NomeBari
TipoCittà
Luogo superiorePUGLIA
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OggettoBari, veduta
CollocazioneBaltimora, Walters Art Museum, manoscritto W.658
Immagine
Materiali e tecniche
Dimensioni
Cronologia
Autore
Soggetto
Descrizione
Iscrizioni
Famiglie e persone
Note


Riproduzioni
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
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Schedatore
Data di compilazione20/01/2014 21:16:20
Data ultima revisione20/02/2017 20:52:18
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OggettoBari, veduta del porto
Collocazionea stampa
Immagine
Materiali e tecnicheincisione
Dimensioni
Cronologia1783
Autore
SoggettoBari
Descrizione
Iscrizioni
Famiglie e persone
Note
Riproduzioni

A stampa in Saint-Non 1781-1786, III

Fonti e documenti
Bibliografia

Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786. [vol. 1.1vol. 1.2;vol. 3vol. 4.1vol. 4.2].

Allegati
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Schedatore
Data di compilazione03/12/2013 11:04:13
Data ultima revisione28/01/2017 22:33:10
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OggettoBari, veduta del porto e della città
Collocazionea stampa
Immagine
Materiali e tecnicheincisione
Dimensioni
Cronologia1783
Autore
SoggettoBari
Descrizione
Iscrizioni
Famiglie e persone
Note
Riproduzioni

A stampa in Saint-Non 1781-1786, III

Fonti e documenti
Bibliografia

Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786. [vol. 1.1vol. 1.2;vol. 3vol. 4.1vol. 4.2].

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Schedatore
Data di compilazione03/12/2013 11:15:52
Data ultima revisione20/02/2017 20:52:49
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OggettoBari, veduta urbana
Collocazionea stampa
Immagine
Materiali e tecnicheincisione acquerellata
Dimensionicm 44 x 34,2
Cronologia1770
Autore

Vincenzo Lapegna (disegnatore)

Bartolomeo Borghi (incisore)

SoggettoBari
Descrizione

La veduta mostra la città dalla parte verso terra (sud-ovest), protesa come una penisola verso il mare. In primo piano le mura, che segnano il percorso dal castello fino al porto, e all'interno della cinta i principali edifici urbani (cfr. infra, Iscrizioni).

In alto, ai lati del cartiglio con la dedica, compaiono gli stemmi della città e della provincia, insieme con la riproduzione di due antiche medaglie in bronzo.

Iscrizioni

In alto, all'interno di un cartiglio:

"Carta scenografica della / città di Bari / Capo di tutta la Puglia, consagrata ai sublimi  meriti / di S.E. il sig.re D. Giordano Dottula / Cavaliere dell’insigne Ordine Gerosolimitano di devozione / e primario Patrizio di detta Città".

 

In basso è la legenda:

"1. Porta della Città detta di Napoli

2. Ponte nell’entrare del Castello

3. Fossato intorno al Castello

4. Real Palazzo dentro il Castello

5. Convento d PP. Paolini

6. Casa de PP. Della Missione

7. Muri della città

8. Fossato intorno alla Città

9. Convento de P. Domenicani

10. Largo del Castello

11. Piazzale dell’Arcivescovado

12. Il Duomo

13. Campanile del Duomo

14. Locanda del Procaccio

15. Chiesa delle Moniche di S. Giacomo

16. Convento de Teresiani

17. Monache di S. Chiara

18. Chiesa de Conventuali

19. Ospidale degli Amalati

20. Monache di S. Teresa

21. I Padri Osservanti

22. Monache di S. Scolastica

23. Fortino di S. Scolastica.

24. Monache di S. Maria del buon Consiglio

25. Conservatorio della Nunciata

26. Real Basilica di S. Nicolò

27. Ospidale de Pellegrini

28. Carceri o Palazzo del Governatore

29. PP. Agostiniani

30. Piazza Grande

31. S. Benedetto Monaci Celestini

32. Chiesa degli aboliti Gesuiti

33. Le Pentite

34. Sedile di Città

35. Campanile del Sedile

36. Fortino del Porto

37. Porta della Manna

38. Camare per i Deputati della salute

39. Molo nuovo

40. Molo vecchio

41. Il Lazaretto

42. Impresa della Città

43. Impresa della Provincia

44. Il Porto

45. Strada Carrozzabile lungo le Mura

46. Punta S. Cataldo

47. Monte Gargano

48. Due Medaglie Baresi in bronzo piccole

49. I Carmelitani

50. I Teatini

51. I Cappuccini

52. I Riformati".

Famiglie e persone
Note
Riproduzioni
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
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Scheda e riproduzione online in internetculturale.it

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione18/12/2013 19:09:07
Data ultima revisione28/01/2017 22:34:23
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Disegno/200
OggettoBari, Annunziata
TipologiaChiesa e complesso monastico
Nome attualeAnnunziata
Immagine
Nomi antichi

Sant'Andrea, Annunziata

Cronologia

1306: la chiesa di Sant’Andrea è documentata in lasciti testamentari.

1377: la chiesa è attestata per la prima volta come Sancta Maria Annunciata.

1582: viene completato il rifacimento delle mura urbiche nei pressi della chiesa (la “muraglia della Nuziata”).

1593: fondazione del conservatorio femminile per convertite.

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Il complesso dell'Annunziata sorgeva presso le mura cittadine nel tratto meridionale, lungo la strada che conduce a Santa Scolastica, in loco penne. A testimone del notevole edificio resta oggi solo il campanile ad un solo piano e costruito nel secolo XVII, che sorge sulla base di un'alta casa torre medievale, su più livelli. Sopra l'ingresso a tutto sesto si vede lo stemma seicentesco del vescovo Ruffo e dall'arco si entra in un passaggio voltato su cui si sviluppa l'edificio medievale, con le tracce regolari delle buche pontaie e un'apertura con lunetta al centro in corrispondenza del terzo livello. Nei pressi, in un'abitazione privata, sono ancora visibili i resti di un chiostro, datato al secolo XIII. La persistenza di elementi anteriori all'epoca moderna fa ipotizzare una continuità storica dell'insediamente ecclesiastico e l'integrazione, nel tempo della fondazione del conservatorio e anche successivamente, di strutture medievali, fors'anche laiche come la casa torre, nel perimetro del convento delle Carmelitane.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Stemma dell’arcivescovo Tommaso Ruffo (1684-1691) sul campanile.

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Sul luogo dove sorse il complesso dell'Annunziata era presente in origine la chiesa di Sant'Andrea, come rivelano gli storici baresi dell'età moderna. Nei pressi della chiesa sorgeva una torre, che nel 1381 era stata acquistata, per 10 once d’oro, dal marmarius Tommaso di Cara o di Caia (CDB, XV, n. 151, a. 1381; CDP, XXIII, nn. 48-49, a. 1394; n. 63, a. 1399; n. 78, a. 1401).

Della chiesa non abbiamo tracce come anche del successivo conservatorio con chiesa diventato successivamente monastero delle Carmelitane scalze che prosperò per tutta l'età moderna. Dopo il 1861 andò distrutta la chiesa dell'Annunziata e il monastero annesso e le sue funzioni furono assolte dalla vicina chiesa di S. Maria del Buon Consiglio, acquistata dal monastero nel 1824.

Note
Fonti iconografiche

Veduta di Bari del 1770, al n. 25.

Piante e rilievi

Rilievi in Dabbicco 1998.

Fonti/Documenti
Bibliografia

Beatillo 1637: Antonio Beatillo, Historia di Bari principal città della Puglia nel Regno di Napoli, Napoli 1637, 223. 

 

Dabbicco 1998: Stefania Dabbicco, “Per una rilettura storico-urbanistica del complesso edilizio dell’Annunziata di Bari”, Archivio Storico Pugliese, 1998, 191-218.

 

Garrubba 1844: Michele Garrubba, Serie critica de Sacri Pastori Baresi, Bari 1844, 587-588.

 

Gelao 1984: Clara Gelao, Itinerari per Bari rinascimentale, Bari 1984, 58.

 

Lombardi 1697: Francesco Lombardi, Compendio Cronologico delle vite degli arcivescovi baresi, parte II, Napoli 1697, 96.


Petroni 1857-1860: Giulio Petroni, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all'anno 1856, 3 voll., Napoli 1857-1860, II, 43.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo, Antonio Milone, Veronica Mele
Data di compilazione04/11/2013 17:18:54
Data ultima revisione24/02/2017 20:36:10
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/584
OggettoBari, castello
Tipologiacastello
Nome attualecastello
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1501 (settembre) Isabella d'Aragona si stabilisce nel castello con la figlia Bona Sforza.

1502 (ottobre) Isabella d'Aragona fa fortificare il castello e la città.

1524 il cantiere si ferma a causa della morte di Isabella e, il 9 giugno, un fulmine colpisce la Torre del monaco, polveriera del castello, che subì notevoli danni.

1554 terminano i nuovi lavori voluti da Bona Sforza.

1556 Bona Sforza ritorna a Bari e s'insedia nel castello.

1557 il castello passa a Filippo II di Spagna.

Autore
Committente
Famiglie e persone

Isabella d'Aragona

Bona Sforza 

Pietro Gravina

Giovanni Lorenzo Pappacoda

Descrizione

Il castello di Bari sorge nella parte occidentale della città, nei pressi della cattedrale, ed era parte integrante della cinta muraria cittadina abbattuta con gli interventi murattiani. Il nucleo centrale del vasto complesso, di pianta quadrangolare, forse di origine normanna, si presenta in una facies svevo-angioina, come rivelano i particolari decorativi del portale d'ingresso e alcuni capitelli eseguiti da artefici della prima metà del secolo XIII posti nei vani di passaggio e presso la corte centrale. In età rinascimentale, soprattutto con gli interventi di Isabella d'Aragona, l'edificio assunse le forme di una residenza, con la costruzione della ben munita cinta muraria con due torri a cuneo (per fronteggiare gli attacchi con armi da fuoco) e decorata con beccatelli e archetti e percorsa da un toro al di sopra del muro di scarpa. La corte interna subì un radicale riallestimento, con la costruzione di un'imponente scala con gradinata centrale e doppia rampa che occupa un'intera ala dell'edificio e raggiunge il piano nobile, che conserva ancora alcune sale con volte medievali, nelle quali sono presenti interventi di età moderna, come resti di fasce affrescate con stemmi.

Iscrizioni

iscrizione di Gaspare Visconti del 1488.

iscrizione che ricorda l'intervento di restauro voluto da Bona Sforza del 1554.

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Nel 1502 Isabella d'Aragona, temendo un assedio da parte dei Francesi, cominciò a fortificare il castello, dove si era trasferita nel settembre 1501. Durante questo intervento fece sopraelevare le torri maggiori e la cinta muraria, edificata con blocchi di tufo carparo. La cinta racchiudeva il nucleo medievale sui tre lati verso terra con due bastioni pentagonali di diverse dimensioni agli angoli sud-est e sud-ovest e con due semibastioni sul lato nord, allora lambito dal mare. Nella cinta perimetrale furono aperti due ordini di cannoniere separati da un toro e da una serie di arcate e beccadelli di origine medievale. La cinta ripercorreva in alcuni tratti murazioni di epoca aragonese. I baluardi furono lodati in un epigramma di Pietro Gravina, riportato nella Historia di Bari (1637) di Beatillo, 191. Nel programma di rinnovamento delle fortificazioni previsto da Isabella d'Aragona era previsto anche un intervento d'isolamento e bonifica della città attraverso un canale che circondasse Bari (Beatillo 1637, 189). I lavori furono interrotti nel 1524 a causa della morte di Isabella e ripresero solo nel 1554, quando, su ordine di Bona Sforza, il capitano generale Giovanni Lorenzo Pappacoda aveva cominciato a fare restaurare il castello e a fortificare la città. L'intervento si concluse nel 1554, come ricorda l'iscrizione che corre lungo due lati della cornice della corte interna. Nel 1556, in occasione del ritorno a Bari di Bona, fu aperta una nuova strada che dalla chiesa di San Francesco di Paola portava al castello. Con l'arrivo di Bona, la corte del castello assunse un carattere più moderno. Bona dedicò la cappella a San Stanislao. Temendo un'invasione dei Turchi, Bona fece rialzare i bastioni del lato meridionale e spostò l'ingresso originario dal lato meridionale a quello di ponente.

Note

Epigramma di Pietro Gravina che celebra i baluardi del castello costruiti da Isabella d'Aragona.

"De quattuor propugnaculis, / Qua modo tuta vides nova propugnacula bello / Murorumque; loco commodiore minas; / Quattuor, et validis munitam turribus arcem. / Quod meliore situ porta dat urbis iter; / Haec populis Isabella suis Aragonia fecit / Commoda / et antiquis granduis auxit opus. / Regia progenies Alsonsi nata secundi, / Magnanimique animos una imitata Patris. / Fortunae varios fortissima pertulit ictus, / Servavitque suum summa per ora decus".

L'epigramma è riportato in Beatillo 1637, 191.

Fonti iconografiche

Veduta di Bari del 1770.

Piante e rilievi

Pianta e altri rilievi in Bacile di Castiglione 1927.

Fonti/Documenti
Bibliografia

Bacile di Castiglione 1920: Gennaro Bacile di Castiglione, "Il castello di Bari”, Napoli Nobilissima, serie 2, I, 1920, 51-56, 73-75.


Bacile di Castiglione 1927: Gennaro Bacile di Castiglione, Castelli Pugliesi, Roma 1927, 39-69.

 

Beatillo 1637: Antonio Beatillo, Historia di Bari principal città della Puglia nel Regno di Napoli, Napoli 1637.

 

Bucci Morichi 1977: Corrado Bucci Morichi, "Sulla cinta bastionata del castello di Bari", Continuità, 4, 1977, 3-16.

 

Di Capua 1987: Mariagiovanna di Capua, "Il castello di Bari nel Cinquecento", in La regina Bona tra Puglia e Polonia, Varsavia 1987, 107-121.


Gelao 2005: Clara Gelao, "Il castello di Bari (fase aragonese)", in Puglia rinascimentale, Milano 2005, 260-261.

 

Haseloff 1920: Arthur Haseloff, Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, Leipzig 1920 (TextbandTafelband).


Petroni 1857-1860: Giulio Petroni, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all'anno 1856, 3 voll., Napoli 1857-1860.

 

Petrignani, Porsia 1982: Marcello Petrignani, Franco Porsia, Bari, Roma-Bari 1982.

 

Rossi 2004: Pierluigi Rossi, Bari: il Castello, Bari 2004.

 

Schettini 1948: Franco Schettini, “Per la storia del castello di Bari”, Archivio Storico Pugliese, I, 1948, 121-133.

Link esterni
SchedatoreBianca de Divitiis, Antonio Milone
Data di compilazione24/10/2013 16:45:13
Data ultima revisione24/02/2017 20:38:13
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/566
OggettoBari, Cattedrale
Tipologiachiesa cattedrale (esistente)
Nome attualeSanta Maria e San Sabino
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1034: fondazione.

1156, post: ripresa dei lavori.

XIII secolo: ricostruzione.

Autore
Committente
Famiglie e persone

Famiglia Tanzi (possedeva una cappella poi scomparsa).

Riso de Gualiardo, 22 luglio 1412: legato testamentario per l’opera della fabbrica della cattedrale; per un suo sepolcro posto davanti alla porta della cattedrale verso la corte dell’ospizio nel lato sinistro dell’entrata della chiesa, nel quale vi sono le armi con le chiavi.

Descrizione
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Capitelli di tipo corinzio asiatico nei matronei.

Capitello di tipo asiatico nel matroneo sud.

Opere d'arte medievali e moderne

Monumento funerario dell'arcivescovo Romualdo Grisone (sec. XIV).

Proviene dalla cappella della famiglia Tanzi la pala di Paris Bordon raffigurante la Madonna fra santi, oggi alla Pinacoteca provinciale di Bari. La stessa famiglia possedeva anche un palazzo nei pressi di San Nicola.

Storia e trasformazioni

La chiesa cattedrale, intitolata a S. Sabino, cominciò ad essere costruita nel 1034 per iniziativa dell’arcivescovo di rito greco, Bisanzio. Quasi completamente distrutta nel 1156 da Guglielmo il Malo, venne ricostruita a partire dal 1171 per iniziativa dell’arcivescovo Rainaldo, e riconsacrata nel 1292 dall’arcivescovo Romoaldo (Orabona Gazzara 1943).

Il potere economico e la giurisdizione territoriale del capitolo cattedrale si stabiliscono e si rafforzano in perpetua concorrenza con la basilica nicolaiana. Se il porto orientale, con le relative infrastrutture appartenevano a S. Nicola, nel porto occidentale l’episcopio possedeva delle astationes; nel 1209, inoltre, ottenne con diploma regio il beneficio di una vasta area demaniale tra il porto e le mura cittadine, che comprendeva il campum per il mercato di cereali e un vasto spazio in edificato, dove l’arcivescovo vantava diritti di edificazione di botteghe (CDB, I, n. 68, a. 1199, n. 74, a. 1209, n. 80, a. 1210; n. 84, a. 1212, n. 90, a. 1223). Stabilito il controllo dell’area occidentale, la mensa arcivescovile riuscì anche a scalfire il dominio nicolaiano nell’area orientale, ottenendo dall’imperatrice Costanza la giurisdizione su S. Pelagia (poi Sant'Anna) lungo la rua francigena, e su S. Clemente, già assegnata ai Templari (CDB, N. 69, A. 1200).

Note

Ludovico Maria Sforza, durante gli anni del suo ducato (1479-1495) donò 200 ducati all'Università per la riparazione dei campanili (Carabellese 1908, II, 204).

Fonti iconografiche

Veduta di Bari 1770, al n. 12.

Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Belli D'Elia 1975:  Alle sorgenti del Romanico. Puglia XI secolo, a cura di Pina Belli D'Elia, Bari 1975.

 

Belli D'Elia 1980: Pina Belli D'Elia, “Il Romanico”, in La Puglia fra Bisanzio e l'Occidente, Milano 1980, 117-253.

 

Belli D'Elia 1986: Pina Belli D'Elia, Italia romanica. La Puglia, Milano 1986.

 

Bertaux 1904: Émile Bertaux, L’art dans l’Italie Méridionale, tome premier: De la fine de l’Empire Romain à la Conquête de Charles d’Anjou, Paris 1904.


Bertelli 1981: Gioia Bertelli, “Per una storia di Bari paleocristiana: note sul mosaico sotterraneo della Cattedrale”, Vetera Christianorum 18, 1981, 393-421.

 

Calò Mariani 1984: Maria Stella Calò Mariani, L'arte del '200 in Puglia, Torino 1984.

 

Fonseca 1990: C.D. Fonseca, “Le istituzioni religiose”in Storia di Bari dalla conquista normanna al ducato sforzesco, a cura di Francesco Tateo, Roma-Bari 1990, 229-245.

 

Lavermicocca 1971:  N. Lavermicocca, “Nuove osservazioni sulla Cattedrale di Bari”, in Studi di storia pugliese in onore di Nicola Vacca, Galatina 1971, 287-303.

 

Nitto de Rossi, Nitti di Vito 1897: Le pergamene del Duomo di Bari (952-1264), a cura di Giovan Battista Nitto de Rossi e Francesco Nitti di Vito, Bari 1897.

 

Orabona Gazzara 1943: E. Orabona Gazzara, “Per la storia della Cattedrale di Bari”, Japigia, 14, 1943, 6-23.

 

Petroni 1857-1860: Giulio Petroni, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all'anno 1856, 3 voll., Napoli 1857-1860.


Petrignani, Porsia 1982: Marcello Petrignani, Franco Porsia, Bari, Roma-Bari 1982

 

Salvatore 1980: M. Salvatore, “Rinvenimenti ceramici sotto la Cattedrale di Bari”, in Atti X Convegno Internazionale della Ceramica (Albisola 1977), Savona 1980, 153-174.

 

Schulz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmaeler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresden 1860.

 

Vinaccia 1915: Antonio Vinaccia, I monumenti medioevali in Terra di Bari, Bari 1915.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo, Veronica Mele
Data di compilazione24/10/2013 16:30:47
Data ultima revisione21/12/2018 15:50:22
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/558
OggettoBari, ex-convento di Santa Teresa de' Maschi
Tipologiacomplesso monastico (trasformato)
Nome attualeBiblioteca Santa Teresa de' Maschi De Gemmis
Immagine
Nomi antichi

Convento di Santa Teresa de' Maschi, dei frati carmelitani

Cronologia

1671: i carmelitani iniziano la costruzione del complesso monastico.

2003: completamento del restauro e apertura della sede della Biblioteca provinciale.

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Il complesso monastico, oggi adibito a biblioteca provinciale, fu eretto a partire dal 1671, occupando un'area centrale della città vecchia e inglobando, di necessità, edifici più antichi. La chiesa si affianca al monastero e vi aderisce per la zona absidale. Al centro del complesso si conserva il chiostro. Tra gli elementi più signficativi dell'insula conventuale, un allungato edificio presenta la tipica forma della casa-torre come nella struttura a base del campanile dell'Annunziata. La costruzione sorge sopra un ampio arco voltato a sesto acuto, che costituisce un passggio della strada principale e mostra forme tardo-gotiche, con la finestra squadrata con colonnino centrale e architrave dritto ingentilito da una cornice a risega, databile al pieno XV secolo, che ne rappresenta l'elemento architettonico di maggior rilievo (una seconda finestra, più semplice, si apre al centro del terzo livello della costruzione fortemente allungata). Questo edificio è significativo perché testimonia la conservazione, ancora nel secolo XV, di forme residenziali medievali come le case-torri, in una forma sicuramente aggiornata per i caratteri decorativi, probabilmente anche in ragione della funzionalità dell'edificio in chiave commerciale.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: B.M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Semerari 1988: Livia Semerari, “La chiesa di S. Teresa dei Maschi di Bari”, Archivio storico pugliese, 41, 1988, 283-300.

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione04/11/2013 17:25:00
Data ultima revisione24/02/2017 20:54:27
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/586
OggettoBari, fortino di Sant'Antonio
Tipologiafortificazione
Nome attualeFortino di Sant'Antonio
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1359: un documento cita una "turris Sancti Antonii portus civitatis".

1762: restauro del porto.

1996: i restauri hanno rivelato all'interno della struttura i resti di una chiesa (secc. XI-XIII) e dell'antico molo inglobati nel fortino.

Autore
Committente

Giovanni Antonio Orsini del Balzo (1386-1463), duca di Bari (dal 1440).

Isabella d'Aragona (1470-1524), duchessa di Bari (1501-1524).

Carlo III di Borbone, re di Napoli.

Famiglie e persone
Descrizione

La costruzione si trova a ridosso del porto vecchio di Bari, nella punta settentrionale in congiunzione con le mura cittadine. Una struttura a pianta pentagonale con un'ampia scarpata di base di conci squadrati di calcare e una cornice rastremata su cui poggia il massiccio tronco-conico eretto con arenaria gialla e cinto da un sottile toro che segna l'astrico della struttura su cui svettano due torrioncini. A pianterreno si apre l'ingresso principale alla struttura, a tutto sesto e sovrastato da uno stemma consunto (forse del secolo XVI); l'interno è un largo ambiente a volta ribassata che funge anche da attraversamento dell'intera struttura che si collega alla cinta muraria della città.

Iscrizioni

Stemma sul portale d'ingresso con iscrizione (consunti) (sec. XVI?).

Epigrafe commemorativa dell'intervento di restauro del porto ad opera di Carlo III di Borbone (1762).

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Giovannantonio Orsini del Balzo, nominato duca di Bari (1441), intraprese un'opera di fortificazione a difesa del porto in forma di grande torre cinta come un castello, innalzata su costruzioni preesistenti: una torre e una piccola chiesa intitolata a Sant'Antonio Abate. Alla morte del signore, i baresi per vendetta danneggiarono l'edificio e in seguito chiesero al re Ferrante di poter utilizzare il materiale di risulta per riparare le mura cittadine. Il forte fu poi ricostruito ai tempi di Isabella d'Aragona.

Nei capitoli presentati a Bona e Sigismondo, sovrani di Polonia, e placitati il 18 gennaio 1527, l'Università chiese di ottenere l'uso di alcuni magazzini e spazi vuoti situati sotto e davanti alla Torre; la concessione, ottenuta dalla città già al tempo di re Ferrante, non venne, però, confermata dai sovrani polacchi (Pepe 1900, 210).

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: B.M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Gelao 2005: Clara Gelao, Puglia rinascimentale, Milano-Bari 2005, 14.

 

Pepe 1900: Ludovico Pepe, Storia della successione degli Sforzeschi negli stati di Puglia e Calabria, e documenti, Bari 1900.

 
Petroni 1857-1860: Giulio Petroni, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all'anno 1856, 3 voll., Napoli 1857-1860.

 

Petrignani, Porsia 1982: Marcello Petrignani, Franco Porsia, Bari, Roma-Bari 1982.

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SchedatoreAntonio Milone, Veronica Mele
Data di compilazione02/02/2014 15:47:30
Data ultima revisione24/02/2017 20:56:58
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OggettoBari, Palazzetto Calò
Tipologiapalazzo
Nome attualePalazzetto Calò
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1583: data sulla porta d'ingresso del palazzetto.

Autore
Committente

Tullio e Giovanni Giacomo Calò.

Famiglie e persone

Tullio e Giovanni Giacomo Calò (proprietari dell'edificio).

Descrizione

Il palazzetto, sito in Largo Maurelli, in pieno centro storico, ha perso i suoi caratteri originari e conserva, della facies rinascimentale, la porta d'ingresso, semplicemente architravata e con una modanatura con toro centrale, che si apre in corrispondenza di una scala chiusa che segue verticalmente il fianco del palazzo e prende luce da piccole finestre quadrate. La cantonata ad angolo, con uno sguscio obliquo, sembra essere traccia di un momento dell'edificio anteriore, tardomedievale. Al piano superiore appare murato uno stemma, probabilmente della famiglia Calò. Il pianterreno presenta una muratura a conci di bugnato rustico con due tipi di aperture, il portale e due ingressi a tutto sesto, probabilmente di servizio. Nei due piani superiori troviamo ampi balconi con cornice architravata aggettante, che richiama quella del portale d'ingresso al pianterreno; al primo piano, i due balconi si aprono su una terrazza frutto dell'aggetto di un corpo avanzato dell'edificio, posto simmetricamente al centro del prospetto e che potrebbe anche essere un intervento seriore.

Iscrizioni

Sull'architrave della porta d'ingresso:

"D(e)I IUS CUSTODIAT INTROIUTUS TUUM TE (e)T EXITUM/ TUUM TULIO ET IO(hannes) IACOBO CALO ET AMICIS AN(n)O D(omi)NI/ 1583".

