Oggetto | Canosa, arco trionfale e mausoleo antico sulla via Traiana | |
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Collocazione | a stampa | |
Immagine | ![]() ![]() | |
Materiali e tecniche | incisione | |
Dimensioni | ||
Cronologia | 1783 | |
Autore | Desprez (disegnatore), Guttemberg (incisore) | |
Soggetto | Canosa | |
Descrizione | Sono raffigurati in primo piano il mausoleo antico detto Torre Casieri e l'arco trionfale sulla via Traiana, sullo sfondo la città col castello. | |
Iscrizioni | Al centro: "Vue de Restes de l’antique Ville et du Château de Cannes / et de quelques débris de Tombeaux parmi lesquels est un ancien Arc, vulgairement / et mal à propos appelé dans le Pays, Arc de Terentius Varron" Sotto la veduta, a sinistra "Desprez del.", a destra "C. Guttemberg Sculp." | |
Famiglie e persone | ||
Note | ||
Riproduzioni | A stampa in Saint-Non 1781-1786, III, tav. a fronte p. 30. | |
Fonti e documenti | ||
Bibliografia | Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786. [vol. 1.1; vol. 1.2;vol. 3; vol. 4.1; vol. 4.2] | |
Allegati | ||
Link esterni | ||
Schedatore | Fulvio Lenzo | |
Data di compilazione | 03/12/2013 11:07:35 | |
Data ultima revisione | 28/01/2017 23:57:36 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Disegno/179 |
Oggetto | Canosa, mausoleo di Boemondo | |
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Collocazione | a stampa | |
Immagine | ![]() ![]() | |
Materiali e tecniche | incisione | |
Dimensioni | ||
Cronologia | 1783 | |
Autore | Desprez (disegnatore), Berthault (incisore). | |
Soggetto | Canosa | |
Descrizione | L'incisione raffigura l'esterno del mausoleo di Boemondo | |
Iscrizioni | Al centro: "Vue de l’entré d’une Eglise appelée la Chiesa Madre, prés de Canosa, / et d’une Chappelle Gothique ou est renfermé le Tombeau de Boemond / Prince d’Antioche, mort aux Croisades en l’an 1111".
Sotto la veduta, a sinistra, "Dessiné par Desprez", a destra "Gravé par Berthault" | |
Famiglie e persone | ||
Note | ||
Riproduzioni | A stampa in Saint-Non 1781-1786, III, tav. a fronte p. 34. | |
Fonti e documenti | ||
Bibliografia | Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786. [vol. 1.1; vol. 1.2;vol. 3; vol. 4.1; vol. 4.2]. | |
Allegati | ||
Link esterni | ||
Schedatore | Fulvio Lenzo | |
Data di compilazione | 03/12/2013 11:19:18 | |
Data ultima revisione | 28/01/2017 23:59:05 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Disegno/189 |
Oggetto | Canosa, San Giovanni | |
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Collocazione | a stampa | |
Immagine | ![]() ![]() | |
Materiali e tecniche | incisione | |
Dimensioni | ||
Cronologia | 1783 | |
Autore | Desprez (disegnatore), de Gendt (incisore). | |
Soggetto | Canosa | |
Descrizione | L'incisione raffigura l'aspetto esterno del battistero di San Giovanni a Canosa. | |
Iscrizioni | Al centro "Débris de constructions antiques, situées prés de Canosa dans la Pouille; Ruines / dont on ignore le nom et que l’on pourrait croire, les Restes de quelques ancien / Monument de la primitive Eglise".
Sotto la veduta, a sinistra, "Dessiné par Desprez", a destra "Gravé par de Gendt". | |
Famiglie e persone | ||
Note | ||
Riproduzioni | A stampa in Saint-Non 1781-1786, III, tav. a fronte p. 34. | |
Fonti e documenti | ||
Bibliografia | Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786. [vol. 1.1; vol. 1.2;vol. 3; vol. 4.1; vol. 4.2]. | |
Allegati | ||
Link esterni | ||
Schedatore | Fulvio Lenzo | |
Data di compilazione | 03/12/2013 11:08:32 | |
Data ultima revisione | 28/01/2017 23:59:39 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Disegno/180 |
Oggetto | Canosa, veduta urbana | |
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Collocazione | a stampa | |
Immagine | ![]() ![]() | |
Materiali e tecniche | incisione | |
Dimensioni | ||
Cronologia | 1783 | |
Autore | Desprez (disegnatore), Dambrun (incisore). | |
Soggetto | Canosa | |
Descrizione | Nella veduta urbana di Canosa sono visibili il duomo e sullo sfondo l'acropoli con il castello. | |
Iscrizioni | Al centro: "Vue de Canosa Ville de la Pouille / anciennement Canusium".
Sotto la veduta, a sinistra, "Desprez del.", a destra "Dambrun Sculp." | |
Famiglie e persone | ||
Note | ||
Riproduzioni | A stampa in Saint-Non 1781-1786, III, tav. a fronte p. 30. | |
Fonti e documenti | ||
Bibliografia | Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786. [vol. 1.1; vol. 1.2;vol. 3; vol. 4.1; vol. 4.2]. | |
Allegati | ||
Link esterni | ||
Schedatore | Fulvio Lenzo | |
Data di compilazione | 03/12/2013 11:27:04 | |
Data ultima revisione | 29/01/2017 00:00:22 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Disegno/190 |
Oggetto | Canosa, castello | |
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Tipologia | castello | |
Nome attuale | castello | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | ||
Cronologia | IX secolo: la costruzione del castello, sul sito dell'antica acropoli, risale probabilmente all'età longobarda. 1270-1272: Carlo I d'Angiò incarica Pierre d'Angicourt di rifacimenti e ricostruzioni nel castello. Dal 24 al 27 aprile del 1272 il sovrano soggiorna nel castello di Canosa. 1294: Carlo II assegna il castello a Maria di Antiochia, figlia di Boemondo. 1532: Carlo V concede la città, e con essa il castello, in feudo a Onorato Grimaldo. 1643: il feudo viene acquistato da Filippo Affaitati di Barletta. 1704: a causa dei debiti della famiglia Affaitati, la città e il castello vengono venduti per quarantottomila ducati a Fabrizio Capece Minutolo. La consistenza del castello a quest'epoca è ricavabile da un documento di poco anteriore. | |
Autore | ||
Committente | ||
Famiglie e persone | Carlo I d'Angiò Carlo II Maria di Antiochia Onorato Grimaldo Filippo Affaitati Fabrizio Capece Minutolo | |
Descrizione | Oggi allo stato di rudere, del castello rimangono un circuito irregolare e le torri a pianta quadrata. La porzione inferiore delle torri e del muraglione di cinta sono costruiti in grossi blocchi di calcare bianco, probabilmente di reimpiego, mentre la parte superiore è in pietra grigia. | |
Iscrizioni | Sulle mura esterne era un'iscrizione cinquecentesca pubblicata da Amati (1878, II, 317), che la dice già dispersa. Il testo recitava: "HONORATO GRIMALDO / MONAECI REGULO - CAMPANIAE MARCHIONI / ORDO ET POPULUS CANUSINUS / AD PUBLICAM SECURITATEM / PROBOS TUENDOS / FRANCISCO MASSO PROCURANTE / DICAVIT / ANNO DOMINI MDLXXI". | |
Stemmi o emblemi araldici | ||
Elementi antichi di reimpiego | Provengono probabilmente da costruzioni antiche già esistenti nell'area i giganteschi blocchi di calcare reimpiegati nelle torri. | |
Opere d'arte medievali e moderne | ||
Storia e trasformazioni | ||
Note | ||
Fonti iconografiche | Veduta in Saint Non 1783 | |
Piante e rilievi | Pianta schematica in Marrese, Satalino 1969. | |
Fonti/Documenti | I documenti relativi ai restauri angioini sono pubblicati in Schulz 1860, IV, 34, 36, 37, docc. LXXVII, LXXX, LXXXVI. Relazione di Apprezzo e stima del feudo, firmata dal tavolario Onofrio Papa e datata Napoli 13 giugno 1694: "Siegue il Palazzo Baronale posto in isola a modo di castello nelle parte più vicinale di detta città, consistente in più e diversi menbri inferiori e superiori e si entra per porta tonda, con colonne di pietra del paese, dalla quale s'ha cortile grande discoverto, da destra vi sono due stanze dirute, una sopra l'altra, e per detta linea vi sono tre stanze oscure, una dentro l'altra, con diritto della cisterna e voltando a mezzogiorno v'è rimessa coverta a lamia e nella medesima linea v'è una stanza sotterranea coverta similmente a lamia per uso di stalla capace per dieci cavalli, divisa con tre archi di fabbrica e pavimento di breccie con porta quadra, a costo della quale si discende in una grotta sotterranea grande coverta a lamia senza porta di legname, accosto vi è un'altra stanza coverta a lamia per uso di pagliera e per detta linea v'è la grada di fabbrica maggiore di pietra del paese, a sinistra v'è un atrio coverto a lamia con cappella, accosto similmente coverto a lamia sotto il titolo di S. Bartolomeo con quadro grande e cornice indorata e pavimento di riggiole; all'incontro v'è uno stanzone sotterraneo coverto a lamia coll'uscita dalla parte di tramontana, e per detta linea si ha un altro atrio coverto a lamia, da sinistra v'è uno stanzione grande coverto a lamia, che per prima serviva per uso di cocina e continuando per detto atrio da sinistra vi è grada di fabbrica, dalla quale s'ascende in uno ballatoro, a destra v'è una camera coverta a travi, e per detta grada si ascende nell'appartamento maggiore, e tornando in detto atrio per porta quadra si va ad un giardinetto murato attorno senza nessuno arbore, e tornando nella grada maggiore da destra v'è una camera coverta a la mia divisa con tre archi a pettorate, con palausti di pietra del paese, in piano della quale vi è la sala coperta a lamia, con camerino all'incontro, da destra vi sono tre camere, e da sinistra un'altra camera coperta a travi, e continuando per detta grada maggiore si ascende a una loggia grande discoverta, con pavimento, e palaustri alle pettorate similmente di pietra del paese, a destra v'è un vacuo discoverto, e gradetta di fabbrica, a costo della quale si ascende all'astrico a cielo, e tornando in detta loggia discoverta, in piano v'è la sala comoda, da sinistra vi sono due camere coverte a travi e a destra un'altra camera, da destra della quale v'è un'altra camera coverta a lamia, dove vi è la grada di fabbrica dalla quale si discende nella sopraddetta Cappella, in piano v'è un'altra camera, con alcuovo, appresso v'è un'altra camera, con camerino per uso comune, appresso v'è un'altra camera con grada di fabbrica si discende e comunica colla sopradetta grada maggiore, in piano vi sono due altre camere, ad una delle quali v'è la loggia avanti con pettorate di palaustri di pietra del paese, et appresso vi sono tre altre camere, e cocina con loggia discoverta, avanti di una di esse similmente con palaustri, quali camere vengono coverte a travi con intempiatura di tavole pittate a fresco, con tetto di sopra; il quale palazzo baronale a modo di castello, cosi descritto, avuto mira alla qualità e quantità della fabbrica; qualità del suo sito, suolo, anca di detto giardino, commodità di esse, et anche ho avuto mira all'accomodazione necess.te viva per mantenimento di esso e ad ogni altro de jure, si deve vedere e considerare come alla disposizione del presente tempo, apprezzo detto palazzo baronale, con suo giardino come al presente si ritrova per ducati mille, uniti colli capitali dell'entrate feudali ascendono alla somma di ducati 18.486,4" (da Marrese, Satalino 1969). | |
Bibliografia | Amati 1878: Amato Amati, Dizionario corografico dell'Italia, 8 voll., Milano 1878.
