Maffei fa risalire l’iscrizione di Ursus Alus a Petrarca, Minervio Severo chiama in causa l’autorità di Coluccio Salutati. In particolare l’autore indica come nella lettera di Coluccio vengono descritte le origini umbre degli Orsini e che queste sono testimoniate dalla “lapidem hisce cum literis etiam Romae inventum quod idem Conlutius testatus”, ovvero l’iscrizione Ursus Alus.

Più diffuso ma sostanzialmente identico a Maffei, Francesco Sansovino nella sua Historia delle cose fatte in diversi tempi da’ signori di casa Orsini (Sansovino, 1564) il quale per la sua ricostruzione genealogica cita cita Petrarca, Maffei, l’epigrafe di Ursus Alus. Per Ursus Alus Sansovino si fa all’autorevole testimonianza della lettera di Salutati già utilizzata da Minervio Severo, aggiungendo che la lapide fu trovata ai tempi di Coluccio. L’autenticità delle iscrizioni di Ursus Alus (e di Vituria?) è sostenuta da Sansovino per confermare l'antichità degli Orsini e come prova delle qualità degli Orsini come condottieri.Sansovino aggiunge anche che la leggenda delle lontane origini gote si accorda benissimo con quanto narrato da Petrarca e da Maffei, e sostiene che questa versione è quella prediletta dagli Orsini. A proposito delle origine gote dice che si hanno scritture antiche e specialmente Ablavio Gothico; la stessa storia ma affidata a un autore diverso è nel codice della BNF: viene infatti attribuita a un certo Teofilo, travestimento in stile fiorentino di Ablavio (Crevatin).

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Boissard 1597: F. Boissard, Antiquitatum seu inscriptionum et epitaphiorum, 3 voll., Frankfurt 1597.

 

Cirillo 2002: A. Cirillo, Palazzo Orsini di Nola: dalla Reggia al Tribunale, Napoli 2002.

 

Clarke 1996: G. Clarke, "The Palazzo Orsini in Nola: a Renaissance Relationship with Antiquity", Apollo, 144, 1996, 413, 44-50

 

Manzi 1970: P. Manzi, La reggia degli Orsini di Nola (1470-1970), Roma 1970.

 

Mazzocchi 1521: A. Mazzocchi, Epigrammata antiquae urbis romae, Roma 1521.

 

Sansovino 1564: F. Sansovino, Historia delle cose fatte in diversi tempi da’ signori di casa Orsini, 2 voll., Venezia 1564.

 

Stefanile 1996: G. Stefanile, "La "reggia" Orsini e l'architettura del Rinascimento nell'Italia meridionale", in Nola e il suo territorio dalla fine del Medio Evo al XVII secolo : momenti di storia culturale e artistica, Nola 1996, 45-74.

 

Simpson 1966: W.A. Simpson, "Cardinal Orsini as a Prince of the Church and Patron of the Arts", Journal of the Warburg and Courtauld institutes, 29, 1966

Link esterni

Prima attestazione dell'iscrizione nel Palazzo Orsini si trova in un codice conservato in Germania risalente agli anni Settanta del Quattrocento

http://books.google.it/books?id=uvH85j1qDz8C&pg=PA234&lpg=PA234&dq=%22URSUS+ALUS+cuius+satrapes%22&source=bl&ots=YVaE2wRK59&sig=XGJmp3xjcr8ddpZ0XAeXZTGBqXE&hl=it&ei=lMQRTpaSBMTJswatrcTPDg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=2&ved=0CBsQ6AEwAQ#v=onepage&q=%22URSUS%20ALUS%20cuius%20satrapes%22&f=false

SchedatoreBianca de Divitiis
Data di compilazione05/09/2012 22:43:23
Data ultima revisione06/11/2016 16:30:28
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Iscrizione/4
OggettoCapua, Museo campano (già Nola), Madonna in trono con santi e angeli
Luogo di conservazioneCapua
Materialeolio su tavola
Dimensioni
Cronologia1449
AutoreJacomart Baço (?)
Descrizione

Proviene dalla chiesa dei Camaldoli di Nola.

Immagine
CommittenteGabriele Mastrilli
Famiglie e persone
Iscrizioni

In basso a sinistra: "GABRIEL DE MASTRILLIS MILES ET V. I. DOC. / ALFONSI REGIS CO(N)SI(LI)I / A LATERE / A. D. MCCCCIL".

Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione09/09/2012 13:50:13
Data ultima revisione14/11/2016 12:27:27
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/80
OggettoNola, Cattedrale, Altare Cesarini
Materialemarmo
Dimensioni189 cm x 119 cm
Cronologia1523
Autore
Descrizione

L'altare si trova oggi nell'abside della cripta della Cattedrale di Nola, ma era collocato in origine nel transetto della chiesa (precisamente nella terza cappella a destra rispetto all'altare maggiore; cfr. Remondini 1747-1757, I, 166; e Fusco 2009, 160). Fu spostato in cripta solo dopo l'incendio del 1861 (cfr. anche Avella 1996, 68, fig. 104).

Nella nicchia centrale è raffigurata ad altorilievo la Vergine col Bambino, e nelle due nicchie laterali San Giacomo (santo eponimo del committente, a sinistra) e San Michele (a destra). Si tratta di un'opera di alta qualità esecutiva, con soluzioni d'ornato molto eleganti, come i nastri con frutta e uccellini sul basamento, e le grottesche e i capitelli delle paraste. Sui plinti esterni delle paraste si trovano gli stemmi Cesarini (a sinistra) e Albertini (a destra), famiglia della moglie di Giacomo Antonio, e le iniziali dei coniugi (I e L) compaiono a rilievo, elegantemente legate da un nastro, sui due plinti interni.

Dalle fonti di Remondini e di una santa visita databile tra fine '500 e inizio '600 (reperita da Antonia Solpietro, e trascritta in Fusco 2009, 44-45) possiamo farci un'idea dello stato originario dell'altare, che era composto anche da altri pezzi erratici oggi conservati nel Museo Diocesano di Nola, quali: la lunetta con il Padre Eterno e il tabernacolo con due angeli, e forse anche due delle formelle attualmente murate nel pulpito del duomo.

L’attribuzione dell’altare marmoreo a Giovanni da Nola è stata proposta de plano – trattandosi del territorio nolano – da Francesco Abbate (1992, 237) ed è stata seguita senza discussioni da Gennaro Toscano (1996, 115-116).

L’Altare Cesarini, di alta raffinatezza esecutiva, ma a tratti carente nell’impaginato della composizione, è un caso di scultura napoletana che a mio avviso non può essere liquidato in poche battute. Se vogliamo credere che la data apposta sull’epigrafe, 1523, sia quella d’esecuzione – come sarebbe lecito pensare –, dobbiamo osservare anche che si tratti d’un tempo abbastanza precoce: è il periodo in cui Giovanni si convertiva dal legno al marmo (cfr. Naldi 1995) ed eseguiva l’imponente sepolcro del Ramón Folch de Cardona, viceré di Napoli dal 1509 fino alla sua morte nel 1522, per il convento di Sant Bartolomeu di Bellpuig, in Catalogna (Naldi 2003; Yeguas 2009). Proprio da questo confronto – nel quale non mi pare si trovino stringenti rispondenze stilistiche – scaturisce il dubbio che l’Altare Cesarini non sia di mano di Giovanni. Per quanto la giovanile attività del nolano (nato nel 1488) sia a tutt’oggi un difficile terreno di studio a causa della mancanza di fonti e documenti, almeno fino alla menzione che ne fa Pietro Summonte nella lettera a Marcantonio Michiel del 1524 (cfr. Croce 1898; Nicolini 1925), c’è da dire che il suo stile attorno a quelle date fosse abbastanza secco e grafico, benché recentemente irrorato dalle nuove morbidezze ed eccentricità degli spagnoli attivi a Napoli come Ordoñez e Siloé, e di conseguenza da quelle di Girolamo Santacroce. Le figure dell’Altare Cesarini sono create con fare pastoso e poco incisivo; lo scultore dà il meglio di sé nei dettagli d’ornato e nella mostruosità cordiale del drago del San Michele, mentre il San Giacomo deve non poco al San Matteo di Ordoñez in San Pietro Martire del 1519 circa (Naldi 1997, 51, nota 137), e mi riferisco al modo di separare le lunghe ciocche in una riga centrale, allo sguardo socchiuso e mansueto, alla barbetta vispa di riccioli disordinati. Dall’altra parte le parlpebre socchiuse della Madonna parrebbero effettivamente ritornare in alcune opere di Giovanni, come nei santi dei Monumenti Sanseverino (iniziati nel ’39; Morisani 1941, 319-320), che sono però di parecchio più tardi e reallizzati con un massiccio aiuto della bottega, ormai collaudata. Concludendo, non credo ci siano gli argomenti per attribuire con un buon margine di sicurezza l’Altare Cesarini al Giovanni da Nola attivo attorno al 1523, ma piuttosto vedrei la mano di uno scultore più intimamente influenzato dalla maniera spagnola. Certo, resta la possibilità che sia stato proprio Giovanni l’artefice, e in questo caso sarebbe da rilevare una momentanea virata di stile rispetto al contemporaneo Monumento Cardona, o forse di un’artista a lui vicino, che farebbe parte di quella folta schiera di personalità d’un certo rilievo documentate in quegli anni, di cui però non possediamo un catalogo d’opere.

Immagine
CommittenteGiacomo Antonio Cesarini
Famiglie e persone

Albertini

Iscrizioni

"IACOBUS ANTONIUS CAESARINUS / V. I. D. SECUNDA SUA PRAETURA NEAP. / ANNO MDXXIII".

Stemmi o emblemi araldici

Stemmi Cesarini e Albertini sui plinti dei pilastrini più esterni

Note

Di particolare interesse è il dedicatario, Giacomo Antonio Cesarini, artefice della libertas nolana, ossia dell’incorporazione al demanio regio avvenuta nel 1528, e per questo motivo Luigi Tansillo gli dedicò un sonetto (sull’identificazione del personaggio cfr. Jannelli 1887, 15; Toscano 1996, 116):  

 

Se un dì mai sì felice il sol ne mena

che del fango ov’ io giaccio mi rileve,

sgombrando l’alma di quel peso grieve

che mal mio grado a rilevar m’affrena;

     e rompa la mia antica aspra catena,

tal che spedito alzar mi possa e lieve,

o Cesarin, cui la mia Nola deve

via più ch’ a Bruto Roma, a Codro Atene;

     seguendo voi, vedrò quei sette colli,

che poser giogo a’ più superbi monti,

vedrò l’onor che spento ancor riluce.

     Bench’ ivi attenda quel ch’ i’ sempre volli,

non so qual d’essi a maggior ben mi conti,

il veder Roma, o l’aver voi per duce.



Fonti iconografiche
Fonti e documenti

ASDN, Sante Visite, fascicolo I allegato al vol. VII (fine XVI inizi XVII secolo): "[Cappella Sanctissimi Corpori Christi] Accessit ad cappellam Corporis Christi, tertiam in ordine a predicta ala dextera, que dicitur esse de domo familia de Cesarinis [...] et ante dictam cappellam aderat sepultura marmorea cum insignibus dicte familie de Cesarinis; in porta sive introitu dicte cappelle aderat cancella ferrea; intus vero aderat altare sine paramentis cum duobus [...] angelis ligneis deauratis; supra dictum altare aderat icona ex marmore gentili cum imaginibus sculptis Sante Marie Virginis [...] in medio, Sancti Michaelis Arcangeli a sinistro latere, et Sancti Iacobi apostoli a latero dextero, et desuper imago Dei Patris cum duobus evangelisti hinc inde similiter ex marmore, et in medio locus vacuus ad modum custodie ubi olim reponebatur Sanctissime Eucharestie Sacramentum"; trascrizione di Antonia Solpietro, in Fusco 2009, 44-45.

Remondini 1747-1757, I, 166: "Corrisponde a questo [il rilievo di San Girolamo] nell'altro muro a man destra altro marmo pur di eccellente mezzo rilievo, nel di cui mezzo siede la Vergine santissima con Bambino in braccio e due angioli al di sopra stan dintorno ad una picciola porta aperta, che a servizio certamente alla custodia ove si riponeva il Santissimo Sacramento quando era quadro di una cappella dell'antica Cattedrale. Negli ornamenti ond'è fornito d'intorno, si vede al di sopra il Padre Eterno con queste parole: HUMANE SALUTIS AUCTOR; e dall'un fianco e dall'altro due evangelisti ed altri santi, e sotto è scritto:

IACOBUS ANTONIUS CAESARINUS

V.I.D. SECUNDA PRAEFECTURA NEAP.

ANNO MDXIII".

Bibliografia

Abbate 1992: Francesco Abbate, La scultura napoletana del Cinquecento, Roma 1992.

 

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.

 

Croce 1898: Benedetto Croce, “La lettera di Pietro Summonte”, Napoli Nobilissima, VII, 1898, 195-197.


Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.


Iannelli 1887: G. Iannelli, Brevi cenni degli scrittori ed uomini illustri della città di Nola, Caserta 1887.

 

Morisani 1941: Ottavio Morisani, “Giovanni Miriliano da Nola”, Archivio Storico per le Province Napoletane, XXVII, 1941, 283-327.

 

Naldi 1995: Riccardo Naldi, “Giovanni da Nola tra il 1514 e il 1516”, Prospettiva, 77, 1995, 84-100.

 

Naldi 1997: Riccardo Naldi, Girolamo Santacroce: orafo e scultore napoletano del Cinquecento, Napoli 1997.

 

Naldi 2003: Riccardo Naldi, “Il riposo del guerriero”, FMR, 158, 2003, giugno/luglio, 102-128.

 

Nicolini 1925: F. Nicolini, L’arte napoletana del Rinascimento e la lettera di Pietro Summonte a Marcantonio Michiel, Napoli 1925.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.

 

Toscano 1996: Gennaro Toscano, Frammenti cinquecenteschi della cattedrale di Nola: Giovanni da Nola, Andrea da Salerno, Annibale Caccavello, Gerolamo d’Auria e Francesco Cassano, in Nola e il suo territorio, a cura di Tobia R. Toscano, Nola 1996, 107-135.

 

Yeguas 2009: Joan Yeguas, El Mausoleu de Bellpuig. Història i art del Renaixement entre Nàpols i Catalunya, Bellpuig 2009.

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione14/08/2012 10:17:22
Data ultima revisione30/06/2016 12:56:48
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/24
OggettoNola, Cattedrale, bassorilievo con Cristo tra gli apostoli
Materialemarmo
Dimensioni116 cm x 261 cm
CronologiaXIII secolo
Autore
Descrizione

La lastra raffigura nella fascia inferiore Cristo tra i dodici apostoli e in quella superiore l'Agnus Dei e il tetramorfo in quattro distinti oculi (cfr. Avella 1996, fig. 102).

Fu trovata nel 1874 (a séguito dell'incendio del 1861) a copertura del sarcofago del vescovo Fabrizio Gallo (1585-1614) nella Cattedrale di Nola (cfr. Guida al Museo Diocesano di Nola 2002, 30; Fusco 2009, 165). Fu dunque murata nella cripta del nuovo duomo, dove si trova tutt'oggi.

Gandolfo (1999, 123) ha avvicinato il rilievo a scultori formati nella cultura tardo-romanica meridionale, ma già tangenzialmente irrorati dalle novità stilistiche della Porta di Capua di Federico II

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.


Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.

 

Gandolfo 1999: Francesco Gandolfo, La scultura normanno-sveva in Campania. Botteghe e modelli, Roma/Bari 1999.

 

Guida al Museo Diocesano di Nola. Musei Diocesani della Campania. Diocesi di Nola [schede a cura di Stefano Colucci, Pasquale D'Onofrio e Antonia Solpietro], Napoli 2002. 

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione20/08/2012 09:48:16
Data ultima revisione06/01/2019 19:20:33
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/43
OggettoNola, Cattedrale, Cappella Barone
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologia
AutoreFrancesco Cassano e Geronimo d'Auria
Descrizione

La cappella dedicata all'Immacolata Concezione della famiglia Barone e l'unica dell'antico duomo di Nola sopravvissuta al grande incendio del 1861; di particolare interesse, dunque, per questo motivo, ma anche per la sua unità programmatica e stilistica voluta dai fratelli Barone a fine '500 (la mensa d'altare invece è un'aggiunta di fine '700). La cappella è già ricordata da Guadagni (1991 [1688], 204-205), e dettagliatamente descritta da Remondini (1747-1757, I, 177-179).

Grazie a un pagamento, già pubblicato da D'Addosio, sappiamo che nel 1590 Ottavio Barone pagava venti ducati agli scultori Geronimo d'Auria e Francesco Cassano in solidum per la statua dell'Immacolacolata (h 200 cm circa), che specificava dovesse essere fatta sul modello di quella dell'altare Turbolo in Santa Maria la Nova a Napoli e dovesse essere conclusa nei termini di un anno (cfr. Toscano 1996, 128).

L'Immacolata, tutt'oggi in loco, è stata siglata dal solo Cassano (sulla mezzaluna: "F.C.F."), e rientra precisamente nello stile dello scultore (sul quale cfr. Loffredo 2010).

Secondo un altro pagamento rinvenuto da Ceci, Geronimo d'Auria nel 1598 fu incaricato di fornire anche "un epitaffio di marmo gentile" per la cappella di Marcello Barone.

Nella cappella sopravvivono, oltre all'altare dell'Immacolata, due sepolcri (uno di Annibale e l'altro di Felice Barone) e due memorie di marmo sostenute da putti (una firmata dal solo Marcello Barone e l'altra da entrambi i fratelli Marcello e Ottavio); cfr. Avella 1996, figg. 92-96.

Nel loro complesso i monumenti corrispondono allo stile di Cassano e di d'Auria, che verosimilmente si divisero il lavoro. Pare senza dubbio di Cassano, oltre all'Immacolata firmata, l'epigrafe testamentaria di Marcello Barone; invece aderenti al fare di d'Auria e della sua bottega sono i due sepolcri, coi ritratti dei defunti Annibale e Felice in medaglia, e l'eltra epigrafe testamentaria a nome di Marcello ed Ottavio.

Immagine
CommittenteOttavio Barone
Famiglie e persone

Felice Barone (zio di Ottavio)

Marietta Albertini (moglie di Felice Barone)

Marcello Barone (fratello di Ottavio)

Giovan Vincenzo Barone (padre di Ottavio e Marcello)

Annibale Barone

Prudenzia Mastrilli (moglie di Annibale)

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Stemma Barone/Mastrilli sulla tomba di Annibale Barone

Stemma Barone/Albertini sulla tomba di Felice Barone

Note

Dai recenti studi di Antonia Solpietro (in Fusco 2009, 198) è emerso che Felice Barone aveva ottenuto dal vescovo Gianfrancesco Bruno (1505-1549) l'assenso per costruire una cappella nella Cattedrale di Nola tra quelle della famiglia Baiano e della famiglia Armato, vicine alla sacrestia. Quando il vescovo Antonio Scarampo (in carica dal 1549 al suo trasferimento nel 1568) volle dotare il duomo di una sacrestia più ampia, scelse il luogo dove si trovava la Cappella Barone. Concesse dunque ai nipoti di Felice Barone, Ottavio e Marcello, la vecchia sacrestia nel 1568, ed essi ne fecero appunto l'attuale Cappella dell'Immacolata (cfr. anche Remondini 1747-1757, III, 224-225). 

Fonti iconografiche
Fonti e documenti

Guadagni [1688], pp. 204-205: "Tra l'altre cappelle galanti, auguste e decorose, si ammirano [...] quella de' Baroni, famiglia nobile nolana, adorna di varie statue di marmo, pitture, iscrizioni ed emblemi sacri".

 

Remondini 1747-1757, I, 177-179.

Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.


Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.

 

Guadagni 1991 [1688]: Carlo Guadagni, Nola Sagra, edizione a cura di Tobia R. Toscano, Massalubrense 1991.


Guida al Museo Diocesano di Nola. Musei Diocesani della Campania. Diocesi di Nola, [schede a cura di Stefano Colucci, Pasquale D'Onofrio e Antonia Solpietro] Napoli 2002.


Loffredo 2010: Fernando Loffredo, "Pietro Bernini e Giovanni Caccini per le tombe angioine nel Duomo di Napoli", Prospettiva, 139-140, 2010 (2012), 81-107.


Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.


Toscano 1996: Gennaro Toscano, "Frammenti cinquecenteschi nella Cattedrale di Nola: Giovanni da Nola, Andrea da Salerno, Annibale Caccavello, Gerolamo D’Auria e Francesco Cassano", Nola e il suo territorio, a cura di Tobia R. Toscano, Napoli 1996, 107-135.

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione20/08/2012 10:11:44
Data ultima revisione16/11/2016 16:23:35
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/44
OggettoNola, Cattedrale, cero pasquale
Materialemarmo
Dimensioni163 cm
Cronologia
AutoreIgnoto scultore di inizio '400 (ricostruzione di Salvatore Cepparulo)
Descrizione

Il cero pasquale è stato considerato un originale quattrocentesco fino all'intervento di Toscano (1996, 91-95; cfr. con Morisani 1942 e 1968; e Avella 1996, 48-52). Si tratta però di una quasi totale ricostruzione di Salvatore Cepparulo, scultore maggiormente attivo nella ricostruzione del Duomo di Nola dopo l'incendio del 1861.

L'opinione diffusa vuole che il cero sia stato commissionato da Raimondo Orsini, ergo che sia di inizio '400 (cfr. Toscano 1996, 91-95), ciò a giudicare dallo stemma che parrebbe proporre l'inquartamento di Orsini e Caracciolo, famiglia della prima moglie di Raimondo (cfr. Fusco 2009, 104-107). Secondo Avella (1996, 48) invece, si tratterebbe di una commissione di Niccolò Orsini, dunque da collocare entro la fine del '300, poiché lo scudo sarebbe il frutto dell'incrocio tra lo stemma Orsini e quello Sabrano, famiglia di Gorizia, prima moglie di Niccolò I.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Stemma Orsini

Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.

 

Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009. 

 

Morisani 1942: Ottavio Morisani, "Sculture inedite nel napoletano. Una colonnetta del '400 nel Duomo di Nola", Rassegna storica napoletana, III, 1942, 1-2.

 

Morisani 1968: Ottavio Morisani, "Colonnetta del Quattrocento nel Duomo di Nola", Studi in onore di Carmelina Naselli, Catania 1968, II, 155-159.

 

Toscano 1996: Gennaro Toscano, "La scultura a Nola dagli Orsini agli Albertini", in Nola e il suo territorio, a cura di T. R. Toscano, Napoli 1996, 85-105.

 

Volpicella 1853: Scipione Volpicella, "Colonnetta del Duomo di Nola", in Albo artistico napoletano, a cura di M. Lombardi, Napoli 1853 (in Scipione Volpicella, Studi di letteratura, storia ed arti, Napoli 1876, 370-376).

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione14/08/2012 14:24:29
Data ultima revisione06/01/2019 19:21:02
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/26
OggettoNola, Cattedrale, Ciborio Orsini-Aragona
Materialemarmo
Dimensioni170 cm x 205 cm
Cronologiaante 1504
Autore
Descrizione

L'opera si trova nell'abside (lato sinistro) della cripta della Cattedrale di Nola.

Si tratta di un ciborio in forma di trittico: nel pannello centrale trovano posto gli angeli adoranti, rivolti verso la portella dell'eucarestia, immaginati in un interno, con soffitto cassettonato in propettiva, e l'Arcangelo Gabriele e Maria nei due oculi laterali; nelle nicchie ai lati, sotto mezze cupolette squamate, vi sono le immagini di San Michele (con lo stemma Orsini sullo scudo, a sinistra) e di San Giacomo (a destra). Al centro del fregio a girali del basamento già vi era lo stemma inquartato dei committenti Orsini/Aragona (oggi scomparso; cfr. Avella 1996, fig. 103), e agli estremi sono scolpiti gli emblemi della famiglia nolana, un orso a sinistra e un compasso a destra.