Stemmi o emblemi araldici

Stemma con luna e stelle e una fascia centrale, forse riferibile alla famiglia Calò di Bari.

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

L'edificio, su tre livelli, conserva la forma e alcuni degli elementi decorativi del suo assetto originario.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972, 49, 106, 140-141, 283.

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SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione04/11/2013 17:27:08
Data ultima revisione24/02/2017 21:01:58
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OggettoBari, Palazzetto presso Palazzo Gironda
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia
Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

L'edificio sorge nel cuore del centro storico, incuneandosi presso la Strada degli Orefici, in un largo prospiciente il notevole Palazzo Gironda. Il palazzo originario doveva svilupparsi su tre livelli, il pianterreno in conci lisci e squadrati ben connessi e il piano nobile, impreziosito da bugnati piatti sottili che si rivelano quasi corsi isodomi, secondo una soluzione ricercata e non molto frequente; il secondo piano di nuovi a conci lisci con finestre dagli stipiti e dall'architrave lisci, come nel pianterreno. Ogni livello è segnato da una cornice marcapiano modanata, più aggettante al culmine dei piani superiori. Sopra l'ingresso, di modeste dimensioni con il portale a tutto sesto, campeggia lo stemma. Siamo di fronte ad un edificio di medie dimensioni, rappresentante di quell'edilizia comune ma di pregio che è frequente nelle zone più in vista del centro storico cittadino.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Stemma sul portale d'ingresso con immagine di San Nicola sulle acque (secolo XVI).

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: B.M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Maselli Campagna 2006: Marcella Maselli Campagna, "Palazzi rinascimentali di Bari e di Bitonto", in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Puglia, Abruzzo, a cura di Adriano Ghisetti Giavarina, Roma 2006, 41-83.

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SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione04/11/2013 17:30:41
Data ultima revisione24/02/2017 21:06:57
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/588
OggettoBari, Palazzo Diana
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi

palazzo Diana

Cronologia

XVI-XVII secolo

Autore
Committente

famiglia Diana

Famiglie e persone

famiglia Diana

Descrizione

Il palazzo si sviluppa su tre livelli, il piano terra a bugnato continuo, il primo piano nobile con fasce alterne lisce e bugnate e il secondo piano nobile interamente liscio.

Il portale principale è composto da un’apertura ad arco con cornice bugnata, inquadrata da una coppia di paraste doriche ribattute all’esterno da altrettante semiparaste dal fusto bugnato. La trabeazione è a tre fasce e il fregio continuo è occupato da un motivo a racemi.

Le finestre del primo piano nobile sono intervallate da nicchie semicircolari, forse in origine pensate per accogliere statue.

Al di sotto della cornice che conclude superiormente il secondo piano nobile si trovano murate diverse mensole figurate apparentemente medievali.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Maselli Campagna 2006: Marcella Maselli Campagna, "Palazzi rinascimentali di Bari e di Bitonto", in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Puglia, Abruzzo, a cura di Adriano Ghisetti Giavarina, Roma 2006, 41-83.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione24/10/2013 16:40:34
Data ultima revisione24/02/2017 21:08:29
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OggettoBari, Palazzo Gironda
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

XVI secolo

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Il palazzo segue per un lungo tratto la Strada degli Orefici, assecondandone la curvatura. La fascia basamentale dell’intero piano terreno è connotata da un bugnato isodomo a conci rilevati, che denota la sua seriorità rispetto all’edificio originario in corrispondenza della giunzione con il portale cinquecentesco.

Il portale è decentrato rispetto allo sviluppo attuale del palazzo e occupa la penultima di nove campate successive. È articolato come un arco inquadrato da una coppia di paraste composite su piedistalli. Nei pennacchi ai lati dell’arco sono due medaglioni con ritratti di profilo all’antica, virile a sinistra, femminile a destra. Nel fregio della trabeazione corre una iscrizione (cfr. infra, Iscrizioni).

Iscrizioni

Sul fregio del portale:

"DVM PROBVS ATQVE INSONS RECTA HVC DEVORTIOR HOSPES".

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note

I due ritratti clipeati ai lati del portale sono tradizionalmente identificati come Barione e Japige, mitici fondatori di Bari.

Fonti iconografiche
Piante e rilievi

Rilievo della facciata in Apollonj Ghetti 1972, poi ripubblicato in Maselli Campagna 2006.

Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Maselli Campagna 2006: Marcella Maselli Campagna, "Palazzi rinascimentali di Bari e di Bitonto", in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Puglia, Abruzzo, a cura di Adriano Ghisetti Giavarina, Roma 2006, 41-83.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione24/10/2013 16:36:57
Data ultima revisione24/02/2017 21:09:46
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/560
OggettoBari, palazzo in strada Incuria
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia
Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Lungo la strada Incuria (dal nome di una famiglia nobile della città), posta tra la Cattedrale e la piazza Mercantile sorgono due edifici accostati, databili a periodi diversi: nel primo, più basso, si evidenzia un portale ad arco ribassato inquadrato, databile al secolo XV, cui segue una costruzione di dimensioni maggiori, in calcare a conci piccoli e squadrati, il cui pianterreno è caratterizzato dalla presenza di un ampio arcone a tutto sesto, con ghiera contornata, sostenuto, a sinistra, da una colonna con capitello corinzio (databile, anche per il profilo poligonale, al sec. XIII) e dado (forse frammento di reimpiego). Il prospetto, dopo l'ampio fornice, forse in origine destinato a fini commerciali, presenta la parete con arcate cieche, più strette, che hanno fatto pensare anche alla presenza di un edificio ecclesiastico (Pepe 1984 ritiene i resti accostabili ad una chiesa). La notevole parete, primo livello con cornice marcapiano di un edificio a più piani, rappresenta una testimonianza significativa dell'edilizia civile medievale della città di Bari.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: B.M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Mongiello et alii 2012: Giovanni Mongiello, Domenico Spinelli, Cesare Verdoscia, Le architetture aragonesi e spagnole in Puglia. Materiali per la costituzione di un repertorio dei caratteri stilistici degli edifici del primo Rinascimento, Bari 2012, 30-31.

 

Pepe 1984: Adriana Pepe, "Chiese di fondazione privata nel tessuto di Bari medievale. S. Giovanni Crisostomo", in Bari sacra, Galatina 1984, 1-15, 1-2.

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SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione04/11/2013 17:41:35
Data ultima revisione20/12/2018 17:37:19
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/590
OggettoBari, palazzo in strada Palazzo di Città, 38
Tipologiapalazzo
Nome attualepanificio Fiore
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1508 ca.

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Del nucleo originario del palazzo rimane visibile in facciata il portale architravato inquadrato nella porzione superiore da una cornice tardogotica che gira su tre lati poggiando su mensolette. L’architrave è sorretto da mensole angolari e decorato da tre stemmi lisci, mentre un altro stemma in pietra è murato al di sopra.

All’interno del locale che un tempo doveva corrispondere al vestibolo e oggi è occupato dal panificio, si trovano tre colonne in pietra con capitelli medievali e un secondo portale datato 1508.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Tre stemmi, lisci, sono intagliati nell'architrave del portale esterno. Uno stemma in pietra è murato al di sopra. 

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Maselli Campagna 2006: Marcella Maselli Campagna, "Palazzi rinascimentali di Bari e di Bitonto", in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Puglia, Abruzzo, a cura di Adriano Ghisetti Giavarina, Roma 2006, 41-83.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione24/10/2013 16:40:57
Data ultima revisione20/12/2018 17:38:28
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/565
OggettoBari, palazzo in strada Verrone
Tipologia
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

XVI secolo

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

L’elemento più interessante del palazzo è il portale, il quale, benché molto rimaneggiato, conserva ancora i capitelli originali. Si tratta di capitelli diversi fra loro sia per foggia, che per fattura. Il capitello destro presenta un calato centinato con foglie d’acanto angolari, al di sopra delle quali, in luogo delle volute sono due delfini che uniscono i loro musi in corrispondenza del fiorone centrale che sorge da un calice poggiato su un tripode. Il capitello sinistro denota una fattura più grossolana, ma una scelta iconografica decisamente più inconsueta, che mescola modelli antichi e medievali. Sotto le volute angolari si trovano due sfingi alate, i cui corpi si sdoppiano in corrispondenza degli spigoli.  Le volute si inflettono verso il centro dove si assottigliano a mimare un cordoncino passante attraverso un anello al quale è appeso uno stemma con all’interno un ritratto maschile di profilo. 

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Maselli Campagna 2006: Marcella Maselli Campagna, "Palazzi rinascimentali di Bari e di Bitonto", in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Puglia, Abruzzo, a cura di Adriano Ghisetti Giavarina, Roma 2006, 41-83.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione24/10/2013 16:38:18
Data ultima revisione20/12/2018 17:40:35
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/561
OggettoBari, palazzo in via dei Gesuiti
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia
Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Un isolato dalla pianta poligonale irregolare, probabilmente frutto di interventi successivi tra fine del Medioevo e prima età moderna, sorge presso la Strada dei Gesuiti (parallela della Strada di città che collega San Nicola con la Piazza Mercantile) all'incrocio con Strada Zeuli, nel cuore del centro storico di Bari di fianco alla chiesa del Gesù. Il prospetto obliquo per il profilo della strada, con un'alta cortina cinque-seicentesca su tre livelli con logge aperte, contiene, al pianterreno, un semplice portale centinato che immette in una corte-strada. L'ambiente presenta una serie di arcate a sesto ribassato rette da pilastri, databili al tardo Quattrocento (in quella di destra si conserva un rocco di colonna scanalato a spirale, di reimpiego, forse vera da pozzo); dall'arcata di sinistra, più ampia, ci si immette in una scala aperta, probabilmente del secolo XVI, con colonnini. Il prospetto esterno del grande edificio a pianta quadrata adiacente alla corte è abbellito, sul lato orientale, al primo piano, da una lunga balconata su mensole aggettanti elegantemente modanate, che occupa l'intera ala del palazzo. I pilastrini in arenaria che la scandiscono e che racchiudono gruppi di quattro colonnini da balaustrata sono decorati da mascheroni e composizioni vegetali, databili al pieno Cinquecento.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: B.M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Maselli Campagna 2006: Marcella Maselli Campagna, "Palazzi rinascimentali di Bari e di Bitonto", in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Puglia, Abruzzo, a cura di Adriano Ghisetti Giavarina, Roma 2006, 41-83.

 

Mongiello et alii 2012: Giovanni Mongiello, Domenico Spinelli, Cesare Verdoscia, Le architetture aragonesi e spagnole in Puglia. Materiali per la costituzione di un repertorio dei caratteri stilistici degli edifici del primo Rinascimento, Bari 2012, 30-31.

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SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione04/11/2013 17:48:11
Data ultima revisione07/01/2019 19:56:22
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/591
OggettoBari, Palazzo in vico San Marco dei Veneziani
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

XV-XVI secolo

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Il palazzo si presenta all'esterno come un anonimo blocco compatto caratterizzato da un grande portale centinato ascrivibile al XVIII secolo. Attraverso il portale si accede a un vestibolo voltato a crociera oltre il quale si apre il piccolo cortile quadrato, quasi completamente occupato da una scala aperta che conduce al primo piano nobile.

Iscrizioni

Un motto iscritto comincia nel fregio della finestra del piano nobile cone le parole "NOLITE CONFIDERE" e continua poi nella porta sottostante con il motto "ADVERSANTE INVIDIA". L'ultima parte dell'iscrizione doveva trovarsi su un'altra porta, poco a sinistra della precedente, ma risulta attualmente illeggibile.

Stemmi o emblemi araldici

Lo stemma sul portale esterno risulta abraso e cancellato.

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne

Apparentemente medievale è una piccola finestra dall'architrave decorato da tre elementi sporgenti (fiori ai lati e uno stemma liscio al centro).

Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia
Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione04/11/2013 17:55:10
Data ultima revisione24/02/2017 22:38:39
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/592
OggettoBari, Palazzo Simi
Tipologiapalazzo
Nome attualePalazzo Simi
Immagine
Nomi antichi
Cronologia
Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Il palazzo Simi, di recente restaurato per ospitare il Centro Operativo per l'Archeologia di Bari con sale espositive per i reperti degli scavi effettuati in loco, sorge lungo la strada Lamberti perpendicolare a Strada Sagges che lo affianca passando per l'ampio portale-supportico a tutto sesto in conci di calcare. Il palazzo si affianca a quello Sagges, con strutture originarie di età medievale riadattate in epoche successive con la trasformazione in residenza unica nel secolo XVI (e numerose modifiche successive). Il palazzo Simi presenta al pianterreno numerose aperture di epoche diverse, tra cui una porta ad arco ribassato di età medievale e l'ingresso centrale (modificato nei secoli XVII-XVIII) che conserva un rilievo quadrato che probabilmente ospitava uno stemma, ora abraso; esso immette in uno stretto androne con volta a peducci di età rinascimentale come la scala aperta a due rampe. Il prospetto presenta, nei due piani superiori, il paramento con conci a bugnato a risparmio, secondo una tipologia frequente nelle case palaziate baresi del secolo XVI, interrotto da aperture riadattate nei secoli successivi, come rivelano i balconcini sei-settecenteschi.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Il palazzo Simi sorge nel centro antico della città in un'area la cui frequentazione risale all'epoca protostorica, come hanno dimostrato gli scavi effettuati in situ che hanno permesso il ritrovamento di resti romani, di una chiesa bizantina e di una chiesa romanica su cui si impianta la casa palaziata del secolo XVI, che fu acquistata da esponenti della famiglia Simi de Burgis, originaria di Lucca, nel 1670 da Lucrezia Gizzinosi, ultima esponente di quella famiglia. Il complesso rinascimentale, caratterizzato dal prospetto in bugnato di due tipologie e dall'androne con scala aperta, fu rimaneggiato successivamente, come rivelano gli inserti di balconcini sei-settecenteschi e altri tagli, come il portale d'ingresso a tutto sesto.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972, 136-142.

 

Mongiello et alii 2012: Giovanni Mongiello, Domenico Spinelli, Cesare Verdoscia, Le architetture aragonesi e spagnole in Puglia. Materiali per la costituzione di un repertorio dei caratteri stilistici degli edifici del primo Rinascimento, Bari 2012, 24-25.

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione04/11/2013 17:35:00
Data ultima revisione24/02/2017 22:41:15
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/589
OggettoBari, Palazzo Tanzi
Tipologiapalazzo
Nome attualepalazzo Tanzi
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

XVI secolo: costruzione.

1533: il palazzo è citato nel testamento di Enrico Tanzi.

XVIII secolo: costruzione della scala nel cortile.

XIX secolo: trasformazione del portale con inserimento del balcone soprastante.

Autore
Committente

famiglia Tanzi

Famiglie e persone

Famiglia Tanzi. La stessa famiglia possedeva anche una cappella nella cattedrale, da cui proviene la pala di Paris Bordon raffigurante la Madonna con Bambino fra santi, oggi alla Pinacoteca Provinciale di Bari.

Descrizione

Il palazzo presenta un prospetto asimmetrico, con un corpo aggettante di due campate, di cui quella a sinistra occupata dal portale centinato, incorniciato da una semplice fascia in pietra differente e medaglioni con ritratti nei pennacchi. Oltre il portale si apre un grande vestibolo voltato che immette nel cortile, la cui parete di fondo è interamente occupata da uno scalone settecentesco.

Iscrizioni

Nella cornice superiore del portale è una iscrizione ottocentesca, probabilmente ricopiata da una più antica forse rimossa in occasione dell'inserimento del balcone del piano nobile:

"INGREDERE HAS AEDES QVISQVIS AMICVS ERIT"

Stemmi o emblemi araldici

Stemma della famiglia nello scalone del cortile.

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Nel XIX secolo venne modificato il portale per l'inserimento del balcone soprastante. In questa occasione si elimina parte della trabeazione e probabilmente si traferisce alla cornice sottostante l'iscrizione.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi

Rilievo della facciata in Apollonj Ghetti 1972, poi ripubblicato in Maselli Campagna 2006.

Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Gelao 2013: Clara Gelao, Paris Bordon in Puglia. Un restauro e due scoperte, Venezia 2013.

 

Maselli Campagna 2006: Marcella Maselli Campagna, "Palazzi rinascimentali di Bari e di Bitonto", in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Puglia, Abruzzo, a cura di Adriano Ghisetti Giavarina, Roma 2006, 41-83.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione24/10/2013 16:39:56
Data ultima revisione24/02/2017 22:44:17
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/563
OggettoBari, Palazzo Verrone
Tipologiapalazzo
Nome attualepalazzo Verrone
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

XVI secolo

Autore
Committente
Famiglie e persone

famiglia Verrone

Descrizione

La facies attuale del palazzo è quella risultata dall’accorpamento moderno di più corpi edilizi medievali. Il palazzo si sviluppa su tre livelli con cinque assi di aperture. Il portale centinato, al centro del piano terreno, è incorniciato da una triplice ghiera a fasce alternate lisce e bugnate, e appare databile al XVIII secolo. Gli elementi più interessanti sono la prima e la terza finestra del piano nobile (quest’ultima modificata per trasformarla in balcone), che conservano ancora la cornice cinquecentesca modanata e decorata da una fascia a piccole bugne diamantate.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi

Rilievi in Apollonj Ghetti 1972, poi ripubblicati in Maselli Campagna 2006.

Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Maselli Campagna 2006: Marcella Maselli Campagna, "Palazzi rinascimentali di Bari e di Bitonto", in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Puglia, Abruzzo, a cura di Adriano Ghisetti Giavarina, Roma 2006, 41-83.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione24/10/2013 16:31:01
Data ultima revisione24/02/2017 22:47:25
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/559
OggettoBari, Palazzo Zizzi
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

XVI secolo, metà: edificazione.

Autore
Committente

Onorato Zizzi Minervino

Famiglie e persone

Onorato Zizzi Minervino, medico incaricato di accogliere Bona Sforza, regina di Polonia e duchessa di Bari, al suo arrivo in città nel 1556.

Descrizione

Il palazzo si presenta come l’accorpamento fra un più antico nucleo medievale consistente in tre campate moderne al piano terreno, al mezzanino e al piano nobile e sei finestrelle medievali al secondo piano nobile, e un volume molto più stretto, a unica campata sulla destra.

Il portale occupa appunto l’ultima campata destra del palazzo, ed è articolato in una apertura ad arco inquadrata da una coppia di semicolonne su piedistallo. Al centro dei piedistalli sono due leoni che reggono un anello tra le fauci. Le colonne hanno fusto liscio nel terzo inferiore e scanalato nella porzione superiore e sono concluse da capitelli dorici con echino a ovoli e lancette e collarino scanalato decorato da un fiorone. La trabeazione, che aggetta in corrispondenza delle semicolonne, ha architrave a due fasce e fregio liscio con iscrizione al centro.

Nei pennacchi sono due ritratti clipeati di profilo. Il ritratto di sinistra raffigura un uomo con corona di lauro, quello di destra una figura femminile con elmo.

Iscrizioni

Nel fregio del portale:

"POST TENEBRAS SPERO LVCEM"

Stemmi o emblemi araldici

La figura femminile nel ritratto clipeato a destra del portale potrebbe essere stata pensata come una Minerva, allusiva al cognome del proprietario Zizzi Minervino.

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi

Rilievo della facciata in Apollonj Ghetti 1972, poi ripubblicato in Maselli Campagna 2006.

Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972.

 

Maselli Campagna 2006: Marcella Maselli Campagna, "Palazzi rinascimentali di Bari e di Bitonto", in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Puglia, Abruzzo, a cura di Adriano Ghisetti Giavarina, Roma 2006, 41-83.

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SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione24/10/2013 16:38:45
Data ultima revisione24/02/2017 22:49:08
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OggettoBari, San Giacomo
Tipologiachiesa (esistente) con annesso convento (trasformato)
Nome attualeChiesa di san Giacomo
Immagine
Nomi antichi

Chiesa di San Giacomo

Cronologia

1344: il complesso conventuale viene affidato alle benedettine olivetane.

1410: lavori alla chiesa.

1589: lavori di ricostruzione della chiesa a cura della badessa Barbara Carducci.

1627: riconsacrazione dopo il rifacimento promosso dalla badessa Barbara Carducci tra fine XVI e inizio XVII.

1745: ridisegno dell'interno della chiesa ad opera di Domenico Antonio Vaccaro.

1862: alienazione del convento.

Autore
Committente

Barbara Carducci (badessa docc. 1589-ante 1627), promotrice della ricostruzione della chiesa.

Famiglie e persone
Descrizione

La chiesa, che sorge nella piazza della cattedrale, presenta un'alta facciata, dal semplice profilo a capanna con un portale architravato e centinato (in precedenza abbellito da una scultura, oggi non presente), risalente, come l'intero prospetto alla fine del secolo XVI. La facciata in conci squadrati a vista presenta quattro monofore e un'apertura centrale (forse modificata nel Settecento e malamente ripristinata con i restauri del 1940); in corrispondenza degli archetti a tutto sesto un piccolo rilievo con teste di profilo, come troviamo in molti palazzi rinascimentali di Bari. Il timpano poggia su un architrave con cornice aggettante su un motivo a triglifi dorici (anche qui si legge la sagoma di un'apertura poi murata). Sul fianco sinistro, libero, troviamo un portale simile a quello di facciata, con un rilievo nella lunetta, nel quale possiamo riconoscere un'immagine di san Giacomo. Sullo stesso fianco, nell'angolo terminale spicca la mole dello smilzo campanile, con una copertura barocca e con i livelli inferiori di età rinascimentale ma di sapore ancora romanico.

Iscrizioni

In facciata, sopra il portale:

"D.O.M. / DIVO IACOBO PATRONO / TEMPLVM A FVNDAMENTIS / ERECTVM ORNAMENTISQ / AD SACRA PERAGENDA / INSTRVCTVM / ANT. PVTEO BARIEN / ANTISTITE / BARBARA CARDVCIA / ABBATISSA ET MONIALES / HVMILI DEVOTOQ. ANIMO / DD / ANNO DOMINI / MCCCCCLXXXVIIII".

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Il complesso, di origine medievale, si conserva in una facies che risale, nelle parti più antiche, alla ricostruzione promossa alla fine del secolo XVI dalla badessa Carducci. Consacrata nel 1627, la chiesa ha subito un forte restyling su progetto dell'architetto napoletano Domenico Antonio Vaccaro (1745-1747), visibile nell'interno e in qualche ritocco del prospetto. Del monastero, formato da piccoli appartamenti, non si conserva più nulla.

Note
Fonti iconografiche

Veduta di Bari del 1770, al n. 15.

Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: B.M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972, 243-244.

 

Milella Lovecchio 1985: Marisa Milella Lovecchio, “Monastero e chiesa di S. Giacomo Bari”, in Insediamenti benedettini in Puglia, a cura di Maria Stella Calò Mariani, Galatina 1985, II/1, 383-388.

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SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione04/11/2013 18:06:09
Data ultima revisione24/02/2017 22:51:18
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OggettoBari, San Gregorio
Tipologiachiesa
Nome attualeChiesa di San Gregorio
Immagine
Nomi antichi

Chiesa di San Gregorio

Cronologia

1015, 1089: chiesa menzionata in documenti come appartenente alla famiglia bizantina degli Adralisto.

1309: chiesa donata dal vescovo Romualdo alla basilica di San Nicola.

1928-1937: restauri finalizzati al ripristino della facies romanica ad opera dell'architetto Schettini.

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

La chiesa, costruita con piccoli conci di calcare squadrati e ben connessi, sorge all'interno della corte di san Nicola e prima dei restauri la chiesa era circondata da edifici che la congiungevano alla torre di facciata della basilica. La facciata, a spioventi, è caratterizzata dall'ampia apertura della finestra (arricchita nel profilo da protomi) con quattro bifore interne che, insieme alle altre monofore, rende particolarmente luminoso l'interno.

L'interno, a tre navate divise da colonne di spoglio con capitelli medievali e antichi, termina con un coro triabsidato, con l'abside centrale illuminata da un'ampia monofora, secondo una tipologia consueta nel romanico pugliese.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Due capitelli antichi (greco a calice e corinzio a lira) (Cassano 1988).

Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

La chiesa, documentata fin dall'XI secolo, entrò a far parte del recinto della corte della basilica di San Nicola (cui fu donata definitivamente nel 1309), ma la struttura attuale non può essere anteriore al XII secolo inoltrato. La chiesa ha subito alterazioni e modifiche nel corso dei secoli ma un restauro ripropositivo della sua facies romanica (1928-1937 documentato dall'autore, Schettini) presenta oggi un testo gravemente sbilanciato verso le origini medievali dell'edificio.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972, 266-268.


Belli D'Elia 1975: Alle sorgenti del romanico. Puglia XI secolo, catalogo della mostra a cura di Pina Belli D'Elia, Bari 1975, 119.

 

Belli D'Elia 2003: Pina Belli D'Elia, Puglia romanica, Milano 2003, 283.

 

Cassano 1988: Raffaella Cassano, "San Gregorio. Il reimpiego", in Archeologia di una città. Bari dalle origini al X  secolo, a cura  di Giuseppe Andreassi, Bari 1988, 424-425.


Petroni 1857-1860: Giulio Petroni, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all'anno 1856, 3 voll., Napoli 1857-1860.

 

Petrignani, Porsia 1982: Marcello Petrignani, Franco Porsia, Bari, Roma-Bari 1982.

 

Schettini 1941: Francesco Schettini, "La chiesa di S. Gregorio di Bari", Palladio, 5, 1941, 252-269.

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SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione24/10/2013 17:07:46
Data ultima revisione24/02/2017 22:55:03
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OggettoBari, San Marco
Tipologiachiesa
Nome attualeSan Marco
Immagine
Nomi antichi

Chiesa di Sant'Antonio (per presenza della Confraternita)

Cronologia

1187: documento che menziona la chiesa.

1314, 1318, 1347: documenti menzionano la chiesa.

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

La chiesa, che sorge su uno degli assi principali del centro antico, presenta una facciata semplice a capanna, con un portale dalle fattezze romaniche, con una ghiera a grandi globuli, e, nel timpano, un oculo a raggiera con doppia cornice (recentemente restaurato con l'integrazione di alcuni raggi) che reca al centro un leone di san Marco; la cornice a scacchiera si ripete nel profilo del timpano, frutto di un intervento di abbellimento insieme all'oculo con il simbolo di Venezia, databile al secolo XV, con la conseguente sopraelevazione della facciata.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

La chiesa, eretta nel quartiere veneziano della città, viene tradizionalmente posta in relazione con la liberazione dall'assedio dei saraceni sventato grazie all'intervento del doge Pietro Orseolo nel 1001. Essa, tuttavia, testimonia la continuità e il valore della presenza dei cittadini della Serenissima nell'importante città portuale pugliese e il loro intervento è palese nel bellissimo rosone con il leone di san Marco, opera rinascimentale che impreziosisce l'intero prospetto.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972, 279-281.