Marrese, Satalino 1969: L’acropoli castello di Canosa, a cura di Alfonso Marrese e Pasquale Satalino, Bari 1969.
Rescio 1995: Pierfrancesco Rescio, “Il contributo dell’archeologia allo studio dei castelli e dei centri storici minori: alcuni esempi”, Archivio Storico Pugliese, 1995, 179-206. Schulz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmaeler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresden 1860. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Fulvio Lenzo | |
Data di compilazione | 02/12/2013 08:52:51 | |
Data ultima revisione | 25/02/2017 19:37:31 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/603 |
Oggetto | Canosa, Duomo | |
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Tipologia | chiesa cattedrale (esistente) | |
Nome attuale | San Sabino | |
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Nomi antichi | Santi Giovanni e Paolo, San Sabino | |
Cronologia | IV-VI secolo: fondazione della chiesa sul sito già occupato da una domus databile fra il I secolo d.C. e il II d. C. IX secolo: il vescovo Pietro depone le reliquie di san Sabino in una "camera subtus altare beatissimorum Martyrum Johannis et Pauli". 1063: papa Alessandro II cita la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo come sede del "Barensi Archiepiscopi". 1102: papa Pasquale II ridedica la chiesa "ad honorem Dei et beati Sabini confessoris Christi". XI secolo: viene realizzato l'ambone. 1079-1089: l'arcivescovo Ursone commissiona la cattedra arcivescovile. XII secolo: restauri. XVI-XVII secolo: adeguamenti liturgici con eliminazione del coro al centro della navata. 1748: si prospetta la vendita delle colonne di verde antico per la realizzazione della reggia di Caserta, ma il costo eccessivo del trasporto fa fallire l'impresa. 1822-1825: costruzione di un nuovo campanile e dei cappelloni di San Giuseppe e dell'Annunziata, poi del Santissimo Sacramento, addossati al transetto sinistro. 1851: un terremoto danneggia la struttura. 1854-1859: iniziano i lavori per l'aggiunta di un nuovo corpo di fabbrica per prolungare la chiesa. 1883: completamento del nuovo avancorpo che prolunga in avanti la chiesa, collegato alle strutture esistenti con l'abbattimento della vecchia facciata. 1895: nuovi restauri che modificano radicalmente l'area del presbiterio e della cripta, aprendo quest'ultima verso la navata con un monumentale corpo scala. La reazione sdegnata di vari studiosi, primo fra tutti Emile Bertaux, portano all'interruzione dei lavori. 1898-1908: l'ingegnere Pasquale Malcangi intraprende una nuova campagna di restauri volti a ripristinare quanto possibile la situazione precedente al 1895. | |
Autore | ||
Committente | Il ritrovamento di laterizi con il bollo del vescovo Sabino induce a identificare in quest'ultimo il patrocinatore iniziale della fabbrica. | |
Famiglie e persone | ||
Descrizione | La chiesa presenta un impianto longitudinale a tre navate con transetto sporgente e copertura costituita da volte a botte e a crociera nelle navate minori e da una successione di basse cupole a scodella in quella centrale e nei due bracci del transetto. Le prime quattro campate sono un'aggiunta ottocentesca: oltrepassate queste si perviene al corpo di fabbrica originale, composto da una navata coperta da due cupole in successione, e poi dal transetto, i cui due bracci sono coperti da altrettante cupole; una quinta cupola copre l'incrocio fra navata e transetto. Le cupole sono impostate su 18 grandi colonne libere in marmo. Sotto il presbiterio e parte della penultima campata si sviluppa una cripta. Annesso alla cattedrale, all'esterno del transetto destro, si eleva il monumento funebre di Boemondo. Dalle descrizioni cinque e seicenteschi, e dalla pianta pubblicata da Schulz 1860, si ricava che la chiesa era originariamente preceduta da un portico con un campanile a tre ordini impostato sulla campata centrale. Al centro della navata era un coro chiuso, poi rimosso fra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, cui si addossava l'ambone. | |
Iscrizioni | Nella cripta: "PETRUS / CANUSI/NUS AR/CHIEP/ISCOPU(S) / POSUIT H(IC) / CORPUS BE/ATI SABI/NI". Sull'ambone: "+P(ER) IUSSIONEM D(OMI)NI MEI GUITBERTI VEN(ERABILI)S P(RES)B(ITE)R(I) EGO ACCEPTUS PECCATOR ARCHI/DIAC(O)N(US) FECI+ HOC OPUS". Sulla spalliera della cattedra: "URSO PRAECEPTOR ROMUALDUS AD HAEC FUIT ACTOR". Sul bracciolo della cattedra: "+P(RES)UL UT ET(ER)NA POST HAC POTIARE CATHEDRA(M) / Q(UO)D VOX ESTERIUS RES FERAT INTERIUS / Q(UO) GERIS IN SPE(CIE) DA GESTIS LUM(EN) UT IN RE / LUM(EN) CU(M) P(RE)STAS LUMINE NE CAREAS". | |
Stemmi o emblemi araldici | Su numerosi laterizi provenienti da diverse parti della fabbrica è stato rinvenuto il monogramma del vescovo Sabino. | |
Elementi antichi di reimpiego | Navata centrale: sono antichi tutti i fusti monolitici delle colonne, quattro in fior di pesco e due in verde antico, alternati in maniera simmetrica sui due lati, le basi (alcune forse rilavorate) e i capitelli che sono tutti dello stesso tipo, tranne quello sulla prima colonna a sinistra (Pensabene 2011, 601 s.). Presbiterio: sono reimpiegati quattro fusti monolitici in verde antico, basi (rilavorate nel toro superiore per adattarle ai fusti) e capitelli corinzi asiatici, omogenei per tipo e dimensioni a quelli della navata centrale (Pensabene 2011, 603). Questo gruppo di nove capitelli è stato da tempo ricondotto al complesso di Giove Toro, trovando di recente conferma in materiali reperiti in sito. Braccio sinistro del transetto: un solo fusto integro in cipollino (colonna in fondo a destra), le altre colonne (una in granito e due in bigio antico) sono costituite da due tronconi assemblati, le basi attiche sono antiche e rilavorate, i capitelli sono tutti medievali (Pensabene 2011, 604). Braccio destro del transetto: si annovera un solo fusto integro in fior di pesco (con tassello di restauro in calcare, colonna in fondo a sinistra), gli altri fusti sono assemblati con due tronconi diversi (in granito e in cipollino, in granito, e in bigio e in calcare); tre capitelli sono antichi ma di diverse tipologia e dimensioni, il quarto esemplare è medievale (Pensabene 2011, 605). Portico esterno: fusti antichi rilavorati in età medievale, due capitelli di tipo corinzio occidentale, databili tra l'età di Nerone e l'età flavia. Cripta: un solo fusto composto da due tronconi di granito, gli altri monolitici in granito, cipollino e granito della troade rilavorati in età moderna. Tutti i capitelli, tradizionalmente datati al V secolo d.C. (Belli D'Elia 1985), sono stati di recente ricondotti all'età imperiale da Patrizio Pensabene. Cornici antiche in proconnesio, recuperate con molta probabilità dall'area del tempio di Giove Toro, dovevano essere state riutilizzate anche nel portale medievale: se ne trova infatti traccia negli elementi riassemblati nella sistemazione ottocentesca (Pensabene 2011, 625). La medesima provenienza si deve ipotizzare inoltre per le lastre in marmo proconnesio della pavimentazione della chiesa (ora conservate solo nelle navate laterali) e per quelle utilizzate nel rivestimento delle pareti della cripta. | |
Opere d'arte medievali e moderne | All'interno della chiesa sussistono ancora, benché manomessi e più volte spostati, un ambone realizzato dal presbitero Acceptus fra la metà e l'ultimo decennio dell'XI secolo e una cattedra vescovile commissionata dall'arcivescovo Ursone (1079-1089). | |
Storia e trasformazioni | L'edificio è stato restaurato più volte nel corso dei secoli, ma le manomissioni più pesanti risalgono alla metà del XIX secolo, quando viene allungata la navata aggiungendo un intero corpo di fabbrica, e poi nel 1895, quando viene completamente alterata la conformazione interna del presbiterio e della cripta. I restauri immediatamente successivi hanno tentato, per quanto possibile, di ripristinare la situazione precedente, che comunque era già differrente dalla conformazione originaria poiché adeguata fra il XVI e il XVII secolo alle necessità liturgiche controriformistiche. | |
Note | ||
Fonti iconografiche | Veduta in Saint Non 1783 | |
Piante e rilievi | Pianta della situazione precedente ai restauri del XIX secolo in Schulz 1860. | |
Fonti/Documenti | ||
Bibliografia | Belli D'Elia 1975: Pina Belli D'Elia, Canosa. Cattedrale, in Alle sorgenti del Romanico. Puglia XI secolo, catalogo della mostra a cura di Pina Belli D'Elia, Bari 1975, 72-90.
