Oggetto | Crotone, castello | |
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Tipologia | castello | |
Nome attuale | castello | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | ||
Cronologia | 1271: ordine di Carlo d'Angiò di riparare le torri del castello. sec. XIV: al tempo del conte Pietro II Ruffo (1284-1302) lavori alla fortificazione del castello con erezione Torre Nord (detta Torrionetto). 1485: trasporto di pietrame da Rossano (zona Forte Sant'Angelo) per costruzione del castello. 1485: lavori al fossato del castello in seguito ad un crollo di terreno. 1485: Jesua de Sario e Moysè de Montalto lavorano all'edificazione della volta della sala grande del castello e all'abbattimento della torre San Giorgio. 1485-1492: erezione delle due torri del prospetto verso la città: Comandante e Aiutante. 1491: visita alle fortificazioni del duca Alfonso con Antonio Marchesi. 1491: pagamenti per lavori al castello e alla cinta muraria. 1523: lavori al castello con abbattimento delle torri pre-aragonesi sotto la direzione di Antonello da Trani. 1536: relazione di Juan Sarmientos sulle condizioni precarie della fortezza di Crotone con richiesta di finanziamento per interventi, secondo quanto già previsto da Alfonso e Ferrante I. 1541: tassa imposta da Carlo V per finanziamento delle mura di Crotone. 1541: Giangiacomo dell'Acaya delega nella direzione dei lavori il capomastro e disegnatore Jacopo Antonio D'Amato di Crotone. 1543: mille operai, perlopiù albanesi, lavorano alla costruzione della piazzaforte. 1575: lavori di costruzione dei baluardi del castello (Baluardo Santa Maria). 1577: ulteriori finanziamenti ottenuti da Ambrogio Attendolo per completare i lavori. 1582: costituzione di una società tra esponenti di alcune famiglie crotonesi per il subappalto dei lavori di costruzione del castello. | |
Autore | Pedro Luis Escrivà, Antonello da Trani (1523), Juan Sarmientos (1536), Ferrante Loffredo, Giovanni Maria Buzzacamino (1538), Giangiacomo dell'Acaya, con Jacopo Antonio D'Amato (1536-1555), Giacomo Malerba (1553), Ambrogio Attendolo (1573-1588), Benvenuto Tortelli | |
Committente | Pietro II Ruffo (1284-1302) Alfonso duca di Calabria Carlo V don Pedro de Toledo don Juan de Zuniga conte di Miranda | |
Famiglie e persone | Ruffo | |
Descrizione | Il castello sorge in posizione eminente, nell'area a ridosso della scarpata, in parte artificiale che separa il centro dal porto, a guardia verso il mare e verso l'entroterra. Vi si accede da un ponte levatoio ora in muratura che scavalca il profondo fossato da cui si scorge la profonda murazione e le basi delle due torri Comandante e Aiutante, nella tipica forma circolare aragonese, di grandi dimensioni poste a difesa degli angoli del lato di prospetto, probabilmente frutto delle proposte avanzate nel circolo di Alfonso duca di Calabria che si servì di Antonio Marchesi e Francesco di Giorgio Martini per definire nuovi interventi alle fortificazioni delle città del Regno. Si entra da una piccola porta, sovrastatata da un'epigrafe ormai illeggibile, attraverso cui si accede al complesso residenziale al centro del castello (oggi adibito a sede del museo civico) e sugli spalti che guardano verso il porto. Nel lato settentrionale si conserva parte della cinta muraria e il Torrionetto che sono frammenti superstiti del primitivo impianto del castello due-trecentesco, distrutto nei secc. XV-XVI anche per aggiornare la struttura sulle nuove forme di combattimento e di armi introdotte nel frattempo. | |
Iscrizioni | ||
Stemmi o emblemi araldici | ||
Elementi antichi di reimpiego | La tradizione storiografica cittadina vuole che il castello, come anche altre opere pubbliche di età moderna a Crotone, sia stato realizzato reimpiegando materiali dell'antica colonia greca. Tuttavia, oltre a riconoscere blocchi informi di grandi dimensioni nell'attuale cinta, non ci sono ancora prove evidenti di riuso dell'antico nelle mura e nel castello cittadini. | |
Opere d'arte medievali e moderne | ||
Storia e trasformazioni | La città di Crotone, perduto il ruolo e la grandezza della colonia magno-greca, subisce un primo intervento di fortificazione nel VI secolo, al tempo della guerra gotica. Il castello risale nel suo impianto originario all'età angioina e, in particolare, al tempo di Pietro II Ruffo, conte di Catanzaro (1284-1302), della cui ricostruzione del castello sopravvivono, non distrutti, la torre Nord e parte della cinta muraria. Le guerre del secolo XV rivelarono il grande ruolo strategico assunto dalla città, principale porto della regione sullo Ionio, e la debolezza nelle sue difese per cui si intraprese, dagli anni 80 del Quattrocento, un ampliamento e rifacimento delle mura e della fortificazione principale del castello in posizione acropolitana a guardia del porto. Dalla documentazione rinvenuta sappiamo di interventi ricostruttivi (torri, sale, mura) negli anni 80 del Quattrocento che tuttavia presto si dovettero fermare per il riacuirsi degli scontri dinastici (sappiamo della visita del duca Alfonso e dell'intervento probabile nella definizione dei lavori di Antonio Marchesi e di Francesco di Giorgio Martini). Solo nel Cinquecento inoltrato vediamo tuttavia compiersi la cinta del castello, con i nuovi bastioni: San Giacomo, costruito sotto la direzione di Giangiacomo dell'Acaya (1536-1555) e Santa Maria, al tempo di Ambrogio Attendolo (!573-1588). L'intervento fu definito dall'ingegnere Giangiacomo dell'Acaya dopo le proposte di Sarmientos e Buzzacarino (il soprintendente fece realizzare un plastico delle opere da farsi utile, soprattutto nei suoi lunghi periodi di assenza, durante i quali affidava i lavori al capomastro Jacopo Antonio D'Amato). I finanziamenti diedero vita ad un sistema di economia locale con le famiglie principali (Lucifero, Susanna, Berlingieri tra le altre) che si accaparravano gli appalti e l'impiego di una notevole forza lavoro con investimenti tratti da tasse su prodotti (sale, seta) e dalle imposte alle città e al clero locale. I Lucifero parteciparono più volte anche all’opera di ristrutturazione e di adeguamento del castello di Crotone, traendone di conseguenza ricchezza e prestigio. Nella seconda metà degli anni Ottanta del XV secolo è documentato un Geronimo Lucifero che, insieme agli altri patrizi crotonesi – tra cui anche le famiglie Protospataro, Susanna, Pipino e Berlingieri – vendeva pietre e legname; o ancora nell’agosto del 1582 si costituì una società di aristocratici, giudata dal barone di Massanova Ottavio Lucifero e composta da Dionisio Pipino, Giovanni Tommaso Susanna e Scipione Berlingieri, che ricevette in subappalto buona parte dei lavori di adeguamento del castello (Corrado 2014, 82). Tuttavia, le difficoltà a garantire i flussi di denaro determinarono un lento andamento delle opere. Il castello perderà la sua funzione, come altrove in Italia, con l'unità d'Italia e verrà destinato a nuovi usi. Oggi, nelle parti ancora utilizzabili, ospita una biblioteca e il museo civico ma attende un recupero complessivo, che sarà sempre più difficoltoso e oneroso se non si interverrà in tempo utile. | |
Note | ||
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti/Documenti | ||
Bibliografia | Corrado 2014: Margherita Corrado, "Quid Susanne splendidi? A proposito di un portale cinquecentesco con capitelli «di gusto quasi romanico» nel centro storico di Crotone", Salternum, 17, 2014, 79-92.