 

Belli D'Elia 2003: Pina Belli D'Elia, Puglia romanica, Milano 2003, 283.

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SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione02/02/2014 15:51:07
Data ultima revisione24/02/2017 23:00:10
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OggettoBari, San Nicola
Tipologiachiesa
Nome attualeSan Nicola
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1087: le reliquie di san Nicola vengono portate da Mira a Bari.

1089: un santuario risulta già in costruzione.

1098: una parte dell'edificio è già completa, e papa Urbano II vi tiene il concilio di Bari.

1132: altra fase di lavori.

1196: consacrazione della chiesa.

1456: a seguito dei danni causato dal terremoto, l'architetto Antonio da San Pietro di Galatina costruisce il primo e il terzo degli arconi trasversali della navata centrale (Beatillo 1637, 170; Petroni 1857-1860, I, 485-486; cfr. infra, Iscrizioni).

1494: si costruisce un terzo arcone trasversale, intermedio ai due già esistenti.

Autore
Committente

Elia, abate di San Benedetto di Bari (1071-1105) e arcivescovo di Bari (1089-1105).

Famiglie e persone
Descrizione

La chiesa è stata costruita fin dall’inizio come centro di pellegrinaggio, dotata quindi di una grande cripta su colonne facilmente accessibile dalle navate. Una prima campagna di lavori deve essersi conclusa entro il 1098, quando papa Urbano II vi tiene il concilio di Bari. Una successiva fase sembra avere raggiunto una fine nel 1132, e quindi i lavori devono essere proseguiti ancora fino alla consacrazione del 1196.

La presenza di diverse fasi è evidente nelle differenze che contraddistinguono le due torri di facciata, una poggiata su un grande arco e con livello superiore scandito da archetti, l’altra solidamente ancorata su un possente basamento bugnato. Stretta fra le torri, la facciata è articolata in tre campate separate da snelle lesene, cui sono appoggiate, nella parte bassa, colonne antiche libere. L’elemento in cui si concentra l’attenzione è il portale marmoreo, con colonne antiche poggiate su buoi stilofori e intradossi dei due archi soprastanti segnati da raffinati cassettoni con rosette all’antica. La profonda familiarità con i temi classici è manifesta anche nella scena scolpita centro dell’arco superiore, raffigurante l’apoteosi di Alessandro Magno, e nella sfinge che corona il protiro.

All’interno la chiesa si struttura in tre navate, di cui le laterali voltate a crociera e la centrale con copertura lignea, seguite da un transetto non sporgente. Al di sopra delle navate laterali corrono due matronei simmetrici. Il corpo delle navate è sostanzialmente suddiviso in due area differenti: nella porzione più vicina alla facciata, la navata centrale è attraversata da archi che contraffortano la spinta delle volte delle navatelle, mentre nella seconda parte della navata, con una chiara linea di demarcazione segnata dal cambio della pilastratura, la parte centrale appare completamente sgombra, molto probabilmente perché in origine occupata dal coro dei monaci.

Il transetto è a sua volta separato dal corpo longitudinale da una transenna di colonne libere, e al suo interno trova posto il monumentale ciborio e la cattedra marmorea dell’abate Elia. Nel XVI secolo quest’area è stata modificata per consentire l’inserimento nell’abside del monumento funebre di Bona Sforza, regina di Polonia e duchessa di Bari.

Sono presenti lungo le pareti esterne della chiesa (ad esempio, su un concio del bugnato della torre sinistra di facciata o presso i portali di facciata) e nelle arcate laterali (come nell'ultima del fianco sinistro) varie iscrizioni che ricordano la presenza di depositi funerari (sarcofagi antichi o casse medievali) di personaggi baresi, di cui resta l'attestazione epigrafica e qualche frammento erratico nelle raccolte e nei depositi del complesso nicoliano. Molti dei personaggi sepolti, dislocati tra la facciata e il fianco Nord, risultano essere alcuni dei partecipanti alla traslazione del 1087 che ricevettero da Elia il diritto, per sé e per i familiari, di essere sepolti presso gli spalti della basilica del santo.

Iscrizioni

Sul primo arcone trasversale della navata:

"A[N]TONI[US] P[RO]TO M[AGISTER] S[ANCTI] PET[RI] GALATIN[A]E FECIT".

 

Sul terzo arcone trasversale della navata centrale:

"+A[N]TONI[US] P[RO]TO M[AGISTR]O S[ANCTI] PETRI GALATINA[E] S[TRUXIT] V[OT]O S[ANCTO] N[ICOLAO]".

 

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Sono di reimpiego i dodici fusti di granito, mentre i capitelli in associzione sono tutti medievali come pure le basi.

Nella cripta le colonne sono tutte di reimpiego, anche se ridotte per la nuova utilizzazione (i marmi sono vari dal granito al cipollino, breccia verde, breccia corallina, alabastro). I capitelli antichi sono nove, tutti databili tra il V e il VI secolo: capitelli bizantini a lira. Nei matronei  si registra la presenza di colonne antiche e capitelli di importazione, sono stati individuati sei  corinzio-asiatici di epoca imperiale: 

capitelli corinzio-asiatici;

capitelli asiatici;

e uno del tipo a  calice, rilavorato in età medievale

e uno del tipo asiatico.

La fronte di un sarcofago in marmo di Dokimion con rappresentazione di filosofi è stata riutilizzata nella tomba dell'abate Elia.

Il protiro presenta diversi elementi lavorati da marmi antichi e in particolare due blocchi di architrave riutilizzati come mensole.

Opere d'arte medievali e moderne

Mausoleo di Bona Sforza

Cattedra di Elia

Ciborio dell'altare maggiore

Porta bronzea di Barisano da Trani (perduta ma ancora attestata nel sec. XIX).

Lastra tombale del priore Pietro de Moreriis.

Monumento sepolcrale di Giacomo Bongiovanni.

Altare (o tomba) (sec. XVI).

Acquasantiera (sec. XVI).

Ancora nel Seicento era visibile il sepolcro di Roberto Chiurliagran protonotario del regno sotto Carlo I d’Angiò.

 

Storia e trasformazioni

Il grandioso edificio romanico, eretto a partire dall'arrivo del corpo del santo a Bari (1087), fu costruito nell'area della c.d. Corte del Catapano, centro del potere bizantino in città. La parte edificata per prima è l'area del coro, con la cripta sottostante dove furono deposte le ossa di San Nicola nel 1089 da parte di Urbano II che vi svolse il concilio nel 1098. Nel 1105, alla morte dell'abate e vescovo cittadino Elia, promotore della costruzione, la chiesa doveva essere a buon punto e il suo successore, Eustasio potè dedicarsi alla decorazione del presbiterio (cattedra dell'abate Elia, iconostasi, gradini del presbiterio, ciborio con placca con incoronazione di Ruggero II). Nel tempo, l'edificio ha subito trasformazioni, negli esterni, con la collocazione, tra XII e XIV, di numerose sepolture a cassa o capanna, sia in facciata che nelle profonde arcate dei fianchi (oggi restano le epigrafi [Cioffari 2003] e frammenti di sepolture nel museo e nei depositi dell'edificio); negli interni, con la realizzazione di altari, ornati con strutture lapidee e dipinti, e di sepolture, la più significativa delle quali è il monumento a Bona Sforza incastonato nell'abside centrale accanto alle testimonianze del passato medievale della chiesa (cattedra e ciborio). Dopo la metà del secolo XV si assiste ad un impegnativo intervento strutturale, con l'erezione di archi trasversi nella navata centrale, utili a sostenere le esili e alte pareti della navata centrale, che segneranno architettonicamente la percezione dell'edificio medievale. Gli arconi sono stati eretti in più tempi: il primo e il terzo, ad opera di maestranze provenienti da Galatina guidate da Antonio da San Pietro di Galatina, su commissione di Giovanni Antonio Del Balzo Orsini; il secondo, eretto da artefici baresi (Palmo Tartaglione e Bernardo Colella) al tempo del ducato di Ludovico il Moro. I restauri novecenteschi hanno cancellato le tracce delle numerose modificazioni cinque-settecentesche, con la realizzazione di cappelle familiari, i cui resti sono conservati nel Museo Nicoliano e nei depositi, lasciando in opera solo il monumento Sforza, privato del rilievo con la Resurrezione che lo completava al culmine.

Note
Fonti iconografiche

Veduta di Bari del 1770, al n. 26

Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Aceto 2009:Francesco Aceto, "La cattedra dell'abate Elia: dalla memoria alla storia", in Medioevo: immagine e memoria, Atti del convegno (Parma, 23-28 settembre 2008) a cura di Arturo Carlo Quintavalle, Milano 2009, 132-143.


Beatillo 1637: Antonio Beatillo, Historia di Bari principal città della Puglia nel Regno di Napoli, Napoli 1637.


Belli D'Elia 1985: Pina Belli D'Elia, La basilica di San Nicola di Bari. Un monumento nel tempo, Lecce 1985.


Belli D'Elia 1987: Pina Belli D'Elia, Italia romanica. La Puglia, Milano 1987.

 

Belli D'Elia et alii 1990: Pina Belli D'Elia, Maria Stella Calò Mariani, Luigi Todisco, Architettura e arti figurative: dai bizantini agli svevi, in Storia di Bari. Dalla conquista normanna al ducato sforzesco, Bari 1990, 277-370.

 

Calò Mariani et alii 1990: Maria Stella Calò Mariani, Geatano Fano, Adriana Pepe, Architettura e arti figurative: dall'età degli Angioini all'età di Bona Sforza, in Storia di Bari. Dalla conquista normanna al ducato sforzesco, Bari 1990, 371-444.

 

Cioffari 2003: Gerardo Cioffari, "Le pietre raccontano", Nicholaus. Studi storici, 2003, 5-106.

 

Gambacorta 1971: Antonio Gambacorta, "Artisti salentini dei secc. XIV-XVIII in Terra di Bari", in Studi di storia pugliese in onore di Nicola Vacca, Galatina 1971, 203-244.

 

Iacobini 2010: Antonio Iacobini, “Barisanus me fecit: nuovi documenti sull'officina di Barisano da Trani, in Medioevo: le officine, Atti del convegno AISAME (Parma 2009) a cura di Arturo Carlo Quintavalle, Milano 2010, 190-206.

 

Petroni 1857-1860: Giulio Petroni, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all'anno 1856, 3 voll., Napoli 1857-1860.


Petrignani, Porsia 1982: Marcello Petrignani, Franco Porsia, Bari, Roma-Bari 1982.


Schulz 1860: Heinrich Wilhelm SchulzDenkmaeler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresden 1860, I, 31-51.

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SchedatoreFulvio Lenzo, Antonio Milone
Data di compilazione24/10/2013 16:30:33
Data ultima revisione04/03/2017 13:33:51
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OggettoBari, Sant'Anna
Tipologiachiesa
Nome attualeSant'Anna
Immagine
Nomi antichi

Sant'Ambrogio (dal 1508)

Santa Pelagia

Cronologia

1195: l'imperatrice Costanza ne concede il possesso all'arcivescovo di Bari.

1207: consegna alla chiesa di una reliquia di san Mattia portata da un fedele barese da Costantinopoli.

1507: concessione della chiesa alla colonia dei lombardi in città, officiata dai frati agostiniani del vicino convento.

1807: soppressione del monastero agostiniano.

1809: trasferimento della chiesa alla confraternita di San Marco della Buona Morte.

1820: restauri all'edificio della confraternita di sant'Anna.

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

La chiesa, di origine medievale, sorta sulla Via francigena, poco fuori delle mura meridionali della città, presenta un'ampia facciata in conci squadrati di calcare, arricchita dal reimpiego di lastre e sculture della facies romanica dell'edificio disposte lungo il prospetto ad ornamento della stesso. Il portale risale al 1508 ma doveva avere una forma diversa dall'attuale: sono originali le due colonne con piedistalli ma non il profilo architravato, dal momento che si intravvede una ghiera di lunetta su cui scorre l'epigrafe di dedicazione della chiesa a sant'Ambrogio (modifiche sono avvenute con i mutamenti della prima metà dell'Ottocento). La facciata, sopraelevata con gli interventi cinquecenteschi, presenta anche un campaniletto a vela. L'interno ha una copertura con volta a botte e alle pareti paraste scanalate a scandire gli spazi degli altari.

Iscrizioni

Sulla ghiera del portale cinquecentesco: "DIVO AMBROSIO MEDIOLANENSES/ SACELLUM EREXERUNT ANNO DOMINI MDVIII".

Stemmi o emblemi araldici

Stemma della Confraternita di San Marco della Buona Morte (secoli XVIII-XIX) sul portale di facciata, con l'iscrizione "IN HOC VINCES" sulla croce e C.S.A. alla base.

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne

Diversi rilievi dei secc. XI-XII disposti lungo tutta la facciata.

Storia e trasformazioni

La chiesa sorta in età medievale subisce una nuova dedicazione agli inizi del secolo XVI. Durante il governo ducale di Isabella d'Aragona, la chiesa, allora intitolata a Santa Pelagia, venne scelta come sede della colonia milanese, che fece ristrutturare l'edificio dedicandolo a S. Ambrogio. Il culto veniva officiato dai padre eremitani di S. Agostino, residenti in un convento della Piazza mercantile (Melchiorre 2000, 150). Con la soppressione del monastero agostiniano (1807), la chiesa in seguito ospitò la Confraternita di San Marco della Buona Morte (1809), e in seguito quella di Sant'Anna, che aveva sede nella vicina chiesa di Sant'Agostino. Nel 1820 furono effettuati dei restauri che interessarono anche il portale di facciata, nel quale fu coperta la lunetta con l'epigrafe di dedicazione (1508).

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Apollonj Ghetti 1972: Bruno M. Apollonj Ghetti, Bari vecchia. Contributo alla sua conoscenza e al suo risanamento, Bari 1972, 239.


Belli D'Elia 1975:  Alle sorgenti del romanico. Puglia secolo XI, catalogo della mostra a cura di Pina Belli D'Elia, Bari 1975, 120-125.

 

Belli D'Elia 2003: Pina Belli D'Elia, Puglia romanica, Milano 2003, 283-285.

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SchedatoreVeronica Mele, Antonio Milone
Data di compilazione04/11/2013 18:04:34
Data ultima revisione24/02/2017 23:08:53
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/593
OggettoBari, sedile
Tipologiaedificio pubblico: sedile
Nome attualepalazzo del Sedile
Immagine
Nomi antichi

sedile, seggio, teatro

Cronologia

1466: prima attestazione dell'esistenza del sedile, chiamato "teatro" (Petroni 1857-1860, I, 510, nota 1).

1531: i sindaci Nicolò Vincenzo Dottula (per i nobili) e Stefano de Comite (per il popolo) contrattano restauri all'edificio del Sedile.

1543: l'architetto Nicolantonio Buonafede di Acquaviva è incaricato di eseguire lavori di restauro al Sedile.

1601: un incendio scoppiato nel vicino deposito delle polveri danneggia gravemente l'edificio (Beatillo 1637, 224-225; Petroni 1857-1860, II, 39-40).

1602: intervento di restauro e ampliamento (cfr. sotto, Iscrizioni). Risale probabilmente questo intervento la costruzione dei due contrafforti laterali, curata dall'architetto Pietro Castelon (Petrignani, Porsia 1982, 60).

1604: viene costruita la torretta con il campanile a cura dei sindaci Giovanni Battista Dottola e Nicola Angelo Cardassi (Beatillo 1637, 225; cfr. sotto, Iscrizioni).

1620: viene abbattuta la piccola chiesetta di Santa Maria della Misericordia, addossata al sedile.

1722: Stefano Fabbri compra dai sindaci dell'universitas la terrazza soprastante al seggio per unirla alla propria abitazione (Scoppetta 1920).

1725 ca: viene costruita la loggia superiore ad arcate.

1804 ca: l'edificio è trasformato in teatro di scena, con due ordini di palchi in legno e una piccola platea.

1840: i locali vengono alienati e l'ampia sala parcellizzata e suddivisa orizzontalmente da un solaio intermedio.

Autore
Committente

Universitas di Bari.

Famiglie e persone
Descrizione

L'edificio del sedile si presenta oggi molto manomesso, ma è ancora riconoscibile la forma originaria di loggia quadrata aperta da un grande arco in facciata. L'aspetto interno non è visibile poiché frazionato fra più proprietari, ma da Scoppetta 1920 sappiamo che il grande vano era coperto da un'unica volta a crociera costolonata.

Le fonti parlano del sedile come "comune alle due piazze", ovvero usato sia dai Nobili che dal Popolo (Petroni 1857-1860, II, 12, nota 1; 183). La notizia sembra confermata da un disegno manoscritto del 1707 (Lombardi, riprodotto in Petrignani, Porsia 1982, 59) che mostra l'interno precisando le collocazioni sugli scranni dei due sindaci, uno nobile l'altro popolare.

Iscrizioni

Sul fianco laterale dle contrafforte sinistro è la lapide che ricorda i restauri del 1602:

"CIVIVM VSIBVS AC VOLVPTATI / PVB(lico) AERE ATQ(ue) DECRETO LOCVS / RISTAVRATVS NICOLAO DONATO / INCVRIA, ET PETRO PONSO SINDICIS / FIDELISSIMA CIVITATIS CVRA/NTIBVS ANNO D(omi)NI MDCII" (cfr. Beatillo 1637, 225)

La costruzione della torretta dell'orologio è databile grazie a un'altra epigrafe apposta in cima alla torretta:

"IO. BAPTISTA DOTTOLA, ET NICOLAO / ANGELO CARDASSI SINDICIS MDCIIII" (da Beatillo 1637, 225; Petroni 1857-1860, II, 40, nota 2).

Stemmi o emblemi araldici

Sul prospetto sono incastonati tre stemmi: a sinistra è quello di Bona Sforza, al centro quello di Carlo V, mentre quello di destra è completamente abraso e illegibile. 

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne

Sembrano apparentemente elementi medievali reimpiegati i quattro mostri in pietra collocati intorno all'orologio.

Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche

Il seggio è raffigurato in due disegni di Francesco Lombardi, che ne mostra la facciata e l'interno al principio del XVIII secolo.

Veduta di Bari del 1770, al n. 34 il Sedile e al n. 35 il campanile del Sedile.

Piante e rilievi
Fonti/Documenti

Francesco Lombardi, Ritratto del Regimento della Università di Bari colla pianta dei Sedili e le armi delle Famiglie nobili e del Popolo primario , ms. (1707 ca.) in Biblioteca Nazionale di Bari, Archivio D'Addosio.

Bibliografia

Beatillo 1637: Antonio Beatillo, Historia di Bari principal città della Puglia nel Regno di Napoli, Napoli 1637.

 

Giovine 1969: Alfredo Giovine, Il "Teatro del Sedile", primo teatro di Bari (1466-1835). Notizie storiche, deliberazioni decurionali e cronologia, Bari 1969.


Lenzo 2014: Fulvio Lenzo, Memoria e identità civica. L'architettura dei seggi nel Regno di Napoli (XIII-XVIII secolo), Roma 2014.


Massilia (ed. Bonazza 1881): La cronaca di Vincenzo Massilia sulle famiglie nobili di Bari scritta nell'anno MDLXVII e ora per la prima volta pubblicata per cura di Francesco Bonazza, Napoli 1881.


Petroni 1857-1860: Giulio Petroni, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all'anno 1856, 3 voll., Napoli 1857-1860.


Petrignani, Porsia 1982: Marcello Petrignani, Franco Porsia, Bari, Roma-Bari 1982.


Quarto 1996: Francesco Quarto, “Il Regimento di Bari: un inedito di Francesco Lombardi sul patriziato barese, Nicolaus studi storici, 7.2, 1996, 451-599.


Scoppetta 1920: Domenico Scoppetta, "La piazza Mercantile e il Seggio di Bari", Corriere delle Puglie, 19 maggio 1920.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione26/09/2013 15:52:19
Data ultima revisione24/02/2017 23:15:22
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/501
OggettoBari, iscrizione di Bona Sforza
Supporto
Cronologia1554
Immagine
Prima attestazione

Beatillo 1637, 207

Trascrizione

"BONA SFORTIA ARAGONIAE REGINA POLONIAE MAGNA DUX LITUANIAE MEDIOLANI BARIQUE PRINCEPS ROSSANI RUSSIAE PRUSSIAE MASOVIAE SAMOGITIAE DOMINA HANC ARCEM SUIS FAMILIARIBUS INSTAURAVIT AC REFORMAVIT ANNO DOMINI MDLIV" 

Famiglie e persone

Bona Sforza 

Note

L'iscrizione corre lungo la cornice superiore di due lati della corte principale del castello e ricorda i restauri al castello commissionati da Bona Sforza prima del suo ritorno a Bari nel 1556. I lavori erano stati condotti dal generale capitano Giovanni Lorenzo Pappacoda (Beatillo 1637, 206-208). In origine l'iscrizione era formata da lettere in bronzo, di cui oggi resta solo il solco. 

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Beatillo 1637: Antonio Beatillo, Historia di Bari principal città della Puglia nel Regno di Napoli, Napoli 1637.

 

Petroni 1857: G. Petroni, Della Storia di Bari dagli antichi tempi sino all'anno 1856, Napoli 1857.

Link esterni
SchedatoreBianca de Divitiis
Data di compilazione14/01/2014 12:34:19
Data ultima revisione24/02/2017 20:47:36
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OggettoBari, iscrizione di Gaspare Visconti
SupportoPietra calcarea
Cronologia1488
Immagine
Prima attestazione

L'iscrizione è murata nel vestibolo svevo del castello di Bari. Secondo quanto riferito da Pepe 1900, 34, ai suoi tempi si trovava nel "Museo di Bari, proveniente dal Castello di Bari".

Trascrizione

All'interno del campo epigrafico, circoscritto da una cornice:

"GASPAR VISECOMES VICE/DVX BARI PRINCIPATVS RO/SSANI COMITATVSQ(VE) BORELLI/ GENERALIS GVBERNATOR HA/NC TVRRIM ER[ig]I FECIT [CVM] OM/NIVM CIVIVM CONSENSV OB / [ipsivs] VIRI PATRIE PATRIS SIN/[gvlar]EM BENIVOLENCIA/ [m. visco]NTINA NOMINATA / EST [dom]INAN[t]E ILLVS[stris/simo et] EXC[e]LE[nti]SSIM[i] D. / D. LVDOVICO MARIA SFO/RCIA VICECOMITE ANNO / DOMINI MCCCCLXXXVIII"

 

Nella cornice:

"[... d. geor.o.r]. / GASPARDO IV. DOCTOR N/OVARIE(N)SI  BARI CAPITANIO" 

Famiglie e persone

Gaspare Visconti

Note

L'iscrizione è oggi molto consunta e parzialmente illeggibile: una trascrizione quasi completa è stata pubblicata da Pepe 1900, p. 34. Nella presente trascrizione le integrazioni ricavate da Pepe sono inserite in lettere minuscole fra parentesi quadre.

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Pepe 1900: Ludovico Pepe, Storia della successione degli Sforzeschi negli stati di Puglia e Calabria, e documenti, Bari 1900.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo, Veronica Mele
Data di compilazione04/11/2013 16:03:52
Data ultima revisione24/02/2017 20:48:15
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Iscrizione/39
Titolo schedaScardino 1607
Titolo

 

Discorso intorno l’antichità e sito della fedelissima città di Lecce, del d.or Peregrino Scardino, in Bari, nella stamperia di Giulio Cesare Vent. impress. per Antonio Pace, 1607

Altri nomi titolo
Autore principale

 

Pellegrino Scardino

Altri nomi autore principale

 

Peregrino Scardino

Autore secondario
Immagine
Stampatore

 

Antonio Pace

Data1607
Formato

 

In quarto, IV + 50 pp numerate + I

Illustrazioni

 

Non presenti, a eccezione del simbolo della città di Lecce nel frontespizio.

Colophon
Dedica

 

A Leonardo Prato

Famiglie e persone

 

Pellegrino Scardino, Leonardo Prato, Carlo Schito dei Maiorani, Francesco Antonio Scardino, Gregorio Balzano.

Repertori
Edizioni precedenti o successive

 

Nessuna

Struttura e contenuti

 

Si tratta di una descrizione encomiastica della città di Lecce, della quale si raccontano le principali vicende storiche dall'antichità all'epoca dell'autore, e si mettono in risalto l'antichità e la magnificenza. L'interesse dell'opera è soprattutto nello sguardo antiquario di Scardino, interessato alla trascrizione di antiche epigrafi e alla descrizione delle rimanenze degli edifici antichi. Scardino è anche attento, però, alle fasi medievali della storia leccese. Il testo è utile anche perché contiene descrizioni di vie, monumenti, edifici, chiese e fontane della città moderna, con menzione di vari mecenati locali.

 

Sulle origini antiche della città Scardino segue in sostanza Galateo, ritrascrivendo infatti l'epigrafe napoletana che contiene il nome di Lupiae, già trascritta da Galateo nel De situ Iapygiae. In più, però, avanza l'ipotesi che il nome Litium/Lecce sia invece di epoca fridericiana, quando il sovrano concesse vari privilegi alla città usando la formula 'Licitum'. Questa paretimologia è particolarmente interessante, se non altro per l'idea del medioevo che ne traspare. Come Galateo, pertanto, Scardino attribuisce al messapo Malennio, citato nell'Historia Augusta, la fondazione della città, mentre Idomeneo rappresenterebbe l'avvicendamento al potere da parte dei greci. L’antica reggia di Malennio sarebbe stata dove è oggi S. Maria la Nova, dove infatti posero un’iscrizione:

 

VT MARMOR DOCVIT, HIC OLIM FORTE REPERTVM,

VICTORI IDOMENEAO FVERAT IAM REGIA QVONDAM

HIC VBI FVNDARAT NOSTRAM MALENNIVS VRBEM,

VICTORI, HAVD QVOD MARTE SVO SVPERASSET, ET ARMIS,

HOS SALENTINOS FORTES, IAPIGVMQVE SODALES,

VICTIS NAM ILLIS AD LOCROS CONFVGIT AMICOS,

SED QVOD CONIVGIO SIBI IVNCTA EVIPPA POTENTIS

FILIA MALENNI, DASVMNIQVE INCLYTA NEPTIS,

PRONEPTISQVE SALIS, DAVNI SOROR VNICA, ET HAERES

NOMINE DOTIS EI DEDIT HAEC FORTISSIMA REGNA,

QVAE NVLLO ILLIS PRIVS POTERAT CONVELLERE FERRO.