A giudicare dallo stemma, il ciborio fu commissionato da Gentile Orsini, figlio di Nicola II conte di Nola (ma mai successo al padre perché morto prematuramente nel 1504) e Caterina d'Aragona, sua moglie (figlia di Enrico d'Aragona, figlio naturale di Ferdinando I). Da questo dato ricaviamo anche un termine ante quem per la sua realizzazione. Gentile è celebrato già da Leone (1514, II, cap. XVI) come mecenate dell'abbellimento del Duomo.

Grazie alla visita pastorale di Fabrizio Gallo (1586) rinvenuta da Antonia Solpietro (in Fusco 2009, 23 nota 8, e 162) è possibile documentare la collocazione precoce (dunque molto probabilmente quella originaria) del tabernacolo come altare maggiore della cripta del duomo di Nola. Tale notizia conferma le fonti di Leone e di Remondini (1747-1757, I, 170) riguardo al mecenatismo di Gentile Orsini.

Non abbiamo documentazione, né le fonti ci aiutano a individuare la paternità artistica dell'opera. Il trittico marmoreo appare però chiaramente come un prodotto (abbastanza seriale, soprattutto nell pannello del tabernacolo eucaristico) di una bottega di scultori lombardi attivi a Napoli verso l'ultimo decennio del '400.

 

Immagine
CommittenteGentile Orsini e Caterina d'Aragona
Famiglie e persone
Iscrizioni

Ai lati dello stemma inquartato "C. G.", iniziali dei committenti.

Stemmi o emblemi araldici

Stemma inquartato Orsini/Aragona; sugli scudi del basamento, un orso e un compasso, emblemi degli Orsini. 

Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti

ASDN, Sante Visite, vol. VI, c. 71r: "[Nella cripta] iuxta altare predictum aderat paries marmoreum cum imagine sancti Iacobi et sancti Michaelis cum insignis familie de Ursinis, Aragonie et aliorum"; trascrizione di Antonia Solpietro, in Fusco 2009, 23, nota 8.

Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.

 

Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.

 

Leone 1514: Ambrogio Leone, De Nola, Venezia 1514.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.


Toscano 1996: Gennaro Toscano, "La scultura a Nola dagli Orsini agli Albertini", in Nola e il suo territorio dalla fine del Medio Evo al XVII secolo, a cura di Tobia R. Toscano, Napoli 1996, 85-105.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione14/08/2012 10:52:05
Data ultima revisione16/11/2016 16:25:59
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/25
OggettoNola, Cattedrale, crocifisso ligneo
Materialelegno (totalmente ridipinto)
Dimensioni
Cronologia
Autore
Descrizione

Questo crocifisso era forse esposto nella cappella omonima attestata in Cattedrale già a metà '500 (Fusco 2009, 136). Nel Duomo ricostruito dopo l'incendio del 1861 fu collocato nella posizione attuale come parte di una cona d'altare con angeli in stucco adoranti, ideato da Salvatore Cepparulo e realizzato da Angelo Settembre.

Il Crocifisso dovrebbe essere antico, forse di inizio '500, ma le massicce ridipinture ottocentesche non permettono un'agile analisi stilistica.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione23/08/2012 16:48:50
Data ultima revisione06/01/2019 19:21:52
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/52
OggettoNola, Cattedrale, frammento di lapide commemorativa di Angelo Armato
Materialemarmo
Dimensioni30 cm x 80 cm
Cronologia1552
Autore
Descrizione

La Cappella Armato, collocata "propre ianuam sacrarii" era sede di una confraternita istituita da Angelo Armato, canonico del duomo, mediante atto rogato dal notaio Stefano Malgado il 29 luglio 1433 (ASDN, Sante Visite, vol. IV, 1580, cc. 72r-79r; reperito da Antonia Solpietro in Fusco 2009, 32).

Immagine
Committente
Famiglie e persone

Angelo Armato

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione23/08/2012 17:00:29
Data ultima revisione06/01/2019 19:22:17
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/53
OggettoNola, Cattedrale, paliotto marmoreo con la Morte della Vergine
Materialemarmo
Dimensioni80 cm x 144 cm
CronologiaPrimo quarto del Cinquecento
Autore
Descrizione

Il rilievo raffigura una Dormitio Virginis con gli apostoli al capezzale della Madonna, adagiata su di un triclinio immaginato all'antica (con tanto di pilastrini). La scena si svolge in un interno, rappresentato maldestramente senza alcuna profondità, mentre in altro a sinistra gli angeli si apprestano ad accogliere la madre di Gesù. Si trova utilizzato come paliotto dell'altare del Cappellone del Crocifisso nella Cattedrale di Nola. Secondo Avella (1996, 35, fig. 35) si tratterebbe di quello stesso paliotto ricordato da Remondini (1747-1757, I, 165) sull'altare maggiore, ma a dir la verità la descrizione settecentesca non è sufficiente a un'identificazione completa ("L'altar maggiore è di marmo, rifatto ultimamente da monsignor Francesco Carafa, à sotto un anterior palliotto di mezzo rilievo figurato"). Avella pensa dunque che il pannello marmoreo sia stato commissionato nel tempo del vescovo Gianfrancesco Bruno (1505-1549), che secondo Ferraro (1644, 81, n. 47) "fece l'icona dell'altar maggiore".

Lo stile del rilievo, ad ogni modo, conferma una datazione attorno allo scadere del primo quarto del '500. La didascalia di Avella (cit.) fa dubitativamente il nome del giovane Giovanni da Nola, indicazione inappropriata per questo mediocre lavoro. Il paliotto nolano invece ben si lega ad opere napoletane contemporanee, e mi riferisco in particolar modo al rilievo, anch'esso utilizzato come paliotto, incistato nell'altare maggiore della chiesa di Sant'Anna dei Lombardi (già di Monteoliveto) che raffigura la Lavanda dei piedi, simile anche per tipologia, con la stessa, piatta, teoria orizzontale di personaggi. Esso è stato attribuito da Weise (1977, 135) al secondario scultore Antonino de Marco (ascrizione rafforzata da Abbate 1992, 84). Sebbene il nome di Antonino sia ben probabile, non abbiamo precise conferme in proposito; pare certo, però, che l'autore del paliotto di Monteoliveto sia lo stesso scultore della Morte della Vergine di Nola.

Il rilievo è stato ascritto ad Antonino de Marco, seppur con un punto interrogativo e senza alcun confronto stilistico, nella didascalia al volume di Fusco 2009, 140, e 23 nota 13. 

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Abbate 1992: Francesco Abbate, La scultura napoletana del Cinquecento, Roma 1992.

 

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.

 

Ferraro 1644: Andrea Ferraro, Del cemeterio nolano, Napoli 1644.

 

Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.

 

Weise 1977: Georg Weise, con la collaborazione di Giovanni Caldarelli, Studi sulla scultura napoletana del primo Cinquecento, Napoli 1977.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione15/08/2012 11:34:23
Data ultima revisione06/01/2019 19:22:40
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/32
OggettoNola, Cattedrale, pulpito
Materialemarmo
Dimensioni247 cm x 338 cm x 145 cm
Cronologiapost 1861
AutoreSalvatore Cepparulo
Descrizione

Il pulpito fu realizzato ex novo dallo scultore Salvatore Cepparulo dopo l'incendio del 1861 (cfr. Fusco 2009, 108-111). Secondo Toscano (1994) due delle formelle coi quattro evangelisti, e precisamente quelle con San Luca e San Marco (44 x 44 cm), sarebbero però gli originali cinquecentesci di Giovanni da Nola, recuperati da Cepparullo nella nuova opera. Toscano (1994, 33) si appoggia a un pagamento del 1597, già edito da Giovan Battista D'Addosio, in favore di Fabrizio di Guido e Vincenzo de Prato per la "riconciatura di uno pulpito marmoreo che han da prestare al Vescovato di Nola". L'esistenza di un cinquecentesco pulpito marmoreo è attestata anche da Remondini (1747-1757, I, 163: "Eravi un maestoso pulpito di marmo fatto dal vescovo Spinola poco innanzi che ne avvenisse la strepitosa caduta ai XXVI di decembre nel MDLXXXIII"). Filippo Spinola fu però vescovo di Nola dal 1569 al 1585, e se fosse stato lui il committente del pulpito non tornerebbe la conologia di primo '500 proposta da Toscano.

Secondo i recenti studi di Antonia Solpietro, invece, le due formelle reputate cinquecentesche dovrebbero corrispondere ai due Evangelisti originariamente collocati sull'Altare Cesarini, come risulta da una santa visita databile a cavallo tra Cinque e Seicento (ASDN, Sante Visite, fasciolo 1 allegato al vol. VII; in Fusco 2009, 45).

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Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.

 

Toscano 1994: Gennaro Toscano, "Il pulpito del Duomo di Nola", in Antologia di belle arti, 48-51, 1994, 30-37. 

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione16/08/2012 16:02:41
Data ultima revisione06/01/2019 19:23:06
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/37
OggettoNola, Cattedrale, Teste di un giovane e di un vecchio (frammenti di un altorilievo)
Materialemarmo
Dimensioni30 cm x 24 cm circa
CronologiaPrimo quarto del Cinquecento
Autore
Descrizione

La testa di giovane è interamente conservata nel volto; quella di vecchio invece manca dell'intera calotta cranica ed è gravemente sfigurata.

Sono due pezzi erratici provenienti dall'antica Cattedrale di Nola, distrutta nel 1861; già esposti nel Museo Diocesano (solo riprodotti da Avella 1996, 102-105, figg. 184, 185), sono stati trafugati (cfr. Fusco 2009, 36, figg. 13-14). 

Nonostante il tragico stato di conservazione è possibile fare alcune considerazioni, poiché lo stile risulta ancora leggibile. A giudicare dalla fattura e dalle dimensioni parrebbero frammenti di uno stesso altorilievo (probabilmente una cona d'altare) con una scena a più figure. E' ancora chiaramente intuibile l'originaria qualità esecutiva, che fa pensare a una cronologia attorno al primo quarto del '500. 

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.


Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione20/08/2012 09:10:44
Data ultima revisione05/07/2016 20:31:08
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/42
OggettoNola, Chiesa del Gesù, croce sagomata
Materialetempera su tavola
Dimensioni
Cronologiaprimo quarto del '400
Autore
Descrizione

Questo Crocifisso è realizzato su di una tavola lignea sagomata e dipinta a tempera, ed è conservato nella chiesa del Gesù di Nola. E' stato giustamente messo in stretta relazione con un altro Crocifisso dello stesso genere, di dimensioni leggermente minori, che si trova nella chiesa di San Giovanni di Sessa Aurunca. Si tratta di opere di altissima qualità e precisione esecutiva, le cui figure sono caratterizzate da un'esasperata espressività e da un forte grafismo.

Sulla croce sagomata di Nola, resa nota – come la sua gemella di Sessa – da Scavizzi (1967, 23) non si hanno notizie storiche, né di committenza.

Per Scavizzi si tratterebbe di un pittore di cultura meridionale sotto un possibile influsso senese, invece Abbate (1974, 500 e 507, nota 9) intravvede un legame coi pittori abruzzesi del tempo, e in particolare col Maestro di Piedimonte Matese, nel quale, secondo la Navarro (1987, 448), bisognerebbe intercettare la mano del giovane Perinetto da Benevento. De Marchi (1991, 128, nota 33) – seppur con cautela – ha accolto quest’identificazione della Navarro e ha inserito nel catalogo anche i due crocifissi. La Navarro, tornata sull’argomento nel 1993 (74, nota 18), ha ribadito la sua convinzione di sovrapporre il Maestro di Piedimonte Matese con Perinetto da Benevento, ma si è mostrata più dubbiosa in merito al considerare le croci sagomate campane come parte del corpus dell’artista.

Dall’altro lato Leone de Castris già nel 1988 (58-59, e 65 nota 35) ha proposto di avvicinare i crocifissi di Sessa e Nola all’opera del Maestro di Antonio e Onofrio Penna; ipotesi seccamente rifiutata da De Marchi (1991, 128, note 32 e 33) e dalla Navarro (1993, 74, nota 18).

Infine Angiolillo (2004, 111, n. 27), tenendo presente il solo parere di Scavizzi e non il dibattito successivo, assegna la croce alla cerchia di Giovanni da Gaeta.

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Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Abbate 1974: Francesco Abbate, “La pittura in Campania prima di Colantonio”, in Storia di Napoli, IV.1, Cava de’ Tirreni 1974.

 

Angiolillo 2004: Marialuisa Angiolillo, Giovanni da Gaeta "magister caietanus", Roma 2004.

 

De Marchi 1991: Andrea De Marchi, “Andrea de Aste e la pittura tra Genova e Napoli all’inizio del Quattrocento”, Bolettino d’arte, 76, 1991, 113-130.

 

Leone de Castris 1988: Pier Luigi Leone de Castris, “Il «Maestro dei Penna» uno e due, ed altri problemi di pittura primo quattrocentesca a Napoli”, in Scritti di storia dell’arte in onore di Raffaello Causa, Napoli 1988, 53-66.

 

Leone de Castris 2000: Pier Luigi Leone de Castris, in La Croce. Dalle origini agli inizi del secolo XVI, a cura di Boris Ulianich, Napoli 2000, 118-119, scheda n. 28.

 

Navarro 1987: Fausta Navarro, La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1987.

 

Navarro 1993: Fausta Navarro, “Ferrante Maglione, Alvaro Pirez d’Evora ed alcuni aspetti della pittura tardogotica a Napoli e in Campania”, Bollettino d’arte, 78, 1993, 55-76.

 

Scavizzi 1967: Giuseppe Scavizzi, “Nuovi appunti sul Quattrocento campano”, Bollettino d’arte, 52, 1967, 20-29.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione08/08/2012 16:22:07
Data ultima revisione06/01/2019 19:23:38
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/15
OggettoNola, Chiesa del Gesù, lastra tombale di Maria Sanseverino
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologiapost 1565
Autore
Descrizione

La lastra si trova nella chiesa del Gesù di Nola, il cui collegio era stato fondato proprio da Maria Sanseverino (come si legge a chiare lettere nell'epigrafe), ultima contessa di Nola e moglie di Enrico Orsini. 

Maria è rappresentata dormiente e in abito monacale, la testa appoggiata ad un cuscino, la mano destra  sotto la guancia e la sinistra con un libro

Dopo la morte della donna a Napoli (1565), il corpo fu traslato a Nola, nella chiesa da lei fondata, e il Collegio commissionò la lapide. Nel '700 Remondini (1747-1757, I, 210) la vedeva "avanti l'altare maggiore" (cfr. Avella 1996, 366, figg. 695-696).

Si tratta quindi d'un'opera databile con tutta probabilità poco dopo il 1565, e - sebbene molto rovinata, essendo una lastra tombale - parrebbe un lavoro seriale della bottega di Giovan Domenico d'Auria.

Immagine
CommittenteCollegio della Compagnia di Gesù di Nola
Famiglie e persone

Enrico Orsini conte di Nola

Iscrizioni

"D. O. M / MARIAE SANSEVERINAE / BERNARDINI BISINIANENS. / PRINCIPIS F. / HENRICI URSINI GENERE DITIONE / GLORIA CLARISSIMI VIRI UXORI / QUAE PIETATE IN DEUM STUDIO IN / UTILITATEM PUBLICAM MUNIFICEN/TIA IN SOC. IESU CARITATE IN SUOS AVI/TAS URSINOR. AEDES RELIGIONIS AC / LITTERARUM VOLVIT ESSE DOMICILIUM / SEQ. IBI UNA CUM CONIUGE CARISS. / EIUSQU. PARENTIB. AC SORORE CONDI. / MORIENS IUSSIT OBIIT AN. SALUT. CDDLXV AET. XXVIC/III NON MART. / COLLEGIUM SOC. IESU / FUNDATRICI OPTIME MERITAE / [POSUIT]".

Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione15/08/2012 10:54:06
Data ultima revisione06/01/2019 19:24:15
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/31
OggettoNola, Museo Diocesano, Annunciazione
Materialetempera su tavola
Dimensioni157 cm x 114 cm
Cronologia
AutoreCristoforo Scacco da Verona
Descrizione

La tavola, proveniente dalla chiesa dell'Annunziata di Nola, si trova oggi esposta nel Museo Diocesano della città, dopo il furto del 1999 e il suo recupero nel 2001. E' stata restaurata nel 2002 (cfr. Brui 2009, 61-63, tavola 6).

Pubblicata da Causa (1952, 40), si può collocare cronologicamente alla prima metà degli anni novanta del '400 (cfr. Naldi 1986, 41).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Brui 2009: Ilaria Brui, Cristoforo Scacco: un bramantesco nel Meridione, Roma 2009.


Causa 1952: Raffaello Causa, "Due tavole inedite e una precisazione cronologica di Cristoforo Scacco", Paragone, 25, 1952, 40-43.

 

Naldi 1986; Riccardo Naldi, “Riconsiderando Cristoforo Scacco”, Prospettiva, 45, 1986, 35-55.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione16/08/2012 10:49:59
Data ultima revisione16/11/2016 16:18:10
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/35
OggettoNola, Museo Diocesano, Gisant di Orlando Orsini
Materialemarmo
Dimensioni66 cm x 160 cm
Cronologia
Autore
Descrizione

Si dovrebbe trattare di un frammento della tomba di Orlando Orsini (vescovo di Nola dal 1475 al 1503, anno della sua morte), andato distrutto nell'incendio della chiesa del 1861. Si trova oggi custodito nel Museo Diocesano (cfr. Fusco 2009, 34, fig. 4).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.

 

Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione14/08/2012 16:03:03
Data ultima revisione30/06/2016 13:22:27
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/27
OggettoNola, Museo Diocesano, lunetta con il Padre Eterno
Materialemarmo
Dimensioni42 cm x 64 cm circa
Cronologia
Autore
Descrizione

Non si conosceva la precisa provenienza di questa lunetta conservata oggi nel Museo Diocesano di Nola (cfr. Avella 1996, 105, fig. 186; Guida al Museo Diocesano di Nola 2002, 28), fino all'intervento di Antonia Solpietro (in Fusco 2009, 44-45), la quale, grazie alle fonti letterarie e documentarie ha ricondotto il rilievo all'Altare Cesarini (cfr. Remondini 1747-1757, I, 166).

Si tratta di un pezzo di notevole ingegno e grande morbidezza esecutiva: si noti la soluzione originale della conchiglia (molto usata per far da sfondo alle lunette) in questa variante con la valva aperta a mo' di ali di pipistrello.

Non pare un'opera "tardo-rinascimentale", come sostiene Avella, ma piuttosto un prodotto databile appunto entro il primo quarto del '500 (proprio come l'Altare Cesarini, datato 1523), uscito da una bottega napoletana vicina alla generazione di Giovanni da Nola e Girolamo Santacroce.

Immagine
CommittenteGiacomo Antonio Cesarini
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.


Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.


Guida al Museo Diocesano di Nola. Musei Diocesani della Campania. Diocesi di Nola, [schede a cura di Stefano Colucci, Pasquale D'Onofrio e Antonia Solpietro] Napoli 2002.


Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione20/08/2012 08:53:39
Data ultima revisione06/01/2019 19:25:33
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/41
OggettoNola, Museo Diocesano, Madonna col Bambino
Materialeolio su tavola
Dimensioni41 cm x 33 cm
Cronologia
AutoreAndrea da Salerno e bottega
Descrizione

La piccola tavola proviene dal convento di Santa Maria la Nova di Nola, ed è attualmente custodita nel Museo Diocesano. Toscano (1988, 15-16) l'ha attribuita ad Andrea Sabatini da Salerno e alla sua bottega (ascrizione accettata dalla Guida al Museo Diocesano di Nola 2002, 14). Lo studioso riporta anche il parere di Giovanni Previtali, secondo il quale il dipinto era opera del Maestro di Barletta. Secondo Toscano un collegamento di tipo storico deporrebbe in favore dell'attribuzione al Sabatini: la fondazione del convento di Santa Maria la Nova era stata supportata dal vescovo Giovan Francesco Bruno (Remondini 1760, 210; sul convento Remondini 1747-1757, I, 235-236); lo stesso prelato, a parere di Toscano, era stato il committente del polittico dell'altar maggiore del Duomo di Nola che egli attribuisce sempre ad Andrea da Salerno.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Guida al Museo Diocesano di Nola. Musei Diocesani della Campania. Diocesi di Nola, [schede a cura di Stefano Colucci, Pasquale D'Onofrio e Antonia Solpietro] Napoli 2002.


Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.

 

Remondini 1760: Gianstefano Remondini, Memorie della vita dei vescovi nolani, Napoli 1760.

 

Toscano 1988: Gennaro Toscano, "Un polittico e una Madonna di Andrea da Salerno per Nola", Antichità viva, 27, 1988, 5/6, 13-19.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione20/08/2012 14:04:05
Data ultima revisione17/11/2016 15:27:14
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/46
OggettoNola, Museo Diocesano, Madonna delle Grazie con le anime del purgatorio
Materialemarmo
Dimensionih 135 cm x 100 cm
Cronologia
AutoreAnnibale Caccavello e Giovan Domenico d'Auria
Descrizione

La cona marmorea raffigura a rilievo la Vergine col Bambino tra nuvole e cherubini, e in basso le anime purganti, secondo una molto ricorrente iconografia. Proviene probabilmente da un altare della Cattedrale di Nola distrutta dall'incendio del 1861, ed è oggi custodita nel Museo Diocesano della città.

Avella (1996, 105, fig. 188) l'ha giustamente avvicinata alla bottega di Giovanni da Nola, e Toscano (1996, 127) ha proposto la mano di Annibale Caccavello (ipotesi accettata anche in Fusco 2009, 40). L'opera pare effettivamente ascrivibile al sodalizio tra Caccavello e Giovan Domenico d'Auria (entrambi allievi di Giovanni da Nola).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.


Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.


Toscano 1996: Gennaro Toscano, "Frammenti cinquecenteschi nella Cattedrale di Nola: Giovanni da Nola, Andrea da Salerno, Annibale Caccavello, Gerolamo D’Auria e Francesco Cassano", in Nola e il suo territorio, a cura di Tobia R. Toscano, Napoli 1996, 107-135.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione14/08/2012 16:29:05
Data ultima revisione05/07/2016 20:09:05
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/29
OggettoNola, Museo Diocesano, pannelli di polittico con San Felice, San Paolino, San Massimo e San Giovanni Evangelista
Materialeolio su tavola
Dimensioni158 cm x 59 cm (ciascuno)
Cronologia
AutoreAndrea da Salerno
Descrizione

I quattro pannelli sono conservati nel Palazzo Vescovile di Nola (oggi Museo Diocesano). Tre presentano ancora la targa che indica il nome del santo effigiato: quelle di Felice, Paolino e Massimo (tutti vescovi legati alla chiesa nolana); il quarto, non conservandola, ha un'identificazione dibattuta (Giovanni evangelista per Toscano 1988, e Agostino per Avella 1996, 109, fig. 194). Sono stati rinvenuti nel 1986 e pubblicati come dipinti di Andrea da Salerno da Toscano (1988; lo studioso è poi tornato sul tema nel 1996, 116-122).

Potrebbero essere quattro delle tavole del polittico dell'altar maggiore del Duomo di Nola, danneggiato nell'incendio del 1861. Secondo Toscano a questi va aggiunta una tavola in collezione privata che rappresenta San Felice presbiter (altro santo della chiesa nolana): dunque si ipotizzerebbe un polittico a sette pannelli. Sempre a parere dello studioso si tratterebbe della "icona dell'altar maggiore" che Guadagni (1991 [1688], 207) sosteneva essere stata realizzata per volere del vescovo Giovan Francesco Bruno (in carica dal 1505 al 1549). Essendo la cattedrale dedicata all'Assunta, Toscano presuppone che tale immagine dovesse essere nel pannello centrale.