Crisci 2009: Gino Mirocle Crisci, “Caratterizzazione e provenienza dei materiali lapidei naturali e artificiali del castello di Carlo V a Crotone”, Arkos, n.s., 18, 2009, 17-24.
Di Nola Molisi 1649: Giovanni Battista Di Nola Molisi, Cronica dell'antichissima e nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, Savio, Napoli 1649.
Mafrici 1978a: Mirella Mafrici, “Inediti disegni di fortificazioni calabresi nella Biblioteca Nazionale di Napoli”, Brutium, 57, 1978, 2, 8-13.
Mafrici 1978b: Mirella Mafrici, “Inediti disegni di fortificazioni calabresi negli Archivi di stato di Napoli e di Simancas”, Brutium, 57, 1978, 3, 2-10.
Mafrici 1980: Mirella Mafrici, “Il sistema difensivo calabrese nell'età viceregnale”, Rivista storica calabrese, n.s., 1, 1980, 1-2, 29-52; 3-4, 271-302.
Marino 2011: Domenico Marino, “Nuove indagini al Castello di Crotone”, Anankè, n.s., 64, 2011, 145-153.
Mazza 1992: Fulvio Mazza, Crotone. Storia, cultura, economia, Soveria Mannelli 1992.
Morrone Naymo 2013: Marilisa Morrone Naymo, "Segni di famiglie spagnole in Calabria, in Donatella Gagliardi (a cura di), La cultura ispanica nella Calabria del Cinque-Seicento. Letteratura, storia, arte, Soveria Mannelli 2013, 271-292, 284-288.
Mussari 2002: Bruno Mussari, «La fortificazione e la città. Un esempio: Crotone», in Storia della Calabria nel Rinascimento. Le arti nella storia, a cura di Simonetta Valtieri, Roma 2002, 431.
Mussari 2009: Bruno Mussari, “Il cantiere della fortificazione di Crotone: fonti, architettura, protagonisti, eventi”, in La Calabria del Viceregno spagnolo, a cura di Alessandra Anselmi, Roma 2009, 759-779.
Pesavento 1984: Andrea Pesavento, La costruzione delle fortificazioni di Crotone. Una cronaca del cinquecento, Bassano del Grappa 1984.
Pesavento 1987: Andrea Pesavento, “Lavori di fortificazione a Crotone durante il periodo aragonese (1484-1491)”, Brutium, 66, 1987, 3, 11-14.
Severino 1988: Carmelo G. Severino, Crotone, Roma-Bari 1988.
Severino 2011: Carmelo G. Severino, Crotone: da polis a città di Calabria, Roma 2011. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Antonio Milone | |
Data di compilazione | 14/02/2016 14:52:26 | |
Data ultima revisione | 21/03/2017 14:28:35 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/860 |
Oggetto | Crotone, Cattedrale | |
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Tipologia | chiesa cattedrale (esistente) | |
Nome attuale | Chiesa cattedrale di Santa Maria Assunta e di San Dionigi l'Aeropagita | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | ||
Cronologia | sec. XIV, metà: la cattedrale viene costruita dal vescovo Bernardo D'Agromolo (1358-1364). 1444: durante l'assedio del truppe di Alfonso, la Cattedrale subisce un grave incendio. 1491: i cittadini lamentano lo stato di abbondono in cui versano Cattedrale e residenza vescovile (anche per l'assenza del vescovo, di stanza a Roma) e chiedono che i fondi vengano destinati al restauro. sec. XVI, inizi: il vescovo Antonio Lucifero (1508-1521) restaura la cattedrale facendovi edificare anche la cappella di famiglia nella quale viene sepolto (essa sorgeva a sinistra del coro dove ora è la cappella del SS. Sacramento). 1565: il vescovo Minturno promuove il culto della Madonna di Capo Colonna con istituzione della liturgia sabatina e composizione dell'orazione. 1566: con l'erezione delle ali e l'inizio della copertura del transetto, vengono edificate nuove cappelle (Di Nola Molisi: 1570). 1659: terremoto arreca danni alla Cattedrale ancora incompleta e fa crollare il campanile. sec. XVII, seconda metà: con il vescovo Geronimo Carafa (1664-1683) si completa l'edificio. | |
Autore | ||
Committente | Antonio Lucifero | |
Famiglie e persone | ||
Descrizione | L'edificio, di origine medievale e ricostruito nel secolo XVI, sorge nella parte bassa della città a ridosso dell'antica cinta muraria, nell'area dei traffici e dei commerci, asse nevralgico ai piedi dell'acropoli con il castello e le residenze delle famiglie nobili. La chiesa prospetta sulla piazza con la residenza vescovile e non conserva che tracce della sua edificazione originaria: all'interno, un'arcata acuta resto, probabilmente, del primo impianto trecentesco, mentre, all'esterno, lo stemma del vescovo Minturno ricorda il suo intervento per l'edificazione del transetto destro, dove oggi sorge la cappella con l'icona della Madonna di Capo Colonna, il cui culto fu promosso e incrementato proprio per volere del prelato originario del basso Lazio, noto letterato al tempo e fu sepolto nella cattedrale con un epitaffio fatto incidere da Nola Molisi. Nelle cappelle si vedono opere relative ai secoli XVI-XVII come il fonte battesimale in pietra (forse del sec. XV), il crocefisso ligneo già nella cappella Lucifero a sinistra del coro (oggi nella cappella della Confraternita del Crocefisso), l'Icona della Madonna di Capo Colonna (sec. XV). L'aspetto complessivo è tuttavia dovuta ai restauri sette-ottocenteschi e agli interventi del secolo scorso (soprattutto nella cappella dell'Icona). | |
Iscrizioni | ||
Stemmi o emblemi araldici | Stemma del vescovo Antonio Sebastiani, detto il Minturno (1565-1574) all'esterno del transetto destro, a ricordo della costruzione di quella parte dell'edificio per opera del prelato. | |
Elementi antichi di reimpiego | Secondo la tradizione, la cattedrale fu eretta da mons. Antonio Lucifero (1508-1521) utilizzando materiale di reimpiego dal santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna. | |
Opere d'arte medievali e moderne | Fonte battesimale (sec. XV-XVI) con leoni stilofori e protomi angolari, di forma e foggia ancora tardo-medievale. Icona della Madonna di Capo Colonna (sec. XV-XVI) (dal santuario di Capo Colonna). Coro ligneo fatto realizzare dal vescovo Girolamo Carafa (1664-1683). Crocefisso ligneo (sec. XVI) forse in origine nella cappella Lucifero. | |