 

 

Benché Scardino non dica affatto che l'iscrizione è antica, anzi sembra considerarla ovviamente moderna, posta per celebrare il passato, in successive fonti antiquarie si dice che questa fu scoperta mentre si ponevano le fondamenta della chiesa (cf. ad es. Graevius 1723, 89).

 

Alle pp. 12-13 è citata l'iscrizione di Otacilla (CIL IX 21): presso il convento dei francescani scalzi si trovava 'l’anfiteatro per i giuochi del popolo', di cui oggi niente è in piedi, ma di cui vi sono vari segni. 'Acquista di ciò fede al vero un marmo antico ritrovato fra gli edifici sotterranei con la inscrittione che comincia otacilla m f secundilla / amphitheatrum. Il resto è ignoto perché il marmo è spaccato in più pezzi. Il pezzo si conservava presso Ottavio Scalfo, medico e filosofo eccellente, nel suo ‘leggiadretto Museo’ ora assieme ad altri marmi presso Vittorio di Priuli, ‘sottile investigatore delle cose antiche’.

 

A p. 21 inizia la descrizione della città. Aspetti descritti:

Strada alberata per volontà di Ferrante Caracciolo d’Airola, all’inizio della quale c’è a fontana fatta dai leccesi a voto di Giulio Acquaviva delle Noci, oggi in vita. Alla fine della strada si arriva a un dilettevole palco, tutto adorno di giardini.

Strade dritte e lastricate, mai fangose.

Strada Vetrana, nome dai veterani di Cesare.

La piazza ha al centro una bella fontana ed è tutta circondata da fondaci. Poi c’è il bel castello.

Poi inizia la parte in cui si descrivono le chiese.

Poi gli uomini illustri antichi e moderni (pochi)

a p. 38 si nomina il Seggio di Piazza, senza descrizione, mentre si descrivono i tribunali.

Statua del capitano leccese Leonardo di Prato a Venezia, dell’epoca di Carlo V.

Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreLorenzo Miletti
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Libro/42
Titolo schedaSuavio [Carmignano] 1535
Titolo

 

Operette del Parthenopeo Suauio in uarij tempi & per diuersi subietti composte, et da Siluan Flammineo insiemi raccolte, et alla amorosa & moral sua calamita intitulate

Altri nomi titolo

 

Operette

Autore principale

 

Partenopeo Suavio, pseudonimo di Colantonio Carmignano

Altri nomi autore principale

 

Parthenopeo Suavio

Autore secondario

 

Silvan Flammineo, pseudonimo di Marcantonio Flaminio

Immagine
Stampatore

 

Gilbert Nehou

Data1535
Formato

Quarto

Illustrazioni

In tutto quattro, inclusa quella del frontespizio (v. anche allegati):

 

Sul frontespizio, incisione rappresentante, sulla sinistra, un cantore nell'atto di suonare il suo liuto, che sta per essere colpito al cuore da una freccia di Eros bendato, sulla destra. Sullo sfondo, paesaggio di mura cittadine e alberi.

 

c. Diiii verso: una dama, seduta, incorona un uomo inginocchiato; intorno altre quattro figure maschili e femminili, inclusa quella di un cantore che si accompagna col liuto.

 

c. [Iviii verso]: Bona Sforza si imbarca da Manfredonia per la Polonia

 

c. Ri verso: scena di assedio di città. Al centro, un guerriero con elmo e armatura, munito di sola clava, spicca per le sue dimensioni gigantesche nella schiera degli assedianti; davanti a lui una torre crolla, forse per effetto della sua clava.

 

Colophon

 

Stampato in Bari, per mastro Gilliberto Nehou Francese in le case de Santo Nicola, 1535 a di 15 de ottobre ne lanno de la Nativita del Signore MDXXXV

Dedica

 

Il libro ha due dediche, stampate una di seguito all'altra: la prima a Ferrando di Capua duca di Termoli, la seconda al poeta Jacopo Sannazaro.

A Ferrando è dedicato anche il capitolo XX.

Famiglie e persone

Colantonio Carmignano, Marcantonio Flaminio, Ferrando di Capua, Jacopo Sannazaro, Isabella d'Aragona, Bona Sforza, Giulia Orsini, Pietro Antonio Sanseverino.

Repertori
Edizioni precedenti o successive

 

Nessuna

Struttura e contenuti

Il volume raccoglie il canzoniere di Carmignano, ispirato alla produzione del Sannazaro, dal quale mutua generi e forme. Numerosi e interessanti i rifermenti a episodi storici e a personalità di spicco del regno.

 

c.: sonetti

 

c. capitoli in terza rima

 

c. Hii recto-: Elegie

 

c. I vii recto: dedica a Isabella d'Aragona

 

c. [I viii] recto - [Nvi] verso: Viaggio della Serenissima S. Donna Bona regina, de la sua arrivata in Manfredonia andando verso del suo regno de Polonia.

 

c. [Nvii] recto - [Pv] recto: sonetti, canzoni e componimenti in terza rima.

 

c. [Pv] recto- Visione de l'autore sopra una ecloga ... Con parte in prosa

 

c. Ri recto: Dedica a Giulia Orsini moglie di Pietro Antonio Sanseverino principe di Bisignano. Capitoli in terza rima dedicati a Pietro Antonio, definito signore dell'autore, che nella dedica a Giulia dichiara di aver preso parte alla spedizione militare di Carlo V per la riconquista della Calabria (evidentemente nel 1528).

 

c. Tiiii recto: capitoli in terza rima a Giulia Orsini

 

c. Vi recto: Cingaria fatta recitare in lo advento de la Illustrissima S. Isabella de Capua principessa de Molfetta in lo stato de la Illustrissima S. principessa di Besignano S. Giulia Ursina

 

c. [Vvi] recto: Egloga  (composta e recitata nella medesima occasione della Cingaria)

 

c. Yiii recto: sonetti vari, che passano da essere dedicati a Giulia Orsini e poi tornano a interessare l'ambiente di corte barese e polacco.

 

c. [Zvi] verso: premessa in prosa, senza titolo, in apertura dei componimenti giovanili

Bibliografia

 

Trazza 2012: Stella Trazza, "Resoconto di viaggio in terza rima", scheda sul sito ADAMaP (v. sotto, link esterni)

Allegati

 

 

Link esterni

 

 Scheda sul sito ADAMaP (Trazza 2012)

 

SchedatoreLorenzo Miletti
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Libro/46
OggettoBari, Cattedrale, sepolcro di Romualdo Grisone
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologiainizio del XIV secolo
Autoreanonimo scultore locale
Descrizione

La tomba è custodita nella Cappella di San Giovanni Evangelista all’interno della Cattedrale di Bari, e commemora la figura di Romualdo Grisone, arcivescovo di Bari dal 1282 al 1309, nonché  ambasciatore del re Carlo II d’Angiò presso il re di Germania Rodolfo I d'Asburgo. Il prelato, che indossa gli abiti vescovili e la mitra, ha le mani ordinatamente disposte sulla vita, ed il volto è caratterizzato da un’imperturbabile serenità. L’opera, che dev’essere stata eseguita da un modesto scalpellino locale, presenta la superficie lapidea largamente consunta, specie quella degli arti inferiori; i piedi non si sono conservati.

Come attestato dal Beatillo e dal Lombardi, originariamente il sepolcro doveva essere collocato dietro l'altare della cappella: oggi che l'altare ed il ciborio che lo accompagnava - entrambi commissionati dal Grisone - sono andati perduti, la tomba giace solitaria a ridosso della parete di fondo dell'abside sinistra. La cassa e lo zoccolo sono frutto di un intervento di ricomposizione attuato nel XX secolo, come si evince dall'iscrizione che corre sulla fronte della cassa, che ricorda l'effigiato, con il relativo titolo vescovile, e l'anno della messa in opera (1923). Una lettera inviata il 25 gennaio 1921 dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici della Puglia e del Molise al Capitolo della Cattedrale barese c'informa inoltre che la lastra tombale si trovava a quel tempo nei sotterranei della Cappella del Santissimo Sacramento (Bertelli 2014, 178-179).

Immagine
Committente
Famiglie e persone

Grisone

Iscrizioni

Iscrizione ricordata dal Beatillo nella Cappella di San Giovanni Evangelista commissionata da Romualdo Grisone: "MORIBUS ET VITA PRIMIS QUI FUSSIT AB ANNIS HOC EFFECIT OPUS SANCTI SUB HONORE IOANNIS PRAESUL BARENSIS ROMUALDUS STIRPIS AVITA CLARIFICANS NOMEN SANCTA MODERAMINE VITA CUI GENITOR GENITUSQUE DEI CUI VIRGO SACRATA DENT POST FATA FRUI CAELORUM FORTE BEATA". 

Stemmi o emblemi araldici
Note

Il Grisone, che apparteneva ad una nota famiglia originaria di Ravello, consacrò la Cattedrale il 4 ottobre 1292, e commissionò ad Anseramo da Trani un ciborio, di cui oggi si conservano alcuni pezzi nel locale Museo diocesano. Beatillo (1634, 140-141) traccia il ritratto di un vescovo-committente attento anche alla decorazione e al rifacimento della Cattedrale barese: “[…] rinovò la sua Cattedrale, col farvi il tetto nuovo, e due cappelle con le sue colonne, e cibori di marmo bianco, che tenessero l’altar maggiore nel mezzo, una della Madonna e l’altra di San Giovanni Evangelista. Nei cui architravi fece poscia il suo clero intagliare alcuni versi”. All’epoca del Beatillo l’iscrizione era murata nella Cappella di San Giovanni, “giacché degli altri si perdé la memoria del tutto, quando, nel 1613, con la rovina d’un campanile del Duomo, cadé di maniera l’altra Cappella della Madonna, che non ne restò segno alcuno”.

È sempre l’erudito barese a fornirci una delle prime descrizioni della tomba del Grisone: “fu dai suoi preti seppellito con pianto universale nel Duomo, dietro l’altare della sua cappella in San Giovanni Evangelista, con porli una bella statua di pietra sopra il sepolcro, scolpita al vivo, conforme alle sue fattezze naturali” (Beatillo 1634, 144). Al mecenatismo del Grisone sono da ricondurre anche gli affreschi che rivestono, oggi solo parzialmente, le pareti dell'abside, e che furono eseguiti da un pittore ancora partecipe della tradizione bizantina. Nel registro mediano di tale decorazione pittorica compare la figura del vescovo, stante al fianco di San Giovanni Evangelista in trono, e accompagnato dall'iscrizione dipinta "Romualdus episcopus".

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Bertaux, Prandi 1978: Èmile Bertaux, Adriano Prandi, L’art dans l’Italie méridionale: de la fin de L’Empire romain à la conquête de Charles d’Anjou, Paris 1978, V, 960.

 

Bertelli 2014: Gioia Bertelli, "Romualdo Grisone e la cappella di San Giovanni Evangelista nella Cattedrale di Bari", in L’officina dello sguardo. Scritti in onore di Maria Andaloro, I. I luoghi dell’arte, a cura di Giulia Bordi e Maria Andaloro, Roma 2014, 175-184.

 

Lombardi 1697: Francesco Lombardi, Compendio cronologico delle vite degli arcivescovi baresi, Napoli 1697, 140.

 

Milano 1982: Nicola Milano, Le chiese della diocesi di Bari. Note storiche e artistiche, Bari 1982, 52.

Allegati
Link esterni
SchedatorePaola Coniglio
Data di compilazione24/03/2015 18:49:41
Data ultima revisione13/12/2023 22:02:13
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/509
OggettoBari, Piazza Mercantile, colonna della giustizia
Materialemarmo, calcare
Dimensioni
CronologiaRilavorazione del leone: XII secolo; gruppo con leone e colonna: XVI secolo?
Autore
Descrizione

Il leone antico, rilavorato nel Medioevo, e la colonna in marmo proconnesio, sormontata da una palla di cannone, sono posti su una crepidine circolare articolata in quattro gradini, molto probabilmente risalente alla sistemazione originaria del gruppo nella piazza Mercantile. La prima menzione dell'opera d'arte si deve al Beatillo che, in realtà, ricorda solo il leone che al suo tempo si poteva vedere nella piazza del mercato (Beatillo 1637, 43-44), quasi sicuramente, possiamo aggiungere, nella collocazione odierna. Il gesuita riteneva il leone una citazione della fiera araldica di San Marco; si sarebbe trattato di un'opera innalzata dalla città come tributo ai veneziani, quando nell'XI secolo liberarono Bari dal pericolo dei Saraceni e solo successivamente, secono questa ricostruzione, il leone sarebbe stato spostato nella piazza Mercantile. Il racconto di Beatillo, smentito più tardi dal Petroni, attesta la memoria di una funzione e di una collocazione medievali dell'opera diverse rispetto a quella seicentesca, tali dati però non sono suffragati da altre testimonianze.

È evidente dalla tipologia del gruppo scultoreo e dal valore simbolico degli elementi che lo costituiscono, per i quali si conoscono altri paralleli medievali e moderni, che quell'altro uso, sicuramente poco nobilitante, sul quale Beatillo era stato reticente, doveva essere quello di gogna o berlina. Una tale funzione viene documentata dal Petroni dal quale apprendiamo che i furfanti erano posti a sedere sul leone ed erano assicurati da un collare alla colonna retrostante (Petroni 1857, 108-111).

Forse alla presenza di una catena si devono i solchi orizzontali ancora visibili sulla superficie della colonna (Melchiorre 1984).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni

In un cartiglio ricavato sul collare: "CUSTOS IUSTICIE".

Stemmi o emblemi araldici
Note

Il leone, in passato considerato un'opera medievale (Deér 1959, 67) o rinascimentale (Melchiorre 1984), è ora concordemente ritenuto antico e rilavorato nel Medioevo, come è stato dimostrato dall'ampio studio di Luigi Todisco (Todisco 1987; sulla rilavorazione anche Bertelli 2003).

Non è nota con certezza la data in cui l'opera antica, sicuramente reimpiegata già dal Medioevo, come attestano la rilavorazione e la presenza di fori sulla sommità del capo (leone stiloforo?), sia stata associata alla colonna e posta nella Piazza Mercantile. Nella prima metà del XVII secolo, a quanto sappiamo dal Beatillo, il leone era ubicato nella piazza, probabilmente già a costituire il gruppo della colonna della giustizia, che però non viene menzionato esplicitamente dalla fonte (Beatillo 1637, 43-44; cfr. fonti e documenti).

I pareri degli studiosi si dividono nel ritenere la gogna, e dunque l'insieme formato dal leone e dalla colonna, un'opera medievale oppure cinquecentesca; in particolare, a tal proposito, l'iscrizione "custos iusticie"  ben si adatterebbe a valorizzare il nesso della statua antica con l'attuazione della giustizia secolare e dunque la cronologia dell'epigrafe risulta fondamentale in una riflessione sul primo reimpiego della scultura.

Luigi Todisco ritiene che l'iscrizione sia stata realizzata nel Medioevo e che sia coeva alla rilavorazione del leone, datando tali interventi nell corso del XII secolo; secondo questa lettura il motto sul collare, coerentemente con il valore simbolico riconosciuto al leone nell’ideologia del potere normanna, avrebbe avuto la funzione di ammonimento per i baresi le cui rivolte erano state in più occasioni duramente sedate dai nuovi signori (Todisco 1987).

Anche Gioia Bertelli si è successivamente espressa in favore di una datazione delle rilavorazioni e dell'iscrizione compresa tra la seconda metà del secolo XI e la fine del successivo (Bertelli 2003).

Secondo questi studi il leone sarebbe stato prelevato dal luogo del suo reimpiego medievale e, associato alla colonna, ubicato nella piazza del mercato nel corso del XVI secolo. Luigi Todisco collega il posizionamento del custos iusticie alla fase di rinnovamento edilizio che dovette investire la piazza sotto l'impulso di Isabella d'Aragona (Petrignani, Porsia 1982, 49-50; Buono 1984; Todisco 1987): la piazza, già dal XV secolo sede del seggio, fu inglobata nel sistema delle mura cinquecentesche e trasformata in un nodo centrale nel collegamento tra la basilica di San Nicola e il porto. Nel XVI secolo, intatti, con la presenza della dogana e dell'arsenale, la Piazza Mercantile divenne il polo di aggregazione dell'attività politica, economica e giudiziaria della città.

Andrebbe forse riconsiderata, verificandone le basi documentarie, l'ipotesi del Perotti, poi riproposta anche da Melchiorre, secondo la quale il reimpiego del leone nella gogna barese sarebbe da collegare al provvedimento con il quale Pedro de Toledo, nel 1546, aveva mitigato la prassi della gogna, prevedendo, secondo la ricostruzione del Perotti, che gli insolventi venissero fatti sedere sul leone, e assicurati con un collare alla colonna, piuttosto che costretti ad una postura ancora più umiliante prevista dal precedente ordinamento (Perotti 1919; Melchiorre 1984).

A Roma è noto l'uso del leone come gogna, o meglio come simbolo del luogo in cui si amministrava la giustizia, almeno dalla metà del XIV secolo, tale era, infatti, la funzione del celebre gruppo del leone che azzanna il cavallo (Hesberg 1987)  posto presso le scale del Campidoglio, da dove fu spostato con la sistemazione cinquecentesca della piazza. Dai documenti si deduce, ad esempio, che il loco del lione era la sede consueta nella quale si pronunciavano le sentenze di morte (Michaelis 1891, 6-10). D'altra parte il leone era stato, prima della lupa, l'animale araldico del senato romano, in quanto allegoria del buon governo e della giustizia cittadina (sul legame tra leone e giustizia secolare e sulla funzione del leone in associazione alla colonna, come elemento identificativo di uno spazio dedicato all'amministrazione della giustizia, cfr. De Appolonia 2009).

Anche a VenosaAchille Cappellano attesta la presenza di un leone antico appoggiato a una colonna nella pubblica piazza, ubicata presso il castello di Pirro del Balzo (Cappellano [ed. Nigro 1985], 40; Todisco 1996, 142-143); il gruppo scultoreo, evidentemente realizzato con preziosi spolia, doveva fungere anche in questo caso da gogna o forse, in maniera più genereale, indicare il luogo deputato all'amministrazione della giustizia (una sorta corte giudiziaria all'aria aperta). 

Fonti iconografiche
Fonti e documenti

Beatillo 1637, 43: "un gran Leone di pietra viva, che ancora hogi sta in essere nel publico mercato della Città, un po' distante dal primo luogo, dove serve ad altro uso".

 

Bibliografia

Beatillo 1637: Antonio Beatillo, Historia di Bari principal città della Puglia nel Regno di Napoli, Napoli 1637.

 

Bertelli 2003: Gioia Bertelli, "Leone", in Rilavorazione dell'antico nel Medioevo, a cura di Mario D'Onofrio, Roma 2003, 94-95.

 

Cappellano (ed. Nigro 1985): Achille Cappellano, Venosa 28 febbraio 1584. Discrittione della città de Venosa, sito et qualità di essa, a cura di Raffaele Nigro, Venosa 1985.

 

De Appolonia 2009: Giovanna De Appolonia, “Justice and judgement in the Romanesque column-bearing lions of Northern Italy”, Ikon, 2, 2009, 167-176.

 

Deér 1959: Jozsef Deér, The dynastic porphyry tombs of the Norman period in Sicily, Cambridge 1959.

 

Hesberg 1987: Henner von Hesberg, "Die Löwenkampfgruppe auf dem Kapitol und ihre Wiederholung in Augsburg. Zum Problem des Realismus in frühhellenistischer Zeit", Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung, 94, 1987, 109-130.

 

Melchiorre 1984: Vito Antonio Melchiorre, "Storia dell'infame colonna", in AA. VV. Piazza Mercantile, Bari 1984, 78-79.

 

Michaelis 1891: Adolf Michaelis, "Storia della collezione capitolina di antichità fino all'inaugurazione del Museo (1734)", Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung,  61891, 3-66.

 

Perotti 1919: Armando Perotti, "Il leone di piazza Mercantile", Corriere delle Puglie, 14.12.1919.

 

Petroni 1857: Giulio Petroni, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all'anno 1856, vol. I, Napoli 1857-1858, 108-112.

 

Todisco 1987: Luigi Todisco, "Il leone 'custos iusticie' di Bari", Rivista dell'Istituto nazionale d'archeologia e storia dell'arte, n.s., 10, 1987, 129-151.

 

Todisco 1988: Luigi Todisco, "Piazza Mercantile", in Archeologia di una città: Bari dalle origini al X secolo, a cura di Giuseppe Andreassi, Francesca Radina, Bari 1988, 434-437.

 

Todisco 1994: Luigi Todisco, "L'eredità dell'antico nella cultura materiale di Bari tra XI e XIII secolo", in Id., Scultura antica e reimpiego in Italia meridionale, Bari 1994, 240-272.

 

Todisco 1996: Luigi Todisco, La scultura romana di Venosa e il suo reimpiego, Roma 1996.

Allegati
Link esterni
SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione09/04/2015 21:59:14
Data ultima revisione14/05/2017 00:02:04
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/510
OggettoBari, Pinacoteca metropolitana, San Rocco e gli appestati (dipinto)
Materialeolio su tela
Dimensioni390x 195 cm
Cronologia1592
AutoreIacopo Robusti detto il Tintoretto
Descrizione

La pala raffigura San Rocco che intercede presso Cristo in volo per gli appestati ai suoi piedi.
Proviene dalla cappella di San Rocco (patronato Effrem) nella Cattedrale di Bari (Gelao 1984) e, come altri dipinti della chiesa, con l’ammodernamento settecentesco, abbandona la sua collocazione iniziale per essere riscoperto e fatto restaurare nel secolo successivo dal Generale Giuseppe Clary e destinato a un nuovo altare di San Rocco; in deposito presso la Pinacoteca provinciale dal 1929 (Gelao 1998). Tale passaggio avviene in coda a una vicenda legale che riguarda innanzitutto il dipinto di Paris Bordon già nella cappella della famiglia Tanzi, con un decreto speciale della Sacra Congregazione del Concilio, datato 16 luglio 1929 (De Sandi, Leonardi 2020).
Il dipinto è visto da Corrado Ricci «il quale risolutamente dichiarò, che se non avessero provveduto a levarlo dall’altare (dove si trovava in pericolo pei ceri) se lo sarebbe portato via»: è quanto si evince da una lettera del maggio del 1913 (Fiore 2016), successiva alla visita dello studioso in Puglia, dove vede Tintoretto.
Dall’intervento di Frizzoni (1914) l’attribuzione è stata concordemente accettata fino al restauro del 1950 quando lo scoprimento della firma e di una data considerata apocrifa contribuì a sollevare dubbi circa l’autografia. La differenza qualitativa tra parte superiore e parte inferiore ha portato diversi studiosi a interrogarsi sulla responsabilità della parte inferiore: D’Elia (Mostra dell’arte in Puglia 1964) suggerisce i nomi di Leonardo Corona o Jacopo Palma il Giovane, contestato però da Pallucchini (1964); Calò (1969) ipotizza possa essere ascritta a Domenico Tintoretto, pista rilanciata da Pallucchini, Rossi (1976). De Vecchi (1970) nega l’attribuzione a Tintoretto. Belli D’Elia (1972) sostiene invece la responsabilità del pittore coadiuvato dalla bottega.
Dal rilievo della data segnata in calce al dipinto – 1595 – Urbani (1951) sostiene che questa sia apocrifa e avanza una datazione al 1592, accettata da Gelao (1998).

Immagine
Committente
Famiglie e persone

Effrem

Iscrizioni

IACOBUS TINTORECTUS 1595

(parzialmente apocrifa)


Stemmi o emblemi araldici

Sagarriga (1738, 353) ricorda scolpite nella cappella di San Rocco nella Cattedrale di Bari le armi delle famiglie Effrem e Spinelli e l’iscrizione «Famiglia Effrem».

Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti

Sagarriga 1738 [1648]: Memorie istoriche di alcune famiglie nobili della città di Giovenazzo, scritte compendiosamente dal sig. D. Luigi Sagarriga e drizzate dallo stesso sig. Anto nio Paglia, in Istoria della città di Giovenazzo del signore D. Ludovico Paglia nobile della medesima; con un breve ragguaglio d’alcune famiglie nobili della stessa città. Dedicato all’Illustrissimo signore il Signor D. Giuseppe Navas, in Napoli MDCCXXXVIII [1738], 353.

Bibliografia

Baedeker 1907: K. Baedeker, L’Italie méridionale, Leipzig-Paris 1907, 287.


Barbone Pugliese 2012-2013: N. Barbone Pugliese, «Introduzione. Pittori veneziani in Puglia nel Cinquecento con una premessa storica», in Tiziano, Bordon e gli Acquaviva d’Aragona pittori veneziani in Puglia e fuoriusciti napoletani in Francia, a cura di Nuccia Barbone Pugliese, Andrea Donati, Lionello Puppi, cat. mostra (Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia “Girolamo e Rosaria Devanna”),  Foggia 2012, 13-82, 63. 


Barracane, Cioffari 1989: G. Barracane, G. Cioffari, Le chiese di Bari antica, Bari 1989, 40, 41. 


Basile Bonsante 1992: M. Basile Bonsante, «Committenza ecclesiastica e arte sacra tra Cinque e Seicento», in Storia di Bari, a cura di Francesco Tateo, II, t. III, Bari 1992, 249-271, 255.


Belli D’Elia 1969: P. Belli D’Elia, Breve guida della Pinacoteca Provinciale, Molfetta 1969, 35-36.


Belli D’Elia 1972a: P. Belli D’Elia, Bari. Pinacoteca Provinciale, Bologna 1972, 40-41.


Belli D’Elia 1972b: P. Belli D’Elia, «La Pinacoteca Provinciale di Bari. Schede per un catalogo. III. I dipinti del ‘500», Amministrazione e Politica, VI, 3, 1972, 283-310, 307-308.


Berenson 1936: B. Berenson, Pitture italiane del Rinascimento. Catalogo dei principali artisti e delle loro opere con un indice dei luoghi, Milano 1936, 557.


Berenson 1957: B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Venetian School, I, New York-London 1957, 170.


Berenson 1958: B. Berenson, Pitture italiane del Rinascimento. La scuola veneta, I, Londra-Firenze 1958, 175.


G. Bozzi, «Il restauro 2009-2010», in Il Tintoretto ritrovato. Storia, arte restauro, a cura di Clara Gelao, cat. mostra (Bari, Pinacoteca provinciale), Venezia 2010, pp. 41-47. 


Calò 1969: M. S. Calò, Contributo alla storia dell’arte in Puglia - La pittura del Cinquecento e del primo Seicento in Terra di Bari, Bari 1969, 76, 85.