L'ipotesi di Toscano è seguita dalla Guida al Museo Diocesano di Nola 2002, 16. Non accetta invece la possibilità che questo fosse il polittico dell'altar maggiore Avella 1996, 109. Antonia Solpietro (in Fusco 2009, 251), più recentemente, ha sostenuto che il polittico di Sabatini potesse essere costituito da molti più scomparti, che potrebbero essere quei "pezzi di quadri della cona vecchia" che si trovavano nel Palazzo Vescovile al tempo dei due inventari redatti alla morte dei vescovi Daniele Scoppa (1695-1703) e Francesco Maria Carafa (1704-1737).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.


Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.


Guadagni [1688]: Carlo Guadagni, Nola Sagra, edizione a cura di Tobia R. Toscano, Massalubrense 1991.

 

Guida al Museo Diocesano di Nola. Musei Diocesani della Campania. Diocesi di Nola, [schede a cura di Stefano Colucci, Pasquale D'Onofrio e Antonia Solpietro] Napoli 2002.

 

Toscano 1988: Gennaro Toscano, "Un polittico e una Madonna di Andrea da Salerno per Nola", Antichità viva, XXVII, 1988, 5/6, 13-19.

 

Toscano 1996: Gennaro Toscano, "Frammenti cinquecenteschi nella Cattedrale di Nola: Giovanni da Nola, Andrea da Salerno, Annibale Caccavello, Gerolamo D’Auria e Francesco Cassano", in Nola e il suo territorio, a cura di Tobia R. Toscano, Napoli 1996, 107-135.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione20/08/2012 13:09:10
Data ultima revisione06/01/2019 19:26:05
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/45
OggettoNola, Museo Diocesano, San Girolamo penitente
Materialemarmo
Dimensioni135 cm x 100 cm
Cronologia
AutoreGiovanni da Nola
Descrizione

Il rilievo si trova oggi conservato in stato frammentario nel Museo Diocesano di Nola. Riprodotto in Avella (1996,102, fig. 182), e discusso da Toscano (1996, 122-127), proviene da un altare nella Cattedrale distrutta nel 1861, dove era collocato vicino alla porta che conduceva alla chiesa dei Santi Apostoli, poiché Remondini (1747-1757, I, 165-166) lo cita ed elogia esplicitamente, ricordando anche un'epigrafe dedicatoria (oggi scomparsa) di Scipione del Giudice datata 1605, e dunque sicuramente successiva alla realizzazione del San Girolamo, opera che è manifestamente della metà del '500.

Stilisticamente, infatti, si può dire si tratti di un'opera della tarda maturità di Giovanni da Nola, dunque precedente alla sua morte (1558), e almeno un cinquantennio anteriore all'epigrafe di Scipione Del Giudice.

Secondo Toscano, invece, si tratterebbe di un'opera di Girolamo Santacroce finita da Giovanni da Nola (cfr. anche Guida al Museo Diocesano di Nola 2002, 26).

Più recentemente gli studi documentari di Antonia Solpietro (in Fusco 2009, 38) hanno dimostrato che il rilievo era stato spostato già a causa del crollo del Duomo del 1583, e che esso faceva parte di una cappella, dedicata appunto a San Girolamo, fondata dal medico nolano Giovanni Barba e lì si trovava anche la sua sepoltura (ASDN, Sante Visite, vol. IV, 1580, cc. 63r-71r).

Barba esercitava la sua professione presso l'ospedale di San Giovanni dei Fustiganti ("hospitio Sedis Episcopalis"), e in virtù dei suoi meriti gli era stata concessa dal vescovo Gianfrancesco Bruno (in carica dal 1505 al 1549) una cappella da costruire nella Cattedrale (ASDN, Sante Visite, vol. I, 1551, c. CXVIII; reperito da Antonia Solpietro, in Fusco 2009, 38).

La concessione nei tardi anni quaranta ben concorda con il dato stilistico, che - come si è detto - suggerisce una collocazione nell'ultima attività di Giovanni da Nola

Immagine
CommittenteGiovanni Barba (medico)
Famiglie e persone

Scipione Del Giudice

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti

ASDN, Sante Visite, vol. IV, 1580, cc. 63r-71r: "[Cappella Sancti Hieronimi] Predictam cappellam spectare ad magnificus Martium Barbam et fratres, tamque heredes magnificus quondam Joannis Barbe artifex et medicina doctor. In eadem cappella erat seu imago seu statua dicti Hieronimi in marmore cum cruce, et suptus aderat infrascripte litere Joannes Barba artifex et medicina doctor sacellum hoc dicavit [...]; ante altare predictum aderat sepultura cum lapide marmoreo cum insignis familie de Barba"; trascrizione di Antonia Solpietro, in Fusco 2009, 38.

ASDN, Sante Visite, fascicolo I allegato al vol. VII (fine XVI o inizi XVII secolo): "[Cappella di San Girolamo] que existit in prima columda [sic] dicte catedralis, que cappella, ut apparet ex instrumento fundationis [...] fuit pertinere et spectare ad domum et familiam delli Barba, et presentim ad heredes quondam Joannis Barbe, cui per reverendissimum dominum episcopum Brunum fuit facta concessio dicte cappelle, similiter relatum fuit ante colapsum in dicta cappella ad fuisse statuam marmoream Sancti Hieronimi"; trascrizione di Antonia Solpietro, in Fusco 2009, 38.

Remondini 1747-1757, I, 165-166: "Merita fra l'altre cose in questa sì nobile cattedrale particolar osservazione un gran marmo che sta sulla muraglia orientale di questo titolo, od ambone, presso alla porta onde si cala alla chiesa de' morti. Si vede in questo di mezzo rilievo un San Girolamo penitente con quest'iscrizione:

TIBI DIVE TITULARI SUO

SCIPIO IUDICENSIS

VOTI REUS PATROCINII CERTUS

ARAM PONIT

A DEIPARE PARTU

AN. CDDCV.

Egli è questa una delle bellissime opere di Giovan Marigliano, comunemente chiamato Giovan di Nola, uno de' più illustri scultori del XV secolo [sic], come ce ne fanno indubitabil fede le di lui statue e figure onde s'ornano le principali chiesi di Napoli".

Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.


Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.


Guida al Museo Diocesano di Nola. Musei Diocesani della Campania. Diocesi di Nola, [schede a cura di Stefano Colucci, Pasquale D'Onofrio e Antonia Solpietro] Napoli 2002.


Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.


Toscano 1996: Gennaro Toscano, "Frammenti cinquecenteschi nella Cattedrale di Nola: Giovanni da Nola, Andrea da Salerno, Annibale Caccavello, Gerolamo D’Auria e Francesco Cassano", in Nola e il suo territorio, a cura di Tobia R. Toscano, Napoli 1996, 107-135.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione20/08/2012 07:55:16
Data ultima revisione17/11/2016 15:32:25
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/40
OggettoNola, Museo Diocesano, tabernacolo eucaristico con due angeli
Materialemarmo
Dimensioni64 cm x 90 cm
Cronologia1523
Autore
Descrizione

Il tabernacolo marmoreo, oggi custodito nel Museo Diocesano di Nola, faceva parte dell'Altare Cesarini, come dimostrato da Antonia Solpietro (in Fusco 2009, 44-45), grazie anche alla fonte di Remondini (1747-1757, I, 166).

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CommittenteGiacomo Antonio Cesarini
Famiglie e persone
Iscrizioni

Sulla trabeazione: HUMANAE SALUTIS AUCTORI

Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.


Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione23/08/2012 16:39:25
Data ultima revisione06/01/2019 19:26:33
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/51
OggettoNola, Palazzo Vescovile, fregio marmoreo con stemmi del vescovo Orlando Orsini
Materialemarmo
Dimensionil. 350 cm circa
Cronologiapost 1475 ante 1503
Autore
Descrizione

Si tratta di un colossale fregio marmoreo con ghirlande e due coppie di putti che sostengono lo stemma vescovile di Orlando Orsini (alla diocesi di Nola dal 1475 al 1503, anno della sua morte). Proviene dalla Cattedrale distrutta nell'incendio del 1861, oggi è custodito nel Palazzo Vescovile. 

L'ultima lastra sulla destra (una delle due con i putti reggistemma) è stata trafugata (cfr. Fusco 2009, 42, figg. 1-2).

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CommittenteOrlando Orsini vescovo di Nola
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Stemma Orsini

Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana, I, Napoli 1996.


Fusco 2009: Luigi Fusco, Cattedrale Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, didascalie e ricerca d'archivio di Antonia Solpietro, Nola 2009.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione14/08/2012 16:16:41
Data ultima revisione06/01/2019 19:26:54
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/28
OggettoNola, San Biagio, Sarcofago Orsini
Materialemarmo
Dimensioni86 cm x 215,5 cm x 89 cm
Cronologiaprimo quarto del XV secolo
Autore
Descrizione

L'opera si trova nel vano d’accesso alla sacrestia della chiesa di San Biagio (già San Francesco), dove sono collocate anche le tombe Albertini. La scena centrale mostra il feudatario assiso in trono, circondato dalla sua corte (tra cui un cavaliere con l’arme Orsini scolpita sullo scudo), e due figure inginocchiate ai suoi piedi. Sia queste ultime due sia il personaggio principale sono stati sfigurati nel volto. Sul lato minore sinistro vi è scolpito a rilievo lo stemma Orsini inquartato con leone rampante, la cui lettura è dibattuta.

Il sarcofago doveva far parte di un monumento funebre di imponenti dimensioni, di cui oggi non rimane che la cassa marmorea. 

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note

Ambrogio Leone (1514, III, cap. XIII) non cita il sarcofago orsiniano nella trattazione su Le altre basiliche della città (e San Francesco è la prima di cui discorre). È Guadagni (1991 [1688], 210-211) a offrirci la prima descrizione utile del preesistente monumento, affermando che “nel coro dietro l’altar maggiore” vi era “un sontuoso e vasto mausoleo, sostentato da preziose colonne, ove si asservano le ossa de più conti di Nola, principi del regio sangue d’Aragona, non leggendosi però di essi nome alcuno, né altra memoria, solo che nel frontispicio sono scolpite varie armi, alcune semplici e sole della casa Orsina e molte inquartate”. Già dunque all’epoca di Guadagni non era chiaro di chi fosse tale sepoltura.

È interessante notare come per Guadagni, ormai lontano cronologicamente dai tempi di gloria orsiniani, un appiglio per denominare "basilica" la chiesa di San Francesco stia proprio nel fatto che dietro l’altar maggiore si trovava – perfettamente in linea con la tradizione angioina (Enderlein 1997; e Michalsky 2000) – il sepolcro dei feudatari locali, di regio sangue e, almeno a Nola, di regie ambizioni.

Remondini (1747-1757, I, 206-207) già colloca il sarcofago nel luogo dove si trova oggi, ma egli vedeva ancora nei quattro angoli “quattro gran leoni” e “quattro statue in piedi fra mezzo i due leoni esteriori, che rappresentan le quattro virtù: Prudenza e Giustizia, Fortezza e Temperanza”. Remondini leggeva lo stemma come Orsini/Caracciolo del Sole e dunque affermava che “sebben non èvvi iscrizione, non resta luogo a dubitarsi che non sia questo un sepolcro fattosi molto anticipatamente dal sù lodato conte Raimondo, nel mentre che aveva ancora in moglie la memorata donna Isabella Caracciolo del Sole”, ma che successivamente Raimondo avrebbe scelto di farsi seppellire nel convento di sua fondazione di Sant’Angelo in Palco.

Il sarcofago è oggi nudo, poggiato in terra e privo di qualunque decorazione descritta da Remondini (secondo Malagnini in San Francesco 1980, 141, le Virtù e i leoni stilofori sarebbero stati venduti “durante il periodo di gestione dei priori laici”).

La lettura dello stemma inquartato, considerato Orsini/Caracciolo da Remondini, è stato messo in discussione da Avella (1990, 90, nota 38; e idem 1997, 334, figg. 629-631), che sostiene possa essere quello Orsini/Sabrano, quest’ultimo casato di Giovanna (o Gorizia), moglie di Niccolò.

Nonostante la questione dello stemma sia effettivamente intricata (poiché uno scudo uguale a quello del sarcofago è usato sia da Raimondo prima e dopo il secondo matrimonio con Eleonora d’Aragona, sia dagli Orsini di Pitigliano), ci sarebbero altri appigli per la datazione del sarcofago.

Esso parrebbe il residuo di un momento innalzato in memoria di Niccolò Orsini (il quale era stato il rifondatore della chiesa nel 1372), ma probabilmente per volere del figlio Pirro, prima di perdere Nola, o addirittura di Raimondo Orsini (che avrebbe riottenuto Nola nel 1415 da Sergianni Caracciolo). Che il sarcofago non sia stato commissionato da Niccolò stesso, nel tempo in cui si faceva promotore del nuovo portale (più o meno nei pieni anni settanta del ’300), parrebbe evidente da un confronto stilistico tra questi due oggetti. Le figure del portale sono chiaramente anteriori a quelle del sarcofago; queste ultime, benché parecchio arcaiche ed eseguite da un maestro abbastanza maldestro, sono connotate da un abbigliamento già di primissimo Quattrocento. La disposizione dello spazio e alcuni dettagli (come i piccoli capitelli delle paraste) confermerebbero tale datazione.

Il sarcofago è stato datato al primo quarto del ’400 anche da Bock (2001, 455-456, scheda n. 18), il quale però, citando anche la tesi di dottorato di Sarah Bevan (1979, 428-430, n. 65), lo identifica erroneamente come il deposito di Roberto Orsini. Certo, resta un enigma l’identificazione dei tre personaggi centrali del sarcofago che non hanno più connotati. Secondo Gennaro Toscano (1989, 129-130, nota 40) il volto del defunto assiso sarebbe stato sfigurato nel ’500 sull’onda antiorsiniana volta alla damnatio memoriae degli antichi feudatari. Come detto precedentemente, l’ipotesi più plausibile è che il monumento funebre sia stato innalzato per Niccolò Osini, che dunque sarebbe anche il signore in trono, e forse le due figure inginocchiate ai suoi piedi potrebbero essere quelle dei figli Roberto e Pirro, il primo forse premortogli o comunque deceduto pochi mesi dopo (anche Litta, Orsini di Roma, tavola XI, dice di non veder chiara la linea di discendenza), e il secondo che perse la contea di Nola per mano di Ladislao di Durazzo e che forse fu il primo committente della tomba del padre. Non va sottovalutata, poi, la notizia data da Litta (Orsini di Roma, tavola XI, ad vocem Nicola Orsini), secondo cui il monumento di Niccolò “in Nola fu distrutto dai Mastrilli per fare una cappella”. Vero è che Litta non fa menzione dell’ubicazione, ma risulta altamente probabile che le due storie coincidano, e che il sarcofago superstite sia parte di quella tomba di Nicola che già ai tempi di Litta era distrutta.

Infine è utile riflettere anche sulla tipologia della scena rappresentata nel sarcofago. La figura centrale appare, in maniera squisitamente regale, in trono e in ambiti civili. Questa ambiziosissima  raffigurazione trova forse termine di paragone solo nei sarcofagi tardo-trecenteschi dei Del Balzo in Santa Chiara a Napoli (cfr. Bock 2001, schede nn. 14 e 15) e nella tomba di Francesco Carbone (Bock 2001, 310-328 e scheda n. 20), databile attorno al 1405.

Fonti iconografiche
Fonti e documenti

Guadagni 1991 [1688], 210-211: “[San Francesco] è nomata basilica dal Leoni, benché tal onoranza non le convenga, perché non è sostentata da colonne, né meno conserva corpi di martiri in qualche numero, né custodisce ossa di re – quali prerogative danno il titolo di basilica alle chiese, come dice il Panvinio (De Basilicis) – quantunque nel coro dietro l’altar maggiore si ammiri un sontuoso e vasto mausoleo, sostentato da preziose colonne, ove si asservano le ossa de più conti di Nola, principi del regio sangue d’Aragona, non leggendosi però di essi nome alcuno, né altra memoria, solo che nel frontispicio sono scolpite varie armi, alcune semplici e sole della casa Orsina e molte inquartate”.

 

Remondini 1747-1757, I, 206-207: “In una quadrata stanza che sta avanti la porta della sagrestia, si vede un sontuoso marmoreo sepolcro, vagamente nella parte anteriore intagliato, e sostenuto ne’ quattro angoli da quattro gran leoni e da quattro statue in piedi fra mezzo i due leoni esteriori, che rappresentan le quattro virtù: Prudenza e Giustizia, Fortezza e Temperanza. Son nell’uno e l’altro fianco della maestrosa urna superiore le imprese Orsine inquartate parimente con la Caracciola: onde, sebben non èvvi iscrizione, non resta luogo a dubitarsi che non sia questo un sepolcro fattosi molto anticipatamente dal sù lodato conte Raimondo, nel mentre che aveva ancora in moglie la memorata donna Isabella Caracciolo del Sole, ed allorché fece i già descritti ornamenti a questa chiesa e convento; sebben poscia, avendo di pianta edificata la chiesa di Sant’Angiolo, volle essere in quella seppellito in terra, con una semplice lapida avanti la porta, e restò questo gran tumulo senz’epitaffio, perché non vi fu riposto il suo corpo”.

Bibliografia

Avella 1990: Leonardo Avella, Nola ipotesi, 2, Napoli 1990.

 

Avella 1997: Leonardo Avella, Fototeca nolana. Nola 2, Napoli 1997.

 

Bevan 1979: Sarah Bevan, Sepulcral Monuments in Naples and the neighbouring Region 1300-1421, Ph.D. Dissertation, University of Oxford 1979.

 

Bock 2001: Nicolas Bock, Kunst am Hofe der Anjou-Durazzo. Der Bildhauer Antonio Baboccio (1351 – ca. 1423), München/Berlin 2001, 455-456, scheda n. 18.

 

Guadagni [1688]: Carlo Guadagni, Nola Sagra, edizione a cura di Tobia R. Toscano, Massalubrense 1991.


Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.


Toscano 1989: Gennaro Toscano, “Sculture del Quattro e Cinquecento a Nola: la committenza Orsini”, Quaderni. Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale, 6, 1989, 117-142.

 

Toscano 1996: Gennaro Toscano, “La scultura a Nola dagli Orsini agli Albertini”, in Nola e il suo territorio dalla fine del Medio Evo al XVII secolo. Momenti di storia culturale e artistica, a cura di Tobia R. Toscano, Napoli 1996, 85-105. 

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione02/09/2012 17:44:38
Data ultima revisione17/11/2016 15:36:11
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/67
OggettoNola, San Biagio, Tombe Albertini
Materialemarmo
Dimensioni
CronologiaXVI secolo
Autore
Descrizione

I sepolcri degli Albertini si trovano oggi nello stesso vano d’accesso alla sacrestia della chiesa di San Biagio (già San Francesco), dove è collocato anche il sarcofago Orsini. Si tratta delle tombe di Giacomo, di suo figlio Gentile (rilievi a parete, provvisti di sedile e con il ritratto del defunto in medaglia), e di quello di Fabrizio, figlio di Gentile, ritratto in marmo a figura intera al di sotto dell’altarolo dove è collocata una cona di marmo, copia quasi pedissequa dell’Epifania di Bartolomé Ordoñez per l’altare della Cappella Caracciolo di Vico in San Giovanni a Carbonara.

Le tombe a parete furono commissionate da Francesca della Tolfa, moglie di Gentile, come attestato dagli epitaffi. 

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CommittenteFrancesca della Tolfa
Famiglie e persone
Iscrizioni

Epitaffio di Giacomo Albertini: "IACOBO ALBERTINO / PONTIFICII CAESARIQ. IVRIS CONSVLTISS. / VITAE QVOQVE INTEGRITATE SATIS CALRO / CONDITORIVM HOC QVOD / GENTILIS PATRI BENEMERITO DESTINARAT / FRANCISCA TOPHIA NVRVS / PRAETER VOTVM GENTILI VIRO SVPERSTES / PROFVSIS LACHRIMIS. P. AN. MDXLI / OBIIT DIE VIII OCTOBRIS AN. MDVIII / VIX. ANN. LX".

Epitaffio di Gentile Albertini: "GENTILI ALBERTINO / IVRIS CONSVLTO PERITISSIMO / AC PATRONO OP. CVIVS STVDIVM /CVM MVLTIS PRODESSET / OBESSET NEMINI / AVARA MORS / COMMODIS AMICORVM INVIDENS / MEDIO IN CVRSV ABSTVLIT / FRANCISCA TOPHIA / VXOR INFELIX VIRO DVLCISSIMO P. / VIX AN. LI ME. VIIII DIES XV / OBIIT. AN. SAL. MDXXXVIIII. XII APR".

Epitaffio di Fabrizio Albertini: "FABRICIO GENTILIS FILIO ALBERTINO SENENSI / TRVENTINOQ. BELLO MILITVM PRAEFECTO STRENVO / DOMI EQVITVM GRAVIS RAMATVIRAE VICARIO PROVIDO / IO. HIERONYMVS DOLORE IMMATVRAE MORTIS MOESTVS / GLORIA VIVENTIS FAMAE LAETVS / GERMANO FRATRI OPT. F.C. / VIXIT ANN. XXVIII OBIIT ANN. MDLXIIII".

Stemmi o emblemi araldici
Note

Il primo a dare notizia della cappella è Carlo Guadagni (1991 [1688], 211). Per quanto riguarda la collocazione, la Cappella Albertini doveva essere quindi la prima partendo dall’altar maggiore, poiché anche Remondini (1747-1757, I, 207-208) nomina questi sepolcri subito dopo la descrizione del monumento Orsini, scrivendo che “s’entra quindi [immaginando il percorso, dopo la “quadrata stanza che sta avanti la porta della sagrestia”] nella Cappella de’ Principi di San Severino e Cimitile, della nobil non meno nolana che napoletana famiglia Albertini”.

Con la soppressione degli ordini religiosi del 1807, il convento fu abbandonato, molti oggetti d’arte furono trasferiti in vari edifici religiosi (una piccola lista è fornita da G. Verrengia in San Francesco 1980, 50)  e la chiesa fu trasformata in un deposito di paglia. Nel 1825 fu riaperta, e nel ripulire la sacrestia, piena di fieno e letame, furono ritrovate le tombe Albertini. Un Caracciolo Duca di Rodi pretendeva di essere l’erede della famiglia e voleva portar via la cona, ma la principessa di Cimitile Albertini e il Comune di Nola si opposero, ottenendo dal governo la possibilità di lasciare in loco le opere (con documentazione in G. Verrengia in San Francesco 1980, 53-57).

Le opere erano state attribuite al celebre scultore del luogo Giovanni da Nola (cfr. La Rocca, Angelillo 1971, 242-243, e bibliografia precedente). Secondo Ottavio Morisani (1941, 81, nota 47; 83, nota 67; e 93) l’Epifania con le tombe di Giacomo e Gentile sarebbero di Giovan Domenico d’Auria, invece quella di Fabrizio sarebbe di Geronimo d’Auria. L’attribuzione è stata riportata senza discussioni da Gennaro Toscano (1989, 141).

Le memorie di Giacomo e Gentile Orsini, databili probabilmente a ridosso della morte di quest’ultimo (1539), denotano uno stile e una qualità non compatibili con quelli di Giovanni da Nola. Vi sono alcune concordanze con la mano di Annibale Caccavello o di Giovan Domenico d’Auria (cfr. Naldi 2007), ma il taglio degli occhi a mandorla netta, il rilievo delicato e poco aggettante, le ciocche pettinate non corcordano in pieno con queste possibilità.

L’Epifania, se realizzata in concomitanza con l’effigie di Fabrizio Albertini, dovrebbe essere databile attorno al 1564, e ciò collimerebbe con un’ascrizione al Giovan Domenico d’Auria più tardo (sarebbe morto nel 1573).

Per il demi-gisant di Fabrizio invece, non credo ci siano elementi sufficienti per avanzare un’attribuzione, e la proposta avanzata da Morisani per Geronimo d’Auria, dallo stile sempre più pastoso, non mi pare convincente.

Fonti iconograficheEpifania di Bartolomé Ordoñez, altare della Cappella Caracciolo di Vico, San Giovanni a Carbonara, Napoli
Fonti e documenti
Bibliografia

Enderlein 1997: Lorenz Enderlein, Die Grablegen des Hauses Anjou in UnterItalien. Totenkult und Monumente 1266-1343, Worms am Rhein 1997.