Storia e trasformazioni | La tradizione vuole che la cattedrale, restaurata dal vescovo Antonio Lucifero sia stata ricostruita, come la residenza vescovile, reimpiegando pezzi trasportati dal santuario di Capo Colonna ma finora non si sono avuti riscontri positivi per quella che appare sempre più come una leggenda nata in età moderna per corroborare il legame tra la città regnicola e la colonia magno-greca. La Cattedrale, edificata nel sec. XIV e distrutta da un incendio nel 1444, fu ricostruita nel corso del Cinquecento, grazie all'opera dei vescovi Antonio Lucifero (1508-1521) che aggiunse nel coro la cappella di famiglia dove fu sepolto (oggi del SS. Sacramento); Antonio Minturno (1565-1574) che riedificò coro e ali integrando il numero di cappelle (Biamonte, Perretta e Nola Molisi) e introducendo il culto dell'Icona di Capo Colonna che trasferì dal convento cittadino dei minimi; Cristoforo Bororal (1574-1578) che consacrò il nuovo edificio, completato nei decenni successivi con nuove cappelle fino al tempo di mons. Girolamo Carafa (1664-1683) che ne abbellì il coro con gli stalli lignei ancora in opera. Dominava il coro la pala d'altare con l'immagine del protettore della città, San Dionigi, che reggeva tra le mani Crotone, come racconta e riproduce Di Nola Molisi 1649. La chiesa è stata poi radicalmente trasformata, anche a causa di ripetuti terremoti, tra Sette e Ottocento, con nuove modifiche e riallestimenti nel secolo scorso. | |
Note | Tra le numerose cappelle del duomo, edificate tra XVI e XVII secolo, abbiamo la descrizione di quella della famiglia Di Nola Molisi, posta nella "nova nave" tra le cappelle Pelusio e Sillano: "tutta di pietra marmorea lavorata con colonne sopra leoni" con altare e dipinto della Madonna del Carmine, con epigrafe che ricorda la traslazione dal 'vecchio' duomo nel 1570 e la lastra tombale di Diana del Balzo Terracina (1613). | |
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti/Documenti | ||
Bibliografia | Di Nola Molisi 1649: Giovanni Battista Di Nola Molisi, Cronica dell'antichissima e nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, Savio, Napoli 1649.
Mazza 1992: Crotone. Storia, cultura, economia, a cura di Fulvio Mazza, Soveria Mannelli 1992.
Severino 1988: Carmelo G. Severino, Crotone, Roma-Bari 1988.
Severino 2011: Carmelo G. Severino, Crotone: da polis a città di Calabria, Roma 2011.
Sirianni 1996: Pina Sirianni, Ori, arredi, riti per la corona della Vergine del Capo: incoronazione della Madonna di Capocolonna di Crotone, Reggio Calabria 1996. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Antonio Milone | |
Data di compilazione | 14/02/2016 14:03:44 | |
Data ultima revisione | 21/03/2017 14:36:14 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/855 |
Oggetto | Crotone, cinta muraria | |
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Tipologia | mura urbiche | |
Nome attuale | Cinta muraria | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | ||
Cronologia | 1485-1486: si lavora ai fossati delle mura cittadine e del castello. 1489: visita alle fortificazioni del duca Alfonso con Antonio Marchesi. 1491: pagamenti per lavori al castello e alla cinta muraria. 1536: relazione di Juan Sarmientos sulle condizioni precarie della fortezza di Crotone con richiesta di finanziamento per interventi, secondo quanto già previsto da Alfonso e Ferrante I. 1541: tassa imposta da Carlo V per finanziamento delle mura di Crotone. 1541: Giangiacomo dell'Acaya delega nella direzione dei lavori il capomastro e disegnatore Jacopo Antonio D'Amato di Crotone. 1543: mille operai, perlopiù albanesi, lavorano alla costruzione della piazzaforte. 1543: lo scalpellino napoletano Salvatore Strozzo esegue lo stemma del viceré Toledo per il bastione Marchese. 1546: realizzazione dello stemma imperiale e vicereale sul baluardo 'don Pedro'. 1553: Giacomo Malerba interviene alla definizione dello spuntone della Capperina (Bastione Don Pedro). 1577: ulteriori finanziamenti ottenuti da Ambrogio Attendolo per completare i lavori. 1638: terremoto e scava della trincea presso bastione Villa Franca. | |
Autore | Pedro Luis Escrivà, Antonello da Trani (1523), Juan Sarmientos (1536), Ferrante Loffredo, Giovanni Maria Buzzacamino (1538), Giangiacomo dell'Acaya, con Jacopo Antonio D'Amato (1536-1555), Giacomo Malerba (1553), Ambrogio Attendolo (1573-1588), Benvenuto Tortelli. | |
Committente | Alfonso duca di Calabria Carlo V don Pedro de Toledo don Juan de Zuniga conte di Miranda | |
Famiglie e persone | ||
Descrizione | La cinta muraria, tra le più ampie e meglio note del Regno, realizzata per la gran parte nel corso del secolo XVI, risulta del tutto eretta ex novo senza addossamenti alle cinta precedenti della città, sia di quella greca che dell'impianto bizantino. Essa, in collegamento con il castello che difende il porto, aveva un perimetro irregolare con la porta principale nell'area pianeggiante nei pressi della Cattedrale e della piazza cittadina in connessione con le strade di comunicazione e le aree mercatali, distrutta con le radicali modifiche otto-novecentesche. Si conservano alcuni dei bastioni, come il Don Pedro, con lo stemma imperiale e vicereale e il toro profilato in bella evidenza, e il rivellino Miranda che presenta il nome ancora inciso nell'angolo. Nel tessuto urbano cittadino è possibile incontrare ampi brani della murazione cinquecentesca, caratterizzata dalla notevole altezza che la rassomiglia ad una scarpata, accentuata dall'inclinazione della base contrassegnata dalla cornice del toro, in parte ancora nella forma originaria ma perlopiù convertiti in prospetti di abitazioni e spazi pubblici. | |
Iscrizioni | ||
Stemmi o emblemi araldici | Stemma imperiale vicereale nel baluardo 'Don Pedro' (1547) Stemma vicereale nel baluardo Marchese (1543, perduto) | |
Elementi antichi di reimpiego | La tradizione storiografica cittadina vuole che la cinta muraria, come anche altre opere pubbliche di età moderna a Crotone, siano state realizzate reimpiegando materiali dell'antica colonia greca. Tuttavia, oltre a riconoscere blocchi informi di grandi dimensioni nell'attuale cinta, non ci sono ancora prove evidenti di riuso dell'antico nelle mura e nel castello cittadini. | |
Opere d'arte medievali e moderne | ||