Belli D'Elia 2003: Pina Belli D'Elia, Puglia romanica, Milano 2003, 93-105.
Belli D'Elia 2011: Pina Belli D'Elia, "Le suppellettili liturgiche marmoree di età medievale del Duomo di Canosa. Una rilettura", in Canosa. Ricerche Storiche. Decennio 1999-2009, Atti del Convegno di Studio (12-13 febbraio 2010) a cura di Liana Bertoldi Lenoci, Bari 2011, 689-758.
Bertaux 1897: Emile Bertaux, "Pei monumenti meridionali. Barbarie recenti nei duomi di Canosa e di Taranto", Napoli Nobilissima, 1897, 15-16.
Bertaux 1904: Émile Bertaux, L’art dans l’Italie Méridionale, tome premier: De la fine de l’Empire Romain à la Conquête de Charles d’Anjou, Paris 1904.
Bertelli, Attolico 2011: Gioia Bertelli, Angelofabio Attolico, “Analisi delle strutture architettoniche della Cattedrale di San Sabino a Canosa: primi dati”, in Canosa. Ricerche Storiche. Decennio 1999-2009, Atti del Convegno di Studio (12-13 febbraio 2010) a cura di Liana Bertoldi Lenoci, Bari 2011, 723-758.
Canosa 2011: Canosa. Ricerche storiche; decennio 1999-2009, Atti del convegno di studi, 12-13 febbraio 2010, a cura di Liana Bertoldi Lenoci, Martina Franca (TA) 2011.
Epstein 1983: Ann Wharton Epstein, "The Date and Significance of the Cathedral of Canosa in Apulia, South Italy", Dumbarton Oaks Papers, 37, 1983, 79-90.
Falla Castelfranchi 2011: Marina Falla Castelfranchi, "La cattedrale di Canosa non è più normanna", in Canosa. Ricerche Storiche. Decennio 1999-2009, Atti del Convegno di Studio (12-13 febbraio 2010) a cura di Liana Bertoldi Lenoci, Bari 2011, 677-688.
Gelao 2011: Clara Gelao, "Trasformazioni della cripta della Cattedrale di Canosa in età moderna", in Canosa. Ricerche Storiche. Decennio 1999-2009, Atti del Convegno di Studio (12-13 febbraio 2010) a cura di Liana Bertoldi Lenoci, Bari 2011, 782-825.
Krautheimer 1986: Richard Krautheimer, Architettura paleocristiana e bizantina, Torino 1986, 168-287.
Malcangi 1905: Pasquale Malcangi, “Le colonne del duomo di S. Sabino in Canosa”, Rassegna Tecnica Pugliese, 4, 1905, 37-40.
Malcangi 1905a: Pasquale Malcangi, "Descrizione del duomo di S. Sabino in Canosa. Stato antico”, Rassegna Tecnica Pugliese, 4, 1905, 62-66.
Malcangi 1906: Pasquale Malcangi, "L'ambone del Duomo di S. Sabino in Canosa”, Rassegna Tecnica Pugliese, 5, 1906, 37-45.
Pensabene 2011: Patrizio Pensabene, "Cattedrale di Canosa: reimpiego, recupero e trasformazione dell'antico nei marmi architettonici", in Canosa. Ricerche storiche, decennio 1999 - 2009, Atti del Convegno di Studio (12-13 febbraio 2010) a cura di Liana Bertoldi Lenoci, Martina Franca 2011, 597-664.
Schulz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmaeler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresden 1860, I, 53-62. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Fulvio Lenzo, Stefania Tuccinardi | |
Data di compilazione | 27/09/2013 15:15:20 | |
Data ultima revisione | 16/05/2017 20:05:21 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/519 |
Oggetto | Canosa, mausoleo di Boemondo | |
---|---|---|
Tipologia | mausoleo funebre | |
Nome attuale | mausoleo di Boemondo | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | ||
Cronologia | 1111: muore Boemondo d'Antiochia. 1118-1120: costruzione del mausoleo su commissione della madre Alberada. | |
Autore | ||
Committente | Alberada di Buonalbergo, madre di Boemondo. La commissione del mausoleo è ricordata nell'iscrizione funebre presente nella tomba di Alberada. | |
Famiglie e persone | Boemondo d'Antiochia Alberada di Buonalbergo | |
Descrizione | Il mausoleo è un piccolo edificio addossato all'esterno del transetto destro della cattedrale di San Sabino. Interamente rivestito di marmo, è sormontato da cupola su tamburo con piccole colonnine sugli spigoli. All'esterno si configura come un volume compatto scandito da paraste con capitelli corinzieggianti, la cui massa cubica è interrotta soltanto dalla sporgenza di un'abside ritmata da piccole lesene, anch'esse in marmo. L'accesso avviene tramite una monumentale porta bronzea a due ante, con decorazioni ageminate. La cupola è in realtà decentrata rispetto alla pianta, e poggia da un lato direttamente sul muro della cattedrale, dagli altri su tre arconi che scaricano su due colonne monolotiche. Le irregolarità della pianta sono probabilmente dovute alla necessità di inserire l'edificio all'interno di un portico già esistente, di cui sopravvivono ancora alcune arcate. | |
Iscrizioni | All'interno lastra funeraria con iscrizione: "BOAMUNDUS". Una lunga iscrizione in esametri è incisa in capitali di tipo romanico, senza abbreviazioni, nella parte superiore del tamburo della cupola: "Magnanimus Sirie iacet hoc sub tegmine princeps, / quo nullus melior nascetur in orbe deinceps. / Grecia victa quater, pars maxima Partia mundi / ingenium et vires sensere diu Buamundi. / Hic acie in dena vicit virtutis abena / agmina millena, quod et urbs sapit Anthiocena". Altre iscrizioni sono invece incise su una delle due ante del mausoleo: In alto: "Unde boat mundus, quanti fuerit Boamundus: / Grecia testatur, Syria dinumerat. / Hanc expugnavit, illam protexit ab hoste; / hinc rident Greci, Syria, dampna tua. / Quod Grecus ridet, quod Syrus luget, uterque / iuste, vera tibi sit, Boamunde, salus". Dopo il grande fregio circolare: "Vicit opes regum Boamundus opusque potentum / et meruit dici nomine iure suo / intonuit terris. Cui cum succumberet orbis, / non hominem possum dicere, nolo deum". Poi ancora più sotto: "Qui vivens studuit, ut pro Christo moreretur, / promeruit, quod ei morienti vita daretur. / Hoc ergo Christi clementia conferat isti, / militet ut celis suus hic adleta fidelis". E infine: "Intrans cerne fores; videas, quid scribitur; ores, / ut celo detur Boamundus ibique locetur". | |
Stemmi o emblemi araldici | ||
Elementi antichi di reimpiego | Nelle murature fra chiesa e mausoleo era stato reimpiegato un rilievo con togati (cfr. Hesberg 1980). | |
Opere d'arte medievali e moderne | Porte bronzee. | |
Storia e trasformazioni | Pontano riferisce del tentativo di Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto, di spogliare il mausoleo della sua porta bronzea per trasferirla nel suo palazzo a Taranto (cfr. infra, Fonti e documenti). Nel 1902 Adolfo Avena sostituisce la copertura piramidale, ritenuta non pertinente, con la calotta emisferica ancora esistente. La situazione precedente è visibile in alcune fotografie pubblicate nella relazione dei restauri (cfr. Avena 1902), nonché in un'incisione pubblicata nel XVIII secolo da Saint-Non. Delle Donne (2011-2012) ipotizza anche un restauro alla iscrizione del tamburo, poiché, stando alla testimonianza di Baronio 1607, 89, al principio del XVII secolo anche questa iscrizione era in bronzo (in tabulis aereis). | |
Note | La critica ha evidenziato come il mausoleo mostri l'influenza di un modello illustre, il sacello del Santo Sepolcro a Gerusalemme, del resto uno dei monumenti più imitati durante tutto il Medioevo. | |
Fonti iconografiche | Veduta dell'esterno pubblicata in Saint-Non 1783. | |
Piante e rilievi | Rilievi in Testi Cristiani 2003. | |
Fonti/Documenti | Iscrizione funebre sulla tomba di Alberada: "GVISCARDI CONIVX ABERADA HANC CONDITVR ARCA / SI GENITVM QUÆRES HVNC CANVSINVS HABET".