 

Guadagni 1991 [1688]: Carlo Guadagni, Nola sagra, ed. a cura di Tobia R. Toscano, Massalubrense 1991.

 

La Rocca, Angelillo 1971: Eugenio La Rocca, Dora Angelillo, Nola dalle origini al Medioevo, Napoli 1971.

 

Morisani 1941: Ottavio Morisani, Saggi sulla scultura napoletana del Cinquecento, Napoli 1941.

 

Naldi 2007: Riccardo Naldi (a cura di), Giovanni da Nola, Annibale Caccavello, Giovan Domenico D’Auria. Sculture ‘ritrovate’ tra Napoli e Terra di Lavoro, 1545-1565, Napoli 2007.


San Francesco 1980: Gennaro Bove, Giacomo Verrengia, Adele Malagnini e Biagio Malagnini, Il convento di San Francesco in Nola (oggi San Biagio). Profilo storico Pastorale e artistico, Nola 1980. 

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, 3 voll., Napoli 1747-1757.

 

Toscano 1989: Gennaro Toscano, “Sculture del Quattro e Cinquecento a Nola: la committenza Orsini”, Quaderni. Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale, 6, 1989, 117-142.

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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione02/09/2012 18:17:46
Data ultima revisione17/11/2016 18:42:20
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/69
OggettoNola, Sant'Angelo in Palco, affreschi del refettorio
Materialeaffresco
Dimensioni
CronologiaXV e XVI secolo
Autore
Descrizione

Si tratta di un ciclo eterogeneo con storie della vita di Cristo affrescato nelle pareti del refettorio del convento di Sant'Angelo in Palco. Alle scene quattrocentesche (ad esempio la Crocefissione nella lunetta di fondo, la Lavanda dei piedi e l'Ultima cena e la Flagellazione), sono stati aggiunti affreschi in chiaro stile tardocinquecentesco.  

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione26/08/2012 09:44:56
Data ultima revisione17/11/2016 18:47:31
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/60
OggettoNola, Sant'Angelo in Palco, nicchia con affresco di San Michele Arcangelo
Materialeaffresco
Dimensioni
Cronologia
Autore
Descrizione

La grande nicchia scavata nella roccia, con volta a botte dipinta a lacunari, si trova nel chiostro del convento di Sant'Angelo in Palco presso Nola.

L'affresco raffigura San Michele Arcangelo, che fa sfoggio di sottili ali variopinte e monili preziosi a mo' di diadema. Ai piedi della figura il serpente, e sullo sfondo un'interessante veduta a volo d'uccello d'una immaginaria città lagunare. 

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
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SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione26/08/2012 09:36:27
Data ultima revisione06/01/2019 19:27:26
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/59
OggettoNola, Veduta della diocesi nolana
Materialeolio su tela
Dimensioni
CronologiaXVIII secolo, ultimo quarto
AutoreRaffaele Montanaro (att.)
Descrizione

La veduta è una modesta rappresentazione cartografica del territorio compreso nella diocesi di Nola ispirata alla prospettiva della diocesi di Nola stampata nel 1747 da Francesco Lambiase. La rappresentazione dei luoghi urbani è schematica e affidata quasi esclusivamente alle iscrizioni indicanti i toponimi.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni

in basso corre il titolo:

"VEDUTA DELLA DIOCESI DI NOLA CONFINANTE CON DODICI MITRE"

in un cartello apposto poco sopra si legge:

"SI NOTA / CHE I LUOGHI QUI DELINEATI BENCHE / SIANO NEL LORO VERO SITO NULLADIMANCO / NON VI SI OSSERVA UN'ESATTA DISTANZA DALL'UNO ALL'ALTRO"

Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996-1999: Leonardo Avella, Fototeca nolana: archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, 11 voll., Napoli 1996-1999, I, 1996


Cantabene 2006: Giulia Cantabene, "Veduta della Diocesi di Nola confinante con dodici mitre", in Iconografia della città in Campania. Napoli e i centri della provincia, a cura di Cesare De Seta e Alfredo Buccaro, Napoli 2006, 275-276.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione20/12/2012 21:42:49
Data ultima revisione18/11/2016 17:38:22
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/144
OggettoCapua, Museo campano (già Nola), blocco di architrave con trofeo d'armi
Luogo di conservazioneCapua
Luogo di reimpiego
Collocazione attuale

Capua, Museo Campano, giardino.

Prima attestazione
MaterialeCalcare
Dimensionilung. inferior. 1,51; lung. super. 1,10; h tot 0,83.
Stato di conservazione

Manca lo spigolo sinistro retrostante. Resti di calce sul retro.

CronologiaEtà augustea
Descrizione

Blocco trapezoidale con i lati tagliati a cuneo. Il lato posteriore, liscio, reca nella parte sommitale due fori per l'alloggio dei perni per l'incasso dell'architrave dorico. La fronte è decorata da un triglifo centrale e da due metope con soggetti d'armi. Resta a destra parte di un triglifo. La metopa sinistra raffigura una catasta di scudi a rilievo, completata in alto dall'incasso di un altro blocco, mentre nella seconda a destra è raffigurato un trofeo d'armi.

Il blocco è stato identificato da E. Polito con la stessa serie di fregi reimpiegati a Nola (serie Albertini-campanile del Duomo). Quest'assimilazione è stata realizzata su basi iconografiche e stilistiche, in quanto non vi sono documenti d'archivio relativi alla provenienza nolana del pezzo. Quest'ultimo è documentato nel catalogo delle raccolte del museo campano realizzato dal Mantese nel 1899. Oltre al numero d'ingresso, senza provenienza, viene realizzato uno schizzo fedele del pezzo, inedito. Per quanto non vi siano tracce significative che dimostrino il reimpiego del blocco, il manufatto risulta interessante perchè è l'unico della serie che permetta di visionare la volumetria del pezzo. Di un certo interesse sono anche le tracce lasciate dagli incassi, che suggeriscono l'uso in una porticus aperta sul tipo del Foro di Pompei.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Le misure rilevate non corrispondono totalmente  a quelle riportate nella scheda in Capaldi 2005, n. 18:

Fronte: lung. inferiore: 1,51; lung. superiore 1,10. H totale 0,83.

Retro: lung. inferiore: 1,12 (rotto angolo sinsistro); lung. superiore 1,28.

Profondità: 0,65. Foro sinistra: h 26x15; foro destro: h 27x15. La fascia dell'architrave inferiore misura, partendo dal basso: h 4; 8; 5; 3; 5; 13. Le guttae misurano h 4; lung. 3,5. La metopa sinistra  misura: h 0,45; lung. inferiore 0,41; lung. superir. 0,31. Triglifo: h 0,51; lung. 0,35; canale lung. 6. Metopa destra: h 0,45; lung. inf. 0,43; lung. super. 0,41. Profondità lato sinistro: 62; profondità lato destro: 0,59.

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum. Espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli  2005, p. 128 n. 18 tav. XLIII, 1.

 

Polito 1998: Eugenio Polito, Fulgentibus armis: Introduzione allo studio dei fregi d’armi antichi, Roma 1998.

 

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione27/06/2012 14:14:20
Data ultima revisione06/01/2019 13:12:53
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/16
OggettoCimitile, Santuario di San Felice, bacino di fontana
Luogo di conservazioneCimitile
Luogo di reimpiegoCimitile
Collocazione attuale

Santuario di San Felice a Cimitile. Antiquarium.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0,33
Stato di conservazione

Frammentario. Manca metà del corpo. Reca un foro (antico) sul fondo per l'inserimento di un oggetto metallico (tubazioni) ed un altro all'interno della base.

CronologiaPrima età imperiale.
Descrizione

Il bacino a forma di corolla aperta ha la parete realizzata con foglie d'acqua bilobate. L'interno del fondo è formato da strigili unidirezionali. Al centro reca un corpo cilindrico che permetteva la fuoriuscita dell'acqua. La fontana doveva decorare un viridarium di una villa del comprensorio nolano. La forma e il motivo a foglie associato al campo strigilato non trova al momento confronti con altri esemplari antichi. Dalle ville stabiane sono noti preziosi labra, con motivi decorativi molto raffinati, posti su sostegni elegantemente decorati con motivi vegetali. Tra questi, per la forma a bacino si ricorda un labrum dalla 'Villa del Pastore', profilato con un kyma lesbio e uno a treccia (In Stabiano 2001, p. 137 n. 261 M. Mastroroberto). E' probabile una sua derivazione da modelli metallici.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Il pezzo era collocato sin dal IV sec. d. C. nell'atrio della basilica nova (Paul. Nol., Carm., 27, 463).

Bibliografia

Ebanista 2003: Carlo Ebanista, "Et manet in mediis quasi gemma intersita tectis". La basilica di S. Felice a Cimitile. Storia degli scavi, fasi edilizie, reperti, Napoli 2003


Pensabene 2003:  Patrizio Pensabene, "Marmi e reimpiego nel santuario di S. Felice a Cimitile", in Cimitile e Paolino di Nola, la tomba di S. Felice e il centro di pellegrinaggio: trent’anni di ricerche, a cura di H. Brandenburg, L. Ermini Pani, Roma 2003, p. 107 fig. 51

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 14:52:56
Data ultima revisione04/12/2016 13:28:17
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/59
OggettoCimitile, Santuario di San Felice, cratere marmoreo
Luogo di conservazioneCimitile
Luogo di reimpiegoCimitile
Collocazione attuale

Santuario di San Felice a Cimitile. Antiquarium.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco (pario)
Dimensionih 0,48
Stato di conservazione

Anse fratturate, perso parte dell'orlo. E' stato praticato un foro sulla pancia per consentire il deflusso dell'acqua. Tracce di fori per il fissaggio riempiti con piombo.

CronologiaFine I sec. a. C.-Inizio I sec. d. C.
Descrizione

Cratere su piede ad anello, di forma globulare con la parete superiore svasata, leggermente. Termina con un orlo sporgente. Le anse, attaccate sotto l'orlo, erano realizzate con una foglia carenata.

L'esemplare, fine ed elegante nella resa stilistica, si caratterizza per l'estrema semplicità dell'apparato decorativo ridotto alla decorazione vegetale dell'ansa. Per la forma trova confronti con un bel cratere decorato con soggetti dionisiaci, reimpiegato a San Vincenzo al Volturno e
con uno cumano, anch'esso con motivi del repertorio dionisiaco, simile per la resa delle foglie d'acqua carenate che rivestono la base del vaso.

Era reimpiegato nella basilica dei Ss. Martiri, poi nella parrocchiale di S. Felice come fonte battesimale.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Ebanista 2003: Carlo Ebanista, "Et manet in mediis quasi gemma intersita tectis". La basilica di S. Felice a Cimitile. Storia degli scavi, fasi edilizie, reperti, Napoli 2003.


Pensabene 2003:  Patrizio Pensabene,"Marmi e reimpiego nel santuario di S. Felice a Cimitile", in Cimitile e Paolino di Nola, la tomba di S. Felice e il centro di pellegrinaggio: trent’anni di ricerche, a cura di H. Brandenburg, L. Ermini Pani, Roma 2003,  107 fig. 52.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 14:49:34
Data ultima revisione04/12/2016 13:30:04
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/58
OggettoCimitile, Santuario di San Felice, Lastra a fregio continuo con cataste d'armi
Luogo di conservazioneCimitile
Luogo di reimpiegoCimitile
Collocazione attuale

Santuario di San Felice a Cimitile. Antiquarium.

Prima attestazione
MaterialePario (bianco con venature azzurrognole)
Dimensionih 0,73; lung. 1,58; spessore alto 0,11; spessore basso 13,5.
Stato di conservazione

Smussato il bordo inferiore. Scheggiato l'angolo inferiore sinistro. Sul bordo superiore, quasi al centro, reca un taglio rettangolare, forse di fissaggio al muro moderno. Sul bordo a destra reca un foro per l'incasso.

CronologiaI sec. d. C.
Descrizione

Lastra modanata in cima da un listello che incornicia un fregio decorato con una serie di armi: da sinistra, una pelta a squame e un'ascia bipenne (sullo sfondo una coppia di lance); una corazza; uno scudo circolare lavorato a rilievo con una corona d'alloro appena incisa e al centro un buffo gorgoneion a rilievo; sullo sfondo una coppia di lance incrociate; quattro scudi: una pelta, una coppia ovale e uno rettangolare. Un listello modanato separa una coppia di cornici: a kyma lesbio e a fila di astragali e perline.  

Il frammento appartiene ad una serie di lastre pertinenti ad un unico monumento, diviso a pezzi e riutilizzato nelle basiliche martiriali. Uno è conservato nel magazzino della soprintendenza, un altro disperso fu rinvenuto nel corso dello scavo del 1934, un altro, di minori dimensioni, è documentato solo da una foto di archivio.

La scelta formale delle cataste d'armi è compatibile sia con un monumento funerario di un militare, sia con un monumento pubblico. La mancanza di un testo epigrafico non ci aiuta a definire il contesto esatto di provenienza, che comunque doveva essere riferito al comprensorio nolano.

La datazione oscilla tra l'età tiberiana e il primo trentennio del II sec. d. C. A tal proposito è utile il confronto con tre lastre a fregio continuo con armi da Teramo (Di Cesare 2010, p. 149 s. C14b-c, C15a-b), datate nei primi decenni del I sec. d. C., simili per la standardizzazione del repertorio in ambiente locale. Alla stessa maniera del rilievo nolano compaiono gorgoneia stilizzati nell'umbone dello scudo o negli schinieri. 

Per il motivo del kyma è confrontabile con una discussa serie di rielievi da Torino, ricondotta di recente all'età claudia (Torelli 2003), ma datati in modo altalenante tra l'età augustea e quella domizianea (sull'argomento cf. Polito 1998, p. 169). Sulla base di questi elementi di confronto si ritiene possibile una datazione ai primi decenni del I sec. d. C.

 

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Di Cesare 2010: Riccardo Di Cesare, Interamna Praetuttianorum: sculture romane e contesto urbano, Bari 2010


Pensabene 2003:  Patrizio Pensabene, "Marmi e reimpiego nel santuario di S. Felice a Cimitile", in Cimitile e Paolino di Nola, la tomba di S. Felice e il centro di pellegrinaggio: trent’anni di ricerche, a cura di H. Brandenburg, L. Ermini Pani, Roma 2003,  102 fig. 40

 

Torelli 2003: Mario Torelli, "Il fregio d’armi nel Museo di antichità di Torino. Ipotesi per un monumento di un senatore di epoca claudia", in Archeologia a Torino. Dall’età preromana all’alto medioevo, Torino 2003, 151-169

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 15:48:45
Data ultima revisione04/12/2016 13:31:22
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/63
OggettoCimitile, Santuario di San Felice, lastra a girali con il Buon Pastore
Luogo di conservazioneCimitile
Luogo di reimpiegoCimitile
Collocazione attuale

Santuario di San Felice a Cimitile. Si conserva come copertura della tomba del santo nella basilica vetus.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensioni
Stato di conservazione

Parte del fregio vegetale è stato asportato mediante un taglio regolare lungo un lato per adattarlo alle dimensioni della fossa terragna, mentre il restante apparato è stato eliminato del tutto.

CronologiaPrimi decenni del I sec. d. C.
Descrizione

Lastra marmorea decorata a rilievo con una cornice a girali d'acanto e un kyma lesbio, che doveva racchiudere in antico il campo epigrafico. Nel IV sec. furono aggiunti dei motivi decorativi  funzionali al culto cristiano di martire Felice . Nel campo centrale, al posto del testo iscritto, venne ricavato il rilievo del Buon Pastore, secondo un'iconografia nota sui sarcofagi sin dalla metà del III sec. d. C.

Il marmo trova confronti con alcune lastre di rivestimento di monumenti funerari campani della prima età imperiale, come l'altare di Nonio Balbo a Ercolano (Mathea-Förtsch 1999, p. 48 n. 5 tav. 11) e un esemplare simile reimpiegato a Castellammare di Stabia, nella necropoli paleocristiana di San Catello. 

Il blocco fu evidentemente saccheggiato da una necropoli nolana della prima età imperiale per essere rifunzionalizzato come lastra tombale nel IV secolo. Per quanto l'area del sepolcro fu monumentalizzata nel corso dei secoli, la lastra non fu mai sostata dalla tomba del santo.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Mathea-Förtsch 1999: Marion Mathea-Förtsch, Römische Rankenpfeiler und -pilaster: Schmuckstützen mit vegetabilem Dekor, vornehmlich aus Italien und den westlichen Provinzen, Mainz 1999


Ebanista 2003: Carlo Ebanista, "Et manet in mediis quasi gemma intersita tectis". La basilica di S. Felice a Cimitile. Storia degli scavi, fasi edilizie, reperti, Napoli 2003, 49.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 15:09:30
Data ultima revisione04/12/2016 13:34:04
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/61
OggettoCimitile, Santuario di San Felice, lastra con candelabro vegetale e motivo a meandro
Luogo di conservazioneCimitile
Luogo di reimpiegoCimitile
Collocazione attuale

Santuario di San Felice a Cimitile.  Magazzino.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih max 0,57; larg. 0,54
Stato di conservazione

Resecati tre lati. In parte rilavorato il motivo vegetale sul fondo.

CronologiaPrimi decenni del I sec. d. C.
Descrizione

Un kyma lesbio trilobato incornicia a destra un candelabro vegetale, formato da uno stelo centrale intorno a cui si dispongono simmetricamente una serie di girali acantiformi terminanti al centro con una rosetta e in alto con una palmetta. Sul margine destro la lastra è incorniciata da una fascia a meandro inclusa tra due listelli. L'esemplare riprende alcuni motivi in uso a partire dal cantiere dell'Ara Pacis a Roma (Zanker 1989). L'associazione di questi particolari motivi decorativi trova un confronto in Campania con una serie cumana della tardo età augustea, realizzata per un edificio pubblico del Foro (Nuzzo 2010). Sulla base di questo confronto il rilievo va riferito ad un edificio pubblico nolano, costruito in epoca tiberiana. A questa fase, come è noto, risalgono alcuni cantieri monumentali, realizzati dalle officine scultoree urbane, finanziate dall'evergetismo dell'imperatore Tiberio a cui le fonti attribuiscono la costruzione di templi per celebrare  la morte del padre Augusto, avvenuta a Nola nel 14 d. C..

La lastra era reimpiegata come rivestimento pavimentale nell'edicola mosaicata della basilica vetus; fu murata su una parete della basilica dei Ss. Martiri a seguito degli scavi della chiesa. Le tracce di rilavorazione suggeriscono un intervento da parte delle officine tardoantiche o medievali.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Pressochè inedito, il manufatto va esaminato alla luce della ricostruzione dell'aspetto monumentale della città di Nola in età giulio-claudia. La presenza del rilievo nolano a Cimitile suggerisce il precoce saccheggio degli edifici forensi per consentire la costruzione del santuario (Palmentieri cs.).

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Zanker 1989: Paul Zanker, Augusto e il potere delle immagini, Torino 1989

 

Pensabene 2003: Patrizio Pensabene, "Marmi e reimpiego nel santuario di S. Felice a Cimitile", in Cimitile e Paolino di Nola, la tomba di S. Felice e il centro di pellegrinaggio: trent’anni di ricerche, a cura di H. Brandenburg, L. Ermini Pani, Roma 2003, p. 104 fig. 45.

 

Nuzzo 2010: Elsa Nuzzo, Subtilitas Phlegraea. "Nota sulla formazione del linguaggio architettonico a Cuma in età augustea", Mélanges de l’École Française de Rome, 122, 2, 2010, 377-398

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 15:30:37
Data ultima revisione04/12/2016 13:38:52
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/62
OggettoCimitile, Santuario di San Felice, lastra con ghirlande e bucrani
Luogo di conservazioneCimitile
Luogo di reimpiegoCimitile
Collocazione attuale

Santuario di San Felice a Cimitile. Magazzino.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0,48; larg. max 0,33; spessore 0,10
Stato di conservazione

Scheggiato, resta solo un pezzo frammentario di forma trapezoidale.

CronologiaPrimi decenni del I sec. d. C.
Descrizione

Resta parte di una ghirlanda, di forme monumentali, decorata a rilievo con foglie d'alloro e ghiande ben evidenziate. Il serto vegetale è sospeso ad un teschio bucranio (perduto) di cui si conserva solo il corno. La ghirlanda è legata ad una taenia svolazzante, delineata nei particolari e terminante con un tondino.

Il frammento doveva appartenere alla parte terminale di un fregio di grande dimensioni, forse pertinente ad un edificio pubblico nolano. Il confronto tipologico rimanda alle lastre dell'Ara Pacis, mentre dal punto di vista stilistico sembrerebbe rispondere ad una corrente giulio-claudia, maggiormente attenta alla resa chiaroscurale dei particolari.

Produzione urbana. Il frammento era impiegato come materiale edilizio nella basilica paleocristiana.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Il pezzo può consiederarsi inedito.

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Pensabene 2003:  Patrizio Pensabene, "Marmi e reimpiego nel santuario di S. Felice a Cimitile", in Cimitile e Paolino di Nola, la tomba di S. Felice e il centro di pellegrinaggio: trent’anni di ricerche, a cura di H. Brandenburg, L. Ermini Pani, Roma 2003, 104 fig. 46.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 14:57:07
Data ultima revisione04/12/2016 13:40:39
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/60
OggettoCimitile, Santuario di San Felice, Sarcofago con il mito di Proserpina
Luogo di conservazioneCimitile
Luogo di reimpiegoCimitile
Collocazione attuale

Santuario di San Felice a Cimitile

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco con venature azzurre (proconnesio)
Dimensionih 69,5; lung. 1,97
Stato di conservazione

Superficie fortemente consunta. Il volto dei personaggi è stato in parte cancellato a causa del riuso come sepoltura.

CronologiaPrincipio III sec. d. C.
Descrizione

Resta solo la fronte di un sarcofago figurato con il mito del ratto di Persefone. Tra due listelli modanati in alto e in basso si svolge la scena del rapimento: da sinistra, sul carro trainato da cavalli è posizionata la coppia divina con innanzi un corteo di personaggi appartenenti all'episodio mitico. La scena  è riproposta nella metà destra. La cassa, forse recuperata da un mausoleo attiguo al santuario martiriale, rientra in una produzione campana del III sec. d. C.

Si ignora, al momento, la committenza medievale.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Pensabene 2003: Patrizio Pensabene, "Marmi e reimpiego nel santuario di S. Felice a Cimitile", in Cimitile e Paolino di Nola, la tomba di S. Felice e il centro di pellegrinaggio: trent’anni di ricerche, a cura di H. Brandenburg, L. Pani Ermini, Roma 2003, 146 fig. 21.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 14:31:34
Data ultima revisione04/12/2016 13:41:53
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/55
OggettoCimitile, Santuario di San Felice, Sarcofago con mito di Endimione
Luogo di conservazioneCimitile
Luogo di reimpiegoCimitile
Collocazione attuale

Santuario di San Felice a CimitileNella basilica vetus (abside occidentale).

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0,68; lungh. 2,15; largh. 0,68
Stato di conservazione

Privo del coperchio. Il retro è stato rilavorato con un'iscrizione inquadrata da una cimasa, una fiaccola e una colomba. Tracce di fori di grappe sui fianchi.

CronologiaSecondo quarto del III sec. d. C.
Descrizione

Sarcofago romano con la fronte raffigurata con la scena del mito di Endimione. I fianchi sono lisci. A sinistra è rappresentata una scena agreste: una coppia di pastori seduti tra capre e animali. Al centro reca una biga con due cavalli con Selene che si accosta a Endimione disteso. Eroti e altre divinità riempiono la scena.

L'esemplare è la copia, di produzione locale, di un esemplare urbano della fine del II sec. d. C. Per la prima parte della scena pastorale, piuttosto insolita, si raffronta con un sarcofago con scene di caccia calidonia (Pensabene 2003 anch'esso prodotto da una bottega locale) e con il fianco di un sarcofago strigilato, conservato al Museo Nazionale Romano (MNR I/8*, p. 5 n. I,2 M. Sapelli). 