Storia e trasformazioni | La città di Crotone, perduto il ruolo e la grandezza della colonia magno-greca, subisce un primo intervento di murazione nel VI secolo, al tempo della guerra gotica, di cui è traccia in lacerti inglobati negli edifici dell'attuale centro storico. Le guerre del secolo XV rivelarono il grande ruolo strategico assunto dalla città, principale porto della regione sullo Ionio, e la debolezza nelle sue difese per cui si intraprese, dagli anni 80 del Quattrocento, un ampliamento e rifacimento dell'intera cinta muraria che venne a racchiudere largamente l'intero tessuto urbano con il rafforzamento del castello in posizione acropolitana a guardia del porto. Dalla documentazione rinvenuta sappiamo di forti interventi per lo scavo e la costruzione delle mura negli anni 80 del Quattrocento che tuttavia presto si dovettero fermare per il riacuirsi degli scontri dinastici (sappiamo della visita del duca Alfonso e dell'intervento probabile nella definizione dei lavori di Antonio Marchesi e di Francesco di Giorgio Martini). Solo nel Cinquecento inoltrato vediamo tuttavia compiersi la chiusura della cinta, di forma poligonale irregolare (quasi ad ellisse per chiudere tutto il centro cittadino) con cinque bastioni, per cui si sacrificarono insediamenti precedenti e, in particolare, i monasteri perirurbani di Crotone. L'intervento fu definito dall'ingegnere Giangiacomo dell'Acaya dopo le proposte di Sarmientos e Buzzacarino (il soprintendente fece realizzare un plastico delle opere da farsi utile, soprattutto nei suoi lunghi periodi di assenza, durante i quali affidava i lavori al capomastro Jacopo Antonio D'Amato). I finanziamenti diedero vita ad un sistema di economia locale con le famiglie principali (Lucifero, Susanna, Berlingieri tra le altre) che si accaparravano gli appalti e l'impiego di una notevole forza lavoro con investimenti tratti da tasse su prodotti (sale, seta) e dalle imposte alle città e al clero locale; tuttavia, le difficoltà a garantire i flussi di denaro determinarono un lento andamento delle opere. A dell'Acaya successe nella direzione Ambrogio Attendolo, lombardo già attivo in Campania che provò a portare a termine le mura e il castello, mentre a fine secolo fu aggiunto il rivellino Miranda a difendere il lato meridionale delle mura. La cinta perderà la sua funzione, come altrove in Italia, con l'unità d'Italia e verrà smantellata soprattutto nel lato orientale, in corrispondenza del nuovo centro cittadino e dei nuovi assi di comunicazione, conservandosi in particolare nell'area a ridosso del castello e nei fianchi sud-nord della cinta originaria. | |
Note | ||
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti/Documenti | ||
Bibliografia | Di Nola Molisi 1649: Giovanni Battista Di Nola Molisi, Cronica dell'antichissima e nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, Savio, Napoli 1649.
Mazza 1992: Crotone. Storia, cultura, economia, a cura di Fulvio Mazza, Soveria Mannelli 1992.
Mafrici 1978a: Mirella Mafrici, “Inediti disegni di fortificazioni calabresi nella Biblioteca Nazionale di Napoli”, Brutium, 57, 1978, 2, 8-13.
Mafrici 1978b: Mirella Mafrici, “Inediti disegni di fortificazioni calabresi negli Archivi di stato di Napoli e di Simancas”, Brutium, 57, 1978, 3, 2-10.
Mafrici 1980: Mirella Mafrici, “Il sistema difensivo calabrese nell'età viceregnale”, Rivista storica calabrese, n.s., 1, 1980, 1-2, 29-52; 3-4, 271-302.
Morrone Naymo 2013: Marilisa Morrone Naymo, "Segni di famiglie spagnole in Calabria, in La cultura ispanica nella Calabria del Cinque-Seicento. Letteratura, storia, arte, a cura di Donatella Gagliardi, Soveria Mannelli 2013, 271-292, 284-288.
Mussari 2002: Bruno Mussari, “La fortificazione e la città. Un esempio: Crotone”, in Storia della Calabria nel Rinascimento. Le arti nella storia, a cura di Simonetta Valtieri, Roma 2002, 431.
Mussari 2009: Bruno Mussari, “Il cantiere della fortificazione di Crotone: fonti, architettura, protagonisti, eventi”, in La Calabria del Viceregno spagnolo, a cura di Alessandra Anselmi, Roma 2009, 759-779.
Pesavento 1984: Andrea Pesavento, La costruzione delle fortificazioni di Crotone. Una cronaca del cinquecento, Bassano del Grappa 1984.
Severino 1988: Carmelo G. Severino, Crotone, Roma-Bari 1988.
Severino 2011: Carmelo G. Severino, Crotone: da polis a città di Calabria, Roma 2011. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Antonio Milone | |
Data di compilazione | 14/02/2016 14:11:21 | |
Data ultima revisione | 21/03/2017 14:59:45 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/856 |
Oggetto | Crotone, Palazzo Berlingieri | |
---|---|---|
Tipologia | palazzo | |
Nome attuale | Palazzo Berlingieri | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | ||
Cronologia | sec. XVI: fondazione dell'edificio. 170: rifacimento della cappella di S. Venera e della nuova residenza dei Berlingieri. 1904: edificio trasformato in Casa di riposo. | |
Autore | ||
Committente |
Annibale Berlingieri, figlio di Ottaviano Cesare, realizza il nuovo palazzo e riedifica la chiesa (1707). | |
Famiglie e persone | ||
Descrizione | Il palazzo sorge in pieno centro storico e appare il frutto di una radicale ricostruzione voluta da un esponente della famiglia Berlingieri, Annibale, tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento, inglobando nell'area della nuova residenza una delle parrocchie cittadine, Santa Venera, che lo stesso fece riedificare come attesta l'iscrizione sul timpano del portale d'ingresso alla chiesa. | |
Iscrizioni | Sul timpano del portale della chiesa, iscrizione che ricorda la riedificazione di Santa Venera ad opera di Annibale Berlingieri (1707). | |
Stemmi o emblemi araldici | Sull'iscrizione, stemma della famiglia Berlingieri. | |
Elementi antichi di reimpiego | ||
Opere d'arte medievali e moderne | ||
Storia e trasformazioni | Il palazzo, fondato nel secolo XVI, venne radicalmente trasformato nel corso del Settecento, come rivela la decorazione e la forma del prospetto e degli elementi architettonici per volere di Annibale Berlingieri che ricostruì anche la vicina chiesa di S. Venera. Nell'Ottocento fu trasformato in Casa di Ricovero che perdurò ancora nel secolo scorso. Abbiamo notizie della presenza della famiglia Berlingieri a Crotone e nel Marchesato a partire dal secolo XIV e i suoi esponenti hanno ricoperto cariche e funzioni prestigiose nella vita e nell'amministrazione cittadina, facendo parte del ristretto novero (con i Lucifero e i Susanna) dell'aristocrazia crotoniate per tutta l'età moderna. Alla fine del secolo XV assieme ai Lucifero vendevano legname per le nuove costruzioni delle fortificazioni e del castello di Crotone e di nuovo nel 1582-1583 fanno parte dell'associazione capeggiata da Ottavio Lucifero che prese il subappalto dei lavori della cortina muraria e del castello. Carlo Berlingieri fu arcivescovo di Santa Severina (1679-1719). | |
Note | ||
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti/Documenti | ||
Bibliografia | Di Nola Molisi 1649: Giovanni Battista Di Nola Molisi, Cronica dell'antichissima e nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, Savio, Napoli 1649.