Giovanni Pontano, De bello Neapolitano, libro IV, 1-10: "Arce capta, Minervino movens Tarentinus Canusium proficiscitur, aris praecipue potiundae cupidus. Intelligebat enim Canusio capto Barolum et quicquid trans Aufidum esset amnem brevi suam ub ditionem iturum. 2. In hac obsidione illud avare nimis impotenterque admissum est, quod dum thesauris inhiatur abscontditis, ne a sepulcro quidem maximi principis Boamundi temperatum est, quod aliquot etiam seculis atrocissimorum quoque bellorum turbinibus intactum inviolatumque extra urbem in Sabini templo magna quadam religione permanserat 3. Quod facinus palam docuit maxime foedum ac detestabile animorum malum avaritiaa esse sacra profanaque in aequo eam ponere, rapiendi licentiam summum ius ducere nullum deum metum, nullum honesti respectum habere, id demum decere fasque esse existimare parto quavis ratione plurimum abundare. 4. Sunt qui Tarentini hoc iussu, alii Picinici factum criminentur: illud satis constat Tarentini iussu evulsas fuisse templi fores ex aere conflatas, quas post ipse templum ingressus religione ducus restitui iussit. 5. Coeterum Canusium urbem fuisse civibus advenis que maxime frequentem secundumque Aufidum flumen positam emporiumque regionis eius ambitus ipse ac situs argumento est. 6. Nam et Cannensis cladis tempore multa Romanorum millia, quae illuc confugerant, amice liberaliterque accepta pavit et ad Viscardi usque tempora caput regionis fuit 7. Quam ob defectionem expugnatam incensamque ac solo aequatam memoriae proditum est a rerum scriptoribus, iisdem fere quibus a Roberto temporibus Roma quoque magna parte incensa est, dum Gregorium Septimum Pontificem Maximum illic circumsessum ab ira Errici Tertii ereptum liberat, ac Salernum secum ducit. 8. Aedificatum autem ab Dimoede una cum Harpis ac Siponto non desunt e Graecis qui tradant, dum Europam atque Africam fere omnem colonias esse suas volunt. 9. Tempestate vero hac nostra praeter tumulum in quo arx tunc erat, praterque Sabini templum, quod extra tumuli muros situm est, solo iacent aequata omnia, vixque aliquod tantae urbis vestigium extat, cuius profecto excidium non parum videtur contulisse Baroli affinis oppidi frequentiae ac celebritati, dum propter agri vicinitatem rerumque opportunitatem maritimarum cives patria amissa eo commigrant. 10. Siquidem Heraclius Imperator, dum transportandis a mercatoribus ex Apulia in Macedoniam Epirumque praecipue mari prospicit mercibus, dum navigantium saluti honerandarumque frugum commoditati publicisque portoriis ratione hac consulit, molem eo in litore iecit quae nunc, quanquam partim oppleta est civium ob negligentiam, partim nullo reparante maris quassata fluctibus, magno tamen usui est honerandis atque exhonerandis navibus. Extat etiam aenea Heraclii statua quae ad milis initium ob eius iactae memoriam tunc erecta fuit, id quod statua ipsa etiam dextra protenta significat" (da Monti Sabia 1995, 136-137). | |
Bibliografia | Avena 1902: Adolfo Avena, "Comune di Canosa. Mausoleo di Boemondo", in I monumenti dell'Italia meridionale, Roma 1902, 95-101.
Baronio 1607: Cesare Baronio, Annales ecclesiastici, XII, Romae 1607.
Bertaux 1904: Émile Bertaux, L’art dans l’Italie Méridionale, tome premier: De la fine de l’Empire Romain à la Conquête de Charles d’Anjou, Paris 1904, 409-414.
Cadei 2009: Antonio Cadei, “La porta del mausoleo di Boemondo a Canosa tra Oriente e Occidente”, in Le porte del paradiso, a cura di Antonio Iacobini, Roma 2009, 429-469.
Cilla 1993: Michele Cilla, Caratteri e restauri del mausoleo di Marco Boemondo d'Altavilla, Lavello 1993.
Delle Donne 2011-2012: Fulvio Delle Donne, "Le iscrizioni del mausoleo di Boemondo d'Altavilla a Canosa", Arnos. Archivio normanno-svevo, 3, 2011/2012, 7-18.
Hesberg 1980: Henner von Hesberg, "Ein Monument des Kaiserkultes aus Canosa di Puglia", Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung, 87, 1980, 349-354.
Monti Sabia 1995: Liliana Monti Sabia, Pontano e la storia. Dal De bello neapolitano all'Auctius, Roma 1995.
Schulz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmaeler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresden 1860.
Testi Cristiani 2003: Maria Laura Testi Cristiani, “Sul mausoleo di Boemondo a Canosa”, in Boemondo. Storia di un principe Normanno, Atti del convegno di studio su Boemondo, da Taranto ad Antiochia a Canosa (Taranto-Canosa, maggio novembre 1998) a cura di Franco Cardini, Nunzio Lozito, Benedetto Vetere, Galatina 2003, 107-122. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Fulvio Lenzo | |
Data di compilazione | 02/12/2013 08:55:13 | |
Data ultima revisione | 25/02/2017 20:00:00 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/605 |
Oggetto | Canosa, arco onorario | |
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Tipologia | Arco onorario a un solo fornice | |
Nome attuale | Arco di Varrone, Arco di Terenzio, Arco Traiano | |
Nomi antichi | Arco di Terenzio Varrone, Porta antica di Canosa, Porta Varrese, Porta Romana. | |
Materiali e tecniche edilizie | Opera laterizia (mattoni triangolari ricavati dal taglio di Sesquipedali o bessali). | |
Dimensioni | h m 8,50; largh. m 12; prof. m 5 (fornice largh. m 5) | |
Stato di conservazione | Mancano la trabeazione e l'attico; buona parte del paramento laterizio è di restauro e ampie risarciture interessano anche l'archivolto del fornice; i plinti di base dei piloni sono interrati. | |
Immagine | ![]() | |
Cronologia | Prima metà del II secolo d.C. (de Maria 1988); età antonina (Modugno 1992); II-III d.C. (Goffredo 2011, 237 s.). | |
Fattori di datazione | Tecnica edilizia | |
Storia e trasformazioni medievali e moderne | L'edificio ha subito nel corso degli ultimi tre secoli numerosi interventi di restauro. Sia l'incisione del Desprez, sia un acquerello del Ducros mostrano ancora l'attico, sebbene ridotto al solo nucleo cementizio, e i plinti di base dei due piloni ora interrati e documentano numerose lacune nel paramento laterizio. Tra il 1825 e il 1828 una serie di restauri hanno interessato le cortine (si nota l'uso di mattoni moderni), lo zoccolo dei piloni e la cornice di chiusura in calcarenite. Altri interventi di risarcitura del paramento in laterizio sono attestati nel 1838, nel 1878 e nel 1917 (Modugno 1992, 721). | |
Famiglie e persone | ||
Descrizione | L'arco, oggi in proprietà privata, si trova a circa un chilometro dal centro abitato di Canosa, poco distante dalla via statale che procede in direzione Cerignola, che in questo tratto si sviluppa parallela all'Appia-Traiana. Tuttora nella vallata pianeggiante dell'Ofanto si coglie il ruolo fondamentale dell'antica viabilità nella strutturazione del paesaggio: ne sono infatti un esempio la successione dei monumenta e lo stesso arco onorario, che segnava l'entrata della Traiana in città. L'interro del monumento e il crollo dell'attico restituiscono una struttura poco slanciata che non conserva gli originari rapporti proporzionali; nonostante i numerosi interventi di restauro il paramento esterno con le due lesene per lato, che incorniciano il fornice e giungono fino al fregio, e la parasta angolare a segnare i due piedritti fino all'imposta della volta, pare rispettare l'assetto originale del monumento, documentato dalle testimonianze grafiche del Settecento. Occorre esprimere alcuni dubbi sulla conformazione del basamento, che il Desprez rappresenta delimitato da un'articolata modanatura di chiusura, mentre nell'acquerello del Ducros la cornice è assente ed è perduta anche la cortina esterna con il nucleo cementizio a vista; piuttosto anomala, inoltre, risulta la cornice in calcarenite di chiusura del monumento, che inoltre non trova riscontro certo nelle testimonianze grafiche. Il paramento laterizio, molto rimaneggiato, non permette di avanzare ipotesi sull'apparato decorativo originario, infatti non è possibile individuare le tracce per l'innesto di lastre marmoree di rivestimento, desta sospetto anche la minuta cornice in laterizio a marcare l'imposta della volta del fornice, che nelle testimonianze grafiche risulta invece più aggettante. È stata esclusa la presenza di un ordine architettonico applicato in facciata (così Modugno 1992); sarebbe opportuno forse, più cautamente, considerare insoluta la questione rispetto all'impossibilità di verificare il reale aggetto del basamento. | |
Iscrizioni | ||
Apparato decorativo | La decorazione marmorea dell'arco, la cui esistenza è ritenuta poco probabile da Sandro De Maria (1988), secondo la testimonianza di Emanuele Mola (1796) pare fosse ancora parzialmente conservata alla fine del 1700;anche il Saint-Non, che ipotizza una destinazione funeraria del monumento, riferisce della presenza di una cornice, probabilmente quella di coronamento, della quale all'epoca non era più possibile determinare la forma (Saint-Non 1781-1786, III, 32). Luigi Todisco propone di associare all'arco canosino il noto rilievo di Castel del Monte e un rilievo con cavaliere conservato al museo di Trani, ritenendoli parte di uno stesso fregio destinato all'attico e, in maniera ancora più cauta, suggerisce la pertinenza al medesimo monumento di un rilievo canosino con scena di culto, che deve essere stato sicuramente reimpiegato in epoca successiva nelle grandi fabbriche della città medievale (Todisco 2004, 77-80). | |
Note | L'arco onorario ha un'ubicazione extraurbana non infrequente per questo tipo di monumenti che alla funzione celebrativa del titolare, in questo caso a noi ignoto, sommavano spesso un preciso ruolo di demarcazione territoriale nel paesaggio della città antica (individuazione del Pomerium, simbolico punto di passaggio tra la città dei morti e la città dei vivi) o più semplicemente di strutturazione urbanistica (Scagliarini Corlàita 1979, 55-72). Le dimensioni permettono di escludere, con una certa sicurezza, una committenza imperiale; Sandro de Maria ritiene che si tratti di un arco onorario privato dell'inizio del II secolo d.C., ipotizzando tuttavia anche altre destinazioni: un arco pomeriale eretto al tempo della deduzione della colonia, oppure un arco da riferire all'inaugurazione della Traiana (De Maria 1988, 163). L'associazione del monumento con Terenzio Varrone è attestata almeno dal Settecento (Saint-Non 1781-1786. III; Mola 1796); doveva essere già un topos molto diffuso il legame della città con il console romano che riuscì a salvarsi con alcuni uomini dalla rotta di Canne, rifugiandosi appunto a Canusium, ad esempio questa è l'unica notizia riportata nella Descrittione del Regno di Scipione Mazzella a proposito di Canosa (Mazzella 1601, 125). A Canosa, come in altre città al confine tra Lucania e Apulia, nella prima età moderna doveva apparire già saldamente consolidato il legame tra le antichità visibili e i personaggi ricordati dalle fonti (in primo luogo Livio), che si distinsero per la condotta eroica tenuta in occasione della guerra annibalica, evento capitale della storia antica di questo territorio; sono casi esemplari di tale processo anche la Casa di Busa, nella stessa Canosa, e la Tomba detta di Marcello a Venosa. | |
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti e documenti | ||
Bibliografia | Angelini 1992: Gregorio Angelini, "Cartografia antica", in Principi imperatori vescovi: duemila anni di storia a Canosa, catalogo della mostra (Bari), a cura di Raffaella Cassano, Venezia 1992, 25-36.