In base al tipo di iconografia in cui sono assemblati 'cartoni' relativi a soggetti mitici differenti, è ragionevole sostenere una sua provenienza da una necropoli nolana.

La rilavorazione del retro, con toni classicistici, rimanda al riuso come sepoltura cristiana per il vescovo Adeodato, morto nel V sec. d. C. Della cassa, murata in una nicchia, doveva essere visibile solo il lato rilavorato, mentre i rilievi romani dovevano essere nascosti dall'arcosolio.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

CIL, X, 1365

 

MNR I/8*: Antonio Giuliano, Il Museo Nazionale di Roma. Le sculture,  I.8*, Roma 1984.

 

Pensabene 2003: Patrizio Pensabene, "Marmi e reimpiego nel santuario di S. Felice a Cimitile", in Cimitile e Paolino di Nola, la tomba di S. Felice e il centro di pellegrinaggio: trent’anni di ricerche, a cura di H. Brandenburg, L. Ermini Pani, Roma 2003, 165 fig. 50.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 14:09:15
Data ultima revisione04/12/2016 14:20:48
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/54
OggettoCimitile, Santuario di San Felice, Urna a vaso strigilata
Luogo di conservazioneCimitile
Luogo di reimpiegoCimitile
Collocazione attuale

Santuario di San Felice a Cimitile. Antiquarium.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco (pario)
Dimensionih 0,38
Stato di conservazione

Leggermente usurato in superficie

CronologiaPrincipio del I sec. d. C.
Descrizione

Urna a vaso ansato decorato da due campi di strigili unidirezionali, divisi da una serie di listelli modanti. L'ansa modanata si attacca sul collo del vaso; l'orlo è leggermente estroflesso.

L'esemplare, elegante per la resa dell'ornato, si confronta con una classe di reliquiari su alto piede rinvenuti in contesti di riuso, come quelli della cattedrale di Salerno. Altri sono conservati nei musei romani, privi di contesti di rinvenimento. Il vaso nolano si differenzia dagli altri per la forma monumentale. Provenieniente da una necropoli locale dei rpimi decenni del I secolo d. C.

Fu reimpiegato come fonte battesimale, nel XVII secolo, nella basilica di S. Felice; in precedenza era adibito come reliquario nella cappella dei Sancta Sanctorum (Ebanista 2003).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Ebanista 2003: Carlo Ebanista, "Et manet in mediis quasi gemma intersita tectis". La basilica di S. Felice a Cimitile. Storia degli scavi, fasi edilizie, reperti, Napoli 2003.


Pensabene 2003:  Patrizio Pensabene,"Marmi e reimpiego nel santuario di S. Felice a Cimitile", in Cimitile e Paolino di Nola, la tomba di S. Felice e il centro di pellegrinaggio: trent’anni di ricerche, a cura di H. Brandenburg, L. Ermini Pani, Roma 2003, 107 fig. 53.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 14:42:34
Data ultima revisione04/12/2016 14:22:57
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/56
OggettoCimitile, Santuario di San Felice, Vaschetta in alabastro
Luogo di conservazioneCimitile
Luogo di reimpiegoCimitile
Collocazione attuale

Santuario di San Felice a Cimitile. Basilica vetus, ingresso.

Prima attestazione
MaterialeAlabastro fiorito
Dimensioni
Stato di conservazione

Visibile la fronte. Leggermente usurata.

CronologiaPrima età imperiale
Descrizione

Vasca di piccole dimensioni con orlo modanato da una serie di sgusci e listelli.

L'esemplare si confronta con una coppia di vaschette in marmo impiegate come reliquari in un mausoleo cumano, oggi conservate al Museo archeologico dei Campi Flegrei. Si tratta di un'arredo da giardino, probabilmente recuperato da una villa del territorio nolano per essere adibita come acquasantiera nella basilica vetus (aula feliciana).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Inedito. 

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 14:46:19
Data ultima revisione04/12/2016 18:07:29
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/57
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con catasta d'armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514).

MaterialeCalcare
Dimensionih 0,83; lung. 0,61
Stato di conservazione

Superficie abrasa. Parte della metopa è stata resecata su un lato lungo.

CronologiaEtà augustea
Descrizione

Blocco con epistilio decorato da una metopa figurata e, a sinistra, da un triglifo. Il campo metopale raffigura un elmo adagiato dinanzi a due lance incrociate. Questo tipo di iconografia, nata in età ellenistica, fu riproposta a Roma a partire dall'età di Augusto come frutto della propaganda politica d'età imperiale tesa a sottolineare le vittorie romane sulle popolazioni barbariche (Polito 1998).

Al di sotto si trova l'architrave bipartito di tradizione ionica.

L'esemplare fa parte di una stessa serie di fregi con armi e soggetti mitici, da ricondurre ad un edificio pubblico nolano della prima età imperiale. Si è  proposto, in passato, di riconoscervi parte della decorazione della porticus post scaenam del teatro romano di Nola,  sulla base di errate interpretazioni delle fonti erudite. Questi materiali sono di fatti menzionati per la prima volta da Ambrogio Leone nel 1512, che elogia l'antichità delle decorazioni metopali e, successivamente, dall'abate Stefano Remondini che li descrive dettagliatamente.

Il blocco, insieme ad altri, fu riutilizzato su due lati del basamento del campanile del duomo verso la metà del XII secolo; questa cronologia è proposta per la prima volta in questa sede sulla base dei confronti con gli analoghi edifici di Salerno, Amalfi e Capua che riprendono il modello inaugurato a Cassino sulla base delle scelte desideriane. Sulla costruzione del campanile viene fatto solo un breve cenno nel saggio di G. Rosi che, erroneamente, lo considera una costruzione del XIII secolo (Rosi 1949).

Ritornando al pezzo in esame, vale la pena considerare che alla serie di blocchi del campanile del duomo, rimandano altri esemplari nolani, reimpiegati probabilmente in una seconda fase, quattrocentesca, nel basamento del palazzo Albertini, edificio costruito a breve distanza dalla piazza del duomo.

L'omogeneità tipologica e stilica di questi manufatti, entrambi di riuso, suggerisce la spoliazione dello stesso edificio romano, evidentemente messo in luce in due fasi differenti, all'indomani dell'apertura dei  cantieri  che coinvolsero nel corso del tempo (romanico e quattrocentesco) l'area antistante la piazza del duomo, tradizionalmente corrispondente a quella forense d'età romana. E' possibile a questo punto ipotizzare il recupero di tali fregi monumentali da un edificio del Foro, come la basilica (sul tipo della basilica Aemilia a Roma decorata con una fascia architravata dorica) o i porticati laterali della piazza, monumentalizzati sul tipo di quelli di Pompei (cf. il lato a sinistra del capitolium che conserva gli architravi di tipo ionico, cronologicamente di poco precedenti) e quelli simili con cataste d'armi del Foro di Cuma (Polito 1998; Adamo Muscettola 2005).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

Adamo Muscettola 2005: Stefania Adamo Muscettola, "Maschere a Cuma. Il teatro instabile di Silla?", in Il personaggio e la maschera, Pozzuoli 2005, 175-198

 

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum. Espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 125 n. 10 tav. XL, 4.

 

Polito 1998: Eugenio Polito, Fulgentibus armis: Introduzione allo studio dei fregi d’armi antichi, Roma 1998.

 

Rosi 1949: Giorgio Rosi, "Il campanile della cattedrale di Nola", Bollettino d'Arte, 34, 1949, 10-20.


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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione27/06/2012 15:38:12
Data ultima revisione06/01/2019 13:34:11
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/17
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514)

MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,92; lung. 1,00
Stato di conservazione

Resecato su un lato; su quello opposto reca il solito taglio obliquo per l'incasso con un altro blocco.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Fregio di architrave con l'epistilio e il campo decorato da una coppia di triglifi e da una metopa. Quest'ultima è figurata da una coppia di schinieri incrociati su uno scudo e da una tromba legionaria, temi di derivazione ellenistica, ripresi in chiave ideologica a partire dell'età di Augusto (Polito 1998). Gli schinieri ricorrono frequentemente nei rilievi con soggetto militare; elementi analoghi compaiono anche nei monumenti con soggetto gladiatorio. Nel nostro caso, il legame con altri motivi militari, scudi, trombe, panoplie, che simboleggiano le vittorie militari distingue il nostro fregio ideato per una funzione celebrativa.

Il riuso medievale del blocco figurato con soggetti di armi, accanto ad altri con motivi analoghi, deve essere interpretato in senso ideologico e celebrativo. Per quanto questi spolia siano caratterizzati da un esclusivo valore decorativo, che non trova contronti altrove, il risuo di rilievi con armi e con miti antichi suggerisce una specifica volontà da parte della committenza di ricollegarsi all'ideologica classica.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Il pezzo è riutilizzato  dopo un altro blocco decorato con armi e soggetti vegetali. Per quanto rovinate, le due estremità combaciano, per cui è ipotizzabile che venga conservata l'antica sequenza della trabeazione di un portico romano crollato, i cui frammenti furono recuperati in età medievale in caduta.

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum. Espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 126 s. n. 13 tav. XLI, 4.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 15:08:41
Data ultima revisione06/01/2019 13:35:17
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/24
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con armi e soggetti marini
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514).

MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,87; lung. 1,71
Stato di conservazione

Resecato a destra; reca un taglio obliquo a sinistra. Manca l'epistilio sottostante.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Il blocco di architrave è decorato da due metope figurate alternate a triglifi. Una metopa rappresenta una catasta d'armi: un elmo con cimiero a ciuffi, posto innanzi ad uno scudo e una lancia incrociati; la seconda raffigura due delfini attorcigliati ad un remo verticale.

Questo ultimo tema, allusivo alla battaglia navale di Azio, trova confronti in altri monumenti d'area campana. Metope con lo stesso soggetto iconografico sono conservate in area irpina a Bonito. L'analisi dei pezzi, inediti, sulla base della fotografie dell'Istituto Germanico di Roma suggerisce però una destinazione ad un ambito funerario e più propriamente ai monumenti del tipo a dado, diffusi nell'Italia centro-meridionale tra l'età tardo-repubblicana e la prima età imperiale (Torelli 1968; Polito 2010; Tuccinardi 2011).

La teoria di delfini contrapposti ad un remo o ad un tridente trova in età adrianea uno sviluppo nel fregio della basilica di Nettuno a Roma (Tedeschi Grisanti 1980); in età severiana è diffuso il motivo dell'animale alternato alle conchiglie, come ad ad esempio nel macellum di Pozzuoli (Demma 2007, p. 268 s.).

L'esemplare nolano, pertinente ad un porticato di un edificio pubblico d'età augustea, conferma la diffusione in ambito regionale dei modelli diffusi dalle officine scultoree urbane. 

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum: espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 125 n. 11 tav. XLI, 1-2.

 

Demma 2007: Filippo Demma, Monumenti pubblici di Puteoli. Per un'archeologia dell'architettura, Roma 2007.

 

Polito 2010: Eugenio Polito, "Fregi dorici e monumenti funerari: un aggiornamento", in Monumenta. I mausolei romani, tra commemorazione funebre e propaganda celebrativa, Roma 2010, 23-34.

 

Tedeschi Grisanti: Giovanna Tedeschi Grisanti, "Il fregio con delfini e conchiglie della basilica Neptuni. Uno spoglio romano al camposanto monumentale di Pisa", Rendiconti dell'Accademia Nazionale dei Lincei, 35, 1980, 181-192.

 

Torelli 1968: Mario Torelli, "Monumenti funerari romani con fregio dorico", Dialoghi di archeologia, 2, 1968, 32-54.

 

Tuccinardi 2011: Stefania Tuccinardi, "Fregi dorici da monumenti funerari della Campania settentrionale: la documentazione alifana", Oebalus, 6, 2011, 69-104.

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http://arachne.uni-koeln.de/arachne/index.php?view[section]=uebersicht&view[layout]=marbilderbestand_item&view[caller][project]=&view[page]=1&view[category]=overview&search[data]=ALL&search[mode]=meta&search[match]=similar&view[active_tab]=overview&search[constraints]=Bonito

SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 14:51:02
Data ultima revisione06/01/2019 13:35:54
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/22
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con armi e soggetti vegetali
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514)

MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,92; lung. 1,35
Stato di conservazione

Resecato sui lati. Superficie consunta. Il retro non è visibile.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Blocco di epistilio con fregio dorico. Tre triglifi incorniciano una coppia di metope figurate, la prima
decorata con una catasta di armi (una pelta con gorgoneion dinanzi ad una coppia di scrinieri incrociati), la seconda presenta un candelabro vegetale. Quest'ultimo tema risulta estramente interessamente per il chiaro  riferimento ai motivi vegetali acantini dei pilastri dell'Ara Pacis. La componente iconografica della porticus nolana constava quindi dell'insieme dei temi impiegati nelle architetture monumentali pubbliche urbane: soggetti mitologici, cataste d'armi ed elementi vegetali. Questo repertorio, per quanto semplificato nel campo metopale dalle maestranze locali, recupera pienamente il messaggio ideologico della propaganda augustea (Zanker 1989). Porticati architravati con metope figurate  sono noti esclusivamente a Nola e a Capua, mentre ad una fase precedente (età triumvirale?) vanno ricondotti le trabeazioni ioniche, lisce o con soggetti di armi, ritrovate nei Fora di Pompei e Cuma (Palmentieri cs.A).

Il riutilizzo dell'architrave antico come marcapiano del basamento della torre medievale, ad un'altezza certamente minore rispetto a quella antica, riflette la volontà dei committenti (duchi, vescovi e architetti) di facilitare  la visione dei soggetti a rilievo, ma suggerisce anche l'intenzione di celebrare la propria opera d'evergetismo culturale riflessa nel 'restauro' e nella restituzione dell'antico monumento in rovina alla città Palmentieri cs.B).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Il blocco integro segna l'inzio del marcapiano di un lato del basamento del campanile. Quasi a indicare una sequenza antica, segue un altro blocco con un soggetto d'armi. E' ipotizzabile un riuso dei due blocchi rispettando l'andamento architettonico antico.

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum. Espressioni del linguaggio figurativo augusteo nei fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 126 n. 12 tav. XLI, 3.

 

Palmentieri cs. A: Angela Palmentieri, "Memoria di Nola antica tra archeologia ed erudizione nel racconto di Ambrogio Leone", in Humanism and Antiquarian Culture in Renaissance Southern Italy: Ambrogio Leone’s De Nola (Venice, 1514), cs

 

Palmentieri cs B: A. Palmentieri, "Roman Spolia as social Identity in the Bell Towers in Campania", cs.

 

Polito 1998: Eugenio Polito, Fulgentibus armis. Introduzione allo studio dei fregi d'armi antichi, Roma 1998, 141 fig. 75.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 15:02:02
Data ultima revisione06/01/2019 13:38:02
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/23
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con catasta d'armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,83: lung. 0,61
Stato di conservazione

Superficie abrasa. Parte della metopa è stata resecata su un lato lungo. Il retro non è visibile.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Blocco con epistilio decorato da una coppia di metope figurate con soggetti militari, alternate ad  un triglifo. Nella metopa, a sinistra, è rappresentato uno scudo rettangolare con umbone circolare; un altro  è posto di fianco dinanzi ad una coppia di aste incrociate; in basso è adagiato un elmo profilato. La seconda metopa raffigura delle insegne legionarie. Nel secondo campo metopale sono conservate tracce di colore, rossastro, che delineano il contorno del rilievo. E' ipotizzabile che si tratti di parte degli stucchi che originariamente dovevano ricoprire i rilievi delle metope. Il blocco, fratturato al centro, presenta in successione una terza metopa con un soggetto mitico (il Lupercal).

Il tema delle armi, di derivazione ellenistica,  trova eco notevole nella produzione pubblica e funeraria dei monumenti della prima età augustea. Le dimensioni e la tipologia dei blocchi in esame suggeriscono, contrariamente a quanto sostenuto in passato, la destinazione dell'architrave a coronamento di una porticus di un edificio pubblico locale.

La frattura dell'architrave, causata probabilmente dal crollo del monumento in seguito ad un evento traumatico, e il reimpiego in successione dei due pezzi suggerisce la scoperta del monumento romano nel corso di un unico contesto di scavo, avvenuto probabilmente quasi in contemporanea alla costruzione del campanile. 

Le modalità relative al reimpiego dell'antico, in particolare delle insegne legionarie, si confrontano con altre due fabbriche medievali, la torre Febronia del complesso del Goleto (XII secolo), in Irpinia, e il campanile (leggermente posteriore) della cattedrale di Benevento; entrambe le torri campanarie reimpiegano rilievi con armi recuperati dai monumenti funebri in rovina delle necropoli extraurbane. La costruzione del campanile nolano si colloca cronologicamente tra i due cantieri medievali e, al contrario degli altri due, fa un uso considerevole di materiali di spoglio monumentali, recuperati dai monumenti pubblici.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum: espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 125 n. 8 tav. XL.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 14:25:46
Data ultima revisione06/01/2019 13:38:48
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/20
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con catasta di armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514).

MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,92; lung. 0,99
Stato di conservazione

Superficie corrosa. Resecato su un lato, non visibile il retro.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Blocco di architrave di forma troncoconica, profilato in basso da un'ampia fascia modanata. Si conserva una metopa con una coppia di scudi accatastati, di forma semicircolare con umbone a spina fusiforme, e una coppia di triglifi laterali. I campi metopali dovevano essere originariamente stuccati e dipinti.

L'esemplare, insieme ad altri frammenti reimpiegati nel basamento del campanile, fa capo ad una stessa serie nolana (materiali reimpiegati nel basamento della torre campanaria e nel basamento del palazzo Albertini),  pertinente ad una trabeazione di circa 20 mt di lunghezza da mettere in relazione ad un'antica porticus d'età augustea. I motivi raffigurati, realizzati come segno del consensus dell'élite nolana alla vittoria aziaca di Augusto, rimandano ai temi della propoganda della prima età imperiale. Una porticus simile, di incerta collocazione, ma con temi analoghi è attestata a Capua (Capaldi 2005). Il modello dei portici con fregio dorico va indicato nel fregio della basilica Aemilia di Roma. In questo architrave tuttavia le metope sono decorate da semplici attributi sacrificali, quali patera e bucranio (Lipps 2011). In ambito provinciale campano, i soggetti decorativi si ampliano (soggetti mitologici, vegetali, cataste d'armi), sulla scia della propoganda augustea post-aziaca inaugurata in altri edifici urbani, come il recinto marmoreo dell'Ara Pacis (Zanker 1989). 

Insieme agli altri blocchi riutilizzati nel campanile fa parte della prima fase di spoliazione di un monumento pubblico romano d'età augustea.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

 

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum : espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 124 s. n. 10 tav. XL, 4.

 

Lipps 2011: Johan Lipps, Die Basilica Aemilia am Forum Romanum: der kaiserzeitliche Bau und seine Ornamentik, Roma 2011.

 

Zanker 1989: Paul Zanker, Augusto e il potere delle immagini, Torino 1989.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 14:16:58
Data ultima revisione06/01/2019 13:39:25
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/19
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con Eroti lottatori
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514).

MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,92; lung. 0,75
Stato di conservazione

Lati resecati. Superficie abrasa.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Una coppia di triglifi inquadra il campo metopale figurato con una coppia di eroti nudi, che combattono mentre sorreggono una pesante clava.

Il soggetto raffigurato nella metopa risulta piuttosto raro in ambito architettonico. Raffigurazioni analoghe, che hanno come protagonisti gli amorini che giocano con le armi lasciate da Eracle, compaiono nelle pitture pompeiane della prima età imperiale  e successivamente nei sarcofagi figurati della media età imperiale. Il modello, d'origine classica, trova una sua affermazione a partire dall'età ellenistica. Dal punto di vista ideologico lo schema narrativo doveva conciliarsi con i temi della propaganda augustea.  E' stato supposto di riconoscervi la vittoria su Antonio, che si fregiava di essere tra i discendenti di Eracle (Capaldi 2005, p. 82). Ad età claudia risale un rilievo con una scena simile posta sullo sfondo di un porticato, riferita ad una componente di un trono marmoreo (Beschi 1984-85). Il pezzo, che fa parte di altre lastre allusive alle dinivinità del Pantheon dovevano trovare posto in un tempio in onore di Augusto a Ravenna. La metopa nolana confermerebbe la circolazione degli stessi schemi iconografici attestati in ambito urbano e provinciale.

Al contrario, risulta piuttosto difficile comprendere il valore ideologico confererito in età medievale al soggetto, chiaramente riutilizzato per il suo tenore antico, sull'esempio delle altre metope con soggetti mitologici che conferivano al campanile medievale un aspetto di fabbrica all'antica o di rovina.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

Beschi 1984-85: Luigi Beschi, "I rilievi ravennati dei Troni", Felix Ravenna, 127-130, 1984-85, pp. 37-80

 

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum. Espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 128 n. 17 tav. XLII,4

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 15:25:10
Data ultima revisione06/01/2019 13:40:09
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/28
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con scena di battaglia
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514).

MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,92; lung. 0,95
Stato di conservazione

Resecato su un lato, reca il solito taglio obliquo verticale. Superficie in parte abrasa.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Fregio dorico con epistilio ionico. Una coppia di triglifi inquadra una metopa figurata con una scena di monomachia (la lotta tra un guerriero a cavallo e uno, seminudo, disteso a terra con lo scudo ovale).

Soggetti del genere fanno capo al repertorio iconografico classico. In età ellenistica, il tema assume un carattere corale attraverso la raffigurazione di composizioni convulse di guerrieri a cavallo che abbattono il nemico, a terra. Il tema è attestato raramente nel territorio peninsulare italiano, mentre risulta piuttosto diffuso in Grecia, in particolare a Delfi e a Cheronea: monumento di Lucio Paolo Emilio; trofei di Silla).

Per il tipo iconografico si confronta con il rilievo di un architrave  marmoreo della collezione Barberini, conservato al museo archeologico nazionale di Palestrina, che rappresenta un fregio continuo con i soldati caduti,  mentre altri sono a cavallo (Agnoli 2002, p. 217 n. III.4).

Il tema, che ben si addice ai valori diffusi dalla propaganda augustea, si prestava, meglio degli altri soggetti nolani con armi e con motivi mitici, ad un riuso ideologico in epoca medievale. La scena di combattimento a cavallo contro il nemico, soggiogato, dona in modo chiaro una funzione civica, oltre che decorativa, alla serie  monumentale di rilievi riutilizzati nel basamento del campanile. Il recupero di tali blocchi ad quota piuttosto bassa suggerisce la volontà dei committenti e dell'architetto progettista di trasmettere il messaggio celebrativo degli spolia direttamente alla comunità nolana, che poteva in questo modo riconoscere l'autorità politica conferita alla città direttamente dal mondo classico. Successivamente, in epoca umanistico-rinascimentale, questi oggetti furono concepiti  come memoria della tradizione classica nolana, che sopravviveva attraverso i secoli Palmentieri cs).

Accanto agli altri esemplari simili, dal punto di vista metrico e tipologico, il blocco fa capo ad una porticus d'età protoaugustea, riferibile alla vicina area forense o (come è stato fino ad ora supposto) all'area del teatro.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

Agnoli 2002: Nadia Agnoli, Museo Archeologico di Palestrina: le sculture, Roma 2002.

 

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum. Espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 127 s. n. 16 tav. XLII, 3.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 15:22:00
Data ultima revisione06/01/2019 13:40:56
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/27
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con scena di Lupercale e motivi d'armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del Campanile del duomo

Prima attestazione

1512 (Leone 1514).

MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,98; lung. 1,20
Stato di conservazione

Resecato verticalmente lungo l'epistilio. Una metopa è visibile solo a metà a causa del taglio dovuto al riuso come materiale edilizio. Il retro non è visibile.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Blocco di un fregio dorico definito ai lati da un taglio obliquo. Si conservano una coppia di metope figurate, separate da triglifi. La prima rappresenta la scena di Lupercale, la seconda una sequenza di insegne militari. Entrambi i motivi fanno capo alla tradizione della propaganda imperiale - inziata dopo la vittoria di  Augusto ad Azio -, che trova molte rispondenze con i soggetti presenti nei monumenti eretti a Roma e nelle province. In particolare la scena del Lupercale è rappresentata in uno dei rilievi del recinto dell'Ara Pacis  (Zanker 1989). Questo elemento simbolico era identificato a Roma con un antro ai piedi del Palatino (di recente scoperto), dove si sarebbe fermata la cesta con i gemelli, gli epici fondatori di Roma. Da questo luogo sarebbero partite le caratteristiche feste annuali, i Lupercalia, promosse sin dall'età repubblicana. Una certa attenzione al mito sarebbe stata poi riproposta da Augusto nelle sue Res Gestae (19: ...Lupercal...feci), in cui fa riferimento alla risistemazione della grotta o alla costruzione di un tempio nelle vicinanze.

Tornando alle considerazioni di natura tecnico-formale, il frammento nolano appartiene ad un gruppo di architravi dorici raffigurati con vari soggetti (militari, vegetali e mitologici), reimpiegati nel basamento del campanile romanico, edificio più volte restaurato nell'alzato e mai modificato alla base. 

Di recente l'insieme di questi fregi dorici, accanto ad un altro esemplare conservato dalla fine del 1800 nel Museo Campano di Capua (Capaldi 2005 p. 128 n. 18 tav. XLII,5) è stato ritenuto pertinente ad un'unica architettura pubblica costruita a Nola in età proto-augustea, contrariamente alla tesi tradizionale che suole attribuire materiali del genere al coronamento degli edifici funebri della tarda età repubblicana (Polito 1998). Quest'ultima attribuizione è stata peraltro nuovamente riproposta in uno studio recente, relativo alle tombe dei cavalieri romani (Spaltoff 2010). 

Lo studio tipologico, metrico e formale di questo oggetto in rapporto agli altri conferma al contrario la sua destinazione pubblica. L'architrave doveva trovarsi all'esterno di un edificio forense, come la basilica o i portici del Foro (quest'ultima area ubicata a poca distanza dal duomo), o all'interno del teatro antico, visibile fino al Quattrocento e i cui resti sono stati messi in luce con gli scavi della fine degli anni novanta del secolo scorso.

Ad una visione autoptica, le metope, che conservano tracce di colore, inedite, dovevano essere anticamente stuccate e dipinte, contribuendo ad esaltare il rilievo dei soggetti scolpiti.

Per quanto la presenza a Nola di una tematica religiosa tradizionale rimandi, in antico, alle forme del consensus espresse attraverso la costruzione di magnifiche architetture, in linea con la politica augustea, risulta piuttosto significativa la lettura offerta su questi oggetti dalle fonti umanistico-rinascimentale. Come già ricordato, altrove, Amborgio Leone considera antichi questi manufatti di reimpiego, in cui era manifestata la poesia e l'arte militare d'epoca classica. Tematiche analoghe, in particolare rilievi romani con armi o con soggetti mitologici trovano una discreto riutilizzo nei basamenti e negli alzati delle torri campanarie medievali, in particolare in Campania, suggerendo una destinazione civica dell'intero monumento impiegato come torre di avvistamento oltre che come luogo religioso  di richiamo per i fedeli.

Per quanto non sia chiaro il valore che i nolani potessero attribuire ad un soggetto del genere in epoca medievale, il riuso di questo tipo di scena,  accanto ad altre tematiche mitologiche esclusive dell'età classica suggerisce la volontà delle élites medievali di stabilire un contatto con il passato d'età classica allo scopo di leggittimare il proprio ruolo dal punto di vista politico.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

Capaldi 2005; Carmela Capaldi, Severo more doricorum : espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 124 n. 7 tav. XXXIX, 2-3.

 

Polito 1998: Eugenio Polito, Fulgentibus armis: introduzione allo studio dei fregi d’armi antichi, Roma 1998.

 

Spaltoff 2010: B. H. Spaltoff, Repräsentationsformen des römischen RitterstandesRahden 2010

 

Zanker 1989: Paul Zanker, Augusto e il potere delle immagini, Torino 1989.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 13:16:59
Data ultima revisione06/01/2019 13:41:34
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/18
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con soggetti marini
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514).

MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,92; lungh. 1,00
Stato di conservazione

A sinistra reca il taglio obliquo mentre è resecato a destra.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Blocco trapezoidale con fregio dorico e epistilio modanato. Due triglifi inquadrano una metopa raffigurante una prora di una nave che si incrocia con una hasta e una conucopia.

Il tema ripropone il soggetto di una battaglia navale, simboleggiata attraverso la rappresentazione della nave, delle armi e della ricchezza derivata a seguito della vittoria. A giudicare dall'iconografia presente nelle altre metope nolane, decorate con armi legionarie e panoplie,  deve trattarsi della battaglia di Azio del 29 a. C., in cui Ottaviano Augusto riportò la vittoria su Antonio dando così inizio al principato.

Un tema analogo è riproposto su altre due metope reimpiegate sulla stessa facciata del campanile, decorate con una coppia di delfini e un tridente/remo;  un'iconografia similare si trova inoltre sulla metopa di un blocco di architrave, proveniente dallo stesso monumento romano, reimpiegata nel basamento di Palazzo Albertini a Nola (Capaldi 2005, p. 123 n. 4 tav. XXXVIII, 2). Trova confronti con un blocco di architrave dorico, inedito, conservato nel comune di Bonito (Av) - inst. DAI 802411 - riferibile con ogni probabilità ad un monumento funebre. Il confronto con i soggetti nolani proverebbe la diffusione del tema in ambito provinciale campano.

Lo stile del rilievo, reso in modo piuttosto schematico e provinciale, certamente  opera di botteghe locali che si ispiravano ai tempi diffusi a Roma dalla propaganda imperiale, sembra giustificato dalla rifinitura con lo stucco e con pigmenti colorati  della superficie, conservati solo in parte e in fase di studio da parte dell'ufficio restauro della soprintendenza speciale di Napoli e Pompei.

Il soggetto riutilizzato accanto agli altri con motivi militari doveva conferire alla fabbrica medievale un'immagine piuttosto precisa del ruolo svolto dalla committenza, che attraverso il reimpiego di tali soggetti richiamava le proprie origini al mondo classico.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum. Espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 127 n. 14 tav. XLII,1.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 15:12:07
Data ultima revisione06/01/2019 13:43:56
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/25
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di architrave con soggetti marini
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514).

MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,92; lung. 1,37
Stato di conservazione

Resecati i lati brevi. Il campo metopale è fortemente scheggiato.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Si conserva una metopa figurata con motivi marini, piuttosto mal ridotti, e una parte di un triglifo. Il soggetto raffigurato nel rilievo metopale suggerisce una tematica marina: una coppia di delfini attorcigliano la coda intorno ad un tridente messo di traverso; accanto è raffigurata una protome di animale, poco riconoscibile, e il coronamento di un'insegna militare. Sul lato destro, si conserva un rilievo appena identificale con una corazza. 

Il tema del primo sogetto, allusivo ad una vittoria navale, per quanto sia noto solo nel contesto monumentale nolano (una metopa simile si trova impiegata alla fine del basamento del campanile), trova confronti con soggetti analoghi impiegati in altre metope, inedite, pertinenti ad alcuni edifici funebri del tipo a dado, diffusi nell'area irpina (Bonito).

Piuttosto efficace risulta l'accostamento della seconda metopa, che per quanto sia mal ridotta a causa del reimpiego in posizione angolare, suggerisce un tema militare analogo. 

La nuova dinastia medievale, a cui si deve la costruzione della torre campanaria, tentava di affermare in questo modo la propria identità attraverso il recupero semantico degli antichi temi di battaglia. Soggetti con armi si ritrovano esposti ai lati delle porte medievali del centro di Alife, sul campanile dell'abbazia del Goleto, nel basamento del campanile della Cattedrale di Caserta Vecchia, nei paramenti della torre campanaria della Cattedrale romanica di Benevento. In tutti i casi, ad eccezione degli spolia nolani, si tratta di rilievi tratti da monumenti funebri saccheggiati dalle necropoli locali.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Il soggetto della seconda metopa risulta al momento inedito.

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Leone 1514, II, 11.

Bibliografia

Capaldi 2005: C. Capaldi, Severo more doricorum. Espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 127 n. 15 tav. XLII,2

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http://arachne.uni-koeln.de/arachne/index.php?view[section]=uebersicht&view[layout]=marbilderbestand_item&view[caller][project]=&view[page]=1&view[category]=overview&search[data]=ALL&search[mode]=meta&search[match]=similar&view[active_tab]=overview&search[constraints]=Bonito

SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 15:18:32
Data ultima revisione06/01/2019 13:46:50
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/26
OggettoNola, campanile del Duomo, blocco di cornice dorica
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo, ad una quota maggiore rispetto al complesso metopale.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
DimensioniNon rilevate
Stato di conservazione

Frammentario. Reimpiegato con il lato lavorato in facciata.

CronologiaPrima eta augustea
Descrizione

Blocco di forma quadrangolare. Si conserva parte del soffitto della cornice dorica con mutuli.

Il frammento, reimpiegato nel paramento murario del campanile (ribaltato di 45°), è pertinente al coronamento di un'edicola dorica. Un esemplare similare, ma più difficile da documentare fotograficamente, è reimpiegato su un altro fianco del campanile. E' ragionevole ipotizzare che entrambe le cornici facessero parte dello stesso contesto monumentale dei fregi dorici reimpiegati nel campanile. Cornici simili sono conservate a Capua (Capaldi 2005), anche se sono più elaborate nella decorazione dei listelli, e di recente sono state associate al coronamento di una porticus con una serie di fregi dorici da Capua, simili a quelli nolani.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Inedito. 

Allegati
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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 15:28:56
Data ultima revisione06/01/2019 13:53:04
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/29
OggettoNola, campanile del Duomo, capitello corinzio asiatico
Collocazione attuale

Reimpiegato in posizione angolare sul primo livello della torre campanaria del Duomo.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
DimensioniNon rilevabili
Stato di conservazione

Visibili solo due facce.

CronologiaPrincipio del III sec. d. C.
Descrizione

Capitello del tipo corinzio asiatico, le foglie sono unite alla base a formare disegni geometrici. Le elici, i cauli e le volute sono estremamente ridotte. L'esemplare, raffinato, si confronta con uno identico, reimpiegato nell'adiacente chiesa dei Ss. Apostoli, ritenuta secondo la tradizione l'antica cattedrale normanna sostituita dal complesso voluto dalla famiglia Orsini. Provenienza locale.

Per quanto non sia espressamente citato nel racconto di Ambrogio Leone, il capitello e il fusto di colonna in marmo caristio dovevano essere ben visibili. L'uso di inserire colonne agli angoli dei basamenti delle torri campanarie riflette un gusto artistico d'età romanica.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Palmentieri cs.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 16:55:32
Data ultima revisione06/01/2019 13:53:46
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/37
OggettoNola, campanile del Duomo, capitello di tipo corinzio
Collocazione attuale

Reimpiegato nel  campanile del Duomo, nel secondo livello della torre.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
DimensioniNon rilevabili
Stato di conservazione

Visibili solo due facce. Superficie scheggiata. Perse le volute.

CronologiaMetà I sec. d. C.
Descrizione

Capitello di tipo corinzio occidentale reimpiegato a coronamento di una colonna in marmo caristio nel secondo livello della torre campanaria.

Il kalathos è avvolto da una doppia corona di foglie d'acanto. I cauli, leggermente inclinati, sono percosi da un motivo a baccelli. L'esemplare, d'esecuzione piuttosto raffinata, trova confronti con un gruppo di capitelli d'età augustea conservati all'ingresso dell'Episcopio, provenienti probabilmente dal restauro del duomo. Esemplari simili sono reimpiegati a Cimitile a sostegno della loggia di Palazzo Albertini. Il recupero del pezzo risale alla fase romanica della torre campanaria.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Palmentieri cs.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 17:01:03
Data ultima revisione06/01/2019 13:54:28
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/39
OggettoNola, campanile del Duomo, cornice con cassettone
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
DimensioniNon rilevabili
Stato di conservazione

Il frammento, inglobato nel paramento murario, è noto da una foto dell'archivio fotografico della Soprintendenza di Napoli. Il riuso ad un'altezza elevata non consente di poter fornire molti dati sul suo stato di consevazione

CronologiaEtà augustea
Descrizione

Blocco di cornice marmorea decorato da quattro mensole profilate alternate a motivi vegetali. A coronamento segue una serie di listelli modanati. La cornice è impiegata nel secondo livello della torre campanaria per segnare il marcapiano dell'arco della bifora. 

Proveniente da un monumento pubblico locale d'età imperiale, fu reimpiegato nella prima fase di costruzione del campanile, più volte mofidicato nell'alzato.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Palmentieri cs.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 16:58:20
Data ultima revisione06/01/2019 13:55:24
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/38
OggettoNola, campanile del Duomo, soffitto di architrave modanato
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del campanile del Duomo.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensioni
Stato di conservazione

Frammentario. Reimpiegato ruotando la superficie di 45°. Scheggiato il lato sinistro. Reca tracce di fori antichi per l'innesto delle grappe.

CronologiaPrima età imperiale
Descrizione

Si conserva parte del blocco parallelepipedo di una cornice di architrave, modanata. L'antico soffitto  è stato rovesciato di 45° per permettere la visione del lato decorato con una cornice a rilievo. Il blocco fa parte di un insieme di materiali di spoglio di cui si compone il paramento murario del campanile. Il confronto dei primi due livelli del basamento con quelli di Salerno e Capua suggerisce una cronologia della prima fase costruttiva intorno alla metà del XII secolo.

Il materiale in uso in antico in un monumento pubblico d'età imperiale venne impiegato per definire la cornice della torre medievale sfruttando le dimensioni del blocco (reimpiego di tipo funzionale). Per motivi decorativo venne comunque messa a vista la parte decorata.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Palmentieri cs.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 08:23:17
Data ultima revisione06/01/2019 13:56:13
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/42
OggettoNola, masseria Tora, base di colonna modanata
Collocazione attuale

Reimpiegata al di sotto di una colonna in loc. Boscofangone, masseria Tora (proprietà privata, al momento il pezzo è disperso).

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco (proconnesio?)
Dimensioni
Stato di conservazione
CronologiaIII sec. d. C.
Descrizione

Base di colonna su plinto quadrangolare. Il toro inferiore reca una decorazione ad anthémion, costituita da coppie di palmette a nove petali contapposte ad un bocciolo; segue un listello modanato da astragali e perline, una gola con una serie di baccellature, un listello decorato con un motivo a perline.

Il pezzo, attualmente disperso, si inquadra per ragioni stilistiche in età post-severiana. Va attribuito ad un edificio pubblico nolano o ad una delle villae di committenza imperiale diffuse nell'ager.

Il recupero al di sotto di una colonna (in marmo caristio) a sostegno di un'arcata rimanda ad una fase piuttosto recente, relativa alla costruzione della masseria. Non è possibile verificare se ci siano stati degli interventi di rilavorazione post-classici.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Una fotografia è pubblicata in Avella 1998, 6, p. 974 figg. 1753-1754.

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Inedito. 

Avella 1998: Leonardo Avella, Fototeca nolana: archivio d'immagini dei monumenti e delle opere d'arte della città e dell'agro, Napoli 1998, 6, 974 figg. 1753-1754.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 09:09:05
Data ultima revisione06/01/2019 13:56:58
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/49
OggettoNola, Museo archeologico (già Cicciano), statua funeraria di Attis
Luogo di reimpiegoCicciano
Collocazione attuale

Museo Archeologico di Nola, ingresso.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensioni
Stato di conservazione

Si conserva la metà superiore, fortemente usurata. Priva della testa.

CronologiaFine età repubblicana
Descrizione

La scultura frammentaria si trovava reimpiegata ad un incrocio nel centro storico di Cicciano, un paese dell'entroterra nolano. Da qui è stata trasportata al Museo di Nola, dove è esposta accanto ad un altro esemplare simile.

La scultura stante riproduce una statua funeraria del tipo Attis, divinità frigia. Materiali del genere sono impiegati nelle edicole o negli intercolumni delle tombe d'epoca tardo-repubblicana. Esemplari analoghi si ritrovano nel territorio irpino e nel beneventano.

Il pezzo fu riutilizzato in un periodo (non ancora precisato) come 'Pasquino' nel centro storico di Cicciano, secondo un costume diffuso anche in altre aree - come Avella e Nola -, a partire dal XV secolo,  per scopi celebrativi da parte dell'élites locali.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Inedito. 

G. Di Fraia, "Due altorilievi funerari da Cicciano", Atti del circolo culturale B. G. Duns Scoto di Roccarainola, 1985, 65-70 fig. 1

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 09:11:18
Data ultima revisione06/01/2019 13:57:46
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/50
OggettoNola, Museo archeologico, statua funeraria di Attis
Luogo di reimpiegoCicciano
Collocazione attuale

Museo Archeologico di Nola.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensioni
Stato di conservazione

Frammentario

CronologiaEtà repubblicana-prima età imperiale
Descrizione

La statua funeraria si trovava impiegata, fino a qualche decennio fa, nell'aia di una masseria dell'agro nolano. La figura maschile e stante su un basso plinto,  è caratterizzata dalla postura del braccio piegato e appoggiato al volto, in atteggiamento dolente. La veste è rifinita attraverso un panneggio morbido, anche se piuttosto aderente alla superficie. La scultura rappresenta un genio funerario sotto le forme di Attis. L'antica divinità frigia assume nell'arte romana un'accezione funeraria. Esempi scultorei del tipo sono attestati particolarmente in età tardo-repubblicana nei centri di Capua e Benevento. Sculture simili sono note nelle tombe di Altino (Roberti 1997, p. 2013) a conferma della diffusione del linguaggio figurativo lungo la penisola. Successivamente l'immagine troverà spazio sui sarcofagi della media età imperiale.

L'esemplare simile ad un altro da Cicciano doveva decorare l'attico di una tomba dell'entroterra nolano, da cui venne recuperato in una fase non meglio precisata. 

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Di Fraia 1985: G. Di Fraia, "Due altorilievi funerari da Cicciano", Atti del circolo culturale B. G. Duns Scoto di Roccarainola, 1985, 65-70 fig. 2.

 

Mirabella Roberti 1997: M. Mirabella Roberti, "I Monumenti funerari di Altinum", in Monumenti sepolcrali romani in Aquileia e nella Cisalpina, Trieste 1997

Allegati
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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 09:15:48
Data ultima revisione06/01/2019 13:58:24
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/51
OggettoNola, Museo archeologico, statua virile
Collocazione attuale

Museo Archeologico di Nola.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco a grana fine - pentelico
Dimensionih 1,61
Stato di conservazione

Priva della testa e del piede destro; perse le braccia (il destro era lavorato a parte). Reca un taglio orizzontale all'altezza del ventre che conferma l'esecuzione antica mediante la tecnica del piecing.

Cronologia
Descrizione

La scultura è composta di diversi elementi lavorati a parte e assemblati tramite perni di inserimento di cui restano le tracce dei fori. Due incassi, visibili sul retro, confermano che la statua fu realizzata in due parti giustapposte, una inferiore fino all’altezza delle anche ed una superiore. I due pezzi combaciano perfettamente. Reca un taglio lungo il braccio destro per l’inserimento dell’arto, lavorato a parte.

Il corpo del personaggio maschile, stante, è avvolto in un ampio mantello che lascia scoperto il torso (ben caratterizzato) e il braccio destro, la parte iniziale del sinistro con la mano, i piedi e le caviglie. Regge il peso sulla gamba sinistra e flette la destra all’indietro determinando l’innalzamento dell’anca a sinistra e l’abbassamento della spalla. Il braccio destro era in origine spostato di fianco, mentre il sinistro scendeva flesso appoggiando all’anca l’avambraccio attorno al quale è avvolto il panneggio. Il mantello ricadeva intorno al braccio sinistro e attraversava obliquamente la schiena per andare a coprire sul davanti le gambe con un morbido panneggio. Molto naturalistico il trattamento della caduta delle pieghe del paludamentum. Altrettanto realistica è la resa della linea alba.

Dal punto di vista iconografico la statua riproduce la tipologia delle figure in seminudità eroica, del tipo Hüfmantel. Riprende secondo Post il tipo dello Zeus della scuola lisippea che ebbe un considerevole successo in epoca ellenistica; in particolare, nel mondo romano il modello venne impiegato nelle rappresentazioni dei membri del ceto dirigente locale d’età tardo-repubblicana e successivamente di quelli della famiglia giulio-claudia fino agli imperatori flavi. Per l’impostazione della figura e del mantello si confronta con una statua del Museo Nazionale Romano (MNR,2, p. 44 n. 33 (D. Candilio) datata tra la fine della Repubblica e l’età augustea e con una (d’incerta provenienza) del museo archeologico di Aquileia (acefala e lavorata a pezzi disgiunti) realizzata in marmo greco e datata tra l’età augustea e quella claudia (Post 2004, p. 468 s. n. IX1 tav. 44 a-b).

Per le ragioni di tipo tecnico accennate e per il rilievo del retro piuttosto sommario, è possibile che il pezzo fosse posizionato in antico contro un fondale. La tipologia della statua suggerisce il suo recupero da un monumento dell’area forense.

Le dimensioni e la buona fattura della statua propongono l’impiego per un imperatore, forse Ottaviano, nonostante l’assemblaggio per corpi sovrastanti. Ciò nonostante, l’accostamento in un periodo non meglio precisato di una testa in marmo, oggi perduta, e di cui si possiede solo un documento nella fototeca dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, è piuttosto discutibile. Non si può scartare l’ipotesi che il ritratto per quanto manomesso, fosse pertinente al corpo (i tratti del volto rimandano alla fine dell’età repubblicana-principio di quella augustea), e malamente incassato dopo la rottura di parte della base del collo.

A metà del XV secolo fu riutilizzata nella piazza antistante il duomo nell’ambito di un progetto di risistemazione urbana dell’area episcopale conseguente la costruzione della cattedrale. Il recupero è da intendersi in senso ideologico.

Immagine
Famiglie e persone

Famiglia Orsini.

Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

MNR,2: A. Giuliano, Museo Nazionale Romano, 2, Roma 1984

 

Post 2004: A. Post, Römische Hüftmantelstatuen. Studien zur Kopistentätigkeit um die Zeitenwende, Münster 2004, 470 n. IX, 3 tav. 44, c.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione09/01/2013 22:28:38
Data ultima revisione18/11/2016 14:40:13
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/225
OggettoNola, Palazzo Albertini, blocco di architrave con catasta d'armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del Palazzo Albertini.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,98; lung. max 0,49. Metopa: h 0,35: lung. 0,29. H tot. epistilio: 0,41
Stato di conservazione

Resecati i due lati. Superficie dilavata. Scheggiature in superficie. Visibile solo la faccia decorata. Dei due triglifi restano solo le guttae.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Reimpiegato nel basamento di Palazzo Albertini. Blocco di architrave con metopa centrale inquadrata da due triglifi, perduti. Il campo metopale rappresenta un clipeo con umbo centrale dinanzi ad una coppia di lance incrociate, poste sullo sfondo. Un dente sporgente lo separa dal fregio ionico sottostante.

L'esemplare, anche se piuttosto frammentario, appartiene - in base alla tipologia e alle dimensioni - alla medesima serie dei fregi dorici con motivi d'armi o vegetali o soggetti di genere, reimpiegati nel basamento del palazzo quattrocentesco degli Albertini. Il frammento resta fuori dalla catalogazione di recente pubblicazione della serie nolana (Capaldi 2005), a cui sono stati ricondotti per ragioni stilistiche anche gli esemplari reimpiegati nel basamento del campanile del Duomo. Al contrario è edito nel recente catalogo dei monumenti funerari dei cavalieri romani (Spaltoff 2010), con un'errata attribuzione ad un contesto funebre.