Mazza 1992: Crotone. Storia, cultura, economia, a cura di Fulvio Mazza, Soveria Mannelli 1992.
Severino 1988: Carmelo G. Severino, Crotone, Roma-Bari 1988.
Severino 2011: Carmelo G. Severino, Crotone: da polis a città di Calabria, Roma 2011. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Antonio Milone | |
Data di compilazione | 14/02/2016 14:45:57 | |
Data ultima revisione | 21/03/2017 14:55:08 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/859 |
Oggetto | Crotone, Palazzo Lucifero | |
---|---|---|
Tipologia | palazzo | |
Nome attuale | Palazzo Lucifero | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | ||
Cronologia | sec. XVI: costruzione dell'edificio. sec. XVIII: rifacimento del palazzo. | |
Autore | ||
Committente | ||
Famiglie e persone | ||
Descrizione | Il palazzo, che conserva un basso ingresso con il portale a tutto sesto coronato dallo stemma dei Lucifero, è una delle residenze della famiglia, forse la più importante della storia della città di Crotone per tutta l'età moderna. Essi ebbero diverse residenze, che oggi non conservano se non labilissime tracce della loro storia più antica, come lo stemma e il portale di foggia sei-settecentesca. | |
Iscrizioni | ||
Stemmi o emblemi araldici | Sul portale d'ingresso: stemma con cartigli della famiglia Lucifero. | |
Elementi antichi di reimpiego | ||
Opere d'arte medievali e moderne | ||
Storia e trasformazioni | Il palazzo, di notevoli dimensioni, sorge nella parte alta della città, presso altre residenze dei Lucifero e di altre nobili famiglie di Crotone, a pochi passi dal castello, luogo del potere e punto nevralgico dell'assetto urbanistico del centro antico. Della residenza originaria si conserva solo il portale mente il resto dell'edificio ha subito radicali stravolgimenti e oggi è destinato ad edilizia privata. Abbiamo notizie della presenza della famiglia Lucifero a Crotone e nel Marchesato a partire dal secolo XIV e i suoi esponenti hanno ricoperto cariche e funzioni prestigiose nella vita e nell'amministrazione cittadina, facendo parte del ristretto novero (con i Berlingieri e i Susanna) dell'aristocrazia crotoniate per tutta l'età moderna. Alla fine del secolo XV i Lucifero vendevano legname per le nuove costruzioni delle fortificazioni e del castello di Crotone (insieme a moltre altre famiglie) e di nuovo nel 1582-1583 Ottavio Lucifero capeggia l'associazione, di cui fanno parte anche esponenti Susanna e Berlingieri, che prese il subappalto dei lavori della cortina muraria e del castello. La famiglia ha dato alla città vescovi, come Antonio (1508-1521) che rifece la Cattedrale e il Palazzo vescovile e Giovanni Matteo (1524-1551), letterato apprezzato da Carlo V e lo storico Camillo, operoso intorno al 1520 e autore della prima storia cittadina, andata perduta. | |
Note | ||
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti/Documenti | ||
Bibliografia | Di Nola Molisi 1649: Giovanni Battista Di Nola Molisi, Cronica dell'antichissima e nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, Savio, Napoli 1649,
Mazza 1992: Crotone. Storia, cultura, economia, a cura di Fulvio Mazza, Soveria Mannelli 1992.
Severino 1988: Carmelo G. Severino, Crotone, Roma-Bari 1988.
Severino 2011: Carmelo G. Severino, Crotone: da polis a città di Calabria, Roma 2011. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Antonio Milone | |
Data di compilazione | 14/02/2016 14:20:18 | |
Data ultima revisione | 21/03/2017 17:13:30 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/857 |
Oggetto | Crotone, Palazzo Susanna | |
---|---|---|
Tipologia | palazzo | |
Nome attuale | Palazzo Oliverio-Susanna | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | Casa Pristerà Casa Susanna | |
Cronologia | 1526: data incisa sul portale d'ingresso. 1611, post: sul luogo palazzo della famiglia Sillano. 1745: passaggio di proprietà dalla famiglia Pristerà agli Oliverio. | |
Autore | ||
Committente | ||
Famiglie e persone | ||
Descrizione | Il palazzo sorge in pieno centro storico, alle spalle del notevole palazzo ottocentesco della famiglia Barracco, a pochi isolati dal castello, nella parte alta della città, dove troviamo anche le residenze delle altre famiglie altolocate della Cotrone di età moderna. Il portale in pietra calcarea, una delle più interessanti manifestazioni dell'arte moderna a Crotone, presenta una ricca, quasi esuberante decorazione, ancora medievale nelle forme stilistiche ma di stampo rinascimentale per la struttura e l'articolazione, con gli stipiti e la ghiera con bugne; è affiancato da una peculiare fila verticale di globi, a mo' di chiusura, che richiama gli ovuli dei fregi classici, intervallati e chiusi da un capitello figurato. I capitelli presentano una decorazione con animali reali e fantastici, secondo un bestiario ancora medievale. Nei pennacchi, lo stemma di famiglia e nell'architrave un'iscrizione lacunosa in belle capitali con la data 1526 sovrastata dalla cornice modanta aggettante. | |
Iscrizioni | Sull'architrave del portale in lettere capitali: T: SUS [...] Q.D [...] ME [...] A(NNO) D(OMINI) 1526. | |
Stemmi o emblemi araldici | Nei pennacchi, due stemmi della famiglia Susanna. | |
Elementi antichi di reimpiego | ||
Opere d'arte medievali e moderne | ||
Storia e trasformazioni | Il palazzo ha origini cinquecentesche, come conferma la datazione del portale d'ingresso (1526), e fu in origine della famiglia Susanna per passare, per vicende familiari, dapprima ai Pristerà (1742) e, infine, agli Oliverio. Della residenza originaria si conserva solo il portale mente il resto dell'edificio ha subito radicali stravolgimenti e oggi è destinato ad edilizia privata. Abbiamo notizie della presenza della famiglia Susanna a Crotone e nel Marchesato a partire dal secolo XV e i suoi esponenti hanno ricoperto cariche e funzioni prestigiose nella vita e nell'amministrazione cittadina, facendo parte del ristretto novero (con i Berlingieri e i Lucifero) dell'aristocrazia crotoniate per tutta l'età moderna. Nel 1582-1583 un esponente dei Susanna prese il subappalto dei lavori della cortina muraria in associazione con membri Berlingieri e Pipino e capeggiata da Ottavio Lucifero. | |
Note | ||
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti/Documenti | ||
Bibliografia | Corrado 2014: Margherita Corrado, "Quid Susanne splendidi? A proposito di un portale cinquecentesco ' con capitelli 'di gusto quasi romanico' nel centro storico di Crotone", Salternum, 18, 2014, 32-33, 79-92.