Damadenus 1723: Abbas Damadenus, Aes redivivum, sive tabula aenea Canusina, in Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae, tomi quarti pars prima, Lugduni Batavorum 1723, 757-890.
Goffredo 2011: Roberto Goffredo, Aufidus: storia, archeologia e paesaggi della valle dell’Ofanto, Bari 2011, 237-238, CAN69.
L'Arab 1987: Gilda L'Arab, "Il mausoleo Bagnoli a Canosa", Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli studi di Bari, 30, 1987, 5-23.
Mazzella 1601: Scipione Mazzella, Descrittione del Regno di Napoli, nella quale s'ha piena contezza, cosi' del sito d'esso, de' nomi delle prouintie antiche ... . Di Scipione Mazzella napolitano In Napoli ad istanza di Giovanni Battista Cappello, 1601. Modugno 1992: Marilisa Modugno, "L'arco onorario", in Principi imperatori vescovi: duemila anni di storia a Canosa, a cura di Raffaella Cassano, cat. mostra (Bari), Venezia 1992, 720-1. Mola 1796: Emmanuele Mola, Peregrinazione letteraria per una parte dell'Apulia con la descrizione delle sue sopravvanzanti antichità, s.l., 1796. Tempesta 1975: Sabina Tempesta, "Prime schede di un rilevamento topografico in Puglia", Bollettino d'Arte, 60, 1975, 245-248.
De Maria 1988: Sandro de Maria, Gli archi onorari di Roma e dell'Italia romana, Roma 1988, 151, 163, 171, 172, 236-237, n. 9.
Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786.
Scagliarini Corlàita 1979: Daniela Scagliarini Corlàita, "La situazione urbanistica degli archi onorari nella prima età imperiale", in Studi sull'arco romano, Studia Archaeologica, 21, 1979, 29-72. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Stefania Tuccinardi | |
Data di compilazione | 03/12/2013 11:31:16 | |
Data ultima revisione | 14/05/2017 12:31:29 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/57 |
Oggetto | Canosa, casa di Busa | |
---|---|---|
Tipologia | Complesso monumentale | |
Nome attuale | casa di Busa | |
Nomi antichi | castello di Busa, casa di Busa | |
Materiali e tecniche edilizie | Opera reticolata con inserti di laterizio; opera laterizia. | |
Dimensioni | ||
Stato di conservazione | Restano pochi avanzi in muratura non ricomponibili in una planimetria unitaria. | |
Immagine | ![]() | |
Cronologia | prima-media età imperiale | |
Fattori di datazione | Tecnica edilizia | |
Storia e trasformazioni medievali e moderne | Alla fine dell'Ottocento le strutture erano già parzialmente inglobate in Palazzo Rossilli e forse nelle fondazioni di casa Sinesi; nel corso del secolo scorso sono state obliterate o incorporate dalle palazzine moderne. | |
Famiglie e persone | ||
Descrizione | Gli esigui lacerti murari ora visibili, tra via Oberdan e via De Gasperi, appartenevano a un complesso monumentale, in parte inglobato nei caseggiati moderni che hanno occupato tutta l'area, tradizionalmente noto come Casa di Busa. Le strutture ancora nel 1878 apparivano come "i maestosi ruderi di un gran palagio" (Fontana in Fiorelli 1878, 194) tanto che il Mola, un secolo prima, non esitava a paragonarle per magnificenza e lusso ai monumenti di Baia e Pozzuoli. L'evidente monumentalità del complesso deve averne determinato l'associazione con la ricchissima Busa, la munifica canosina, celebrata dalle fonti antiche per aver accolto i soldati romani scampati alla disfatta di Canne (Liv. 22, 50,11; 54,4-5; Val. Max. 4, 8,2; App., Hann. 26). Il complesso sorgeva su un'ampia terrazza rettangolare cui sono funzionali le sostruzioni con fronte decorata con nicchioni in opera quadrata di tufo giallo, parzialmente visibili sul lato occidentale di via De Gasperi (Lippolis 1993, 183). La Casa di Busa si colloca in un più ampio sistema monumentale realizzato su diversi livelli terrazzati, dei quali parrebbe occupare la posizione più alta sulla terrazza superiore. Non sono chiari i legami tra i corpi di fabbrica individuati e la fronte monumentale realizzata a ninfeo, situata sul livello inferiore e ora all'interno di Palazzo Rella (Lippolis 1993, 184, ipotizza una costruzione di destinazione cultuale sul modello dei santuari terrazzati di età repubblicana). La profonda urbanizzazione dell'area, l'individuazione di tecniche edilizie differenti e sopratutto il carattere episodico della documentazione non rendono agevole un'interpretazione sistematica; resta comunque un dato evidente che il settore nord-ovest della città si presenta caratterizzato da soluzioni architettoniche di grande impegno, finalizzate a regolarizzare il pendio del versante che da Santa Chiara conduce alla piana di San Giovanni (Corrente 1990), quasi a qualificare un'area privilegiata dello sviluppo urbanistico, diretta verso l'Appia-Traiana (Sabbatini 1992). Le ristrutturazioni susseguitesi nel corso del tempo sono testimoniate dalla compresenza di opera quadrata (sostruzioni di età tardorepubblicana), opera reticolata con inserti di laterizio, opus testaceum e opera vittata mista. | |
Iscrizioni | ||
Apparato decorativo | ||
Note | A Canosa, come in altre città al confine tra Lucania e Apulia, nella prima età moderna doveva apparire già saldamente consolidato il legame tra le antichità visibili e i personaggi ricordati dalle fonti (in primo luogo Livio), che si distinsero per la condotta eroica tenuta in occasione della guerra annibalica, evento capitale della storia antica di questo territorio; sono casi esemplari di tale processo anche l'arco di Varrone, nella stessa Canosa, e la tomba detta di Marcello a Venosa. | |
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti e documenti | ||
Bibliografia | Corrente 1990: Marisa Corrente, "Via A. de Gasperis", Taras, 10, 1990, 315-319.
Fiorelli 1878: Giuseppe Fiorelli, "Notizie degli scavi. XVI Canosa", Notizie degli Scavi di Antichità, 1878, 192-197.
Jacobone 1925: Nunzio Jacobone, Un’antica e grande città dell’Apulia, Canusium : ricerche di storia e di topografia, Lecce 1925. Lippolis 1993: Enzo Lippolis, "La monumentalizzazione imperiale a Canosa. Il ninfeo Rella", Taras, 13, 1993, 171-216.