De Sandi, Leonardi 2020: G. De Sandi, A. Leonardi, «“La Pinacoteca è già più di una promessa”. 1930. Federico Hermanin nel Palazzo del Governo a Bari», in Il Museo che non c’è. Arte, collezionismo, gusto antiquario nel Palazzo degli Studi di Bari (1875-1928), a cura di Luisa Derosa e Andrea Leonardi, cat. mostra (Bari, Palazzo Ateneo), Firenze 2020, 239-259, 249.


De Vecchi 1970: P. De Vecchi, L’opera completa del Tintoretto, Milano 1970, 134.


Fiore 2016: A. Fiore, «Un lungo equivoco: i “Santi Giacomo Minore e Filippo” da Lecce a Dublino», Prospettiva, 163-164, 2016, 148-163, 159.


Frizzoni 1914: G. Frizzoni,«Opere di pittura venete lungo la costa meridionale dell’Adriatico», Bollettino d’Arte, 8, 1, 1914, 23-40, 32-33.


Garruba 1844:  M. Garruba, Serie critica de’ sacri pastori baresi, Bari 1844, 566.


Gelao 1984: C. Gelao, Per una storia dell’arte a Bari nel ‘400 e nel ‘500,in I segni della storia: le carte, le pietre, le cose. II. Itinerari per Bari rinascimentale, a cura di Clara Gelao, Bari 1984, 16, 19. 


Gelao 1998: Clara Gelao, «Jacopo Robusti, detto il Tintoretto. San Rocco e gli appestati», in La Pinacoteca Provinciale di Bari. Opere dall’XI al XVIII secolo. Pittura veneta, a cura di Clara Gelao, Roma 1998, 26-27.


Gelao 2006: Clara Gelao, «Jacopo Robusti, detto il Tintoretto. San Rocco e gli appestati», in La Pinacoteca Provinciale di Bari. I. Opere dal Medioevo al Settecento, donazione Pagnozzato e collezione del Banco di Napoli, a cura di Clara Gelao, Roma 2006, 153-155.


Gelao 2008: C. Gelao, Pinacoteca Provinciale. Bari, Roma 2008, 57. 


Gelao 2010: C. Gelao,«Il Tintoretto ritrovato della Pinacoteca Provinciale di Bari», in Il Tintoretto ritrovato. Storia, arte restauro, a cura di Clara Gelao, cat. mostra (Bari, Pinacoteca Provinciale), Venezia 2010, 7-33.


Gelao 2013: Clara Gelao, «“Puia cum Veniexia. Veniexia cum Puia”», in Bari, la Puglia e Venezia, a cura di Vito Bianchi e Clara Gelao, Bari 2013, 115-321, 180, 182, 250-253, 302.

Gelao 2014a: C. Gelao, «Restauri, interventi e danni subiti dal Veronese della Pinacoteca di Bari sino al 1951», in Il Veronese della Pinacoteca Provinciale di Bari. Storia, arte, restauro, a cura di Clara Gelao, cat. mostra (Bari, Pinacoteca Provinciale), Venezia 2014, pp. 19-25, 20-21, 24.


Gelao 2014b: C. Gelao, «Tra committenti, rimozioni e ritrovamenti: la lunga storia del dipinto di Paolo Veronese sino al suo arrivo nella Pinacoteca Provinciale di Bari», in Il Veronese della Pinacoteca Provinciale di Bari. Storia, arte, restauro, a cura di Clara Gelao, cat. mostra (Bari, Pinacoteca Provinciale), Venezia 2014, pp. 9-17, 9, 13, 15. 


Gervasio 1930: M. Gervasio, La Pinacoteca Provinciale di Bari, Bari, 1930, 101-106.


Gervasio 1936: M. Gervasio, Guida alla Pinacoteca Provinciale di Bari, Molfetta 1936, 35-42.


Hermanin 1930: F. Hermanin, «La Pinacoteca Provinciale di Bari», Japigia, 1, 1930, 74-87, 78-81.


Leone De Castris 1988: Pierluigi Leone De Castris,  «La pittura del Cinquecento in Italia meridionale», in La pittura in Italia. Il Cinquecento, a cura di Giuliano Briganti, II, Milano 1988, 472-514, 506-507.


Milano 1982: N. Milano, Le Chiese della diocesi di Bari - Note storiche ed artistiche, Bari 1982, 72.


Molajoli 1934: B. Molajoli, «Tra le gallerie d’arte della penisola – La Pinacoteca Provinciale di Bari», Le Vie d’Italia – Rivista mensile del T.C.I., 12, 1934, 949-959, 955.


Mormone 1965: R. Mormone, «La mostra dell’arte in Puglia», Napoli nobilissima, IV, 1965, 67-68, 67.


Mostra dell’arte in Puglia 1964: Mostra dell’arte in Puglia dal tardo-antico al rococò, a cura di Michele  D’Elia, cat. mostra (Bari, Pinacoteca provinciale), Roma 1964, 96.


Pallucchini 1964: R. Pallucchini, «I Veneti alla Mostra dell’Arte in Puglia», Arte Veneta, XVIII, 1964, 214-218, 216.



Pallucchini, Rossi 1976: R. Pallucchini, P. Rossi, Tintoretto. Le opere sacre e profane, I, Milano 1976, 308. 


Pasculli Ferrara 1984: M. Pasculli Ferrara, Domenico Antonio Vaccaro. Interventi settecenteschi nella Cattedrale di Bari: il nuovo assetto decorativo, Galatina 1984, 21.


Perotti 1923: A. Perotti, Storie e storielle di Puglia, Bari 1923, 86. 


Petroni 1858: G. Petroni, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all’anno 1856 libri tre, II, Napoli 1858, 192, 393-394.


Salmi 1920: M. Salmi, «La pittura veneta in Puglia», Rassegna d’arte antica e moderna, 20, 1920, 209-215, 213.


Sgarbi 1991: V. Sgarbi, Dell’Italia. Uomini e luoghi, Milano 1991,131.


Urbani 1951: G. Urbani, «Schede di restauro», Bollettino dell’Istituto Centrale del Restauro, 5-6, 1951, 102-103.


Van der Werf, Monno, Laviano, Sabbatini 2014: I. D. Van der Werf, A. Monno, R. Laviano, L. Sabbatini, «Il Veronese della Pinacoteca di Bari. Materiali e tecniche pittoriche», in Il Veronese della Pinacoteca Provinciale di Bari. Storia, arte, restauro, a cura di Clara Gelao, Venezia 2014, 242.


Venturi 1929: A. Venturi, Storia dell’arte italiana. IX, La Pittura del Cinquecento, 4, Milano 1929, 620.


Von der Bercken 1942: E. Von der Bercken, Die Gemälde des Jacopo Tintoretto, Munich 1942, 104. 


Von der Bercken, Mayer 1923: E. Von der Bercken, A. L. Mayer, Jacopo Tintoretto, I, München 1923, 242.

Allegati
Link esterni

http://www.pinacotecabari.it/index.php/ricerca-pittura-veneta

SchedatoreStefania Castellana
Data di compilazione13/12/2023 13:27:17
Data ultima revisione13/12/2023 13:27:17
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/706
OggettoBari, Pinacoteca provinciale (già Altamura), tavole di polittico
Collocazione originariaAltamura
Materialetempera su tavola
Dimensioni
Cronologiaottavo decennio del XV secolo
AutoreBartolomeo Vivarini
Descrizione

Le quattro tavolette raffigurano, da sinistra a destra, i Santi Nicola di Bari, Caterina d'Alessandria, Chiara e Bernardino da Siena. Esse facevano parte di un polittico (smembrato) originariamente collocato nella chiesa di Santa Maria delle Grazie ad Altamura, e sono pervenute nella Pinacoteca provinciale di Bari nel 1937.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni

Scheda sull'opera nel sito della pinacoteca Provinciale di Bari.

SchedatorePaola Coniglio
Data di compilazione06/01/2015 14:50:09
Data ultima revisione07/02/2017 12:39:01
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/490
OggettoBari, Pinacoteca provinciale (già Andria), polittico di Antonio Vivarini
Collocazione originariaAndria
Materialetempera su tavola
Dimensionicm 116 x 151
Cronologiasettimo decennio del XV secolo
AutoreAntonio Vivarini
Descrizione

Il polittico, in origine collocato nella chiesa andriese di Santa Maria Venera, è oggi conservato nel Museo provinciale di Bari. Dopo un'oscillazione attributiva tra i fratelli Bartolomeo e Antonio Vivarini, negli ultimi anni la critica sembra essersi orientata sul secondo. L'opera ha subito di recente un importante restauro.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Gelao 2014: Clara Gelao, Il polittico di Antonio Vivarini. Storia, arte, restauro, a cura di Clara Gelao, Venezia 2014 (con bibliografia precedente).

Allegati
Link esterni

Scheda sull'opera nel sito della Pinacoteca provinciale di Bari.

SchedatorePaola Coniglio
Data di compilazione07/01/2016 19:12:50
Data ultima revisione04/02/2017 12:24:40
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/565
OggettoBari, Pinacoteca provinciale (già Andria), tavola con San Francesco tra santi
Collocazione originariaAndria
Materialetempera su tavola
Dimensioni116 cm x 151 cm
Cronologiaottavo decennio del XV secolo
AutoreBartolomeo Vivarini
Descrizione

Il trittico rappresenta San Francesco d'Assisi affiancato dai santi Michele arcangelo e Antonio da Padova a sinistra, e Bernardino da Siena e Pietro a destra. Anche quest'opera, come il trittico di Andria, era originariamente collocata nella chiesa andriese di Santa Maria Venera. Dismesso il convento francescano nel 1866, essa fu trasferita nel Museo provinciale del capoluogo pugliese nel 1891.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni

Firmato e datato: "OPVS FACTVM VENETIIS PER / BARTHOLOMEVM VIVARIN/VM DE MURANO 1483".

Stemmi o emblemi araldici
Note

Il punto di stile dell'opera è molto vicino a quello del polittico che Bartolomeo eseguì nel 1477 per la chiesa  di San Bernardino a Morano Calabro (CS).

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni

Scheda sull'opera nel sito della Pinacoteca provinciale di Bari.

SchedatorePaola Coniglio
Data di compilazione06/01/2015 14:25:58
Data ultima revisione07/02/2017 12:35:11
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/489
OggettoBari, Pinacoteca provinciale (già Andria), trittico di Andria
Collocazione originariaAndria
Materialetempera su tavola a fondo oro
Dimensioni
Cronologiafine XV o inizi XVI secolo
AutoreTuccio d'Andria
Descrizione

Il trittico presenta a sinistra Santa Caterina d'Alessandria (139 x 49 cm), al centro San'Antonio da Padova (144 x 53 cm), e a destra San Giacomo della Marca con la committente in preghiera (140 x 53 cm).

I pannelli provengono dal convento francescano di Santa Maria Vetere di Andria, e forse facevano parte di un polittico più ampio.

Dopo una vicenda critica complessa, si è assestata l'attribuzione al pittore Tuccio d'Andria (cfr. Clara Gelao 2005-2006, I, 2005, 71-74).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Gelao 2005: Clara Gelao, scheda n. 10, in La Pinacoteca Provinciale di Bari, 2 voll., a cura di Clara Gelao, Roma, 2005-2006, I, 2005, 71-74.

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione28/10/2013 16:47:49
Data ultima revisione07/02/2017 12:40:53
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/391
OggettoBari, Pinacoteca provinciale (già Lecce), tavola con Madonna col Bambino tra San Benedetto e Santa Scolastica
Collocazione originariaLecce
Materialetempera su tavola
Dimensionicm 137 x 93
Cronologiaquinto decennio del XV secolo
AutoreAntonio Vivarini
Descrizione

Le tre tavole, giunte a Bari nel 1928 ed in seguito entrate a far parte della collezione del Museo provinciale, provengono dalla chiesa di Santa Maria di Surbo, in provincia di Lecce, e sono gli unici elementi rimasti di un perduto polittico a sette scomparti originariamente eseguito per il celebre monastero leccese dei Santi Niccolò e Cataldo, abitato dai benedettini neri.  

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni

Scheda sull'opera nel sito della Pinacoteca provinciale di Bari.

SchedatorePaola Coniglio
Data di compilazione06/01/2015 13:40:07
Data ultima revisione13/02/2017 17:07:04
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/488
OggettoBari, Pinacoteca provinciale (già Monopoli), San Pietro Martire
Collocazione originariaMonopoli
Materialetempera su tavola
Dimensionicm 194 x 84
Cronologia1498-1500
AutoreGiovanni Bellini
Descrizione

La grande tavola raffigura San Pietro Martire a figura intera e proviene dalla chiesa domenicana di Santa Maria la Nova a Monopoli (dopo il 1530 il dipinto fu trasferito nella chiesa di San Domenico, sorta sulla stessa area). È firmata dal pittore veneziano Giovanni Bellini. Sul retro la tavola presenta disegni a carboncino raffiguranti un grande candelabro, un giovinetto nudo con un cavallo, una testa di Madonna, un profilo d'uomo con berretto, un altro ritratto virile. 

Proviene dalla chiesa domenicana di Santa Maria la Nova, distrutta durante la seconda fase dell’occupazione veneziana (1528-1530) in quanto collocata fuori delle mura cittadine e, dunque, ritenuta pericolosa dal punto di vista strategico; la si ritrova, poi, nella nuova chiesa di San Domenico (Bellifemine 1982, 70). Dopo lunghe trattative, la tavola passa nella Pinacoteca provinciale di Bari nel 1929 (Perotti 1923, 92-98; Ferretti 1980, 97; Gelao 2008, 18-19).
Citata nella chiesa di San Domenico da Glianes ((1643) 1994, 80) come «una immagine di S. Pietro martire depinta dal bellino fiorentino pittore celeberrimo» è ricordata, negli stessi termini, da Indelli ((1773-1779) 1999, 239).
A lungo si è ritenuto potesse provenire dalla cappella della famiglia Indelli (Mostra dell’arte in Puglia 1964, 66-67), ipotesi poi scartata da Gelao (in La Pinacoteca 2006, 142) sulla base di una corretta rilettura del brano di Indelli.
Si deve a Bellifemine (1982, 70) l’individuazione della prima attestazione dell’esistenza di una cappella di San Pietro martire, di patronato del giurista Leone Arpona, nella chiesa di Santa Maria la Nova. Dal documento risulta che l’Arpona vuole essere seppellito nella cappella di San Pietro martire, che dunque assume funzioni di mausoleo (Bellifemine 1982, p. 78; il brano è riportato in Gelao 2022a, p. 201). Il patronato dell’altare agli Arpona trova conferma in un inventario domenicano del 1746, reso noto da Pirrelli (2009, 93-99), dove è contenuto il regesto di un documento in cui si riporta la data di concessione della cappella di San Pietro martire al giurista, ovvero l’anno 1503 (Pirrelli 2009, 95; l’immagine della carta è pubblicata in Gelao 2022a, 210, fig. 10). Ulteriori testimonianze cinquecentesche dell’esistenza della cappella si ricavano da un documento contenuto nella Selva d’oro e dal testamento di Lucia Palmieri, vedova di Leone Arpona, che nel 1524 lascia al convento una somma «per Altare di San Pietro martire» (Gelao 2022a,  194).
In merito alle modalità con cui l’Arpona possa essere arrivato a una commissione così importante, Gelao (2022a, p. 202) afferma che «la conclamata competenza di magistrato del D’Arpona l’avesse messo in contatto con qualche prestigioso membro della comunità veneziana e, col suo tramite, con l’artista veneziano. Più probabile, però, che qualche stimato membro della comunità domenicana di Monopoli sia stato mallevadore di tale commissione».
Chi scrive ipotizza la mediazione di Giovanni Antonio Palmieri, oratore del re di Napoli a Venezia negli anni 1498-1500, nonché congiunto di Leone Arpona, come risulta da diverse evidenze documentarie per le quali si veda infra.

Circa la possibilità, avanzata da Gamba (1937, 101), che il dipinto costituisse la parte centrale di un trittico – i due laterali sarebbero rappresentati dai Sant’Agostino e San Benedetto conservati nella Galleria Nazionale di Zagabria – la critica è abbastanza concorde nel ritenere il San Pietro martire indipendente dalle tavole citate, optando per la sua presenza singola all’interno della cappella in una maniera analoga a quella del Sant’Antonio di Costantino da Monopoli nella chiesa eponima (per la vicenda si vedano Ceriana, in Rinascimento visto da Sud 2019, p. 352; Gelao 2022, 210).
La questione più spinosa resta quella della cronologia.
Il dipinto è reso noto da Frizzoni (1914, 37), con una cronologia agli anni Novanta, retrodatata poi da Venturi (1915, 291). Berenson (1916, 102, a cui si accodano Gronau 1930, 206; Dussler, 1935, 206; Huse 1972, 52-53), conferma una esecuzione negli anni Ottanta in affinità con la pala di San Giobbe; per Bottari (1963, 23), ricadrebbe tra gli anni 1468-1474 mentre Heinemann (1962, 64, 70), la considera contemporanea della Resurrezione della Gemäldegalerie di Berlino (n. 1177 A); D’Elia (in Mostra dell’arte in Puglia 1964, 66-67), sulla scorta degli echi pierfrancescani individuati da Longhi (1914, 250), la ricolloca negli anni Ottanta, più precisamente tra il 1485 e il 1488; alla stessa decade la riferiscono Robertson (1968, 69); Pignatti (1969, 98); Calò Mariani (1985, 418, che registra, a 427, anche la committenza Arpona); Goffen (1989, 161, 288, 314); Tempestini (1992, 54-55); Ceriana (in Rinascimento visto da Sud 2019, 352-353); Humfrey (2019, 438-439).
Gelao (2008; 2022a) resta una voce isolata nel proporre una cronologia ai primi anni del Cinquecento. Gli intrecci documentari e famigliari messi in evidenza in questa sede indurrebbero, tuttavia, a considerare seriamente l’ipotesi che la tavola possa essere giunta a Monopoli negli anni della concessione della cappella all’Arpona, complici anche i disegni sul retro della tavola tra cui la complessa candelabra di gusto già padano che Gelao (2022a, 211-213) mette accanto ad alcuni esiti bronzei di Andrea Riccio, ma che potrebbe trovare riscontri nelle prove di Giovanni da Verona negli anni Novanta. Anche dal punto di vista stilistico, i disegni sembrano denunciare, come già avverte Gelao (2022a, 212) la conoscenza delle opere di Pietro Perugino, al lavoro in laguna alla metà degli anni Novanta.

Le assonanze tra i disegni, in particolare quello del "Giovane ignudo", e alcune opere del Perugino, nonché la temperatura sentimentale evidente nel volto del santo, che sembra non ignara di Giorgione, unite a riflessione di ordine esterno - i rapporti tra Arpona e Palmieri e, su tutto, l'impegno di Palmieri a Venezia - indurrebbero a sostenere una datazione a cavallo tra i due secoli.

 

Immagine
CommittenteLeone Arpona
Famiglie e persone

Arpona

Palmieri

Iscrizioni

In basso, sul gradino: "IOANNES BELLINUS".

Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti

Glianes 1643: Historia et miracoli della divota, e miracolosa imagine della Madonna della Madia miracolosamente venuta alla città di Monopoli, e di alcune cose notabili di detta Città. Composta dall’Abb. Francesco Antonio Glianes di Sacra Theologia Dottore Brundusino Archidiacono di Monopoli. Con l’aggiunta di quattro Sermoni predicati nel Domo d’essa Città in lode di detta Madonna dal Padre D. Dionigi Dentice
Chierico Regolare, ne’ quattro Sabbati d’Agosto nell’Anno 1642, in Trani, nella Stamperia di Lorenzo Valerij, MDCXLIII [1643], 80

Bibliografia

 

Bellifemine 1982: G. Bellifemine, La basilica di S. Maria degli amalfitani in Monopoli. Storia, fede, arte, Fasano 1982, 70, 78.

Berenson 1916: B. Berenson, Venetian paintings in America: fifteenth century, London 1916, 102.

Bottari 1958: Stefano Bottari, «Bellini, Giovanni», in Enciclopedia Universale dell’Arte, II, Roma-Venezia 1958, 518-525.

Bottari 1963: S. Bottari, Tutta la pittura di Giovanni Bellini. II. 1485-1516, Milano 1963, 23.

Calò Mariani 1985: M. S. Calò Mariani, «Considerazioni sulla cultura artistica nel territorio a sud-est di Bari tra XI e XV se colo», in Società, cultura, economia della Puglia medievale, a cura di V. L’Abbate, atti del convegno di studi (13-15 maggio 1983), Bari 1985, 385-428, 418, 427.

Ceriana 2019: Matteo Ceriana, «5.8. Giovanni Bellini, San Pietro martire», in Rinascimento visto da Sud. Matera, l’Italia meridionale e il Mediterraneo tra ‘400 e ‘500, a cura di Dora Catalano, Matteo Ceriana, Pierluigi Leone De Castris e Marta Ragozzino, cat. mostra (Matera, Palazzo Lanfranchi), Napoli 2019, 352-353.

Dussler 1935: L. Dussler, Giovanni Bellini, Frankfurt 1935, 206.

Frizzoni 1914: G. Frizzoni, «Opere di pittura veneta lungo la costa meridionale dell’Adriatico», Bollettino d’arte, VIII, 1914, 23-40, 37.

Gamba 1937: C. Gamba, Giovanni Bellini, Milano 1937, 101.

Gelao 2005: Clara Gelao, scheda n. 5, in La Pinacoteca Provinciale di Bari, 2 voll., a cura di Clara Gelao, I, Roma 2005, 142-146.

Gelao 2008: C. Gelao, «Il San Pietro Martire di Giovanni Bellini nella Pinacoteca provinciale di Bari tra storia e arte», in Giovanni Bellini. San Pietro Martire. Storia, arte, restauro, a cura di C. Gelao, Venezia 2008.

Gelao 2013: Clara Gelao, «“Puia cum Veniexia. Veniexia cum Puia”», in Bari, la Puglia e Venezia, a cura di Vito Bianchi e Clara Gelao, Bari 2013, 115-321, 244-247.

Gelao 2022: C. Gelao, «Il San Pietro martire di Giovanni Bellini», in La chiesa di San Domenico a Monopoli. Storia, architettura, arte, a cura di O. Brunetti e F. Lofano, Roma 2022, 190-213.

Goffen 1990: R. Goffen, Giovanni Bellini, Milano 1990, 161, 288, 314.

Gronau 1930: G. Gronau, Giovanni Bellini. Des Meisters Gemälde in 207 Abbildungen, Stuttgart-Berlin 1930, 206.

Heinemann 1962: F. Heinemann, Giovanni Bellini e i belliniani, I, Venezia 1962, 64, 70.

Humfrey 2019: Peter Humfrey, «San Pietro martire», in M. Lucco, P. Humfrey, G. C. F. Villa, Giovanni Bellini. Catalogo ragionato, a cura di M. Lucco, Treviso 2019, 438-439 (con bibliografia)

Huse 1972: N. Huse, Studien zu Giovanni Bellini, Berlin 1972, 52-53.

Indelli [1776-1779] 1999: Istoria di Monopoli del primicerio Giuseppe Indelli, a cura di Michele Fanizzi, Fasano 1999, 439.

Longhi 1914: R. Longhi, «Piero dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana», L’Arte, XVII, 1914, 198-221, 241-256, 250.

Mostra dell’arte in Puglia 1964: Mostra dell’arte in Puglia dal tardo-antico al rococò, a cura di Michele D’Elia, cat. mostra (Bari, Pinacoteca provinciale), Roma 1964, 66-67.

Pignatti 1969: T. Pignatti, L’opera completa di Giovanni Bellini, detto Giambellino, Milano 1969, 98.

Pirrelli 2009: M. Pirrelli, Tra Conventi e Monasteri. Le case religiose a Monopoli, Bari 2009, 93-99.

Robertson 1968: G. Robertson, Giovanni Bellini, Oxford 1968, 69.

Tempestini 1992: A. Tempestini, Giovanni Bellini. Completo dei dipinti, Firenze 1992, 54-55.

Venturi 1915: A. Venturi, Storia dell’arte italiana. VII. La pittura del Quattrocento, parte IV, Milano 1915, 291.

 

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SchedatoreStefania Castellana
Data di compilazione28/10/2013 17:04:32
Data ultima revisione16/01/2024 22:52:57
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/392
OggettoBari, Pinacoteca provinciale, Madonna col Bambino
Collocazione originaria
Materialeterracotta
Dimensionih: cm 83
Cronologiaseconda metà del XV secolo
Autoreanonimo scultore
Descrizione

Acquistata sul mercato antiquariale bolognese nel 2002, la scultura conserva poche tracce dell'originaria cromia, individuabile nel blu del mantello della Vergine. Clara Gelao l'ha ricondotta ad un anonimo plasticatore padovano dell'ambito di Bartolomeo Bellano, attivo a Padova nella seconda metà del Quattrocento. 

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Gelao 2005: Intorno a Corrado Giaquinto. Acquisizioni, donazioni, restauri 1993-2004, catal. mostra (Bari, Pinacoteca provinciale, 20 novembre 2004-27 febbraio 2005), a cura di Clara Gelao, Matera 2005, 44-45.

 

Gelao 2006: La Pinacoteca Provinciale di Bari, 2 voll., a cura di Clara Gelao, I, Roma 2006, 39-40.

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SchedatorePaola Coniglio
Data di compilazione07/01/2015 13:23:45
Data ultima revisione04/02/2017 12:28:18
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/492
OggettoBari, Pinacoteca provinciale, Madonna con Bambino in trono tra sant'Enrico d'Upsala e sant'Antonio da Padova
Materialeolio su tela
Dimensionicm 190 x 114
Cronologia1550-1555 ca.
AutoreParis Bordon
Descrizione
Immagine
Committentefamiglia Tanzi
Famiglie e persone

Famiglia Tanzi.

La pala si trovava in origine nella Cappella Tanzi al Duomo; la stessa famiglia possedeva un palazzo nei pressi della basilica di San Nicola.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Donati 2014: Andrea Donati, Paris Bordone. Catalogo ragionato, Soncino 2014.


Gelao 2005-2006: La Pinacoteca Provinciale di Bari, 2 voll., a cura di Clara Gelao, Roma 2005-2006.

 

Gelao 2013: Clara Gelao, Paris Bordon in Puglia. Un restauro e due scoperte, Venezia 2013.

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Scheda sull'opera nel sito della Pinacoteca provinciale di Bari.

Schedatore
Data di compilazione03/02/2014 12:44:32
Data ultima revisione04/02/2017 12:22:29
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/429
OggettoBari, Pinacoteca provinciale, Presepe
Materialepietra calcarea
Dimensionicm 120 x 65 x 76
Cronologiaprima metà del XVI secolo
AutorePaolo Catalano da Cassano
Descrizione

Il presepe, parte delle collezioni della Pinacoteca provinciale dal 1967, proviene verosimilmente dalla chiesa del convento francescano osservante di Santa Maria delle Fosse di Bari. A Gallipoli, nella chiesa di San Francesco, si conserva una Vergine Annunciata che presenta molte affinità stilistiche con quella barese, e che per tale motivo è stata cautamente attribuita al medesimo autore.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni

Scheda sull'opera nel sito della pinacoteca Provinciale di Bari.