Di Nola Molisi 1649: Giovanni Battista Di Nola Molisi, Cronica dell'antichissima e nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, Savio, Napoli 1649.
Mazza 1992: Crotone. Storia, cultura, economia, a cura di Fulvio Mazza, Soveria Mannelli 1992.
Severino 1988: Carmelo G. Severino, Crotone, Roma-Bari 1988.
Severino 2011: Carmelo G. Severino, Crotone: da polis a città di Calabria, Roma 2011.
Valtieri 2002: Simonetta Valtieri, “Il Mormando architetto”, in Storia della Calabria nel Rinascimento, Le arti nella storia, a cura di Simonetta Valtieri, Roma 2002, 133-146.
Valtieri 2009: Simonetta Valtieri, “La Calabria nel rinascimento e il rinascimento in Calabria”, in La Calabria del Viceregno spagnolo: storia, arte, architettura, urbanistica, a cura di Alessandra Anselmi, Roma 2009, 303-319. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Antonio Milone | |
Data di compilazione | 14/02/2016 14:26:45 | |
Data ultima revisione | 21/03/2017 17:19:41 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/858 |
Oggetto | Crotone, Palazzo vescovile | |
---|---|---|
Tipologia | palazzo pubblico | |
Nome attuale | Palazzo vescovile | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | ||
Cronologia | 1444: in seguito all'assedio delle truppe di Alfonso, la Cattedrale e il palazzo vescovile subiscono gravi danni a causa di un incendio. 1491: la Cattedrale e la residenza vescovile non sono stati ancora ricostruiti. sec. XVI, inizi: mons. Antonio Lucifero, vescovo della città (1508-1521) fa realizzare il nuovo palazzo vescovile. 1638: danni al palazzo dal sisma. sec. XVII, seconda metà: ricostruzione a cura del vescovo Geronimo Carafa (1664-1683). | |
Autore | ||
Committente | Antonio Lucifero (1508-1521). | |
Famiglie e persone | ||
Descrizione | Il palazzo vescovile, fin dal medioevo sorto accanto alla Cattedrale, si presenta oggi in una forma del tutto rinnovata dopo secoli di trasformazioni e, in particolare, il rinnovamento realizzato nel secolo scorso. Nel prospetto si conserva lo stemma che vi fece apporre il vescovo Antonio Lucifero (1508-1521) esponente della maggiore famiglia del tempo, che volle ricostruire la residenza dopo l'abbandono in seguito ai danni della guerra angioino-aragonese di metà Quattrocento. | |
Iscrizioni | ||
Stemmi o emblemi araldici | A sinistra del portale d'ingresso: Stemma della famiglia Lucifero, di fattura cinquecentesca, fatto apporre molto probabilmente dal vescovo Antonio Lucifero (1508-1521) in occasione del restauro della residenza vescovile. | |
Elementi antichi di reimpiego | Secondo la tradizione, il palazzo vescovile fu eretto da mons. Antonio Lucifero (1508-1521) utilizzando materiale di reimpiego dal santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna. | |
Opere d'arte medievali e moderne | ||
Storia e trasformazioni | La tradizione vuole che la residenza, restaurata dal vescovo Antonio Lucifero sia stata ricostruita, come la Cattedrale, reimpiegando pezzi trasportati dal santuario di Capo Colonna ma finora non si sono avuti riscontri positivi per quella che appare sempre più come una leggenda nata in età moderna per corroborare il legame tra la città regnicola e la colonia magno-greca. Del palazzo rinascimentale, restaurato dopo i terremoti del 1638 e del 1805, non resta nulla o quasi ma l'aspetto attuale è dovuto ai restauri del secolo scorso, in occasione del riallestimento dell'area principale della città otto-novecentesca. | |
Note | ||
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti/Documenti | ||
Bibliografia | Di Nola Molisi 1649: Giovanni Battista Di Nola Molisi, Cronica dell'antichissima e nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, Savio, Napoli 1649.
Mazza 1992: Crotone. Storia, cultura, economia, a cura di Fulvio Mazza, Soveria Mannelli 1992.
Severino 1988: Carmelo G. Severino, Crotone, Roma-Bari 1988.
Severino 2011: Carmelo G. Severino, Crotone: da polis a città di Calabria, Roma 2011. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Antonio Milone | |
Data di compilazione | 14/02/2016 17:03:00 | |
Data ultima revisione | 21/03/2017 17:25:36 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/862 |
Oggetto | Crotone, santuario di Hera Lacinia | |
---|---|---|
Tipologia | Santuario | |
Nome attuale | Capo Colonna | |
Nomi antichi | Capo Stortingo; Capo Nao; Capo delle Colonne (fino a metà del secolo scorso); Capo Colonna | |
Materiali e tecniche edilizie | ||
Dimensioni | ||
Stato di conservazione | Resta in sito una sola colonna del tempio dorico esastilo di età classica; le altre struture dell'area sacra sono scarsamente conservate in alzato. | |
Immagine | ![]() ![]() | |
Cronologia | Oikos: VI secolo a.C.; Tempio A: prima metà del V secolo a.C.; restauri della prima età augustea | |
Fattori di datazione | Tecnica edilizia; stratigrafia | |
Storia e trasformazioni medievali e moderne | ||
Famiglie e persone | Antonio Lucifero | |
Descrizione | L'unica colonna dorica superstite e il relativo tratto di crepidoma appartengono al lato breve orientale, ossia alla fronte che si sviluppava verso il mare, dell'Heraion di età classica (Tempio A). L'edificio sorgeva, sul lato orientale, su un'ampia e scenografica terrazza, ora quasi del tutto crollata, che ne raccordava lo stilobate con la ripida scarpata verso mare (restituzione grafica e datazione in Rocco 2008, 112-114), da questa parte la crepidine, di tre gradini sugli altri lati, ne presentava cinque al fine di raccordarsi con il livello della terrazza. Accurati studi metrologici, basati sugli elementi in sito e sui dati resi disponibili dalle recenti campagne di scavo, hanno consentito di ricostruire l'edificio del V secolo a.C. come un tempio esastilo con doppia riduzione angolare e 14 colonne sui lati lunghi, con cella preceduta da pronao e seguita da opistodomo, entrambi forse con due colonne in antis (dimensioni della pianta: m 59x24; per la ricostruzione cfr. Rocco 2008, 114-117). É stato notato che un tale impianto planimetrico richiama molto da vicino i templi di Himera e Siracusa, mentre la ricostruzione dell'alzato, calibrato sulle proporzioni della colonna, sembrerebbe discendere direttamente da modelli provenienti dalla Madrepatria, come ad esempio il tempio di Apollo a Delfi (cfr. Rocco 2008, 119-222). Questo edificio, databile al primo classicismo (secondo quarto del V secolo a.C.), era stato impiantato sul sito di un tempio più antico, di età arcaica (Spadea 2008 80, Aversa 2008). L'Heraion di V secolo, realizzato in calcare locale, presentava un copertura in marmo insulare (Belli 2008); si tratta infatti del tetto marmoreo che fu spogliato, secondo il celebre