Mola 1796: Emmanuele Mola, Peregrinazione letteraria per una parte dell'Apulia con la descrizione delle sue sopravvanzanti antichità, senza luogo 1796, 22. Sabbatini 1992: Giulio Sabbatini, "La forma urbana", in Principi imperatori vescovi: duemila anni di storia a Canosa, a cura di Raffaella Cassano, cat. mostra (Bari), Venezia 1992, 692-697. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Stefania Tuccinardi | |
Data di compilazione | 02/12/2013 08:58:51 | |
Data ultima revisione | 02/01/2019 17:53:13 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/56 |
Oggetto | Canosa, mausoleo Bagnoli | |
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Tipologia | monumento funerario | |
Nome attuale | mausoleo Bagnoli | |
Nomi antichi | ||
Materiali e tecniche edilizie | Cortine in laterizio costituite da bessali tagliati e tegole fratte con modulo di cm 21-22 (L'Arab 1987, 21). | |
Dimensioni | ||
Stato di conservazione | ||
Immagine | ![]() | |
Cronologia | Seconda metà del II secolo d.C. | |
Fattori di datazione | Tecnica edilizia, tipologia architettonica | |
Storia e trasformazioni medievali e moderne | Il mausoleo è stato oggetto di scavi archeologici nel 1903, quando fu portato alla luce il basamento e individuato il pavimento in signino, ed è stato restaurato nel 1955; nel 1996 è stato realizzato un nuovo intervento di scavo e di consolidamento. | |
Famiglie e persone | ||
Descrizione | Il monumento completamente realizzato in opera laterizia appartiene al tipo architettonico definito a tempio, che ha trovato ampio sviluppo nell'ambito dell'architettura romana a partire dalla fine del I secolo d.C. (Gros 2001, 445-462). La struttura ha pianta rettangolare allungata e si sviluppa in altezza per due piani; molto probabilmente era sormontata da una copertura a spiovente con frontone triangolare ora non più conservata (si veda ricostruzione grafica in L'Arab 1997, tav. I, IV). Il paramento laterizio appare di buona fattura con ricorsi di malta piuttosto stretti; il monumento presenta uno zoccolo in calcare sul quale si imposta una base modanata realizzata in laterizio (h cm 83) che vede succedersi dal basso un listello, un toro, una scozia, contenuta entro due listelli lisci, e un toro meno aggettante, chiuso da un listello. Il primo piano è scandito da un ricorso con dentelli e da un toro, mentre la fascia in calcare, che si distingue poco più sopra, sull'esterno della parete di fondo e su quanto si conserva del lato settentrionale, segna la base delle aperture ad arco che erano realizzate sui lati lunghi; il punto di imposta è indicato da un listello in laterizio. Sul corpo superiore pochi elementi (lastre di terracotta giustapposte) rappresentano ancora un fregio continuo chiuso alla base da un listello e, in alto, da un ovolo non intagliato e da un motivo a dentelli, che doveva essere sormontato, come nella cornice del livello inferiore, da una sorta di mensola aggettante. La camera inferiore, pavimentata in signino e chiusa da volta a botte, non reca alle pareti segni di nicchie e doveva dunque ospitare sepolture in sarcofago; il piano superiore, illuminato due ampie aperture ad arco (largh. circa m 2,5) sui lati lunghi, era servito da una scala interna piuttosto stretta, della quale sono stati individuati i blocchi di fondazione (Barchetta 1996, 43); molto probabilmente questo vano doveva essere adibito alle pratiche cultuali. La tecnica edilizia e la tipologia architettonica riconducono all'avanzato II secolo d.C., lasciando individuare una scelta colta della committenza che risulta indirizzata verso modelli urbani; l'uso di laterizi ottenuti da bessali e la qualità delle malte hanno consentito di collegare il sepolcro ad altri monumenti canosini, quali l'arco onorario, l'acquedotto e il complesso detto tempio di Giove Toro; si tratterebbe dunque, anche in questo caso, di un effetto del grande rinnovamento edilizio che la colonia conobbe grazie alla munificenza del suo fondatore, Erode Attico (L'Arab 1987, 21). La presenza di tegole fratte e la semplificazione degli elementi decorativi dovrebbero condurre ad una datazione nell'avanzata seconda metà del II secolo (Ead., 21). | |
Iscrizioni | In occasione degli scavi del 1903 si rinvenne un'iscrizione frammentaria ora dispersa (cfr. Chelotti 1985, n. 225). | |
Apparato decorativo | Nello scavo del 1903 era stato recuperato un frammento di architrave con tracce di un capitello corinzio realizzato su una lastra dello stesso spessore della lastra con iscrizione (h 0,50, sp. 0,25); i due frammenti sembrano potersi riferire a uno stesso sistema decorativo, forse pertinente alla decorazione delle pareti interne della camera funeraria. | |
Note | Il toponimo Bagnoli, che deriva dall'ubicazione del mausoleo presso un piccolo corso d'acqua, è stato spesso frainteso e l'edificio è stato associato, in virtù della denominazione tradizionale, ad un impianto termale, oppure a una locanda o a una stazione per il cambio dei cavalli sulla via Traiana (Damadenus 1723; Pagenstecher 1914, 75-76; corretta è l'identificazione in Jacobone 1925, 76). Piuttosto discussa è la lettura dell'epigrafe frammentaria, ora perduta, ritrovata all'interno dell'edificio presso il lato meridionale ad una profondità di circa m 1,20; il testo tradito dal Maddalena, che condusse gli scavi, e riportato da Jacobone e ora accolto dalle più recenti edizioni (cfr. Chelotti 1985, n. 225 con bibl.), permetterebbe di riconoscere il gentilizio Mummia o la sua variante Mumia. Tale cognomen è attestato ad Aece per un personaggio imparentato con Annia Regilla (L'Arab 1987, 11), fatto che risulterebbe particolarmente significativo nel caso specifico. Infatti, se si potesse dimostrare la correttezza della lettura e l'effettiva pertinenza del testo al monumento, ci troveremmo davanti a un tipo di sepolcro che ripropone, in una dimensione ridotta, il modello del mausoleo urbano della sventurata Annia Regilla e che risulterebbe usato a Canusium per un personaggio in qualche modo legato ad Annia (per il monumento urbano: Kammerer-Grothaus 1974; Gros 2001, 444 s., fig. 545). | |
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti e documenti | ||
Bibliografia | Barchetta 1996: Elisabetta Barchetta, "Mausoleo Bagnoli", Taras, 16,1, 1996, 42-3.
Chelotti 1985: Epigrafi Romane di Canosa, vol. I, a cura di Marcella Chelotti, Bari 1985.
Chelotti 1990: Marcella Chelotti, Topologia dei monumenti, in Epigrafi Romane di Canosa, vol. II, 1990, 275-277, figg. 7-9.
Damadenus 1723: Abbas Damadenus, "Aes redivivum, sive tabula aenea Canusina", in Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae, tomi quarti pars prima, Lugduni Batavorum 1723, 757-890.
Gros 2001: Pierre Gros, L'architecture romaine, II. Maisons, palais, villas et tombeaux, Paris 2001.
Goffredo 2011: Roberto Goffredo, Aufidus: storia, archeologia e paesaggi della valle dell’Ofanto, Bari 2011, 239-240.
Jacobone 1925: Nunzio Jacobone, Un’antica e grande città dell’Apulia, Canusium: ricerche di storia e di topografia, Lecce 1925.
L'Arab 1987: Gilda L'Arab, "Il mausoleo Bagnoli a Canosa", Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli studi di Bari, 30, 1987, 5-23.
L'Arab 1992: Gilda L'Arab, "Il mausoleo Bagnoli", in Principi imperatori vescovi: duemila anni di storia a Canosa, a cura di Raffaella Cassano, catalogo della mostra (Bari), Venezia 1992, 712-713.
Pagenstecher 1914: Rudolf Pagenstecher, Apulien, Leipzig 1914. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Stefania Tuccinardi | |
Data di compilazione | 02/12/2013 08:57:52 | |
Data ultima revisione | 02/01/2019 18:03:30 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/55 |
Oggetto | Canosa, ponte della Lama | |
---|---|---|
Tipologia | ponte a cinque arcate | |
Nome attuale | ponte sull'Ofanto; ponte della Lama | |
Nomi antichi | ||
Materiali e tecniche edilizie | ||
Dimensioni | ||
Stato di conservazione | Del ponte antico restano solamente i pilastri, le spalle e la platea di fondazione. | |
Immagine | ![]() | |
Cronologia | fine I - inizio II secolo d.C. | |
Fattori di datazione | ||
Storia e trasformazioni medievali e moderne | Il ponte fu più volte restaurato a partire dall’età medievale; nel corso del Settecento una particolare attenzione agli interventi sul ponte antico è documentata nei fascicoli dei Volumi degli atti per la formazione, restaurazione ed altro pel Ponte di Canosa, conservati presso l’Archivio di Stato di Foggia; lo stesso Vanvitelli, seppur marginalmente, si interessò alle operazioni di restauro. La struttura è rimasta in uso, dal suo primo impianto fino alla costruzione, nel secolo scorso, del ponte della statale 98, rivestendo una funzione essenziale in relazione ai percorsi di transumanza | |
Famiglie e persone | ||
Descrizione | L’imponente ponte romano a cinque arcate era stato costruito nel punto in cui la via Traiana attraversava il corso dell’Ofanto. La veste attuale della struttura è esito di un’ininterrotta continuità d’uso protrattasi nel corso dei secoli e dei costanti interventi di manutenzione realizzati; è stato possibile, dunque, formulare una datazione dell’opera ingegneristica solo in base alla valutazione dei particolari tecnici antichi e in maniera specifica della struttura della platea, esplorata nel1985, inoccasione di interventi sull'alveo del fiume (in particolare cfr. Cassano 1992, 708). Anche in base alle soluzioni costruttive adottate il ponte pare agevolmente datarsi tra la realizzazione della via Traiana e la deduzione della colonia in età antonina. | |
Iscrizioni | ||
Apparato decorativo | ||
Note | In Guidone la realizzazione del ponte è associata all'imperatore Traiano, nell'itinerario viene descritta inoltre la presenza nei pressi del Ponte di una torre che portava murata sui due lati la medesima iscrizione: Divo Traiano senatus populusque Romanus honoris virtutisque causa (CIL IX, 96*; Silvestrini 1990, 42 n.15*). Mommsen, che inserisce il testo tra le iscrizioni false, ha ritenuto comunque probabile che fosse stata realizzata sulla base di un'epigrafe antica. | |
Fonti iconografiche | - 1586: disegno di anonimo, della serie raccolta da Agostino Rocca (Biblioteca Angelica di Roma, Carte Rocca, 56/92b; cfr. Munafò, Muratore 1991, 86-87, n.31); - 1651-1656: rilievo del Tratturo dal Ponte di Canosa alle Murge di Montegrosso (cfr. Angelini 1992, 28); - 1693-1697: Antonio Michele, Locatione di Canosa. | |
Piante e rilievi | ||
Fonti e documenti | ||
Bibliografia | Angelini 1992: Gregorio Angelini, "Cartografia antica", in Principi imperatori vescovi: duemila anni di storia a Canosa, a cura di Raffaella Cassano, catalogo della mostra (Bari), Venezia 1992, 25-36.
Cassano 1992: Raffaella Cassano, "Il Ponte sull'Ofanto", in Principi imperatori vescovi: duemila anni di storia a Canosa, a cura di Raffaella Cassano, catalogo della mostra (Bari), Venezia 1992, 708-711.