SchedatorePaola Coniglio
Data di compilazione07/01/2015 12:27:25
Data ultima revisione04/02/2017 12:29:33
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/491
OggettoBari, San Domenico, Madonna con Bambino (altorilievo)
Materialepietra
Dimensioni
Cronologiafine del XV secolo (ultimo decennio?)
Autoreartista locale, sul fare di Stefano da Putignano
Descrizione

All’interno della chiesa di San Domenico a Bari, entro una sorta di nicchia protetta da un vetro, si conserva un altorilievo, in pietra scolpita e incisa, raffigurante una Vergine col Bambino.

La Madonna, quasi costretta nella cornice entro cui il rilievo è racchiuso, si impone con plasticismo aggettante. Il viso è composto, le pieghe della veste e del mantello ricadono regolari, anche se piatte. Il Bambino, dalla struttura solida e tornita, è raffigurato in piedi, nudo, sulla gamba destra della Madre, mentre tiene tra le mani un piccolo globo. Lo studio anatomico del Bambino, attento e dettagliato, in qualche modo bilancia la scarsa espressività delle due figure.

Il pezzo, seppure di fattura locale grossolana, presenta un elemento iconografico singolare: nel basso è scolpito infatti, per tutta la larghezza del rilievo, il fianco della chiesa, con due finestre squadrate, una porta ad arco nel centro, e, sulla sinistra, il campanile.

L’altorilievo, stilisticamente ascrivibile alla fine del XV secolo, si può ritenere opera di un artista vicino alla cerchia di Stefano da Putignano.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note

Al di là della registrazione da parte di Bruno Maria Ghetti Apollonj, il pezzo è inedito.

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Ghetti Apollonj 1972: Bruno Maria Ghetti Apollonj, Bari vecchia: contributo alla sua conoscenza ed al suo risanamento, Bari 1972, 233.

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SchedatoreMichela Tarallo
Data di compilazione13/04/2015 20:15:37
Data ultima revisione09/02/2017 10:55:42
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/517
OggettoBari, San Ferdinando, Madonna con Bambino tra i santi Nicola e Sabino
Materialepietra dipinta
Dimensioni
Cronologia1510-1530
Autoreignoto seguace di Paolo Catalano da Cassano
Descrizione

Nella chiesa di San Ferdinando a Bari (di fondazione ottocentesca, ma costruita sui resti di un’antica cappella, detta “dei Santi”), appoggiati su alcune mensole, vi sono tre altorilievi in pietra scolpita e dipinta, forse appartenenti ad una primitiva lunetta o ad una pala d’altare. Al centro è la Vergine col Bambino, a mezza figura; ai lati, sempre a mezza figura, sono raffigurati a sinistra San Nicola, che sostiene nella mano sinistra un libro su cui poggiano le tre palle d’oro, suo tradizionale attributo, e sulla destra un santo vescovo, forse identificabile con San Sabino (Ieva 2001; Gelao 2004 e 2006).

L’opera, che rientra nel filone della scultura litica pugliese della prima metà del XVI secolo, è stata assegnata nel 2004 da Clara Gelao a Paolo Catalano da Cassano, per essere poi espunta dal catalogo dell’artista non molto tempo dopo (2006) dalla stessa studiosa, che l’ha ricondotta ad un ignoto scultore seguace di Cassano.

Come già rilevato dalla Gelao, stupisce lo scarto qualitativo tra l’immagine centrale, che ha subito anche una grossolana ridipintura, e gli altorilievi laterali. 

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note

L’opera è pressoché inedita: al di là delle brevi menzioni a firma di Pasquale Ieva e della Gelao, è stata infatti completamente ignorata. Entrambi gli studiosi sostengono che i tre frammenti fossero parte di un trittico (Ieva lo ipotizza posizionato sull’altare dell’antica cappella su cui fu poi fondata la chiesa di San Ferdinando); a ben vedere, però, come già detto, non sembra scartabile l’ipotesi che i pezzi costituissero in origine una lunetta.

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Gelao 2004: Clara Gelao, "La scultura pugliese del Rinascimento. Aspetti e problematiche", in Scultura del  Rinascimento in Puglia, Atti del Convegno Internazionale (Bitonto 21-22 marzo 2001), a cura di Clara Gelao, Bari 2004, 35.

 

Gelao 2006: Paolo Catalano da Cassano e il presepe di pietra della Pinacoteca provincipale di Bari, a cura di Clara Gelao, Cinisello Balsamo 2006, 41.

 

Ieva 2001: Pasquale Ieva, Imago Sancti Sabini episcopi Canusii in Apulia. Iconografia, tradizione, arte e luoghi di culto, in San Sabino: uomo di dialogo e di pace tra Oriente ed Occidente, Atti del Convegno di studi (Canosa 26-28 ottobre 2001), a cura di Liana Bertoldi Lenoci, Trieste 2002, 337-360, in partic. 351.

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SchedatoreMichela Tarallo
Data di compilazione14/04/2015 00:00:05
Data ultima revisione09/02/2017 10:59:23
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/518
OggettoBari, San Nicola, Cattedra d'Elia
Materialemarmo
Dimensioni
CronologiaXII secolo
Autore
Descrizione

La celebre Cattedra di Elia (fondatore della basilica di San Nicola, nonché arcivescovo di Bari e Canosa dal 1089 al 1105) si trova al centro dell’abside della basilica di San Nicola, su una base circolare di marmo rosa, secondo una sistemazione risalente agli anni '50 dello scorso secolo. Si tratta di un pezzo notissimo nella plastica medievale pugliese, la cui peculiarità risiede nel fatto che è un blocco unico monumentale, ricavato forse da un rocchio di colonna per via di togliere. Il pezzo riassume e condensa in sé esperienze culturali diverse: l’antico (si veda la forma stessa: un seggio all’antica con fiancate aperte) convive con elementi che appartengono alla tradizione bizantina (proviene dal mondo bizantino la tecnica ad incrostazione del marmo ricoperto con mastice nero: così doveva presentarsi l’opera in origine).

La cattedra è costituita da un seggio con braccioli e alta spalliera sostenuto da tre telamoni: i due laterali sono veri e propri “Atlanti”, quello centrale è abbigliato diversamente. I due Atlanti sono stati interpretati come schiavi ribelli, il personaggio centrale – per il bastone che stringe nella mano e per il copricapo che indossa – come un pellegrino. Nel retro, due leonesse sono rappresentate nell’atto di sbranare due uomini dai tratti mediterranei (forse due mori).

Il trono è stato identificato come il trono di Elia per l’iscrizione che corre sul bordo del sedile, nei lati e a tergo: di qui anche la datazione che gli è stata sempre assegnata, tra il 1098 e il 1105, che muove da una registrazione all’interno della Cronaca di Lupo Protospata, e che è stata al centro di un acceso e ininterrotto dibattito. A favore di una datazione prossima al 1098 si sono rivelati Heinrich Wilhelm Schultz, Martin Wackernagel e Arthur Kingsley Porter, mentre Pietro Toesca, Géza De Francovich e Pina Belli D’Elia ne hanno sostenuto una datazione posteriore.

Particolarmente suggestiva è stata la lettura della Belli D’Elia, tornata più volte sull’argomento. La studiosa, mettendo in dubbio l’autenticità – all’interno della Cronaca del pezzetto riguardante il trono, ed istituendo dei confronti con altre sedie pugliesi presumibilmente precedenti (vd. Note in questa scheda), e con alcune opere scultoree locali, considerate autografe dello stesso maestro scalpellino, ha datato la cattedra pugliese tra il 1166 e il 1170 (Belli D’Elia 1974). Tale datazione appare interessante perché collocherebbe l’opera non all’inizio dell’intero corso del romanico pugliese, come è stato sempre ipotizzato, ma all’interno di una fase del suo sviluppo.

La sedia non ha mai trovato termini di confronto diretto, e del suo l’artefice, che viene indicato convenzionalmente con il nome di “Maestro della Cattedra d’Elia”, non si sa molto. È stato spesso accostato a Wiligelmo da Modena, ma il riferimento, come precisato dalla Belli D’Elia, rimarrebbe valido come termine post-quem (la studiosa ha osservato che le leonesse e i telamoni, come forme tridimensionali articolate nello spazio, sono forme estranee alla tradizione romanica pugliese, mentre si trovano in Emilia, anche se in contesti di diverso genere: questo proverebbe un incontro del maestro della cattedra con la cultura emiliana, avvenuto però in epoca avanzata, tale da permettere la rielaborazione e il trasferimento su un piano diverso delle idee da lui apprese durante un possibile viaggio al nord). Allo stesso modo per la Belli D’Elia il confronto con i telamoni della Tomba di Ruggero II a Palermo († 1154), valido da un punto di vista iconografico, e pure spesso suggerito, è apparso sostenibile solo pensando ad un rapporto “invertito”: sarebbe il maestro barese ad essere debitore verso i maestri palermitani (o piacentini, visto che la critica ritiene la tomba di Ruggero opera di scultori piacentini) e non viceversa.

** 1) il capitello dell’iconostasi, con schiavi e maschere (presso la Pinacoteca barese; ritenuto del maestro già dal Toesca); 2) le protomi leonine e umane che si affacciano tra le esafore del lato sud di San Nicola; 3) il torso virile della Pinacoteca barese. A questi pezzi si aggiungerebbero, come opere direttamente dipendenti: una maschera mostruosa al centro del davanzale della finestra absidale della Cattedrale di Bari; i capitelli dei pilastri tra le navate laterali e il transetto della stessa Cattedrale; le maschere del protiro del portale maggiore di San Nicola; una maschera leonina murata su un edificio di Bari Vecchia; un capitello con telamoni in un cortile di Bari Vecchia (purtroppo sfigurato dalla calce).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni

+ INCLITVS ATQ(UE) BONVS SEDET H/AC IN SEDE PATRONVS PRESVL BARINVS / HELIAS ET CANVSINVS

Stemmi o emblemi araldici
Note

La datazione della cattedra muove da un passo della Cronaca di Lupo Protospata. L’anonimo cronista, nel registrare l’episodio del Concilio del 1098, scrive che in quell’anno papa Urbano II arrivò a Bari con una schiera di vescovi, arcivescovi e abbati, aggiungendo “et preparavit domino nostro Helia archiepiscopo mirificam sedem intus in ecclesia beatissimi Nicolai confessoris Christi”. La Belli D’Elia ha voluto interpretare quel “domino nostro” come un dativo (la sedia sarebbe perciò stata preparata dal papa per Elia), ma lo Schulz, trascrivendo per primo il testo, avvertiva la necessità di specificare “nominativo”. Ad aggiungere ulteriori perplessità, questa constatazione, da parte della Belli D’Elia: perché Lupo Protospata, in genere sempre laconico, si sarebbe fermato a registrare un fatto abbastanza secondario come l’esecuzione di un trono? La studiosa ha dunque ipotizzato che i righi relativi alla sedia siano stati un’interpolazione di un copista, a maggior ragione per il fatto che esiste una discrepanza tra le diverse edizioni della Cronaca (il pezzetto manca nell’edizione di Hannover del 1844 e in tutte le altre redazioni manoscritte).

I confronti con altre sedie pugliesi (Canosa, Monte Sant’Angelo, Santa Maria di Siponto e Taranto), tutte databili tra 1040 e 1100 circa, accomunate da una medesima tecnica di realizzazione (mediante “assemblaggio”), da una concezione frontale e da un senso di immobilità ieratica, hanno portato Pina Belli D’Elia a ritenere la cattedra in esame più tarda rispetto a tutte le altre. La cattedra barese, realizzata da un solo blocco, concepita per occupare uno spazio centrale, segnerebbe un superamento sul piano dinamico, plastico e spaziale rispetto allo stereotipo del trono episcopale come si era andato configurando in Puglia nell’XI secolo, e questa “evoluzione” sarebbe per la Belli D’Elia sintomo di una posizione cronologicamente avanzata.

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Aceto 2009: Francesco Aceto, “La cattedra dell’abate Elia. Dalla memoria alla storia”, in Medioevo. Immagine e memoria, Atti del Convegno Internazionale di studi (Parma, 23-28 settembre 2008), Milano 2009, 132-143.

 

Belli D’Elia 1974: Pina Belli D’Elia, "La Cattedra dell’abate Elia. Precisazioni sul Romanico pugliese", Bollettino d’arte, s. 5, LIX, 1974, 1-17, con bibliografia precedente.

 

Belli D’Elia-D’Elia 1981: Pina Belli D’Elia, Michele D'Elia, “Aggiunte tranesi al Maestro della Cattedra di Elia. Nuove precisazioni sul romanico pugliese”, in Studi e ricerche di storia dell’arte. In memoria di Luigi Mallé, Torino 1981, 49-60.

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SchedatoreMichela Tarallo
Data di compilazione26/09/2015 19:34:33
Data ultima revisione09/02/2017 11:08:17
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/545
OggettoBari, San Nicola, ciborio a baldacchino
Collocazione originaria
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologiaanni trenta del XII secolo
Autoreignoto artista/ ignota bottega operante nella prima metà del XII secolo
Descrizione

Capostipite di tutti gli esemplari pugliesi, il baldacchino che sovrasta l’altare della basilica di San Nicola fu realizzato probabilmente o durante i primi anni del priorato di Maione (succeduto nel 1133 ad Eustazio), o diurante gli ultimi anni di quello di Eustazio (a sua volta subentrato ad Elia [† 1105]). Il ciborio si eleva al di sopra di tre gradini che recano iscritto, con tecnica ad incrostazione, il nome dei due priori Elia ed Eustasio e insiste sui mosaici che ricoprono interamente il pavimento presbiteriale. Esso è composto da quattro colonne di marmo antico in breccia rossa (le antistanti) e viola (le posteriori), di riuso, con capitelli figurati, architrave e baldacchino a doppia piramide ottagonale su colonnine. A causa dei rimaneggiamenti che hanno interessato l’area presbiteriale in età moderna, le quattro colonne antiche non combaciano perfettamente con il motivo a cerchi del pavimento predisposto per accoglierle. I capitelli delle quattro colonne sono concordemente datati agli anni trenta del XII secolo: i due posteriori recano uno motivi vegetali e l’altro animali, nei due anteriori compaiono invece angeli con ali ben visibili. Tutte le forme sono caratterizzate da un intaglio duro e rigido, lontano dallo stile del maestro della Cattedra d'Elia.

Sulle travi di collegamento tra i quattro capitelli corre la scritta “ARX HEC PAR CELIS / INTRA BONE SERVE FIDELIT / ORA PRO TE POPULOQUE”, che appare interrotta nella trave frontale da una piastra di rame, smaltata (copia dell’originale che si conserva nel Museo della basilica), raffigurante San Nicola che incorona Ruggero II (identificabili dai nomi, oltre che dai rispettivi attributi iconografici). Oltre ad alludere ad un evento storico preciso (l’incoronazione di Ruggero, avvenuta a Palermo nel 1130), la placchetta, se posta in relazione con i c.d. “Patti giurati” del 1132 tra il clero di San Nicola e il re, riveste anche un particolare significato politico e simbolico, testimoniando gli stretti legami tra la basilica barese e la monarchia normanna, che da San Nicola riceveva una simbolica consacrazione. La presenza di questa formella, eseguita con tecnica mista a champlevé e a cloisonné (mutuata dalla tradizione bizantina), probabile opera – come già sostenuto da Pina Belli D’Elia (2003) – di un artigiano locale, è importante perché è stata considerata un elemento datante del ciborio: il suo inserimento al centro della trave dovette infatti essere previsto fin dall’inizio, come dimostra lo spazio vuoto che spezza l’iscrizione in lettere bronzee.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni

Sulle travi di collegamento tra i quattro capitelli, in lettere bronzee:

† ARX HEC PAR CELIS / INTRA BONE SERVE FIDELIT / ORA PRO TE POPULOQUE

 

Nei gradini su cui si eleva il baldacchino:

HIS GRADIBVS TVMIDIS ASCENSVS AD ALTA NEGATVR /

HIS GRADIBVS BLANDIS QVERERE CELSA DATVR /

ERGO NE TVMEAS QVI SVRSVM SCANDERE QVERIS /

SIS HVMILIS, SVPPLEX, PLANVS, ET ALTVS ERIS, /

VT PATER HELIAS HOC TEMPLVM QVI PRIMVS EGIT, /

QVOD PATER EVSTASIVS SIC DECORANDO REGIT.

Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconograficheper la placchetta smaltata: Parigi, Biblioteca Nazionale, Estampes, Gb 20 Fol., f. 15, n. 345, disegno di I. Aveta
Fonti e documenti
Bibliografia

Abbate 2010: Francesco Abbate, Arte in Puglia dal Medioevo al Settecento: il Medioevo, Roma 2010, 133.

 

Belli D’Elia 1985: Pina Belli D’Elia, La basilica di S. Nicola a Bari: un monumento nel tempo, Galatina 1985.

 

Belli D’Elia 2003: Pina Belli D’Elia, Puglia romanica (Collezione “Patrimonio artistico italiano”), Milano 2003, 122-123.

 

Cioffari, Werner 2000: Gerardo Cioffari, Monika Werner, Bona Sforza: donna del Rinascimento tra Italia e Polonia, Bari 2000, 276.

 

Milella 1987: Nicola Milella, “Storia dei restauri”, in San Nicola di Bari e la sua basilica. Culto, arte, tradizione, a cura di Giorgio Otranto, Milano 1987, 218-219.

 

Schettini, Willwmsen 1967: Franco Schettini, Carl Arnold Willemsen, La basilica di San Nicola di Bari, Bari 1967, 75 e segg.

Allegati
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SchedatoreMichela Tarallo
Data di compilazione13/04/2015 15:48:48
Data ultima revisione09/02/2017 11:16:29
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/515
OggettoBari, San Nicola, lastra tombale del priore Pietro de Moreriis
Collocazione originaria
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologia
Autoreanonimo scalpellino locale
Descrizione

SCHEDA IN REVISIONE 5/3/2018

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Belli D’Elia 1985: Pina Belli D’Elia, La basilica di S. Nicola a Bari. Un monumento nel tempo, Galatina 1985, 139.

 

Cioffari 1987: Gerardo Cioffari, Dalle origini a Bona Sforza”, in San Nicola di Bari e la sua basilica. Culto, arte, tradizione, a cura di Giorgio Otranto, Milano 1987, 140-173, in partic. 162-166.

 

Cioffari 2003-2004: Gerardo Cioffari, “Le pietre raccontano. Le epigrafi funerarie e commemorative della basilica di S. Nicola”, Nicolaus. Studi storici, XIV, 2003-2004, 104.

 

Gelao 1983: Clara Gelao, Il Museo di San Nicola. Breve guida storico artistica, Bari 1983, 18.

 

Melchiorre 1997: Vito Antonio Melchiorre, “La sacra visita cinquecentesca alla basilica di S. Nicola del priore Paolo Oliva”, Nicolaus. Studi storici, VIII, 1997, 89.

 

Melchiorre 1998: Vito Antonio Melchiorre, “La sacra visita secentesca di mons. Antonio del Pezzo alla basilica di S. Nicola”, Nicolaus. Studi storici, IX, 1998, 553.

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SchedatoreMichela Tarallo
Data di compilazione27/09/2015 17:32:16
Data ultima revisione05/03/2018 11:02:04
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/546
OggettoBari, San Nicola, mausoleo di Bona Sforza
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologia1587-1593
AutoreAndrea Sarti, Francesco Zacarella, Ceccardo Bernucci
Descrizione

Il monumentale sepolcro di Bona Sforza, regina di Polonia, duchessa di Bari e principessa di Rossano, è alloggiato sulla parete dell’abside della basilica di San Nicola a Bari. Realizzata in marmo di Carrara e in portovenere, la tomba è costituita da un’imponente edicola marmorea suddivisa in tre scomparti da quattro colonne d’ordine dorico e ospitante all’interno cinque statue a grandezza naturale. A partire dal basso, adagiate sull’alta zoccolatura che funge da base all’intero complesso funerario, si dispongono le figure coronate, nude e semidistese rappresentanti allegoricamente il Regno di Polonia e il Ducato di Bari, di cui reggono rispettivamente le insegne araldiche. Alle loro spalle, entro le due nicchie laterali, sono allogati San Nicola da Bari, patrono di Bari e titolare della basilica, a destra, e San Stanislao, protettore della Polonia, a sinistra. La nicchia centrale ospita la figura scolpita della Regina, inginocchiata e con le mani giunte in segno di devozione, e rivolta verso l’altare consacrato della basilica. Al di sotto campeggia il sarcofago, in marmo nero, che accoglie le spoglie mortali di Bona, a sua volta poggiante su uno zoccolo rettangolare la cui fronte reca incisa l’epigrafe dedicatoria della tomba in lettere bronzee e datata 1593. Chiudeva in alto il sepolcro un fastigio scolpito a bassorilievo con la Resurrezione di Cristo, spostato dalla sua collocazione originaria nel 1950 a seguito dei lavori che portarono alla riapertura del finestrone absidale e attualmente custodito nella torre nord-ovest della basilica.

Le volontà della regina, che aveva espressamente chiesto nel testamento redatto il 18 novembre 1557 di essere seppellita nella chiesa dell’Annunziata a Napoli, all’interno della quale ella sperava che fosse eretta una “Cappella Reale” dedicata a San Stanislao, non furono rispettate, a causa di alcune controversie giudiziarie sorte tra gli eredi in merito alle disposizioni testamentarie di Bona, morta il 19 novembre. Il figlio di Bona, Sigismondo II re di Polonia, infatti, nell’attesa che la lite si dirimesse, morì nel 1572 senza aver ancora proceduto alla commissione dell’opera. Si dovette attendere il 1588, e l’intervento di Anna Jagellona, la figlia della Regina, affinché si decidesse di traslare le reliquie di Bona dalla Cattedrale di Bari alla basilica di San Nicola (decisione che era stata precedentemente presa dagli esecutori testamentari della Regina, ai quali spettava appunto scegliere la chiesa che avrebbe ospitato le spoglie).

Immagine
CommittenteAnna Jagellona
Famiglie e persone

Sforza

Iscrizioni

Sotto il sarcofago di Bona Sforza, incisa in lettere bronzee su marmo nero: "D.O.M. BONAE REGINAE POLONIAE SIGISMUNDI REGIS POTENTISSIMI MAGNI  DUCIS LITHUANIAE RUSSIAE PRUSSIAE MOSCOVIAE SAMOGITIAEQUE CONIUGI  DILECTISSIMAE DUCISSAE BARI PRINCIPIQUE ROSSANI QUAE IOANNIS SFORTII GALEATII DUCIS MEDIOLANENSIUM FILIA EX IASABELLA ARAGONIA ALFONSI II NEAPOLITANORUM REGIS SPLENDOREM GENERIS REGIAEQUE MAIESTATIS DIGNITATEM SUMMIS DOTIBUS ILLUSTRAVIT ANNA JAGELLONIA REGINA POLONIAE CONIUX STEPHANI I PATRE MATRE FRATRE MARITO REGIBUS TRIBUSQUE SORORIBUS HUMATIS MATRE DESIDERATISSIMAE PIETATIS HOC MONUMENTUM POSUIT DOTEMQUE SACRIS PERPETUO FACIUNDIS ATTRIBUIT ANNO DOMINI MDLXXXXIII VIXIT ANNOS LXV MENSES VII DIES X".

Stemmi o emblemi araldici
Note

Il progetto e il programma iconografico del monumento funebre deve ricondursi al canonico polacco Tommaso Treter (1547-1610), pittore di stanza a Roma e consigliere artistico di Anna Jagellona, la quale incaricò il Treter anche di comporre l’epigrafe commemorativa e di sorvegliare i lavori cui attendevano nel frattempo gli scultori a Napoli (Waźbiński 1979). L’opera fu infatti lavorata nella Capitale del Viceregno da un’équipe di lapicidi guidati dal carrarese Andrea Sarti, e composta dall’umbro Francesco Zagarella e dall’altro carrarese Ceccardo Bernucci.

All’agosto del 1589 si data il primo rogito attestante l’incarico affidato al Sarti, rintracciato da Giovambattista D’Addosio nel 1918; più di recente Mimma Pasculli Ferrara ed Eduardo Nappi hanno pubblicato un’altra serie di atti notarili rinvenuti nell’Archivio Storico del Banco di Napoli (cfr. Fonti e documenti).

Fonti iconografiche
Fonti e documenti

Archivio di Stato del Banco di Napoli (ASBN), Banco del Popolo, 1, Giornale di cassa, 18 agosto 1589:

"A Filippo Ovadovsch, ducati 100, et per lui a Francesco Zaccarella et Andrea Sarti, dite ce li paga a buon conto della sepoltura che fanno ad instantia sua per la serenissima regina Bona di Polonia, decendo che con questi 100 hanno havuto da mano sua ducati 560, oltre quello che il quondam Scipione Pulpo gli ha pagati"(documento transunto da G.B. D’Addosio, "Documenti inediti di artisti napoletani del sec. XVI e XVII, dalle polizze dei banchi", Archivio Storico per le Province Napoletane, XLIII, 1918, 135, e pubblicato per esteso da D. Pasculli Ferrara, E. Nappi, Arte napoletana in Puglia dal XVI al XVIII secolo: pittori, scultori, marmorari, architetti, ingegneri, argentieri, riggiolari, organari, ferrari, ricamatori, banderari, stuccatori. Documenti dell’Archivio Storico del Banco di Napoli, Fasano 1983, 302, doc. 57).

 

ASBN, Banco del Popolo, 1, Giornale di cassa, 19 agosto 1589:

"A Filippo Ovadovsch, ducati 200, et per lui a Francesco Zaccarella et Andrea Sarti, dite ce li pagassino a buon conto della sepoltura che fanno ad instantia sua per la serenissima regina Bona di Polonia, decendo che con questi ducati 200 hanno havuto da mano sua ducati 760, oltre quelli che il quondam Scipione Pulpo gli ha pagato" (Pasculli Ferrara, Nappi 1983, 302, doc. 58).

 

ASBN, Banco del Popolo, 1, Giornale di cassa, 21 agosto 1589:

"A Francesco Zagarella et Andrea Sarti, ducati 6.50, et per loro a Ceccardo Bernuzzi, per tante giornate che ha lavorato con esso in la sepoltura della serenissima Regina di Polonia" (Pasculli Ferrara, Nappi 1983, 302, doc. 59).