racconto liviano, da Quinto Fulvio Flacco (LIV. XLII 3, 1 ss.; La Rocca 1996). Il tempio subì un restauro di età romana; probabilmente a questo intervento si deve attribuire il risarcimento in reticolato di un muro della cella, che viene ricordato dalla descrizione di von Riedesel; il viaggiatore tedesco poteva misurare l'altezza del primo filare in opera quadrata pari a palmi 7,5 sul quale vedeva poi svilupparsi l'opera reticolata (cfr. Mertens 1983, 229). Questa annotazione fornisce, inoltre, una prova della visibilità nell'area, in età medievale e moderna, di altre strutture antiche oltre alle celebri colonne. L'area sacra era chiusa sul versante settentrionale ed occidentale da una poderosa cinta muraria, costituita da uno zoccolo in opera quadrata e da un alzato in opera reticolata. L'accesso sul lato ovest era garantito da un'imponente porta a tenaglia, fiancheggiata da un avancorpo rettangolare con funzione di torretta difensiva; un'altra torre difensiva è stata individuata a nord del propileo. L'intera opera di fortificazione è stata attribuita da studi recenti alla prima età augustea e ritenuta realizzata in seguito alla famosa razzia di Sesto Pompeo (Aversa 2006; Ruga 2013, 190-191; contra Medaglia 2010, 277 che ritiene lo zoccolo in opera isodoma risalente a una fase più antica). Lo spazio interno è attraversato da una via sacra, risalente ancora all'età classica, che probabilmente doveva condurre al di fuori del temenos, al famoso bosco sacro, paradiso di delizie ricordato dalle fonti antiche. Il recinto ospitava inoltre strutture funzionali alle pratiche cultuali e alla vita del santuario; al IV secolo a.C. risalgono una sala per banchetti (hestiatorion) e una foresteria (katagogion). Sul margine della via sacra, poco distante dal grande tempio, è stato rintracciato l'impianto di un edificio di minori dimensioni, l'oikos, il primitivo luogo di culto di Hera al Lacinio; si trattava di un'aula rettangolare con tetto di paglia ed elevato in mattoni crudi (i più antichi votivi rintracciati rimandano al VIII secolo a.C., cfr. Spadea 2008, 79). Nel settore settentrionale del promontorio, in un'area delimitata a sud dalla via Sacra, è venuta alla luce parte di un abitato che risulta sia stato in vita tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C., che pare indipendente dal santuario e che viene ora identificato con l'insediamento della colonia romana di Croto (Spadea 2006). La mansio di Lacenium, nota dagli itinerari di età imperiale, si deve essere sviluppata grazie alla presenza del santuario, diventando per i viaggiatori e i fedeli un luogo in cui soggiornare, come mostrerebbe la vignetta di due torri unite da un corpo centrale con cui è rappresentata nella Tabula Peutingeriana (Medaglia 2010, 285-286). Tra XI e XII secolo venne realizzato un edificio cristiano sul quale ancora oggi insiste la chiesetta dedicata alla Madonna di Capo Colonna. | |
Iscrizioni | ||
Apparato decorativo | Sima in marmo con profilo a gola rovescia e protomi leonine; tetto con embrici e coppi in marmo pario, frontoni scolpiti (Belli 2008); grande acroterio del tipo a volute con schema a lira nascente da un cespo acantino e desinente in una palmetta (Bavaro, Passarelli 2008). | |
Note | L'Heraion di Capo Lacinio prospettante direttamente sul mare ha prappresentato un simbolo identitario della città antica sin dalla sua origine - al Lacinio sono infatti legati i miti di fondazione della polis - , nonché un importante polo aggregatore di tutta la regione circostante (Spadea 2008). D'altra parte la collocazione geografica rende ragione di questo ruolo centrale nella storia, non solo dell'antico Bruzio, ma di tutta la Magna Grecia, garantendo al santuario un dominio dell'intero arco di costa compreso tra il Golfo di Taranto e Punta Stilo (così nelle fonti antiche e moderne). Anche in età medievale e moderna il sito, nonostante la rovina del grande tempio, del quale già alla fine del 1400 erano visibili due sole colonne (cfr. la testimonianza di Pietro Ranzano in Fonti e Documenti) ha continuato a rappresentare, come elemento fortemente caratterizzante del paesaggio, un sicuro punto di riferimento per il cabotaggio (cfr. infra il Portolano greco del XVI secolo). É significativo che la denominazione di Le Colonne sia già attestata alla metà del XII secolo nel geografo arabo Edrisi. Passando in rassegna la letteratura corografica e antiquaria è evidente che le due colonne, ancora in piedi, fino agli anni del Di Nola Molisi, che ne descrive il crollo come un fatto contemporaneo, dovevano essere circondate da una quantità rilevante di strutture antiche, anche se ridotte allo stato ruderale; il paesaggio, prima delle massicce spoliazioni che si sono succedute almeno dal Cinquecento al Settecento, doveva essere diverso dalla radura attuale nella quale affiorano appena le creste dei muri degli antichi edifici. Al Di Nola Molisi risale la notizia, poi riportata in tutta la letteratura antiquaria successiva, della massiccia spoliazione dell'area ad opera del vescovo Antonio Lucifero, che avrebbe utilizzato i materiali antichi per la costruzione del vescovato (si tratta di un evento coevo al manoscritto cinquecentesco utilizzato dal di Nola Molisi per la sua cronaca). Se da una parte gli scavi del 2003 hanno messo in luce le fosse di spoliazione praticate nello stilobate del tempio (Spadea 2008), non si individuano nell'episcopio e nella cattedrale tracce evidenti di riuso di materiali antichi; inoltre il riferimento alle quarantotto basi di colonna che secondo Di Nola Molisi erano ancora visibili dopo il recupero del materiale da costruzione da parte di Lucifero, non trova riscontro nella ricostruzione del tempio proposta da ultimo da Giorgio Rocco (Rocco 2008). | |
Fonti iconografiche | Portolano di Piri Reis (Baltimore, Walters Art Museum, ms. W 658) | |
Piante e rilievi | ||
Fonti e documenti | Edrisi 1154: ... da questo a Le Colonne che sono avanzi di antica costruzione, sei miglia. Dalla città Le Colonne a quella di Cotrone, che altri chiamano Cotrona, città primitiva antichissima, primitiva e bella, dieci miglia. (trad. in Amari, Schiapparelli 1883, 73).
Ranzano (ed. Di Lorenzo et alii 2007): Vetustissimi templi hodie videntur quaedam vestigia, inter quae extant duae in altum erectae columnae quae causam novo dedere nomini, quo ipsum promontorium vulgus cognominat Caput namque Columnarum vocitat.
Alberti 1553, 197 : ... di questo magnifico Tempio, infino ad oggi veggonsi meravigliosi vestigi, e fra gli altri molte grosse e alte colonne che in piedi sono. Dalle quali ha acquistato questo promontorio il nome di Capo delle Colonne...