Silvestrini 1990: Marina Silvestrini, "Epigrafi false", in Epigrafi Romane di Canosa, 2, a cura di Marcella Chelotti, Bari 1990, 41-44. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Stefania Tuccinardi | |
Data di compilazione | 02/12/2013 08:56:19 | |
Data ultima revisione | 06/01/2019 13:06:07 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/53 |
Oggetto | Canosa, tempio di Giove Toro | |
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Tipologia | Tempio con portico | |
Nome attuale | Tempio di Giove Toro | |
Nomi antichi | Tauro, Toro | |
Materiali e tecniche edilizie | Strutture opera laterizia; alzato e decorazione architettonica in marmo proconnesio; nel portico colonne di granito | |
Dimensioni | lungh. 27,77; largh. 16.54 (in pianta) | |
Stato di conservazione | Restano il solido impianto del podio in laterizio e la piattaforma costituita da tufelli sulla quale questo si imposta; mentre è appena leggibile la scalinata di accesso, completamente obliterata da edifici moderni. A Sud del tempio è stato individuato il lato lungo del portico con un breve tratto del muro perimetrale ancora conservato. | |
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Cronologia | Seconda metà del II secolo d.C. | |
Fattori di datazione | Decorazione architettonica | |
Storia e trasformazioni medievali e moderne | Il complesso monumentale è stato completamente spogliato dei marmi che sono stati in buona parte riutilizzati nella Cattedrale. Il poderoso podio in laterizio è rimasto sempre visibile e risulta collocato in una zona leggermente rialzata, cui si deve forse il nome moderno di "tuoro" che vale in questo caso come sinonimo di altura. Il porticato presenta una serie di rimaneggiamenti e restauri: provengono da spogli antichi alcuni elementi riutilizzati nel fronte colonnato (cfr. Chelotti 1985, n.42), sempre nella stessa area altri interventi sono sicuramente datati all'età di Sabino come si deduce dai laterizi con il monogramma del vescovo; la ceramica attesta una frequentazione d'uso dell'area porticata fino al VI secolo d.C.; l'ultima fase di occupazione è segnata dalla presenza di tracce di sepolture sul podio. Emanuele Mola (1796, 22) riferisce di "un quadrato edificio laterizio" nel quale si aprivano "stanze comode" utillizzate all'epoca come stalle, tali ambienti sono probabilmente da identificare con le camere voltate che sorreggevano la scalinata di accesso al tempio, che fu poi completamente obliterata da una costruzione ottocentesca. L'indagine archeologica è stata avviata nel 1978. | |
Famiglie e persone | Erode Attico Sabino vescovo di Canosa | |
Descrizione | Lo studio e il rilievo delle tracce di spoliazione sul podio in laterizio, affiancato dal recupero di alcuni elementi dell'alzato architettonico, permettono di ricostruire la pianta di un tempio periptero esastilo con dieci colonne sul lato lungo e privo di opistodomo (Cassano 1992a). A sud è documentato parzialmente, per la lunghezza di circa m 46, il lato lungo di un impianto porticato che è stato oggetto di accertamenti archeologici. Il tempio dunque era collocato su un podio di m 5 ca. e si inseriva in un'area chiusa, sicuramente porticata sui lati lunghi e prospettante, forse con un propileo, direttamente sulla strada antica, il cui tracciato deve essere ricondotto all'attuale via Imbriani. Gli elementi della decorazione architettonica recuperati in seguito allo scavo archeologico hanno consentito di ascrivere buona parte dei marmi di spoglio della Cattedrale al complesso in esame; in particolare si ritiene che le lastre della pavimentazione in proconnesio siano state ricavate delle lesene o dalle colonne del tempio appositamente tagliate (Cassano 1992b, 916; questo procedimento è confermato da una lastra erratica che risulta identica per modulo a quelle della cattedrale e che mostra sul retro le scanalature), mentre i capitelli di tipo corinzio-asiatico, riutilizzati nella navata centrale appartengono alla stessa tipologia dell'esemplare ritrovato in situ (Cassano 1992a, 747, n.1) e presentano dimensioni corrispondenti all'ordine ricostruibile per il portico esterno (Cassano 1992a, 750, n.12). La tipologia della decorazione architettonica consente una datazione all'età antonina, inoltre l'uso del marmo proconnesio, la sintassi e la tipologia delle modanature, oltre al tipo di capitelli impiegato, rimandano ad ambiente asiatico (morfologia della trabeazione, intaglio del kyma trilobato, cfr. Pensabene 1996-1997, 20; Pensabene 2007, 267). La cronologia, la monumentalità del complesso, la presenza di marmi e forse anche di scalpellini orientali, ben si adatterebbero alla committenza di Erode Attico che fu protagonista, con l'istituzione della colonia, di un'importante programma di rinnovamento edilizio (sulla riorganizzazione e monumentalizzazione del quartiere di via Imbriani : Goffredo 2011, 151- 153; sul ruolo della committenza di Erode Attico e l'ingaggio di scalpellini microiasiatici cfr. Pensabene 1996-1997, 19-28; Pensabene 2013, 269, 492, 530). | |
Iscrizioni | ||
Apparato decorativo | Una statua di Giove in marmo di Afrodisia, ora al Museo Nazionale di Taranto, è stata ritrovata nel 1902 (Jacobone aggiunge anche la notizia relativa al recupero di una "testa di Bacco"; cfr. Jacobone 1925, 80). Della decorazione architettonica del tempio sono stati recuperati in seguito allo scavo archeologico: un capitello corinzio asiatico, frammenti di specchiature mamoree, un frammento pertinente alla cornice del portale, una porzione di lacunare, tegole marmoree (Cassano 1992a, 747, nn. 1-5); inoltre elementi con lesena, riutilizzati nel sarcofago marmoreo attribuito a San Sabino sono stati associati alla parete esterna della cella (Ead. 747, n. 6). Sono relativi alla decorazione architettonica del portico: alcuni frammenti di colonne in granito della Troade, alcuni elementi di architrave in proconnesio, frammenti di cornici, un frammento di geison obliquo attribuito al frontone del tetto del portico, una porzione di colonna scanalata tagliata come lastra pavimentale (Cassano 1992a, 747-751, nn. 8-13); inoltre sei capitelli reimpiegati nella navata centrale della Cattedrale sono ritenuti pertinenti all'ordine del portico (Cassano 1992b, 916-917). | |
Note | Il nome Toro, già attestato in età moderna, si deve forse riferire alla posizione svettante sul paesaggio circostante di cui hanno sempre goduto i ruderi; infatti, nella toponomastica pugliese, i nomi Toro e Tuoro risultano tipici di un luogo rialzato (cfr. Jacobone 1925, 80; Cassano 1992a, 741). La tradizionale attribuzione a Giove si deve al ritrovamento nel 1902 nella zona del "Toro" della statua di Giove ora al museo di Taranto.
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Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | Piante, sezioni, una ricostruzione dell'alzato e rilievi degli elementi architettonici sono stati pubblicati in Cassano 1992a. | |
Fonti e documenti | Alcuni documenti notarili del XVI e del XVII secolo riportano il toponimo Tauro (Jacobone 1925, 80).
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Bibliografia | Cassano 1992a: Raffaella Cassano, "Il Tempio di Giove Toro", in Principi imperatori vescovi: duemila anni di storia a Canosa, catalogo della mostra (Bari), a cura di Raffaella Cassano, Venezia 1992, 741-758.
Cassano 1992b: Raffaella Cassano, "Il reimpiego nella cattedrale normanna", in Principi imperatori vescovi: duemila anni di storia a Canosa, catalogo della mostra (Bari), a cura di Raffaella Cassano, Venezia 1992.
Chelotti 1985: Epigrafi Romane di Canosa, vol. I, a cura di Marcella Chelotti, Bari 1985.
De Lachenal 1995: Lucilla de Lachenal, Spolia. Uso e reimpiego dell'antico dal III al XIV secolo, Milano 1995, 241-242.
Goffredo 2011: Roberto Goffredo, Aufidus: storia, archeologia e paesaggi della valle dell’Ofanto, Bari 2011, 152 s., fig. 3
Jacobone 1925: Nunzio Jacobone, Un’antica e grande città dell’Apulia, Canusium : ricerche di storia e di topografia, Lecce 1925.
Mola 1796: Emmanuele Mola, Peregrinazione letteraria per una parte dell'Apulia con la descrizione delle sue sopravvanzanti antichità, s.l.? 1796, 22.
Pensabene 1990: Patrizio Pensabene, "Contributo per una ricerca sul reimpiego e il "recupero" dell'antico nel Medioevo. Il reimpiego nell'architettura normanna", Rivista dell'Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte 13, 1990, 5-138.
Pensabene 1996/1997: Patrizio Pensabene, "Edilizia pubblica e committenza. Marmi e officine in Italia meridionale e Sicilia durante il II e il III secolo d.C.", Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, 69, 1996-1997, 3-88.
Pensabene 2007: Patrizio Pensabene, Ostiensium marmorum decus et decor: studi architettonici, decorativi e archeometrici, Studi Miscellanei, 33, Roma 2007.
Pensabene 2011: Patrizio Pensabene, "Storia e archeologia di Canosa nel quadro della Puglia romana, tardoantica e altomedievale", in Canosa. Ricerche storiche, decennio 1999 - 2009, Atti del Convegno di Studio (12-13 febbraio 2010) a cura di Liana Bertoldi Lenoci, Martina Franca 2011, 183-228.
Pensabene 2013: Patrizio Pensabene, I marmi nella Roma antica, Roma 2013.