 

ASBN, Banco del Popolo, 1, Giornale di cassa, 15 settembre 1589:

"A Giovan Solsino, internuntio di Polonia, ducati 100, et per lui a Francesco Zagarella et Andrea Sarti, dite ce li paga a buonconto della sepoltura che fanno ad istanza sua per la serenissima regina Bona di Polonia, dicendo che con quelli ducati 1140 che hanno avuto da Filippo Ovadovsch suo antecessore, e con detti ducati 100 che ora gli paga, hanno avuto ducati 1240" (Pasculli Ferrara, Nappi 1983, 302, doc. 60).

Bibliografia

Abbate 1994: Francesco Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale. Il Cinquecento, Roma 2001, 375-376.

 

Calò Mariani, Dibenedetto 2000: Maria Stella Calò Mariani, Giuseppe Dibenedetto, Bona Sforza, Regina di Polonia e duchessa di Bari, cat. mostra, Roma 2000.

 

Ceci 1933: Giuseppe Ceci, Nella chiesa di San Nicola. I, Il monumento di Bona Sforza, Bari 1933, 43-48.

 

D’Addosio 1918: Giovambattista D’Addosio, “Documenti inediti di artisti napoletani dei secoli XVI e XVII dalle polizze dei banchi”, Archivio Storico per le province napoletane, CXLIII, 1918, 135-136.

 

Falco 2000: Alfonso Falco, L’ultimo testamento di Bona Sforza, Bari 2000.

 

Franco 1960: Antonio Franco, “L’opera di un ignorato scultore salentino del Rinascimento. Appunti occasionali per una storia dell’arte in Puglia”, La Zagaglia, V, marzo 1960, 5.

 

Gelao 1984: Clara Gelao, “Per una storia dell’arte a Bari tra 400 e 500”, in I segni della storia. le carte, le pietre, le cose, Bari 1984, 78.

 

Gelao 2005: Clara Gelao, “Il mausoleo di Bona Sforza in S. Nicola a Bari”, in Puglia rinascimentale, Milano 2005, 295-297.

 

La Regina Bona Sforza 1987: La Regina Bona Sforza tra Puglia e Polonia, Atti del Convegno (Bari, 27.4.1980), Wrocław 1987.

 

Lupoli Tateo: Rosa Lupoli Tateo, “La cattedra dell’Abate Elia e la tomba di Bona Sforza in margine alla controversia sui privilegi di San Nicola (1594-1603)”, Addenda Nicolaiana, I, s.l., s.a.

 

Lupoli Tateo 1984: Rosa Lupoli Tateo, “Interrelazioni tra il trono di Cracovia, la cattedra di Elia e il mausoleo di Bona Sforza in San Nicola di Bari”, II, Addenda Nicolaiana, s.l., s.a.

 

Melchiorre 1987: Vito Antonio Melchiorre, “Da Bona Sforza ai giorni nostri”, in San Nicola di Bari e la sua basilica. Culto, arte, tradizione, a cura di Giorgio Otranto, Milano 1987, 174-205.

 

Mongelli 1981: Gaetano Mongelli, “Il sepolcro della Regina di Polonia”, in San Nicola, a cura di Nino Lavermicocca, Bari 1981, I, 86.

 

Negri Arnoldi 1997: Francesco Negri Arnoldi, Scultura del Cinquecento in Italia meridionale, Napoli 1997, 222-223.

 

Nitti Di Vito 2007: Francesco Nitti Di Vito, La basilica di S. Nicola di Bari. Guida storico-artistica, Bari 2007, 50.

 

Pasculli Ferrara 1983: Domenica Pasculli Ferrara, Arte napoletana in Puglia dal XVI al XVIII secolo. Pittori, scultori, marmorari, architetti, ingegneri, argentieri, riggiolari, organari, ferrari, ricamatori, banderari, stuccatori, Fasano 1983.

 

Rotili 1976: Mario Rotili, L’arte del Cinquecento nel Regno di Napoli, Napoli 1976, 110.

 

Waźbiński 1979: Zygmunt Waźbiński, “Mauzoleum Bony Sforzy w Barii, przyczynek do dziejów polityki dynastycznej królowej Anny, ostatniej Jagiellonki”, Folia historiae artium, XV, 1979, 59-87. 

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SchedatorePaola Coniglio
Data di compilazione05/11/2013 07:56:58
Data ultima revisione09/02/2017 11:42:14
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/395
OggettoBari, San Nicola, monumento sepolcrale di Giacomo Bongiovanni
Materialepietra
Dimensioni
Cronologiapost 1510
AutorePaolo Catalano da Cassano (?)
Descrizione

Oltrepassando il portale destro della basilica di San Nicola di Bari, a sinistra della bussola è il monumento sepolcrale che il canonico Giacomo Bongiovanni, rettore delle scuole all’ombra della basilica e maestro di Bona Sforza, fece innalzare per sé da vivo nel 1510.

Il monumento si compone di un alto zoccolo che ospita l’iscrizione, interrotta nel centro dallo stemma del canonico, che si finge appeso ad un chiodo ed è arricchito, lungo i fianchi, da sottili nastri svolazzanti. Al di sopra del basamento, leggermente arretrata, poggia, su due leoncini, un’arcata a pieno centro con candelabre nei pilastrini, terminante con un fregio vegetale nella trabeazione. Conclude il monumento una lunetta, dov’è raffigurato, a bassorilievo, un Cristo in pietà, sorretto da due angeli. La lunetta risulta la parte più interessante dell’opera dal punto di vista figurativo: in particolare colpisce la morbidezza nel trattamento della superficie del torace del Cristo, in contrasto con le vesti degli angeli, che invece denotano ancora una certa durezza d’intaglio.

Nella parete di fondo del monumento, inquadrata dall’arcata, è collocata una tavola coeva, raffigurante un San Girolamo nello studio, esplicito omaggio del commitente, come è possibile ricavare dall’iscrizione, al santo erudito, protettore degli studiosi. Il santo, in abiti vescovili, è accompagnato dal suo attributo più ricorrente, il leone, che si intravvede all’estrema sinistra del dipinto; sul lato opposto è effigiato invece il committente dell’opera, a figura intera e inginocchiato, in scala più piccola rispetto al santo e meno definito nel disegno. La tavola, che deriva dal dipinto (1470 c.) attribuito a Lazzaro Bastiani, conservato oggi nel Museo diocesano di Monopoli, è stata a lungo ritenuta opera di Gentile Bellini (cfr. Nitto De Rossi 1897), per essere poi ricondotta alla scuola del pittore Costantino da Monopoli (Belli D’Elia 1985, 163).

Il monumento di Giacomo Bongiovanni è stato invece attribuito da Pina Belli D’Elia, seppure con una certa prudenza, a Paolo Catalano da Cassano, una delle personalità artistiche più controverse del Rinascimento adriatico, attivo in Puglia, secondo i documenti, tra il 1511 e il 1535.

Immagine
CommittenteGiacomo Bongiovanni (? 1510)
Famiglie e persone
Iscrizioni

DOMNVS IACOBVS BON IOANNES /

ALME HVIVS ECCLE/SIE CANONICVS ET /

SCHOLE PREFECTVS DIVI HIERONYMI /

MEMORIE ET SVIS IN DIEM NOVISSIMV(M) /

SERVA(N)DIS OSSIB/VS VIVE/NS HEC PONI /

IVSSIT 1510

Stemmi o emblemi araldici

Stemma del canonico Giacomo Bongiovanni (?)

Stemma troncato: fasciato nella metà inferiore, con un leone uscente nella metà superiore.

Note

Lo stemma della famiglia Bongiovanni è differente: presenta infatti, nel campo, un ramo fogliato e fiorito con un serpente attorcigliato.

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Belli D’Elia 1985: Pina Belli D’Elia, La basilica di S. Nicola a Bari: un monumento nel tempo, Galatina 1985.

 

Gelao 2006: Paolo Catalano da Cassano e il presepe di pietra della Pinacoteca provinciale di Bari, a cura di Clara Gelao, Cinisello Balsamo 2006, 27.

 

Nitto De Rossi 1897: Giovanni Battista Nitto De Rossi, in Prefazione al Codice diplomatico barese, I, Bari 1897, I.VI, n. 7.

 

Salmi 1919: Mario Salmi, “Appunti per la storia della pittura in Puglia”, L’Arte, XXII (1919), 169.

 

Vona 1995: Fabrizio Vona, in Cittadella nicolaiana: un progetto verso il 2000 (catal. mostra), Bari 1995, 215.

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SchedatoreMichela Tarallo
Data di compilazione13/04/2015 15:12:48
Data ultima revisione10/02/2017 17:47:36
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/511
OggettoBari, San Nicola, monumento sepolcrale di ignota dedicazione
Collocazione originaria
Materialepietra
Dimensioni
Cronologia1554 circa
Autoremonumento: artista locale attivo intorno alla metà del XVI secolo; tavola dipinta: artista di scuola veneta (metà XVI secolo).
Descrizione

Il monumento è collocato nella controfacciata della basilica di S. Nicola, in posizione simmetrica rispetto al monumento di Giacomo Bongiovanni, di cui riprende, a distanza di cinquant’anni circa, l’impostazione architettonica. Esso proviene da una delle cappelle gentilizie che ornavano le navate laterali della chiesa e che andarono demolite negli anni venti del Novecento, durante la cosiddetta “stagione dei Grandi Restauri”, voluta dall’allora Ministero della Giustizia e per gli Affari di Culto, tesa a riportare alla luce l’originaria struttura medievale dell’edificio.

L’opera si compone di un basamento piuttosto corroso, nel quale è incisa un’iscrizione disposta su quattro linee, purtroppo attualmente del tutto illeggibile, tranne che per la data, “1554”, in numeri romani. Al di sopra del basamento si innalzano due colonne, poggianti su due dadi arricchiti con teste leonine, il cui fusto è scanalato inferiormente e riccamente intagliato con motivi vegetali nella parte superiore. Le due colonne inquadrano un arco a tutto sesto, più arretrato, che a sua volta incornicia una tavola centinata dal soggetto incerto (forse un miracolo di S. Nicola? Belli D’Elia 1985, 163). In primo piano è raffigurato un santo in abiti prelatizi, con la barba nera, in una posa di sapore michelangiolesco; sullo sfondo è un paesaggio aperto, in cui compaiono architetture classicheggianti in rovina. L’opera, di scuola veneta vicina a Tiziano, è stata attribuita al Lazzaro Bastiani, pittore veneziano cinquecentesco attivo a Padova e a Venezia (vd. Milella 1987, 225).

Il monumento termina in alto con una lunetta scolpita ad altorilievo, entro la quale si scorgono due angeli robusti che sorreggono il Cristo morto, appena deposto dalla Croce.

Immagine
Committente
Famiglie e persone

Della Marra?

De Gilio?

Iscrizioni

[...] MDLIIII.

Stemmi o emblemi araldici
Note

Gerardo Cioffari, Monika Werner, 2000: “Allo stesso periodo risalgono alcune notizie su altre cappelle. Quella a sinistra della porta principale, che tale Domenico de Gilio voleva dedicare a S. Filippo Arginione, santo italogreco di Sicilia che col nostro S. Nicola aveva in comune un'azione caritatevole verso tre fanciulle. Il capitolo non accolse la richiesta poiché quello era il sepolcro della famiglia Della Marra, e propose la parete prossima alla Cappella di S. Maria di Costantinopoli. Tuttavia, dato che successivamente quella cappella risulta dedicata proprio a S. Filippo di Argira è da ritenere che il De Gilio o un suo discendente sia riuscito nell'intento. Le circostanze non sono tutte chiare, poiché la scritta sul rispettivo sarcofago si è consumata o è stata raschiata di proposito a sfregio dei Della Marra. Potrebbe esservi coinvolto quell'Eligio della Marra cui Bona doveva molto denaro, ma che ne fu esentata poiché il Della Marra fu considerato ribelle e traditore. La data del 1554 è ben visibile, ma del resto si può scorgere ben poco”.

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Belli D'Elia 1985: Pina Belli D’Elia, La basilica di S. Nicola a Bari: un monumento nel tempo, Galatina 1985, 163, figg. 249-250.

 

Cioffari, Werner 2000: Gerardo Cioffari, Monika Werner, Bona Sforza: donna del Rinascimento tra Italia e Polonia, Bari 2000, 276.


Milella 1987: Nicola Milella, Storia dei restauri, in AA.VV., San Nicola di Bari e la sua basilica. Culto, arte, tradizione, Milano 1987, 225.

 

Allegati
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SchedatoreMichela Tarallo
Data di compilazione13/04/2015 15:37:54
Data ultima revisione10/02/2017 16:27:02
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/513
OggettoBari, San Nicola, pila dell'acqua santa
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologiametà del XVI secolo; [cariatidi e fusto poco più tardi?]
Autoreartista locale attivo intorno alla metà del XVI secolo
Descrizione

L’acquasantiera, in marmo bianco, è ubicata presso l’ingresso laterale della basilica di San Nicola di Bari. Su un plinto quadrato – decorato con motivi geometrici a bassorilievo, e con motivi angolari ad altorilievo che prendono la forma come di zampe leonine –, si innesta il piedistallo, formato da quattro grandi foglie terminanti con volute, al di sopra delle quali si affacciano altrettanti busti di cariatidi. Il bacile, circolare, reca nell’orlo esterno girali e racemi attraversati da un nastro, con un cordone sottostante a piccoli baccelli, mentre è percorso nell’orlo interno da una fascia a piccole foglie. 

Nel fondo della vasca sono scolpiti quattro pesci a bassorilievo, una rosa nel centro, e altri piccoli animali di carattere simbolico (un piccolo sepente, un granchio).

Si tratta di un prodotto di buona fattura, di ignoto maestro marmorario locale attivo intorno alla metà del XVI secolo.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note

Il fusto presenta un inserto, posticcio, più tardo.

La presenza all’interno del catino di pesci a bassorilievo, che simbolicamente richiamano Cristo (a causa della parola greca ἰχθύς), o quella, al contrario, di serpenti, che evocano la figura di Satana, è ben attestata, nel sud come nel centro Italia (una discreta quantità di testimonianze di tal tipo è presente in diverse chiese molisane).

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Il pezzo sembrerebbe essere inedito.

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SchedatoreMichela Tarallo
Data di compilazione13/04/2015 15:50:34
Data ultima revisione09/02/2017 12:08:25
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/516
OggettoBari, San Nicola, Sacra conversazione (dipinto)
MaterialeTempera su tavola
DimensioniPala: cm 131x121; lunetta: cm 49x138,5
Cronologia1476
AutoreBartolomeo Vivarini
Descrizione

Il dipinto, conservato nella basilica di San Nicola a Bari, si compone di una pala quadra raffigurante la Madonna in trono con il Bambino, ai lati San Giacomo, San Ludovico da Tolosa (probabilmente connesso al nome del committente, il veneziano Ludovico Cauco), San Nicola e San Marco (in rapporto rispettivamente alle città di Bari e Venezia); ai piedi del trono campeggiano la firma e la data di esecuzione.

La lunetta raffigura un Cristo passo affiancato da un santo vescovo – in cui è stato riconosciuto Sant’Agostino o San Girolamo – e da San Francesco.

L’iscrizione sulla cornice si compone di due parti: una prima che ricorda il nome del committente, Ludovico Cauco di Venezia, già vista da Mons. Del Pezzo nel 1647 (in Melchiorre 1998, p. 155) ; una seconda riga reca la data del restauro (1737) fatto eseguire dal canonico Giuseppe Dottula, della famiglia che risulta avere il patronato della cappella dal 1729 (cfr. Gelao 2016, con bibliografia).

La firma non consente dubbi sull’autografia, sebbene Gustavo Frizzoni (1914, p. 30) suggerisca di ritenerla opera di collaborazione tra Bartolomeo Vivarini e la bottega.

Le prime notizie sulla pala si hanno nel 1602, quando è ricordata dal Priore Fabio Grisone nella cappella di San Martino, nell’abside destra della Basilica di San Nicola ma, allo stato attuale delle ricerche, non è possibile definire se questa fosse la collocazione originaria del dipinto (cfr. Gelao 2016, con bibliografia).

L’opera denota una sperimentazione in senso marcatamente rinascimentale data dalla scelta di una pala dallo spazio unificato in alternativa alla soluzione del polittico, spesso utilizzata dai Vivarini.

Immagine
CommittenteLudovico Caucho
Famiglie e persone

Caucho (o Cocco, Cocho, Coco)

Iscrizioni

Sul gradino del trono:

FACTVM VENETIIS PER BARTHOLOMEVM / VIVARINVM DE MVRANO PINXIT 1476

 

Cartiglio nel margine inferiore:

DNS LVDOVICVS CAVCHO DE VENETIJS HOC OPVS FIERI FECIT / RESTAVRATVM A DEV: CAN: D. JOSEPH DOTTVLA A.D. 1737

Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Belli D’Elia 1985: P. Belli D’Elia, La Basilica di San Nicola a Bari. Un Monumento nel tempo, Galatina 1985, 152.

 

Berenson 1932: B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. A list of the principal artists and their works with an index of places, Oxford 1932, 601.

 

Berenson1936: B. Berenson, Pitture italiane del Rinascimento. Catalogo dei principali artisti e delle loro opere con un indice dei luoghi, Milano 1936, 517.

 

Berenson 1957: B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Venetian School, I, New York-London 1957, 200.

 

Calò Mariani 1987: Maria Stella Calò Mariani, «San Nicola nell’arte in Puglia tra XIII e XVIII secolo», in San Nicola a Bari e la sua basilica, a cura di G. Otranto, Milano 1987, 98-137, 129.

 

Frizzoni 1914: G. Frizzoni, «Opere di pittura venete lungo la costa meridionale dell’Adriatico», Bollettino d’Arte, 8, 1, 1914, 23-40, 28-30.

 

Gelao 2006: ClaraGelao, Bartolomeo Vivarini, «Sacra conversazione», in Mantegna e le arti a Verona 1450-1500, a cura di Sergio Marinelli e Paola Marini, cat. mostra (Verona, Palazzo della Gran Guardia), Milano 2006, pp. 144-145.

 

Gelao 2013: Clara Gelao, «“Puia cum Veniexia. Veniexia cum Puia”», in Bari, la Puglia e Venezia, a cura di Vito Bianchi e Clara Gelao, Bari 2013, 115-321, 238.

 

Gelao 2016: Clara Gelao, «Bartolomeo Vivarini. Madonna in trono con il Bambino e san Giacomo, san Ludovico da Tolosa, san Nicola di Bari e san Marco, nella lunetta Cristo tra un santo vescono e san Francesco (Sacra conversazione)», in I Vivarini. Lo splendore della pittura tra Gotico e Rinascimento, a cura di Giandomenico Romanelli, Clara Gelao, Franca Lugato, Giovanni Valagussa, cat. mostra (Conegliano, Galleria comunale d’arte moderna), Venezia 2016, 141-142.

 

Iudice 2017: C.A. Iudice, «La provenienza del “Polittico di Conversano” di Bartolomeo Vivarini e alcune dinamiche del mercato antiquario ottocentesco», Ateneo Veneto, 203, 15/2, (2016), 2017, 25-57, 32.

 

Land 1980:N. E. Land, «Two panels by Michele Giambono and some observations on St. Francis and the Man of Sorrows in fifteenth-century Venetian painting», Studies in Iconography, 6, 1980, 29-51, 42.

 

Lorusso Romito 1994: RosaLorusso Romito, «Bartolomeo Vivarini, Madonna in trono con Bambino e Santi», in Un restauro per la città, a cura di R. Lorusso Romito, Bari 1994, s.i.p.

 

Lorusso Romito 1995: RosaLorusso Romito, «Madonna con il Bambino e i santi Giacomo, Ludovico, Nicola e Marco, nella lunetta Imago Pietatis tra i santi Girolamo e Francesco», in Cittadella nicolaiana. Un progetto verso il 2000, a cura di Michele D’Elia, cat. mostra, Bari, Castello Normanno Svevo, 1995,210-212.

 

Lucco 1990: Mauro Lucco, «Venezia», in La pittura nel Veneto, II, Milano 1990, 395-480, 457.

 

Mavelli 1998: RitaMavelli, in Andar per mare. Puglia e Mediterraneo tra mito e storia, a cura di Raffaella Cassano, Rosa Lorusso Romito, Marisa Milella, cat. mostra, Bari, Castello Svevo, 1998, 366.

 

Melchiorre 1998: V. A. Melchiorre, «La sacra visita secentesca di mons. Antonio Del Pezzo alla basilica di San Nicola», Nicolaus. Studi storici, 9, 1998, 531-599, 555.

 

Mostra dell’arte in Puglia 1964: Mostra dell’arte in Puglia dal tardo-antico al rococò, a cura di Michele D’Elia, cat. mostra (Bari, Pinacoteca provinciale), Roma 1964, 57.

 

Pallucchini 1962: R. Pallucchini, I Vivarini (Antonio, Bartolomeo, Alvise), Venezia 1962, 123.

 

Pepe 1990: Adriana Pepe,«Dall’età aragonese a Bona Sforza», in Storia di Bari. Dalla conquista normanna al Ducato sforzesco, a cura di G. Musca e F. Tateo, Bari 1990, 417-444,428-429.

 

Russo 2020: Giammarco Russo, «Vivarini, Bartolomeo», in Dizionario Biografico degli Italiani, C, Roma 2020, 56-60, 58.

 

Salmi 1919: M. Salmi,«Appunti per la storia della pittura in Puglia», L’Arte, 21-22,1919 , 149-192, 66.

 

Salmi 1920: M. Salmi, «La pittura veneta in Puglia», Rassegna d’arte antica e moderna, 20, 1920, 209-215, 211.

 

Schmidt Arcangeli 1990: Catarina Schmidt Arcangeli, «La “sacra conversazione” nella pittura veneta», in La pittura nel Veneto, II, Milano 1990, 703-726, 707, 716, 719.

 

Testi 1909: L. Testi, La storia della pittura veneziana. Il divenire, II, Bergamo 1909, 469-470.

 

Vona, Giuranna Giove 1994: FabrizioVona, Liliana Giuranna Giove,«Note su un restauro», in Un restauro per la città. Bartolomeo Vivarini, a cura di R. Lorusso Romito, Bari 1994, s.i.p.

 

Zorzi 2014:M. Zorzi,«Recensione a V. Bianchi, C. Gelao, “Bari, la Puglia e Venezia” Bari 2013», Notiziario dell’Associazione Nobiliare Regionale Veneta, 6, 2014, 218-221.

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SchedatoreStefania Castellana
Data di compilazione07/12/2022 23:15:00
Data ultima revisione15/12/2023 17:28:33
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/698
OggettoBari, San Nicola, San Girolamo nello studio (dipinto)
Materialeolio su tavola
Dimensioni228 x 135 cm
CronologiaSecondo decennio del XVI secolo
AutoreCostantino da Monopoli
Descrizione

Il dipinto – una pala centinata inserita nel Monumento sepolcrale del canonico Giacomo Bongiovanni, attribuito a Paolo Catalano da Cassano – raffigura San Girolamo nello studio, evidente derivazione dalla tavola con medesimo soggetto di Lazzaro Bastiani oggi nel Museo diocesano di Monopoli.

La scelta di San Girolamo sembra rispondere al ruolo del Bongiovanni colme prefetto della scuola di San Girolamo (Cioffari, Milella 2005). 

La pala, a lungo considerata opera di Gentile Bellini (Nitto De Rossi 1897) e ricordato da Salmi (1919) in relazione al citato dipinto di Monopoli (all’epoca creduto di Gentile Bellini) è stato ricondotto da D’Elia (Mostra dell’arte in Puglia 1964) a Costantino da Monopoli, pittore di origine forlivese dagli estremi cronologici ancora incerti. L’intuizione di D’Elia è stata concordemente accolta dalla critica successiva (cfr. Vona 1995, con bibliografia). Una fotografia conservata presso la fototeca di Zeri a Bologna, che reca il riferimento a Gentile Bellini sul retro, è classificata dallo studioso come «Anonimo veneto sec. XV-XVI».

Considerato che monumento reca una datazione al 1510, il dipinto dovrebbe poter essere agevolmente collocato entro il 1517, anno della redazione della Sacra conversazione nel Museo diocesano di Monopoli.

Immagine
CommittenteGiacomo Bongiovanni (? 1510)
Famiglie e persone

Bongiovanni

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note

Una fotografia in bianco e nero è conservata presso la fototeca della Fondazione Federico Zeri a Bologna, allegata alla scheda opera n. 26188, con riferimento relativo alla provenienza della stessa.

Fonti iconograficheLazzaro Bastiani, San Girolamo nello studio, 1475-1480 ca., Monopoli, Museo diocesano.
Fonti e documenti
Bibliografia

Belli D’Elia 1985: P. Belli D’Elia, La Basilica di San Nicola a Bari. Un Monumento nel tempo, Galatina 1985, 163.

Carabellese 1909: F. Carabellese, Bari, Bergamo 1909, 123.

Casu 1996: S. G. Casu, «Lazzaro Bastiani: la produzione giovanile e della prima maturità», Paragone, XLVII, 1996, 557-561, 60-89, 87.

Cazzorla 2002: M. Cazzorla, «Costantino da Monopoli», in Nomi nel marmo, Monopoli 2002, 41-43, 43.

Cioffari, Milella 2005: Il tesoro della Basilica di San Nicola di Bari, a cura di Gerardo Cioffari e Marisa Milella, cat. mostra (Mosca, Gosudarstvennyj Istoričeskij muzej), Roma 2005, 46.

Colavecchio 1910: F. Colavecchio, Guida di Bari, Bari 1910, 68.

Gelao 1984: Clara Gelao, «Costantino da Monopoli», in Dizionario Biografico degli italiani, XXX, Torino 1984, ad vocem.

Gelao 2004: Clara Gelao, «Lazzaro Bastiani. San Girolamo nello studio», in Venezia e la Puglia. Esempi di pittura veneta tra Monopoli e Polignano, Monopoli 2004, 8-10.

Gelao 2006: C. Gelao, Paolo Catalano da Cassano e il presepe di pietra della Pinacoteca provinciale di Bari, Cinisello Balsamo 2006, 27.

Mostra dell’arte in Puglia 1964: Mostra dell’arte in Puglia dal tardo-antico al rococò, a cura di Michele D’Elia, cat. mostra (Bari, Pinacoteca provinciale), Roma 1964, 111.

Nitto De Rossi 1897: G. B. Nitto De Rossi, «Prefazione», in Codice diplomatico barese, a cura di Giovanni Battista Nitto De Rossi e Francesco Nitti di Vito, I, Bari 1897, I.VI.

Salmi 1919: M. Salmi, «Appunti per la storia della pittura in Puglia», L’Arte, XXII, 1919, 149-192, 169.