Marino Freccia 1579, 58: ...deletum fuit authoritate Senatus consulti, e hodie nihil conspicitur, nisi columnae alte satis e magne, e vulgo in hoc promontorio dicitur, lo capo de le Colonne.
Sertorio Quattromani (Aceti 1737, 303): Error est credere Promontorium Naum aliud esse a Lacinio, cum in eodem sit templum Junonis: recentiores Nau caput appellant a templo quod Graeci Naon vocant: a Clumnis item quae superfuerunt ex reliquiis huius temoli dixerunt Columnarum Promontorium.
Portolano Greco del XVI sec. (Vat. Cod. Ottoboniano gr. 150): E sopra il capo delle Colonne vi è una chiesa con due colonne, la chiamano Santa Maria delle Colonne (cfr. Pulgiese Carratelli 1982)
Occhialì, Historiae: fitta foresta di tronchi sul mare (cfr. Spadea 2008, 66).
Di Nola Molisi 1649, 65-67, 126: Questo promontorio fu primieramente detto Stortingo e dopo Lacinio come si dirà appresso: dopo fu detto Nao, parola greca che in latino sona Templum, perchè in quello fu il tempio di Giunone Lacinia... oggi si dice Capo delle Colonne, per le quantità delle colonne che vi sono state, e hoggidì se ne conservano due; e pochi anni sono che ne cadè una, restandone solo una in piedi, sopra le quali quantità di colonne era la scola di Pitagora...
...la scuola di Pitagora fu situata nel Promontorio Lacinio, gionta al tempio della Dea Giunone, eretta come un teatro sopra quarantotto para di grosse e alte colonne e perciò detto promontorio fu detto capo delle colonne, vi si vedono due colonne di quelle stare in piedi perchè le altre furono consumate da Mons. Antonio Lucifero di essa città nella nuova fabbrica del Vescovado, conforme da' i nostri vecchi, ... n'abbiamo avuto relatione, e si vedono le base, dove erano dette colonne che facilmente si possono contare.
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Bibliografia | Aceti 1737: Thomae Aceti academici Consentini, ex Vaticanae Basilicae clerici beneficiati, in Gabrielis Barrii Francicani De antiquitate et situ Calabriae libros quinque, nunc primum ex autographo restitutos ac per capita distributos, prolegomena, additiones, et notae quibus accesserunt animadversiones Sertorii Quattrimani patricii Consentini, Romae, 1737, ex Typographia S. Michelis ad Ripam, sumptibus Hieronymi Mainardi.
Alberti 1553: Descrittione di tutta Italia di F. Leandro Alberti bolognese, nella quale si contiene il sito di essa, l'origine, & le signorie delle città, & de i castelli, co i nomi antichi, & moderni, i costumi de' popoli, le conditioni de i paesi. Et più, gli huomini famosi, ... Con somma diligenza corretta, & ristampata, in Vinegia : per Giovan Maria Bonelli, 1553.
Amari, Schiapparelli 1883: Michele Amari, Celestino Schiapparelli, L'Italia descritta nel "Libro del Re Ruggero", Roma 1883.
Architettura Greca 2007: Architettura Greca: Storia e monumenti del mondo della Polis dalle origini al V secolo, a cura di E. Lippolis, M. Livadiotti, G. Rocco, Milano 2007, 778-780.
Aversa 2006: Gregorio Aversa, "Lo sviluppo del Santuario Hera Lacinia: problematiche generali e nuove ipotesi", in Spadea, 2006, 31-49.
Aversa 2008: Gregorio Aversa, "Indizi per un tempio di età arcaica: il tetto B", in Mezzetti 2008, 99-106.
Bavaro, Passarelli 2008: Victor Mariano Bavaro, Gabriella Passarelli, "Ipotesi ricostruttiva dell'acroterio occidentale del Tempio di Hera Lacinia", in Mezzetti 2008, 157-172.
Belli 2008: Roberta Belli Pasqua, "Le sculture frontonali del tempio di Hera Lacinia. Un'ipotesi di ricostruzione", in Mezzetti 2008, 135-156.
Frecciae 1579: Marini Frecciae Neapolitani ... De subfeudis baronum, & inuestituris feudorum. Quibus accesserunt nonnulli Tractatus aurei, ac singulares ..., Venetnojs, apud Nicolaum de Bottis 1579.
La Rocca 1996: Eugenio La Rocca, "Le tegole del tempio di Hera Lacinia ed il tempio della Fortuna Equestre: tra spoliazioni e restauri in età tardo-repubblicana", in Il tesoro di Hera. Scoperte nel santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna di Crotone, catalogo della mostra (Museo Barracco 28 marzo-30 giugno 1996), a cura di Roberto Spadea, Milano 1996, 89-98.
Medaglia 2010: Salvatore Medaglia, Carta archeologica della provincia di Crotone: paesaggi storici e insediamenti nella Calabria centro-orientale dalla Preistoria all’Altomedioevo, Arcacavata di Rende 2010.
Mertens 1983: Dieter Mertens, "I santuari di Capo Colonna e Crimisa. Aspetti dell’architettura crotoniate", in Crotone, Atti del Ventitreesimo Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1983, 189-230.
Mezzetti 2008: Carlo Mezzetti, Il santuario di Hera al Capo Lacinio: l'analisi della forma, il restauro, la ricerca archeologica, Roma 2008.
Pugliese Carratelli 1982: Pugliese Carratelli, "La costa ionica dell'Italia in un portolano greco del XVI secolo", in I Bizantini in Italia, a cura di Guglielmo Cavallo et alii, Milano-Verona 1982, 684.
Ranzano (ed. Di Lorenzo et alii 2007): Pietro Ranzano, Descriptio totius Italiae (Annales, 14.-15), a cura di Adele Di Lorenzo, Bruno Figliuolo e Paolo Pontari, Firenze 2007.
Ruga 2013: Alfredo Ruga, “Crotone Romana. Dal promontorio Lacinio al sito acheo”, in Kroton. Studi e ricerche sulla polis achea e il suo territorio, a cura di Roberto Spadea, Roma 2013, 181-272.
Spadea 2006: Roberto Spadea, Ricerche nel Santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna in Crotone, Roma 2006.
Spadea 2008: Roberto Spadea, "Capo Colonna: cronache di scavi, di ricerche e di tutela", in Mezzetti 2008, 63-90. | |
Link esterni | Portolano di Piri Reis (Baltimore, Walters Art Museum, ms. W.658) | |
Schedatore | Stefania Tuccinardi | |
Data di compilazione | 22/12/2015 13:09:32 | |
Data ultima revisione | 06/01/2019 13:01:52 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/72 |
Nome | Crotone | |
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Status amministrativo | comune capoluogo di provincia | |
Estensione del territorio comunale | 182 Kmq | |
Popolazione | 61.664 (ISTAT agosto 2015) | |
Musei | Museo archeologico nazionale di Crotone; Museo archeologico di Capo Colonna; Museo civico di Crotone; Museo di Arte Contemporanea Krotone; Museo diocesano | |
Archivi | Archivio diocesano; Archivio comunale | |
Biblioteche | Biblioteca comunale | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Citta/49 |