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Link esterni | Scheda della cornice ionica attribuita al Tempio di Giove Toro pubblicata nel sito decarch.it | |
Schedatore | Stefania Tuccinardi | |
Data di compilazione | 06/03/2014 01:11:30 | |
Data ultima revisione | 15/05/2017 06:58:40 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/63 |
Oggetto | Canosa, Torre Casieri | |
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Tipologia | Monumento del tipo a cilindro su dado si base; camera funeraria con volta a botte e nicchie piuttosto sviluppate in altezza. | |
Nome attuale | Torre Casieri | |
Nomi antichi | Torre Casieri | |
Materiali e tecniche edilizie | Cementizio con cortina laterizia sulla fronte | |
Dimensioni | ||
Stato di conservazione | Manca completamente il corpo superiore della struttura; il vano di accesso è molto rimaneggiato, la cortina della parte destra della fronte è completamente di restauro. | |
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Cronologia | metà del I secolo d.C. | |
Fattori di datazione | Tipologia architettonica | |
Storia e trasformazioni medievali e moderne | Si individuano interventi successivi di riuso della struttura, sicuramente il vano di accesso è stato modificato in una fase non precisabile, praticando un'apertura in breccia nella muratura; anche all'interno della camera è stata tentata l'apertura di una terza nicchia. | |
Famiglie e persone | ||
Descrizione | Il monumento funerario si compone di un solido dado di base, nel quale è ricavata anche la camera funeraria, e di un elemento superiore a pianta circolare che è conservato solo nel nucleo cementizio e per una breve altezza. Il dado di base doveva essere sollevato su un alto podio il cui limite superiore risulta ancora chiuso da un ricorso di blocchi di calcare che segna la riduzione del corpo cementizio superiore. Almeno su uno dei lati restano ben visibili le tracce dell'originario rivestimento lapideo: si riconosce la successione di tre filari sovrapposti di blocchi di calcare, in alcuni casi resta ancora il blocco passante, mentre sui lati si legge la traccia verticale di tre elementi interpretabili come lesene o paraste. La camera, coperta da volta a botte, presenta due sole nicchie che, aperte nella parete di fondo, hanno forma piuttosto slanciata e sono sormontate da lunette emisferiche (nei triangoli di risulta si nota l'uso dell'opera reticolata, cfr. L'Arab 1992). Il monumento è di tipo a cilindro su alto dato di base; si tratta di una forma architettonica derivata dal monumento a tumulo tradizionale, che ha conosciuto uno sviluppo in senso verticale (con una riduzione del diametro del cilindro e un contestuale aumento dell'altezza del podio), mentre del tumulo di terra, identificativo del tipo più antico, restava il solo cilindro cementizio. In questo processo il dado di base, originariamente semplice podio del cilindro, è stato trasformato in un corpo architettonico autonomo destinato a ospitare la camera funeraria (cfr. Schwarz 2002; Stanco 2013). In Campania si riscontra, accanto ad un'espansione della camera funeraria anche la predilezione per la copertura a cupola, come nel caso della cosiddetta Conocchia di Capodimonte a Napoli o di alcuni mausolei flegrei; uno dei primi esempi in tal senso potrebbe essere considerato il Mausoleo degli Acilii ad Alife. Alcune caratteristiche rendono tuttavia il monumento canosino non pienamente associabile alle tipologie più note, in particolare per una definizione puntuale occorrerebbe verificare il rapporto con il resto della struttura della facciata laterizia e il livello del piano interno della camera; la lettura dell'elevato risente quindi dell'assenza di un rilievo preciso della struttura che consideri anche le tracce lasciate dalla decorazione lapidea. | |
Iscrizioni | ||
Apparato decorativo | ||
Note | ||
Fonti iconografiche | ||
Piante e rilievi | ||
Fonti e documenti | ||
Bibliografia | Chelotti 1990: Marcella Chelotti, "Tipologia dei monumenti", Epigrafi Romane di Canosa 2, 274 s., fig. 4,6.
Goffredo 2011: Roberto Goffredo, Aufidus: storia, archeologia e paesaggi della valle dell’Ofanto, Bari 2011, 238, can 71.
L'Arab 1992: Gilda L'Arab, "La Torre Casieri", in Principi imperatori vescovi: duemila anni di storia a Canosa, catalogo della mostra (Bari), a cura di Raffaella Cassano, Venezia 1992, 718.
Lippolis 1993: Enzo Lippolis, "La monumentalizzazione imperiale a Canosa. Il ninfeo Rella", Taras, 13, 1993, 171-216.
Schwarz 2002: Martina Schwarz, Tumulat Italia tellus, Gestaltung, Chronologie und Bedeutung der römischen Rundgräber in Italien, Leidorf 2002.
Stanco 2013: Enrico Angelo Stanco, Il mausoleo degli "Acilii Glabriones" ad Alife e i sepolcri a tamburo su podio, con camera coperta a cupola, Roma 2013. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Stefania Tuccinardi | |
Data di compilazione | 02/12/2013 08:57:08 | |
Data ultima revisione | 02/01/2019 17:56:31 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/54 |
Oggetto | Trani, Santa Maria di Colonna, architrave con iscrizione | |
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Luogo di conservazione | Trani | |
Luogo di reimpiego | Trani | |
Collocazione attuale | Trani, reimpiegato come architrave nel portale principale della Chiesa di Santa Maria di Colonna | |
Prima attestazione | ||
Materiale | Marmo bianco (proconnesio) | |
Dimensioni | ||
Stato di conservazione | Mancante della cimasa; si registrano inoltre diverse lacune nel kyma di separazione tra la corona e il fregio che è privo dello spigolo superiore destro. | |
Cronologia | fine II secolo d.C. (post 197-198) | |
Descrizione | L'elemento architettonico è riutilizzato come architrave nel portale principale e inquadrato su entrambi i lati da sfingi, probabilmente realizzate da blocchi antichi di proconnesio. Il lato visibile dall'esterno mostra un fregio-architrave a due fasce di aggetto crescente, procedendo verso l'alto, separate da un tondino, intagliato a sua volta in un motivo a corda, e delimitate in alto dalla successione di un astragalo (perline allungate e fusarole romboidali), di un kyma lesbio trilobato, realizzato su una gola rovescia, e di un listello liscio. Il fregio è decorato da lunghe baccellature con una lunetta semicircolare alla base, cui seguono un astragalo e un kyma ionico di chiusura (ovoli separati da freccette). È possibile individuare i margini del blocco, che risulta incassato in leggero aggetto nella muratura medievale; questi appaiono scanditi, all'altezza del fregio, da una foglia acantina angolare. Sul lato visibile dall'interno della chiesa si legge l'iscrizione, distribuita su fasce modanate, realizzate nell'intera altezza disponibile corrispondente all'architrave e al fregio, e probabilmente mutila della prima riga, che si deve ipotizzare si sviluppasse nello spazio della cimasa. Il testo menziona un curator pecuniae (annonariae), magistrato che aveva il compito di assicurare al consumo pubblico la quantità di beni alimentari necessaria per la durata della carica (cfr. ERC I, 82-84) e l'ordo decurionum che è presente con l'attributo splendidissimus. L'iscrizione dovrebbe riferirsi a un atto di munificenza, probabilmente la costruzione o un altro intervento edilizio relativo all'edificio di appartenenza dell'architrave, compiuto dall'ignoto magistrato. Le modalità di lavorazione, che risultano peculiari nella serie contigua di forellini di trapano che determina il profilo delle baccellature, la successione delle modanature e lo stile di queste (ad es. il kyma lesbio con archetto interrotto superiormente e doppia cornice) si qualificano, in accordo con l'uso del marmo proconnesio, come tipiche di maestranze asiatiche (si veda in particolare per l'Italia meridionale: Pensabene 1997). Si notano, in questo senso, affinità con gli elementi architettonici canosini sicuramente attribuiti al tempio di Giove Toro, ma il fatto che la successione delle modanature non trovi corrispondenze precise nelle partiture architettoniche del tempio e le differenti caratteristiche stilistiche sembrano suggerire cautela nell'attribuire la cornice a tale complesso monumentale, senza dover escludere, tuttavia, che Canosa sia stato il centro di provenienza del prezioso spolium. In base ai confronti individuati e alla presenza nell'iscrizione dell'attributo splendidissimus, riferito all'ordine dei Decurioni, che non pare attestato in ambito regionale prima del 198 d.C. (cfr. ERC I, 84), si propone per il marmo una datazione tra la fine del II secolo d.C. e l'inizio del seguente.
Si riporta di seguito la trascrizione del testo (cfr. Caruso 2005): [------?] [---]c̣urator pecuniae ad annonam per[---] splendidissimus ordo [------?] | |
Immagine | ![]() ![]() | |
Famiglie e persone | ||
Collezioni di antichità | ||
Note | ||
Fonti iconografiche | ||
Rilievi | ||
Fonti e documenti | ||
Bibliografia | Caruso 2005: Fabio Caruso, scheda nel database Eagle n. EDR080087.
Cassano, Carletti 1992: Raffaella Cassano, Carlo Carletti, "Trani" , in Principi imperatori vescovi: duemila anni di storia a Canosa, a cura di Raffaella Cassano, catalogo della mostra (Bari, 27 gennaio-17 maggio 1992), Venezia 1992, 901-906.
ERC I: Marcella Chelotti, Vincenza Morizio, Rosanna Gaeta, Le epigrafi romane di Canosa, vol. I , Bari 1990, 82-84, n. 49 (V. Morizio).
Pensabene 1997: Patrizio Pensabene, "Edilizia pubblica e committenza. Marmi e officine in Italia meridionale e Sicilia durante il II e III secolo d.C.", Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di archeologia, 69, 1996-1997, 33-88. | |
Allegati | ||
Link esterni | Caruso 2005: Fabio Caruso, scheda nel database Eagle n. EDR080087. | |
Schedatore | Stefania Tuccinardi | |
Data di compilazione | 26/02/2014 13:12:17 | |
Data ultima revisione | 19/05/2017 13:42:50 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/326 |