Il blocco, dal punto di vista architettonico chiude il lato destro dell'edificio quattrocentesco, confermando l'ipotesi del riuso della serie nella prima fase di costruzione del palazzo, verso la seconda metà del Quattrocento (Lenzo cs.)

Immagine
Famiglie e persone

Famiglia Albertini

Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates Spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età Post-classica e il Medioevo, PhD Napoli 2010.

 

Spaltoff 2010: Benjamin Heinrich Spaltoff, Repräsentationsformen des römischen Ritterstandes, Rahden 2010.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 16:51:15
Data ultima revisione06/01/2019 13:59:02
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/36
OggettoNola, Palazzo Albertini, blocco di architrave con armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del Palazzo Albertini.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,92; lung. 0,88
Stato di conservazione

Superficie scheggiata. Il retro non è visibile.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Blocco di trabeazione reimpiegato nel basamento di Palazzo Albertini. Una coppia di triglifi inquadra il campo metopale figurato da una coppia di scudi e una prora di una nave.

Un tema simile, con la variante della cornucopia, è riproposto nella serie del campanile del duomo. Considerate in modo unitario, le metope dei due complessi monumentali suggeriscono una serie di richiami e di corrispondenze iconografiche, ispirate ai modelli del repertorio urbano, modificato in ambito provinciale. Se le armi accattastate simboleggiano le vittorie militari, la raffigurazione della nave si riferisce all'impresa marittima compiuta da Ottaviano ad Azio. La combinazione dei due motivi su questa metopa sottolinea l'intento narrativo e celebrativo della porticus nolana, un monumento che omaggiava oltermodo Augusto come princeps sulla terra e sul mare (Zanker 1989).

Il riuso del blocco, accanto ad altri due adoperati sul lato destro, propone alcuni spunti e considerazioni sulle modalità di intervento dell'architetto quattrocentesco nel ricongiure i pezzi frammentari. La scelta di impiegare i blocchi monumentali lungo il basamento del palazzo, piuttosto che ad una quota più elevata (come era in antico), va certamente ricondotta alla volontà di imitare gli analoghi fregi del basamento del campanile. Alla base di questa scelta vanno individuati motivi di natura tecnico-pratica  (i blocchi misurano circa 1mt di h e sono forse più utili per la costruzione di una base piuttosto che di un alzato; inoltre, i soggetti delle metope sono più facili da vedere ad una quota bassa) e ideologico-celebrativa (i temi allegorici e le armi conferivano un certo prestigio ai committenti).

In entrambi i casi, si tenta di ricostruire filologicamente l'architrave figurato, per quanto non sia sempre possibile farlo, a causa della mancanza di alcuni pezzi, persi in antico.

Nel caso in esame si prova a ricostruire l'andamento seriale tra due blocchi, per quanto il tentativo non sia filologico, come conferma la presenza di un numero maggiore di guttae (in totale: sette invece di sei).

Immagine
Famiglie e persone

Famiglia Albertini

Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

 

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum: espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 123 n. 4 tav. XXXVIII, 2.

 

Zanker 1989: Paul Zanker, Augusto e il potere delle immagini, Torino 1989.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 16:30:08
Data ultima revisione06/01/2019 14:00:09
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/33
OggettoNola, Palazzo Albertini, blocco di architrave con grifo
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del Palazzo Albertini.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,94; lung. 1,05
Stato di conservazione

Superficie scheggiata. Lati resecati. Il retro non è visibile.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Reimpiegato in Palazzo Albertini. La metopa raffigura un grifo in posizione araldica con una zampa adagiata su un vaso. Ai lati i resti di due triglifi. Il tema molto comune in ambito funerario (si confrontino alcuni rilievi provenienti dai monumenti di tipo 'a dado' a 'ad ara' del museo del Sannio di Benevento) rimanda ad ambito mitico.

Un tema analogo è presente su un'altra metopa nolana, raffigurante una chimera, rinvenuta in una masseria nei pressi dell'area dell'anfiteratro ed oggi dispersa (Donceel 1964). Il pezzo ritenuto pertinente ad un monumento funebre, corrisponde dal punto di vista metrico e formale ai frammenti della porticus in esame. 

Immagine
Famiglie e persone

Famiglia Albertini.

Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum: espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, p. 123 n. 5 tav. XXXVIII, 3.

 

Doncell 1964: R. Donceel, "Une chimère sur une frise à mètopes figurèes", Bulletin de l'Institut historique belge de Rome, 36, 1964, pp. 5-31.

 

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 16:37:07
Data ultima revisione06/01/2019 14:00:55
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/34
OggettoNola, Palazzo Albertini, blocco di architrave con motivo d'armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del Palazzo Albertini.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,92; lung. 0,95
Stato di conservazione

I lati presentano un taglio obliquo. Retro e fianchi non visibili. Il triglifo di sinistra è frammentario.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Reimpiegato nel basamento di Plazzo Albertini. Blocco trapezoidale figurato nel campo mediano da una coppia di metope alternate ad un triglifo centrale. In basso reca i resti dell'epistilio di tipo ionico. La metopa a sinistra, integra, raffigura un elmo visto di profilo, l'altra (scolpita a metà) presenta una coppia di scudi con l'umbone circolare. 

Il blocco fa parte di una serie omogenea di frammenti di architrave, decorati con metope e triglifi, reimpiegati nel basamento del palazzo Albertini e del campanile romanico del duomo di Nola. Il pezzo in esame è posto in succesione rispetto ad un altro, decorato con un soggetto vegetale e una catasta di scudi quadrangolari.

I rilievi sono pertinenti ad una porticus della prima età augustea, reimpiegata nell'antico centro romano in due diverse fasi. Il primo saccheggio dell'edificio romano (di cui non si conosce l'esatta collocazione) avvenne nella fase medievale di costruzione del campanile, sorto in prossimità di un'area ritenuta dalle fonti locali e dalle attestazioni archeologiche pertinente all'antico Foro. Ad un secondo momento (coinciso probabilmente con la fase di risistemazione della piazza del duomo) risalirebbe la spoliazione di un'altra parte della porticus reimpiegata - quasi in sequenza - nel basamento del palazzo degli Albertini. La serie conservata a Nola si completa con un altro frammento figurato con una chimera, perduto, con un altro blocco trapezoidale conservato al museo provinciale Campano di Capua.

Al complesso monumentale doveva appartenere una coppia di cornici doriche riutilizzate nel paramento del campanile. Alla porticus romana vanno probabilmente ricollegate anche una colonna dorica, reimpiegata nel centro storico di Nola, in prossimità del duomo, e una serie di capitelli ionici pertinenti al secondo ordine di un porticato monumentale. Altri elementi simili, inediti, sono conservati nel magazzino del complesso di Cimitile dove furono reimpiegati in un'epoca non meglio precisata.

Il motivo dell'elmo, raffigurato di profilo, è un preciso riferimento alle vittorie militari riportate da Augusto che volle celebrare l'inzio del principato attraverso la creazione di un nuovo programma iconografico ispirato alla tradizione classica ed ellenistica (Hoelscher 1994).  Il tema è riproposto, anche se con qualche variante, in un'altra metopa del palazzo  e in una coppia di rilievi reimpiegati nel basamento del campanile del duomo di Nola.

Immagine
Famiglie e persone

Famiglia Albertini.

Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum: espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 122 n. 1 tav. XXXVII, 1.

 

Hoelscher 1994: Tonio Hoelscher, Monumento statale e pubblico, Roma 1994.

 

Polito 1998: Eugenio Polito, Fulgentibus armis: Introduzione allo studio dei fregi d’armi antichi, Roma 1998, 141.

 

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 15:48:09
Data ultima revisione06/01/2019 14:01:38
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/30
OggettoNola, Palazzo Albertini, blocco di architrave con motivo d'armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del Palazzo Albertini.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,96; lung. 0,96
Stato di conservazione

I lati presentano un taglio obliquo (antico). Il retro non è visibile.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Reimpiegato nel basamento di Palazzo Albertini. Blocco dorico con epistilio ionico. 

Una coppia di triglifi inquadra il campo figurato con una metopa con un elmo, visto di profilo. Il motivo, derivato dalla tradizione ellenistica trova confronti con altri elementi riprodotti sulle metope dello stesso palazzo e del complesso del campanile del Duomo di Nola.

Il blocco è stato riutilizzato, probabilmente nella prima fase di costruzione quattrocentesca, accanto ad un altro raffigurante una corazza nella metopa posta sul lato sinistro. I due blocchi trapezoidali non ripropongono la successione originaria: i due triglifi con le sei guttae ai lati sono completi, perciò dovevano essere chiusi ai lati rispettivamente da due elementi recanti una metopa. L'architetto rinascimentale provò (forse suggestionato dalla composizione architettonica realizzata nel basamento del campanile medievale)  a suggerire la successione antica del fregio, contravvenenendo al canone classico di alternanza delle metope e dei triglifi.

Immagine
Famiglie e persone

Famiglia Albertini.

Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum : espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 122 n. 2 tav. XXXVIII, 2.

 

Polito 1998: Eugenio Polito, Fulgentibus armis: Introduzione allo studio dei fregi d’armi antichi, Roma 1998, 141.

 

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 15:59:42
Data ultima revisione06/01/2019 14:02:28
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/31
OggettoNola, Palazzo Albertini, blocco di architrave con motivo vegetale e d'armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del Palazzo Albertini.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,85; lung. 1,58
Stato di conservazione

Superficie scheggiata. Taglio obliquo sui lati.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Reimpiegato nel basamento di Palazzo Albertini. Tre triglifi incorniciano un architrave composto da una fascia a fregio dorico e da un epistilio modanato di tipo ionico. La metopa, a sinistra, raffigura un cespo d'acanto da cui nasce il fiore; quella a destra conserva tre scudi semicilindrici accatastati.

Il tema vegetale, di tradizione ellenistica, rimanda ai luoghi della propaganda augustea, celebrati a Roma nei pannelli del recinto dell'Ara Pacis. Il soggetto è ripreso in un'altra metopa nolana reimpiegata nel basamento del campanile del duomo. Entrambe le metope dovevano occupare parte del coronamento esterno di un porticato pubblico di incerta collocazione.

Dal punto di vista tecnico, si segnala per l'esecuzione scadente del fiore d'acanto, la cui corolla ricade sul listello superiore della cornice. L'opera è frutto di una bottega provinciale che rielabora motivi del repertorio urbano riadattandoli al ristretto campo metopale.

Di una manodopera provinciale risente anche il soggetto dell'altra metopa, con cataste d'armi; il tema di derivazione ellenistica, trova confronti con altri rilievi della medesima porticus, che contempla nella sintassi decorativa scudi o armi di vario genere, caratterizzati da una specifica connotazione etnica.

Il reimpiego del blocco accanto a quello destro, con soggetti d'armi, sembra riproporre l'antica sequenza (come conferma l'attacco quasi preciso tra i due lati del triglifo), per quanto non va scartata l'ipotesi di una ricomposizione dei due elementi da parte dell'architetto quattrocentesco.

Immagine
Famiglie e persone

Famiglia Albertini.

Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Capaldi 2005: Carmela Capaldi, Severo more doricorum : espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Roma 2005, 122 n. 3 tav. XXXVIII, 1.

 

Polito 1998: Eugenio Polito, Fulgentibus armis: Introduzione allo studio dei fregi d’armi antichi, Roma 1998, 141.

 

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Link esterni
SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 16:25:56
Data ultima revisione06/01/2019 14:03:20
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/32
OggettoNola, Palazzo Albertini, blocco di architrave con togati e armi
Collocazione attuale

Reimpiegato nel basamento del Palazzo Albertini.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,91; lung. 1,46
Stato di conservazione

Superficie scheggiata. Reca un taglio verticale sul lato sinistro antico.

CronologiaPrima età augustea
Descrizione

Reimpiegato nel basamento di Palazzo Albertini. Il fregio è decorato da due metope figurate: una rappresenta tre personaggi acefali, due togati e uno paludato; l'altra  una corazza anatomica e un elmo.

Per quello che concerne il soggetto della prima metopa, vale la pena sottolineare che la forma della toga, in uso nella prima età imperiale, consente di essere certi sulla cronologia  dei rilievi, eseguiti nel periodo post-aziaco. Dal punto di vista ideologico, soggetti simili trovano confronti con le statue dei summi viri introdotte da Augusto nel suo Foro a Roma o con i rilievi processionali del recinto marmoreo dell'Ara Pacis (Zanker 1989). Questa tematica sarebbe a favore di una destinazione forense dei blocchi architravati, fino ad oggi ricondotti alla porticus post scaenam del teatro romano sulla base di errate suggestioni.

Per quanto parte della metopa, a sinistra, sia stata  danneggiata in seguito all'apertura di un varco (probabilmente tra Settecento e Ottocento), risulta significativo il recupero di questo blocco accanto agli altri con soggetti d'armi.

Statue togate e paludate occupano solitamente gli spazi dei monumenti forensi. Secondo quest'ottica Orso Orsini si fece promotore dell'allestimento della piazza antistante il duomo con alcune statue e basi di riuso, allo scopo di celebrare  se stesso e la sua famiglia. Una stessa operazione venne tentata dalla famiglia Spinelli, che al principio del Cinquecento restaurò la piazza antistante il palazzo ducale di Avella attraverso l'esposizione di basi e di 'pasquini' di reimpiego, nonchè di una discreta collezione epigrafica (Palmentieri 2009).

Vale la pena considerare,  a questo proposito, la possibilità che membri della famiglia Albertini  volessero presentarsi agli occhi dei propri concittadini come eredi di un passato glorioso, secondo un gusto e una consuetudine piuttosto diffusa nell'hinterland nolano.

La nobilità della famiglie dell'epoca veniva assicurata in tal senso, oltre che dalle armi antiche, dall'iconografie dei cicli scultorei o dei rilievi  romani.

Dal punto di vista del riutilizzo non viene rispettata la sequenza antica dei blocchi, come prova la congiunzione dei due lati del triglifo con un numero elevato di  guttae.

Immagine
Famiglie e persone

Famiglia Albertini.

Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Capaldi 2005: C. Capaldi, Severo more doricorum : espressioni del linguaggio figurativo augusteo in fregi dorici della Campania, Pozzuoli 2005, 123 n. 6 tav. XXXIX, 1

 

Palmentieri 2009: A. Palmentieri, "Avella e l'imago clipeata di Lucio Sitrio Modesto. Un'indagine preliminare"Annali dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici, 24, 2009, 21-45


Polito 1998: E. Polito, Fulgentibus armis: Introduzione allo studio dei fregi d’armi antichi, Roma 1998, 141 fig. 74

 

Zanker 1989: P. Zanker, Augusto e il potere delle immagini, Torino 1989

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione23/08/2012 16:43:36
Data ultima revisione06/01/2019 14:04:05
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/35
OggettoNola, Piazza Duomo (già) base di statua
Collocazione attuale

Nola, cortile del Municipio

Prima attestazione
MaterialeCalcare
Dimensioni
Stato di conservazione
Cronologia
Descrizione

Base di statua in calcare con dedica ormai illeggibile. Si tratta probabilmente della stessa base vista nel 1717 da Berkeley nella piazza del foro e che è attualmente conservata nel Municipio. Dalle foto dell’Archivio DAI si evince inoltre che nella piazza tale base reggeva una statua femminile in calcare.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana: archivio d’immagini dei monumenti e delle opere d’arte della città e dell’agro, Napoli 1996, 11 voll., I,  142-143.

 

Berkeley  1871: George Berkeley, Journal of a tour in Italy. 1717-1718, in The Works of George Berkeley, a cura di A. Campbelll Fraser, 4 voll, Oxford 1871, IV,  567-568.

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SchedatoreBianca de Divitiis, Stefania Tuccinardi
Data di compilazione11/07/2016 20:49:20
Data ultima revisione06/01/2019 14:05:43
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/594
OggettoNola, Piazza Duomo (già), base di statua (CIL X, 1269)
Collocazione attuale

Nola, cortile del Municipio

Prima attestazione

Sirmondo

Materialecalcare
Dimensioni
Stato di conservazione
Cronologia50-100 d.C.
Descrizione

Base in calcare, datata tra il 50 e il 100 d.C., recante l’iscrizione onoraria di Fisia Rufina, figlia di Sesto, sorella di Fisio Sereno augure e ministro dei Lari; si tratta di esponenti della gens Fisia, un’importante famiglia dell’élite nolana del I secolo d.C. (CIL, X, 1269). Dal testo si evince che la base e la relativa statua erano state dedicate in luogo pubblico.

L'iscrizione è attestata per la prima volta da Sirmondo che ne rileva le “litteris bonis” e la descrive “ante portam aedis episcopalis”. Il riferimento alla statua è invece dato da un epigrafista settecentesco, denominato da Theodor Mommsen "Anonimo Napoletano", che registra l’iscrizione come “ante episcopium, nel pedastro di un pasquino”. Tale informazione è confermata anche da George Berkeley e subito dopo da Gianstefano Remondini. Quest’ultimo descrive l’iscrizione “in su la piazza accanto alla sinistra picciola porta del nostro Duomo”

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana: archivio d’immagini dei monumenti e delle opere d’arte della città e dell’agro, Napoli 1996, 11 voll., I, 142.

 

Anonimo, Notizie istoriche della città di Nola, Biblioteca Nazionale di Napoli, Ms. XV.D.4, cc. 60-72.

 

Berkeley  1871: George Berkeley, Journal of a tour in Italy. 1717-1718, in The Works of George Berkeley, a cura di A. Campbelll Fraser, 4 voll, Oxford 1871, IV, 567-568.

 

Camodeca 2010: Giuseppe Camodeca, EDR 106101, 2010.

 

Camodeca 2013: Giuseppe Camodeca, "Nola: vicende sociali e istituzionali di una colonia romana da Silla alla Tetrarchia", in Gérer les territoires, les patrimoines, les crises. Le quotidien municipal II, a cura di L. Lamoine, Clermont-Ferrand 2013, 295-328 (313).

 

Pococke 1752: Richard Pococke, Inscriptionum Antiquarum Græc. et Latin. Liber, London 1752, 68.

 

Remondini  1747-1757: Gianstefano Remondini, Della Nolana Ecclesiastica Storia, 3 voll., in Napoli 1747-1757, I, 87-89.

 

Saint-Non 1783: Jean Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile, 1783, III, 190.

 

Sirmondo: Jean Sirmond, Paris, Bibliothèque Nationale de France, Ms. Lat. 10807, c. 26v, n. 87. 

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SchedatoreBianca de Divitiis, Stefania Tuccinardi
Data di compilazione11/07/2016 18:37:37
Data ultima revisione06/01/2019 14:06:17
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/592
OggettoNola, Piazza Duomo (già), ara con dedica alla Vittoria Augusta, CIL X 1237
Collocazione attuale

Nola, Museo Storico archeologico

Prima attestazione

Sirmondo (metà del XVI secolo)

MaterialeMarmo bianco
Dimensioni
Stato di conservazione

Ampia lacuna nello spigolo destro della base.

Cronologiaprima metà di I sec. d.C.
Descrizione

L'ara marmorea, databile nella prima metà del I secolo d.C., è stata dedicata dal collegium degli Augustali alla Vittoria Augusta. Nel Cinquecento Sirmondo la vide nel sito di San Felice, ovvero Cimitile, nelle immediate vicinanze di Nola (“Prope Nolam in suburbano S. Felicis”). Nel Settecento si trovava invece nella piazza davanti alla cattedrale, dove la descrivono sia Berkeley che Remondini.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Anonimo, Notizie istoriche della città di Nola, Biblioteca Nazionale di Napoli, Ms. XV.D.4, cc. 60-72. “Anonimo Napoletano”, De la vita delli cinque Santi vescovi, martiri, confessori et protectori de la Ill.ma città di Nola, MS 1591, Napoli, Biblioteca Oratoriana dei Girolamini, ms XXVIII.3.27

 

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana: archivio d’immagini dei monumenti e delle opere d’arte della città e dell’agro, Napoli 1996, 11 voll., I,  142-143.

 

Guterio 1602: Janus Gruterus, Inscriptiones antiquæ totius orbis romani. Spuria ac supposititia, Heidelberg 1602, 1075, n. 7.

 

Pococke 1752: Richardo Pococke, Inscriptionum Antiquarum Græc. et Latin. Liber, London 1752, 68, n. 10.

 

Remondini  1747-1757: Gianstefano Remondini, Della Nolana Ecclesiastica Storia, 3 voll., in Napoli 1747-1757, I, 86.

 

Sirmondo:  Jean Sirmond, Paris, Bibliothèque Nationale de France, Ms. Lat. 10807, f. 6r, n. 29. 

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SchedatoreBianca de Divitiis, Stefania Tuccinardi
Data di compilazione11/07/2016 20:18:36
Data ultima revisione06/01/2019 14:07:00
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/593
OggettoNola, Piazza Duomo (già), base di Pollio Clementiano, CIL X 1255
Collocazione attuale

Nola, cortile del Municipio

Prima attestazione

Sirmondo nella seconda metà del Cinquecento

MaterialeCalcare
Dimensioni
Stato di conservazione
Cronologia320 - 370 d.C. (Camodeca 2010)
Descrizione

La base in calcare, databile tra il 320 e il 370 d.C, è relativa alla statua onoraria  che la regio Iovia aveva dedicato al patronus Pollio Clemenziano. Si tratta di uno dei tre ritratti che furono dedicati in città all’evergeta nolano: un’altra base di statua, probabilmente proveniente dallo scavo del teatro, fu riutilizzata all’interno del paramento isodomo di Palazzo Orsini a Nola, intorno al 1470, e un’altra ancora era conservata nel Cinquecento presso il palazzo della famiglia Del Giudice, poi Monteforte (CIL, X, 1256; una quarta dedica è segnalata in De Carlo 2015). La prima attestazione della base risale a Sirmondo nella seconda metà del Cinquecento, che la descrive nella piazza della cattedrale con una statua collocata sopra: “Nolae in foro […] ante pedes statua in summo cippo”. É descritta nella stessa posizione anche nel Settecento, dai viaggiatori inglesi Pococke e Georges Berkeley e dallo storico Remondini. La statua vista da Sirmondo corrisponde molto probabilmente a quella di un togato ancora  conservato nello stesso cortile del Municipio che le fotografie dell’archivio DAI del 1930 mostrano  nella piazza cittadina, collocata sulla base in esame.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana: archivio d’immagini dei monumenti e delle opere d’arte della città e dell’agro, Napoli 1996, 11 voll., I, 142.

 

Berkeley  1871: G. Berkeley, Journal of a tour in Italy. 1717-1718, in The Works of George Berkeley, a cura di A. Campbelll Fraser, 4 voll, Oxford 1871, IV, 567-568.

 

Camodeca 2010: Giuseppe Camodeca, EDR106367, 2010.

 

Cesarano 2011: Mario Cesarano, Il disegno dell'anfiteatro di Nola in alcune pergamene aragonesi di Napoli, in “Symbolae Antiquariae”, 4, 2011, 49-82 (60).

 

De Carlo 2015: Antonella De Carlo,  Il ceto equestre di Campania, Apulia et Calabria, Lucania et Bruttii dalla tarda Repubblica al IV secolo, Roma 2015, 120-121.

 

Parma 2015: Aniello Parma, "Universus numerus curiae Pollio Iulio Clementiano statuam conlocavit", Quaderni Lupiensi di Storia e Diritto, 5, 2015, 95-107.

 

Pococke 1752: Richard  Pococke, Inscriptionum Antiquarum Græc. et Latin. Liber, London 1752, 68, n. 3.

 

Remondini  1747-1757: Gianstefano Remondini, Della Nolana Ecclesiastica Storia, 3 voll., in Napoli 1747-1757, I, 87-89.

 

Saint-Non 1783: Jean Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile, 1783, III, 190.

 

Sirmondo: J. Sirmond, Paris, Bibliothèque Nationale de France, Ms. Lat. 10807, c. 33r, n. 108. 

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SchedatoreBianca de Divitiis, Stefania Tuccinardi
Data di compilazione11/07/2016 13:52:44
Data ultima revisione06/01/2019 14:07:34
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/590
OggettoNola, Piazza Duomo (già), statua di togato
Collocazione attuale

Nola, cortile del Municipio 

Prima attestazione
Materialecalcare
Dimensionih 1,70
Stato di conservazione
CronologiaI secolo d.C.
Descrizione

La statua maschile in calcare, di probabile destinazione funeraria, presenta una toga con sinus e balteus, panneggiata secondo la moda affermatasi dall’età augustea. In una fotografia dell’Archivio DAI datata 1930 è ritratta nel foro sulla base con l'iscrizione di Pollio Clemenziano. Sia nelle foto del 1930 che in quelle del 1934, che la mostrano invece spostata nel cortile del Municipio di Nola, la statua è completa della testa. Attualmente il togato è conservato privo di testa nel Municipio, dove è però sistemato su un’altra base.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo Avella, Fototeca nolana: archivio d’immagini dei monumenti e delle opere d’arte della città e dell’agro, Napoli 1996, 11 voll., I, 142.

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SchedatoreBianca de Divitiis
Data di compilazione11/07/2016 15:43:00
Data ultima revisione06/01/2019 14:08:13
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/591
OggettoNola, Piazza Duomo (già), statua femminile
Collocazione attuale

Nola, Municipio: cortile

Prima attestazione
MaterialeCalcare
Dimensionih 1,60
Stato di conservazione

La statua manca della testa ed è ricomposta da due parti; si vede la linea di frattura sotto le ginocchia.

CronologiaI a.C.- I d.C.
Descrizione

Statua muliebre in calcare vestita con un chitone ricoperto da un himation; la scultura presenta, in analogia con l’altra statua femminile allestita nel foro, uno schema molto diffuso in ambito funerario e riconducibile a una versione molto semplificata del tipo detto della Eumachia-Fundilia (in generale per il tipo e la diffusione in ambito funerario: Kockel 1993, 26-27, nota 229).

La statua dovrebbe corrispondere a quella descritta nel Settecento Gianstefano Remondini e all'epoca collocata sopra la base di Fisia. Probabilmente questa associazione è quella che si poteva vedere ancora nel 1930 e documentata dalle fotografie dell’Archivio DAI. Attualmente la scultura è collocata, priva di testa, su una base diversa, che non ha mai fatto parte dell’allestimento della piazza ed era stata vista da Mommsen nella chiesa di Santa Chiara (CIL, X, 1249).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996:  Leonardo Avella, Fototeca nolana: archivio d’immagini dei monumenti e delle opere d’arte della città e dell’agro, Napoli 1996, 11 voll., I,142-143.


Kockel 1993: Valentin Kockel, Porträtreliefs stadtrömischer Grabbauten : ein Beitrag zur Geschichte und zum Verständnis des spätrepublikanisch-frühkaiserzeitlichen Privatporträts, Mainz 1993.

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SchedatoreBianca de Divitiis, Stefania Tuccinardi
Data di compilazione10/01/2013 20:36:40
Data ultima revisione06/01/2019 14:08:40
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/226
OggettoNola, Piazza Duomo (già), statua femminile
Collocazione attuale

cortile del Municipio di Nola

Prima attestazione
MaterialeCalcare
Dimensionih 1,65
Stato di conservazione
CronologiaI sec. a.C.- I sec. d.C.
Descrizione

Statua femminile in calcare (h. 1,65), di destinazione funeraria, vestita con un chitone, ricoperto da un himation.Nelle foto dell’Archivio DAI è ritratta su una base con iscrizione non più leggibile, e completata da una testa maschile non pertinente. Attualmente è conservata, priva di testa, nel cortile del Municipio di Nola. 

La scultura presenta uno schema del corpo e del panneggio molto diffuso in ambito funerario che è stata ricondotto al tipo detto della Fundilia-Eumachia, così denominato dalle note statue da Nemi e da Pompei che presentano una figura matronale avvolta in un pesante himation nel gesto di piegare al gomito il braccio destro e riportare un lembo del mantello sul petto, mentre il braccio sinistro può essere più o meno discosto dal corpo (Kockel 1993, 26-27, sul tipo nota 229). Un confronto piuttosto calzante viene da un rilievo funerario urbano, dalla necropoli lungo la via Appia (Kockel 1993, 228, O 55), rispetto al quale la statua nolana ha un balteus più ampio. 

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Avella 1996: Leonardo  Avella, Fototeca nolana: archivio d’immagini dei monumenti e delle opere d’arte della città e dell’agro, Napoli 1996, 11 voll., I, 142-143.

 

Kockel 1993: Valentin Kockel, Porträtreliefs stadtrömischer Grabbauten : ein Beitrag zur Geschichte und zum Verständnis des spätrepublikanisch-frühkaiserzeitlichen Privatporträts, Mainz 1993.

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SchedatoreBianca de Divitiis, Stefania Tuccinardi
Data di compilazione10/01/2013 20:37:15
Data ultima revisione06/01/2019 14:09:16
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/227
OggettoNola, Santa Chiara (già), base con iscrizione CIL, X, 1254
Collocazione attuale

Nola, chiesa di Santa Chiara già Santa Maria Jacobi

Prima attestazione

Il testo risulta descritto per la prima volta da Remondini 1747, I, p. 66 e poi da Pococke 1752, p. 69, n. 16.

MaterialeCalcare
Dimensionialt.: 160.00 lat.: 77.00 Crass./Diam.: 80.00 litt. alt.: 2,5-5,5
Stato di conservazione
Cronologia
Descrizione

Trascrizione del testo (da scheda Camodeca in EAGLE):

Cn(aeo) Petronio
Probato
Iu[ni]ori Iusto c(larissimo) v(iro)
leg(ato) [l]egion(um) duarum
XII[I] Gemin(ae) et VIII Aug(ustae)
〚Sev[erianar(um) Alexandr]i[an(arum)]〛
proco(n)s(uli) provinc(iae) Cretae
leg(ato) provinc(iae) Achaiae
prae̲[t(ori)] fidei̲c̲[om]missar(io) 
t̲r̲i̲b̲uno̲ p̲l̲[e]b̲i
[quae]s̲t̲o̲ri p[rovi]nciae
[A]f̲ric[ae]
[cura]t̲o̲ri r[ei]p̲u[b]licae
A̲r̲d̲e̲at̲[i]n̲orum
quat̲t̲u̲o̲rvir̲(o) v̲iarum
curandarum
M(arcus) Terentius Aelianus
((centurio)) l[eg(ionis) V?]III Aug(ustae)
pr[aesi]di iustissimo.

〈:in latere intuentibus sinistro〉
((:urceus)) 
〈:latus dextrum latet〉

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Camodeca 2008: Giuseppe Camodeca, I ceti dirigenti di rango senatorio equestre e decurionale della Campania romana 1, Napoli 2008.


Mommsen 1883: Theodor Mommsen, “Nola”, in Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae latinae. Pars I, Inscriptiones Bruttiorum Lucaniae Campanie, Berolini 1883, 142-146.

 

Pococke 1752: Richard Pococke, Inscriptionum Antiquarum Grac. Et Latin. Liber: Accedit, Numismatum Ptolemaeorum, Imperatorum, Augustarum et Caesarum, in Aegypto cusorum, e Scriniis Britannicis, Catalogus, Typis Mandati, anno MDCCLII, 68-69.


Remondini 1747: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore ... Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini , in Napoli, nella stamperia di Giovanni di Simone, 1747-1757, I, 66.




Allegati
Link esterni

CIL, X, 1254 online su Aracne:

http://arachne.uni-koeln.de/item/buchseite/717047

Scheda di G. Camodeca nel database epigrafico EAGLE:

http://www.edr-edr.it/edr_programmi/res_complex_comune.php?id_nr=EDR101126

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione18/02/2013 13:17:46
Data ultima revisione05/12/2016 00:30:32
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/248
OggettoNola, Santa Chiara (già), base con iscrizione, CIL X 1249
Collocazione attuale

Nola, cortile del municipio, proveniente dalla chiesa di Santa Chiara (Santa Maria Jacobi)

Prima attestazione
MaterialeCalcare
Dimensionialt.: 142.00 lat.: 76.00 Crass./Diam.: 57.00 litt. alt.: 3-5,3
Stato di conservazione
Cronologia
Descrizione

Trascrizione del testo da scheda G. Camodeca in database epigrafico EAGLE:

[L(ucio)] C̣l(audio) Pollioni 
Iuliano 
[Iu]lio Gallicano, c(larissimo) ṿ(iro),
[X]viro sclitib(us) iudic(andis),
[qu]aest(ori) candidato,
[a]dlec(to) inter pr(a)etor(ios),
[p]ro co(n)s(uli) prov(inciae) Baetic(ae), 
[l]ẹgato prov(inciae) Asiae, 
patron(o) col(oniae), 
[fl]ạmini perpet(uo), 
[o]rdo Augustal(ium).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Mommsen 1883: Theodor Mommsen, “Nola”, in Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae latinae. Pars I, Inscriptiones Bruttiorum Lucaniae Campanie, Berolini 1883, 142-156.

Allegati
Link esterni

CIL, X, 1249 online su Aracne:

http://arachne.uni-koeln.de/item/buchseite/717047

 

Scheda di G. Camodeca nel database epigrafico EAGLE:

http://www.edr-edr.it/edr_programmi/res_complex_comune.php?id_nr=EDR106891

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione18/02/2013 13:30:14
Data ultima revisione06/01/2019 14:10:16
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/249
OggettoNola, Santa Chiara, base con urceus
Collocazione attuale

Chiesa di Santa Chiara.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensioni
Stato di conservazione

Visibile solo un lato.

CronologiaI sec. d. C./reimpiegato nel IV sec. d. C.
Descrizione

Blocco parallelepipedo modanato. Conserva un urceus a rilievo su un fianco.

Fa parte di un gruppo di altari recuperati dall'entroterra nolano e impiegati come contrafforte nel paramento della chiesa di Santa Chiara.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Camodeca 2001: Giuseppe Camodeca, "I pagi di Nola", in Modalità insediative e strutture agrarie nell'Italia meridionale di età romana, ed. E. Lo Cascio, A. Storchi Marino, Bari 2001, 417 s.

 

Di Cerbo 2008: Cristiana Di Cerbo, "L'insediamento francescano di Santa Chiara di Nola e la devozione a Maria Jacobi. Un'ipotesi di lettura", Annali dell'Istituto italiano di studi storici, 23, 2008, 107-222.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 08:58:10
Data ultima revisione06/01/2019 14:11:29
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/47
OggettoNola, Santa Chiara, base di statua
Collocazione attuale

Santa Chiara.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
DimensioniDa rilevare
Stato di conservazione

Visibile solo una faccia.

CronologiaI sec. d. C./reimpiegato nel IV sec. d. C.
Descrizione

Il cippo marmoreo, reimpiegato nel paramento esterno della chiesa di Santa Chiara, è formato da  blocco parallelepipedo con zoccolo modanato. Conserva il coronamento della cimasa decorato a motivi vegetali. La fronte è liscia.

Il marmo appartiene ad un gruppo di tre basi destinate in epoca tardoantica a sorreggere statue di magistrati o uomini beneveoli verso la cittadinanza. Furono recuperate da contesti pubblici imperiale per essere impiegati come contrafforti nel paramento esterno della chiesa, secondo una modalità nota a partire dall'età medievale. Nel caso in esame il blocco servì come pietra angolare di scarico. Sulla sommità lega con un altro blocco di riuso, sovrapposto di taglio.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Camodeca 2001: Giuseppe Camodeca, "I pagi di Nola", in Modalità insediative e strutture agrarie nell'Italia meridionale di età romana, ed. E. Lo Cascio, A. Storchi Marino, Bari 2001, 417 s.

 

Di Cerbo 2008: Cristiana Di Cerbo, "L'insediamento francescano di Santa Chiara di Nola e la devozione a Maria Jacobi. Un'ipotesi di lettura", Annali dell'Istituto italiano di studi storici, 23, 2008, 107-222.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 08:54:43
Data ultima revisione06/01/2019 14:12:07
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/46
OggettoNola, Santa Chiara, base di statua di Cusonius Gratilianus, CIL X 1251
Collocazione attuale

Santa Chiara.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 1,30; larg. 0,67
Stato di conservazione

Visibile solo un lato. Un fianco è inglobato nella muratura trecentesca.

CronologiaI sec. d. C./reimpiegato nel IV sec. d. C.
Descrizione

Base di statua reimpiegata all'esterno della chiesa di Santa Chiara. Reca sulla fronte un testo iscritto di IV sec. d. C. In parte è ancora visibile su un fianco una patera sacrificale. Il blocco venne reimpiegato come contrafforte nel paramento esterno della chiesa, di fondazione trecentesca. La base di statua (secondo un costume diffuso nel IV sec. d. C. nei pagi nolani) riutilizza un'ara di epoca precedente (I-II secolo d. C.), come confermano i simboli laterali (la patera e l'urceus). Il testo che Mommsen definiva 'di difficile lettura' (CIL, X, 1251) è stato di recente rivisto e identificato come una dedica al vir perfectissimus Cusonivs Gratilianus da parte dei Salutarenses, abitanti di uno dei quattro pagi nolani (CAMODECA 2001, 419). 

Il reimpiego del cippo è di tipo funzionale e celebrativo. Il blocco di marmo, proveniente da un edificio pubblico, fu reimpiegato come materiale edilizio lasciando però a vista l'iscrizione allo scopo di conservare la memoria antica. Con un'analoga funzione vennero reimpiegate nella stessa fase altre due basi simili. Rispetto al riutilizzo come semplice materiale edilizio dei cippi del basamento della torre medievale del Duomo, si assiste in questo caso ad un recupero ideologico dell'antico.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Un prospetto della chiesa di Santa Chiara si trova nella pianta del Mocetto in Leone 1514. 

Bibliografia

 

Camodeca 2001: Giuseppe Camodeca, "I pagi di Nola", in Modalità insediative e strutture agrarie nell'Italia meridionale di età romana, ed. E. Lo Cascio, A. Storchi Marino, Bari 2001, 417 n. 3.

 

Camodeca 2003: Giuseppe Camodeca, “Rilettura di un ‘titulus lectu difficillimus’ di Nola: CIL X 1251 del IV secolo”, in Cultus splendore. Studi in onore di G. Sotgiu, Senorbì (CA) 2003, 135-145.


Di Cerbo 2008: Cristiana Di Cerbo, "L'insediamento francescano di Santa Chiara di Nola e la devozione a Maria Jacobi. Un'ipotesi di lettura", Annali dell'Istituto italiano di studi storici, 23,2008, 107-222.


Allegati
Link esterni

CIL, X, 1251 online su Aracne:

http://arachne.uni-koeln.de/item/buchseite/717047

Scheda di G. Camodeca nel database epigrafico EAGLE:

http://www.edr-edr.it/edr_programmi/res_complex_comune.php?id_nr=EDR100414

SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 08:50:34
Data ultima revisione06/01/2019 14:12:51
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/45
OggettoNola, Santi Apostoli, capitello corinzio asiatico
Collocazione attuale

Ss. Apostoli.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514).

MaterialeMarmo bianco (proconnesio)
DimensioniNon rilevabili
Stato di conservazione

Superficie fortemente danneggiata a seguito dei restauri settecenteschi

CronologiaPrincipio del III sec. d. C.
Descrizione

Capitello di tipo corinzio-asiatico formato da un kalathos avvolto da due corone di foglie d'acanto spinoso. Questa tipologia, in uso a partire dalla metà del II sec. d. C., è impiegata piuttosto di frequente negli edifici pubblici dei primi decenni del III sec. d. C., realizzati ad opera di botteghe microasiatiche. L'esemplare, fortemente rimaneggiato nella parte superiore, fu riutilizzato a coronamento di una colonna in granito lungo la navata sinistra della chiesa dei Ss. Apostoli. Trova confronti con un altro capitello di spoglio del campanile del Duomo di Nola.

Capitelli di questa tipologia sono impiegati solitamente negli edifici per spettacoli, costruiti a partire dagli imperatori Severi. Materiali simili sono stati recuperati di recente dallo scavo del peristilio di una villa romana, la cd. villa di Augusto a Somma, attribuita ad una proprietà imperiale (De Simone 2011, p. 331 fig. 1). E' ragionevole ipotizzare che per la costruzione romanica siano stati saccheggiate le villae residenziali e rusticae del territorio nolano, piuttosto che gli edifici onorifici.

 


Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Nel II libro del De Nola e nella mappa del Mocetto c'è una descrizione dell'edificio romanico e un prospetto della chiesa (Leone 1514, II, 11).

Bibliografia

De Simone 2008: F. G. De Simone, "Il territorio Nord-Vesuviano e un sito dimenticato di Pollena Trocchia", Cronache Ercolanesi, 38, 2008, 329-349

 

Palmentieri cs.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 08:20:49
Data ultima revisione06/01/2019 14:13:55
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/41
OggettoNola, Santi Apostoli, capitello corinzio occidentale
Collocazione attuale

Ss. Apostoli.

Prima attestazione

1512 (Leone 1514).

MaterialeMarmo bianco
DimensioniNon rilevabili
Stato di conservazione

Scalpellate le quattro facce del Kalathos, a seguito dei rifacimenti settecenteschi. Perso l'abaco.

CronologiaMetà II sec. d. C.
Descrizione

Restano le foglie delle due corone a rilievo e le elici spiraliformi di un capitello di tipo corinzio. L'esecuzione dell'acanto, a colpi di trapano corrente, consentono di ascrivere il pezzo, per quanto fortemente danneggiato, alla metà del II sec. d. C.

Il capitello, di spoglio, è posto a coronamento della seconda colonna della navata destra, partendo dall'abside centrale. La chiesa dei SS. Apostoli fu  eretta tra l'XI e il XII secolo con una pianta, senza transetto, a tre navate divise da due filari di colonne e capitelli di spoglio. I restauri settecenteschi hanno contribuito a nascondere questi elementi: i capitelli furono  scalpellati per consentire il nuovo rivestimento in  stucco, mentre le colonne furono rivestite da tarsie marmoree in materiali antichi (per la prevalenza si tratta di Brocatello, un marmo cavato dal III secolo d. C. in Spagna).

Attraverso una serie di sondaggi finalizzati a rimettere in luce l'aspetto originario della chiesa è stato possibile identificare una coppia di capitelli romani e mettere in luce il marmo delle colonne. Quest'ultime corrispondono a quelle citate nel II libro del De Nola da Ambrogio Leone che menziona 20 colonne di spoglio, 'ex marmore peregrino', alte sedici piedi (De Nola 1514, II, 11). 

Le colonne identiche per le dimensioni e la qualità del marmo furono saccheggiate da uno stesso contesto romano, forse da una porticus di un edificio del Foro d'età imperiale o da un monumento per spettacoli. 

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Nel testo del Leone (1514, II, 11), sono citate le colonne romane impiegate nella chiesa, ma l'autore non si dilunga sulle altre componenti di spoglio, che certamente doveva vedere.

Bibliografia

Palmentieri cs.

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 07:30:48
Data ultima revisione06/01/2019 14:14:37
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/40
OggettoNola, Seminario, iscrizione CIL, X, 1285
Collocazione attuale

Nola, Seminario diocesano

Prima attestazione

XIV secolo

Materiale
Dimensionialt.: cm 18 larg.: cm 83 altezza lettere: cm 4-6,5
Stato di conservazione
Cronologia1 d.C. / 100 d.C.
Descrizione

Testo: "Precario aqua recipitur / tegul(is) LXXXX".


Immagine
Famiglie e persone

Fra Giocondo

Pietro Antonio Lettieri

Collezioni di antichità

Nel XV secolo era murata all'esterno della chiesa dei Santi Apostoli. Successivamente (XVIII sec.) risulta esposta nel Seggio di Nola

Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Negli ultimi anni del XV secolo Fra Giocondo la descrive “in exedra Sancti Apostoli versum viam publicam” (Mommsen 1883, p. 149, n. 1285), mentre nel XVIII secolo si trovava esposta nel sedile della città (Remondini 1747-1757, I, p. 33). Cfr. Antonini, Mollo Solpietro 1997, pp. 24-25, n. III.

L'epigrafe era comunque ancora visibile alla metà del XVI secolo, quando viene vista e trascritta da Pietro Antonio Lettieri (Giustiniani 1797-1805, VI, p. 405).

Bibliografia

Antonini, Mollo, Solpietro 1997: Rosalba Antonini, Giuseppe Mollo, Antonia Solpietro, Il Cippus Abellanus e le Epigrafi latine, Nola 1997.

 

Capaccio  1607: Giulio Cesare Capaccio, "Nola", in Historia Neapolitana, (Neapoli 1607) ed. Napoli, suntibus Joannis Gravier, 1771, II, 462-481.

 

Giustiniani 1797-1805: Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, 10 voll., Napoli 1797-1805.


Mommsen 1883: Theodor Mommsen, “Nola”, in Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae latinae. Pars I, Inscriptiones Bruttiorum Lucaniae Campanie, Berolini 1883, 142-146.

 

Remondini 1747-1757: Gianstefano Remondini, Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore ... Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini ... tomi 1-3. In Napoli, nella stamperia di Giovanni di Simone, 1747-57. [tomo Itomo IItomo III].

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Scheda di G. Camodeca nel database epigrafico EAGLE:

http://www.edr-edr.it/edr_programmi/res_complex_comune.php?id_nr=EDR105946

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione18/02/2013 12:46:40
Data ultima revisione18/11/2016 14:42:23
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/247
OggettoSan Vitaliano, fregio dorico con maschere teatrali
Luogo di conservazioneSan Vitaliano
Luogo di reimpiegoSan Vitaliano
Collocazione attuale

San Vitaliano, chiesa della Confraternita dell'Immacolata Concezione. Reimpiegato alla base del paramento murario esterno della torre campanaria.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale
Dimensioni
Stato di conservazione

Visibile solo una faccia. Resecato in basso e ai lati. Perse le guttae. Superficie scheggiata

CronologiaTarda età repubblicana
Descrizione

Blocco metopale frammentario con due triglifi, parziali, ai lati di un campo metopale centrale, decorato con un soggetto dionisiaco. Presenta a sinistra la maschera di un satiro e a destra quella di un sileno. Il blocco apparteneva originariamente ad un monumento del tipo a dado e coronamento dorico, tipologia particolarmente diffusa in Campania con la fine della Repubblica (Torelli 1968; Polito 2010). Esemplari simili sono attestati nei centri irpini e in particolare ad Avellino. Un altro rilievo del genere, con maschere teatrali, si trova ad Alife in località San Michele (Tuccinardi 2011, fig. 9). 

Il recupero del blocco come elemento decorativo della base della torre campanaria rientra in un fenomeno più complesso relativo al riuso di antichità con soggetti classici a rilievo, noto a partire dall'età bizantina a Napoli e riproposto nel corso del Medioevo e nella prima età moderna, per scopi ideologici e celebrativi.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Polito 2010: E. Polito, "Fregi dorici e monumenti funerari: un aggiornamento", in Monumenta. I Mausolei romani, tra commemorazione funebre e propaganda celebrativa, ed. M. Valenti, Roma 2010, 23-34

 

Torelli 1968: M. Torelli, "Monumenti funerari romani con fregio dorico", Dialoghi di archeologia, 2, 1968, 32-54

 

Tuccinardi 2011: S. Tuccinardi, "Fregi dorici da monumenti fuenrari della Campania Settentrionale: la documentazione alifana", Oebalus. Studi sulla Campania nell'antichità, 6, 2011, 69-104

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SchedatoreAngela Palmentieri
Data di compilazione24/08/2012 09:32:37
Data ultima revisione06/01/2019 18:14:32
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/52
NomeNola
Status amministrativoComune in provincia di Napoli
Estensione del territorio comunale39 kmq c.a
Popolazione34.349 (ISTAT 2015)
MuseiMuseo archeologico dell'antica Nola; Museo Diocesano; Antiquarium del Seminario vescovile; Museo etnomusicale
ArchiviArchivio storico diocesano
BibliotecheBiblioteca ComunaleLeopoldo Caliendo; Biblioteca del Seminario Vescovile; Biblioteca diocesana di S. Paolino
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Citta/5