Vona 1995: Fabrizio Vona, «S. Girolamo nello studio», in Cittadella nicolaiana. Un progetto verso il 2000, a cura di Michele D’Elia, cat. mostra, Bari, Castello Normanno Svevo, 1995, 215.

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SchedatoreStefania Castellana
Data di compilazione13/12/2023 12:38:57
Data ultima revisione13/12/2023 12:38:57
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/702
OggettoBari, Cattedrale, capitelli di tipo corinzio asiatico
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Bari, Cattedrale, matroneo sud, prima e seconda colonna della prima trifora.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco (proconnesio)
Dimensionih circa 0,48; largh. circa 0,42
Stato di conservazione

In tutti gli esemplari mancano le volute, spesso rilavorate; poco conservati e talvolta rilavorati anche i fioroni dell'abaco.

Cronologia200-250 d.C.
Descrizione

Il gruppo di capitelli si caratterizza come asiatico per la morfologia generale degli elementi, con le digitazioni dell'acanto aguzze, i cauli angolari molto ridotti e la presenza della cd. sagoma di sfondo, che si crea tra la cima delle foglie della prima corona e le digitazioni dei lobi inferiori della seconda. Fattori tipologici precisi, quali le elici conformate a volute e la sagoma di sfondo triangolare, dalla quale si articolano due o tre digitazioni inferiori della foglia della seconda corona, permettono di datare i capitelli di Bari entro la prima metà del III secolo d.C. (Fischer 1990, 51, nn. 186-189, tipo VEa.2; Pensabene 1997, 409 tipo IVa). Capitelli dello stesso tipo sono reimpiegati nel matroneo nord della chiesa di San Nicola (prima colonna della prima trifora, seconda colonna della seconda trifora).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Calia et Al. 2005:  Angela Calia et Al., matronei della Cattedrale di Bari. Studio integrato sull’identificazione, la provenienza e il reimpiego dei marmi, Marmora 1, 2005, 194, fig. 5.

 

Cassano 1988: Raffaella Cassano, "Cattedrale. Il reimpiego", in Archeologia di una città. Bari dalle origini al X secolo, a cura di Giuseppe Andreassi, Bari 1988, 430-431, n. 889.

 

Fischer 1990: Moshe L. Fischer, Das korinthische Kapitell im Alten Israel in der hellenistischen und römischen Periode. Studien zur Geschichte der Baudekoration im Nahen Osten, Mainz 1990.

 

Pensabene 1997: Patrizio Pensabene, "Marmi di importazione, pietre locali e committenza nella decorazione architettonica di età severiana in alcuni centri delle province Syria et Palestina e Arabia", Archeologia Classica49, 1997, 275-422.

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SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione28/04/2015 11:18:57
Data ultima revisione10/04/2017 18:08:43
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/514
OggettoBari, Cattedrale, capitello di tipo corinzio asiatico
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Bari, Cattedrale, matroneo sud, reimpiegato sulla prima colonna della quarta trifora

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco (proconnesio)
Dimensioni
Stato di conservazione

Le volute sono state tagliate e la superficie lisciata, manca quasi interamente la prima corona del calato, rilavorata per ottenere il sommoscapo della colonna.

Cronologia150-200 d.C.; rilavorazioni del XII secolo.
Descrizione

Delle foglie acantine della prima corona resta solo il lobo terminale; la morfologia della sagoma di sfondo sulla quale si aprono i due occhielli allungati pertinenti alle digitazioni inferiori delle foglie della seconda corona, la forma dei cauli, a sezione triangolare e appena sporgenti, e le elici e le volute molto schiacciate, associate alla mancanza dello stelo del fiorone d'abaco, permettono di avvicinare l'esemplare barese a un nutrito gruppo di capitelli asiatici che risultano molto diffusi in Occidente e ormai ricondotti, in base a buone informazioni di contesto, a produzioni tardoantonine e protoseveriane (Fischer 1990, 44 s., tipo IIID c; Pensabene 1997, tipo XII a, 294-296, fig. 17; Demma 2007, 302-304, tipo 6).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Calia et Al. 2005:  Angela Calia et Al., I matronei della cattedrale di Bari. Studio integrato sull’identificazione, la provenienza e il reimpiego dei marmi, Marmora 1, 2005, 194, fig. 6.

 

Cassano 1988: Raffaella Cassano, "Cattedrale. Il reimpiego", in Archeologia di una città. Bari dalle origini al X secolo, a cura di Giuseppe Andreassi, Bari 1988, 431  n. 890.

 

Demma 2007: Filippo Demma,  Monumenti pubblici di Puteoli, Monografie della Rivista Archeologia Classica, 3 ns.2, Roma 2007.

 

Fischer 1990: Moshe L. Fischer, Das korinthische Kapitell im Alten Israel in der hellenistischen und römischen Periode. Studien zur Geschichte der Baudekoration im Nahen Osten, Mainz 1990.

 

Pensabene 1997: Patrizio Pensabene, "Marmi di importazione, pietre locali e committenza nella decorazione architettonica di età severiana in alcuni centri delle province Syria et Palestina e Arabia", Archeologia Classica49, 1997, 275-422.

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SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione28/04/2015 19:20:07
Data ultima revisione13/05/2017 20:10:17
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/517
OggettoBari, Piazza Mercantile, leone
Collocazione attuale

Bari, Piazza Mercantile, reimpiegato nella colonna della giustizia

Prima attestazione

Beatillo 1637, 43-44

MaterialeCalcare locale
Dimensionih 0,90; lungh. max, 1,40
Stato di conservazione

Mancante delle zampe posteriori; tutta la parte anteriore (muso, criniera e zampe) è stata riscolpita, mentre si rilevano due fori sulla sommità del capo. La superficie è piuttosto consunta.

Cronologia50 a.C.-50 d.C.
Descrizione

Il leone antico, realizzato in pietra locale, ha subito un evidente processo di rilavorazione nel Medioevo; la scultura, probabilmente già mal conservata (forse già priva delle zampe anteriori e posteriori), è stata vistosamente rilavorata nella protome, infatti il muso e le fauci hanno l'aspetto dei leoni medievali così come buona parte delle ciocche della criniera. Anche le corte zampette anteriori sono frutto del lavoro dello scalpellino medievale che le ha realizzate nello spessore della criniera, forse seguendo una traccia dell'attacco originario della zampa, ancora visibile sul lato sinistro (una datazione dell'intervento di rilavorazione all'XI-XII secolo in Todisco 1987b, 138-139).

Intorno al collo è stato ricavato un collare, o una sorta di cartiglio, recante l'iscrizione "custos iusticie", probabilmente coeva alla rilavorazione del pezzo; tra le zampe, sul petto dell'animale, è stato scolpito uno scudo triangolare.

Luigi Todisco, in uno studio dettagliato della scultura antica (Todisco 1987b), ha ricostruito, grazie al rilievo grafico, l'originale postura della statua che, secondo uno schema consueto, doveva ritrarre il leone in posizione di attacco, con il peso del corpo spostato sulle zampe posteriori tese, la schiena inarcata e la testa avvicinata alle zampe anteriori e volta a destra, probabilmente poggiata su una tête coupée (Mansuelli 1956, 66-89, schema A).

Il leone, che probabilmente aveva un'originaria destinazione funeraria, presenta dimensioni che, rispetto agli esemplari noti, si possono ascrivere a una scala medio-grande e che consentono di prospettarne la provenienza da un monumento ad altare oppure, in coppia con un esemplare analogo, da un'edicola (le due sculture potevano incorniciare i due lati del corpo superiore o di quello intermedio della stuttura, come nel grande mausoleo di Aquileia, Gros 2001, 408, fig. 479).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Per il reimpiego medievale e rinascimentale cfr. la scheda relativa alla colonna della giustizia.

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti

Beatillo 1637, 43: "un gran Leone di pietra viva, che ancora hogi sta in essere nel publico mercato della Città, un po' distante dal primo luogo, dove serve ad altro uso".

Bibliografia

Beatillo 1637: Antonio Beatillo, Historia di Bari principal città della Puglia nel Regno di Napoli, Napoli 1637.

 

Gros: Pierre Gros, L'architecture romaine, II. Maisons, palais, villas et tombeaux, Paris 2001.

 

Mansuelli 1956: Guido Achille Mansuelli, "Leoni funerari emiliani", Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung, 63, 1956, 66-89.

 

Todisco 1986: Luigi Todisco, "Leoni funerari in Daunia", Rendiconti dell'Accademia Nazionale dei Lincei, 41, 1986, 165-180.

 

Todisco 1987: Luigi Todisco, "Leoni funerari di Luceria", Rendiconti dell'Accademia Nazionale dei Lincei, 42, 1987, 145-155.

 

Todisco 1987b: Luigi Todisco, "Il leone custos iusticie di Bari", Rivista dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte, 10, 1987, 129-151.

 

Todisco 1988: Luigi Todisco, "Piazza Mercantile", in Archeologia di una città, a cura di Giuseppe Andreassi, Francesca Radina, Bari 1988, 434-437.

 

Todisco 1994: Luigi Todisco, "L'eredità dell'antico nella cultura materiale di Bari tra XI e XIII secolo", in Scultura antica e reimpiego in Italia meridionale, a cura di Luigi Todisco, Bari 1994, 240-272.

 

Todisco 2013: Luigi Todisco, "Fregi dorici a Bari", Bollettino d'Arte, 98.18, 2013, 95-100, in particolare 96-98.

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SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione10/04/2015 00:55:38
Data ultima revisione13/05/2017 23:31:18
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/511
OggettoBari, San Nicola, capitelli di tipo corinzio asiatico
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

San Nicola, matroneo nord: prima colonna della prima trifora, seconda colonna della seconda trifora.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco (proconnesio)
Dimensioni
Stato di conservazione

Rilavorate le volute e il fiorone d'abaco; probabilmente gli interventi medievali hanno interessato anche i lobi inferiori della prima corona.

CronologiaIII secolo d.C. (prima metà)
Descrizione

I capitelli presentano due corone di foglie di acanto dalle digitazioni aguzze; la morfologia delle foglie e la tettonica delle parti qualificano gli elementi architettonici come di produzione asiatica. Il tipo di appartenenza si può individuare dalla forma triangolare della sagoma di sfondo, posta tra le estremità delle foglie della prima corona e le digitazioni dei lobi di quelle superiori, e dalla conformazione delle elici a semipalmette stilizzate (Fischer 1990, 51, nn. 186-189, tipo VEa.2; Pensabene 1997, 409, tipo IVa). In base al confronto con esemplari di Cesarea e Ascalona se ne propone una cronologia al III secolo d.C. (cfr. Cassano 1988, 414 n. 855).

Allo stesso tipo appartiene anche un gruppo di capitelli reimpiegati nella Cattedrale di Bari.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Cassano 1988: Raffaella Cassano, "San Nicola. Il reimpiego", in Archeologia di una città. Bari dalle origini al X secolo, a cura di Giuseppe Andreassi, Bari 1988, 414-415 n. 855, 857.

 

Fischer 1990: Moshe L. Fischer, Das korinthische Kapitell im Alten Israel in der hellenistischen und römischen Periode. Studien zur Geschichte der Baudekoration im Nahen Osten, Mainz 1990.

 

Pensabene 1997: Patrizio Pensabene, "Marmi di importazione, pietre locali e committenza nella decorazione architettonica di età severiana in alcuni centri delle province Syria et Palestina e Arabia", Archeologia Classica, 49, 1997, 275-422.

 

 

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SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione16/04/2015 22:07:44
Data ultima revisione14/05/2017 00:05:14
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/512
OggettoBari, San Nicola, capitelli di tipo corinzio asiatico
Collocazione attuale

San Nicola, matroneo sud, seconda colonna della quinta trifora; prima colonna della quarta trifora; prima colonna della quinta trifora.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco (proconnesio)
Dimensioni
Stato di conservazione

Di frequente sono rilavorate le volute, si registrano lacune negli elementi sporgenti.

Cronologiaetà severiana
Descrizione

I tre capitelli, reimpiegati nel matroneo sud, risultano affini oltre che nella morfologia asiatica dell'acanto, anche nello schema delle zone d'ombra che si formano tra le digitazioni della prima corona, determinando una maglia di figure geometriche consecutive (dal basso: rombo, ampio rettangolo, rombo e triangolo).

Elici e volute sono ridotte e schiacciate sotto l'abaco; i cauli, a spigolo, sono appena accennati, mentre il calice del fiore d'abaco è formato dalle foglie interne dei calicettti che si uniscono in corrispondenza di una foglia a ventaglio.

Il gruppo di capitelli è stato datato da Raffaella Cassano tra l'età tetrarchica e quella primocostantiniana. Studi più recenti basati sui dati di contesto, condotti da Moshe Fischer, hanno consentito di alzare la cronologia di questo gruppo di capitelli all'età severiana (fino alla metà del III secolo d.C.; cfr. Fischer 1990, 52, nn. 195-199, tipo VIBb(IV); Pensabene 1997, 410, tipo VII b; Demma 2007, 302, tipo V).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Cassano 1988: Raffaella Cassano, "San Nicola. Il reimpiego", in Archeologia di una città. Bari dalle origini al X secolo, a cura di Giuseppe Andreassi, Bari 1988, 415-416, nn. 858-860.

 

Demma 2007: Filippo Demma, Monumenti pubblici di Puteoli, Monografie della Rivista Archeologia Classica, 3 ns.2, Roma 2007.

 

Fischer 1990: Moshe L. Fischer, Das korinthische Kapitell im Alten Israel in der hellenistischen und römischen Periode. Studien zur Geschichte der Baudekoration im Nahen Osten, Mainz 1990.

 

Pensabene 1997: Patrizio Pensabene, "Marmi di importazione, pietre locali e committenza nella decorazione architettonica di età severiana in alcuni centri delle province Syria et Palestina e Arabia", Archeologia Classica, 49, 1997, 275-422.

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SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione17/04/2015 01:47:20
Data ultima revisione10/04/2017 21:42:41
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/513
OggettoBari, San Nicola, capitello a calice
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

San Nicola, Matroneo sud, seconda colonna della prima trifora

Prima attestazione
MaterialeMarmo
Dimensioni
Stato di conservazione

Sono stati rilavorati l'abaco e le volute; il fiorone è stato trasformato in una bugna.

CronologiaIV sec. d.C.
Descrizione

Il calato è rivestito da una prima corona di otto foglie acantine che si sviluppano su un calice costituito da sedici foglie d'acqua. L'acanto presenta digitazioni aguzze e un aspetto spinoso, mentre le lunghe foglie d'acqua hanno i bordi ben rilevati e la costolatura centrale si presenta alternativamente incisa o rilevata.

La morfologia della foglia liscia contribuisce a caratterizzare l'elemento architettonico come un capitello a calice di tipo greco differente dal gruppo convenzionalmente definito asiatico che presenta invece il calato baccellato (Pensabene 1986, 323-324; Liljenstolpe 1997-1998, 94-95; Sperti 2016, 289).

Börker ha proposto una datazione al IV secolo d.C., associando il capitello a una coppia di esemplari dello stesso tipo reimpiegati nella Basilica di San Marco a Venezia (Börker 1965, 189, BK 138 a-b, tav. 84; Sperti 2016, 288-289), la stessa indicazione cronologica è stata espressa anche da Raffaella Cassano (Cassano 1988).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Börker 1965: Christoph Börker, Blattkelchkapitelle. Untersuchungen zur kaiserzeitlichen Architekturornamentik in Griechenland, Berlin 1965, 189, BK 139, tav. 85.

 

Cassano 1988: Raffaella Cassano, "San Nicola. Il reimpiego", in Archeologia di una città. Bari dalle origini al X  secolo, a cura  di Giuseppe Andreassi, Bari 1988, 414 n. 854.

 

Liljenstolpe 1997-1998: Peter Liljenstolpe , "The Roman Blattkelch capital. Typology, origin and aspects of employment", Opuscula Romana 22, 1997-1998,  91-126.

 

Pensabene 1986: Patrizio Pensabene, "La decorazione architettonica, l'impiego del marmo e l'importazione di manufatti orientali a Roma, in Italia e in Africa", Società romana e impero tardoantico III. Le merci, gli insediamenti, a cura di Andrea Giardina, Bari 1986, 285-422.

 

Sperti 2016: Luigi Sperti, "Osservazioni sulla cronologia e la provenienza dei capitelli piú antichi reimpiegati nella basilica di San Marco a Venezia", in Osservazioni sulla cronologia e la provenienza dei capitelli più antichi reimpiegati nella basilica di San Marco a Venezia, a cura di Silvia Lusuardi Siena et Al., Milano 2016, 285-296.


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SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione28/04/2015 11:24:34
Data ultima revisione14/05/2017 09:19:31
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/515
OggettoBari, San Nicola, capitello di tipo corinzio asiatico
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

San Nicola, matroneo sud, prima colonna della prima trifora

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco (proconnesio)
Dimensioni
Stato di conservazione

Si registrano alcune lacune nelle foglie della prima corona e probabili interventi di rilavorazione sull'abaco.

CronologiaIII secolo d.C.
Descrizione

Il capitello di tipo corinzio asiatico (per la tipologia architettonica e i fenomeni produttivi ad essa collegati cfr.  Pensabene 1997, in particolare 276-283) non trova confronti puntuali nella serie reimpiegata in San Nicola; l’esemplare si caratterizza per le foglie della prima corona molto sviluppate con le sole digitazioni del primo lobo che si congiungono a formare una sequenza di figure geometriche (dal basso verso l’alto: due triangoli e una sorta di pentagono irregolare).

L’acanto della seconda corona presenta digitazioni articolate solo nel lobo centrale, separato da un occhiello molto allungato da quello mediano rispetto al quale si determina una sagoma di sfondo triangolare, delimitata da un’incisione in luogo dell’articolazione di due o più digitazioni; al di sopra di questa, l’incontro delle prime fogliette del lobo sommitale determina uno spazio grossomodo triangolare.

I cauli sono angolari e appena rilevati, mentre le volute e le elici sono resi in maniera sintetica e schiacciati sotto l’abaco; manca il calice dello stelo del fiore d’abaco.

La morfologia generale delle parti e i rapporti dimensionali tra queste riconducono l’esemplare reimpiegato a Bari al gruppo VII della classificazione messa a punto da Fischer, in base a tale confronto se ne propone una datazione nella seconda metà del III secolo d.C. (Fischer 1990, 54-55).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Cassano 1988: Raffaella Cassano, "San Nicola. Il reimpiego", in Archeologia di una città. Bari dalle origini al X  secolo, a cura di Giuseppe Andreassi, Bari 1988, 414-415 n. 856.

 

Fischer 1990: Moshe L. Fischer, Das korinthische Kapitell im Alten Israel in der hellenistischen und römischen Periode.  Studien zur Geschichte der Baudekoration im Nahen Osten, Mainz 1990.

 

Pensabene 1997: Patrizio Pensabene, "Marmi di importazione, pietre locali e committenza nella decorazione architettonica di età severiana in alcuni centri delle province Syria et Palestina e Arabia", Archeologia Classica,  49, 1997, 275-422.

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SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione28/04/2015 12:03:01
Data ultima revisione14/05/2017 09:26:09
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/516
OggettoBari, San Nicola, fronte di sarcofago riutilizzata nella tomba dell'Abate Elia
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Bari, Basilica di San Nicola. La lastra è murata, con l'iscrizione pertinente alla tomba dell'abate Elia, nella parete della scalinata destra di accesso alla cripta (sistemazione posteriore all'assetto originario).

Prima attestazione
MaterialeMarmo di Docimio
Dimensionih 0,82; largh. 1,61
Stato di conservazione
Cronologia260-270 d.C.
Descrizione

La lastra appartiene a un sarcofago di produzione asiatica del tipo "a colonne"; la cassa doveva presentare i lati articolati, come in un edificio periptero (l'heroon del defunto, cfr. Thomas 2011), in un prospetto architettonico scandito da nicchie separate da colonnine tortili con capitelli corinzieggianti (typ mit bogenarkade); il catino delle nicchie è decorato da un motivo a valva di conchiglia. Il coperchio doveva essere conformato a kline. La decorazione accessoria, come negli altri esemplari con prospetto ad archi, è ridotta al minimo; si limita appunto al catino delle nicchie, la cui imposta è scandita da un motivo a corda, e allo spazio di risulta tra le arcate che è campito da un elemento vegetale.

L'opera deve ascriversi ad una produzione di ambito microasiatico molto nota che si ritiene sia fiorita a Docimio per circa un secolo, tra il 170 (elaborazione del tipo a colonne) e il 260/270 d.C., grazie alla pregiata qualità di marmo bianco e all'attività di maestranze locali, e che conobbe un'ampia importazione sopratutto a Roma, dove si contano circa venti esemplari (Wiegartz 1965; Waelkens 1982; Ghiandoni 1995; da ultimo una sintesi in Koch 2011; sulla predilezione del tipo da parte delle aristocrazie di età antonina, cfr. Thomas 2011).

Nella lastra, poi riutilizzata nella tomba di Elia, restano solo quattro nicchie di una serie originaria  di cinque arcate, all'interno di ciascuna delle quali è ritratto un personaggio barbato, vestito del solo himation che lascia scoperti parte del torace, la spalla e il braccio destro (cfr. Wiegartz 1965, M5, M7a, M6); tali figure si caratterizzano evidentemente come filosofi. Gli atteggiamenti sono diversi, alternativamente i personaggi variano la posizione del corpo, mentre stringono un lembo del panneggio oppure un rotolo; la testa è rappresentata sempre di tre quarti rivolta verso il centro della composizione.

Il sarcofago per il tipo di ornato, la qualità dell'intaglio e il carattere dei ritratti dei filosofi è stato ascritto, con un elemento frammentario a Berlino (di provenienza urbana) e uno in Dalmazia, all'ultima fase dell'attività degli artigiani di Docimio (265-270 d.C.).

Immagine
Famiglie e persone

Abate Elia

Collezioni di antichità
Note

Come per tutti gli altri elementi antichi di reimpiego presenti a Bari, la maggior parte dei quali di provenienza orientale, anche in questo caso si pone il problema di stabilire il momento dell'importazione di tali materiali. Non risulta, in genere, possibile discernere se i marmi siano giunti in città già in antico o in occasione del riuso medievale; rispetto alla prima opzione occorrerebbe, poi, valutare se in origine fossero destinati a Barium o ad un'altra città della Puglia romana.

Nel caso specifico, a sostegno di un arrivo tardo del prezioso spoglio, si potrebbe ricordare il fatto che nella basilica nicolaiana di Mira, città nativa del Santo, siano stati assemblati in un sepolcro elementi appartenenti a più sarcofagi del tipo a "colonnine"; è possibile che con la traslatio delle reliquie di San Nicola fossero stati recuperati anche i marmi antichi (nel Museo dei matronei si trova un altro frammento di sarcofago dello stesso tipo, che pare però non pertinente a quello in esame, Cfr. Cassano 1988, 408, n. 838, fig. 596). Un'imitazione da parte di Elia e del Maestro della Cattedrale del modello autorevole presente nella prima basilica nicolaiana sembra comunque sostenibile anche indipendentemente dal recupero a Mira della fronte di sarcofago in esame.

D'altra parte, l'eccezionale ritrovamento in contesto del sarcofago di Melfi (Ghiandoni 1995) dimostra che non si può escludere la presenza nella Regio II, già in antico, di un prodotto d'importazione tanto prestigioso.

Rispetto alla prassi del riuso in età medievale dei sarcofagi antichi la tomba di Elia assume quasi un valore esemplare, corroborato dall'associazione con il testo metrico, scolpito su una bella lastra di marmo proconnesio, anche questa di reimpiego; l'epigrafe permette di valutare il ruolo dell'oggetto antico nell'esaltazione della memoria del vescovo (celebrato in particolare come fondatore della basilica di Nicola) ed esplicita un apprezzamento di valore estetico per il marmo, strettamente connesso con la sua antichità (Vergara 1984; Cassano 1988; Todisco 1994). La decorazione figurata della cassa marmorea ben si prestava, inoltre, ad un'interpretatio in chiave cristiana, riproponendo una fortunata equazione, acquisita almeno dall'epoca tardoantica, tra l'immagine dell'intellettuale pagano e quella dei padri della Chiesa (Zanker 1997, 325-333).

Probabilmente la tomba dell'abate deve essere attribuita al Maestro della Cattedrale di Elia, figura artistica di straordinario valore, che avrebbe dimostrato anche in questo caso, come ad esempio nel protiro, la capacità di reimpiegare l'antico nell'ambito di un progetto di originale rielaborazione (Cassano 1988, 405).

 

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Alexandridis 2014: Annetta Alexandridis, "Death and the city: Asiatic columnar sarcophagi in context", in Approaching monumentality in archaeology, a cura di James Osborne, Albany 2014, 233-256.

 

Cassano 1988: Raffaella Cassano, "Frammento di sarcofago asiatico di tipo Sidamara", in Archeologia di una città: Bari dalle origini al X secolo, a cura di Giuseppe Andreassi e Francesca Radina, catalogo della mostra (Bari, Complesso monumentale di Santa Scolastica), Bari 1988, 406-407, fig. 592.

 

Ghiandoni 1995: Olivia Ghiandoni, "Il sarcofago asiatico di Melfi", Bolettino d'Arte, 89-90, 1995, 1-58.

 

Kock 2011: Guntram Koch, "Sarcofagi di età imperiale romana in Asia Minore: una sintesi", in Roman sculpture in Asia Minor: proceedings of the International Conference to celebrate the 50th anniversary of the Italian excavations at Hierapolis in Phrygia (24-26 maggio 2007, Cavallino, Lecce), a cura di Francesco D'Andria e Ilaria Romeo, Journal of Roman Archaeology, suppl. 80, 9-29.

 

Kock, Sichtermann 1982: Guntram Koch, Hellmut Sichtermann, Römische Sarkophage, München 1982, 289, 503 nota 57, 509.

 

Morey 1924: Charles Rufus Morey, Roman and Christian sculpture. Part I. The Sarcophagus of Claudia Antonia Sabina and the Asiatic sarcophagi, Sardis 5,  Princeton 1924, 46, fig. 79.

 

Pensabene 2013: Patrizio Pensabene, I marmi nella Roma antica, Roma 2013, 522.

 

Thomas 2011: Edmund Thomas, "Houses of the dead? Columnar sarcophagi as micro-architecture", in Life, Death and representation. Some new work on Roman sarcophagi, a cura di Jaś Elsner and Janet Huskinson, Berlin 2010, 387-435.

 

Todisco 1994: Luigi Todisco, "L'eredità dell'antico nella cultura materiale di Bari tra XI e XIII secolo", in Scultura antica e reimpiego, Bari 1994, 240-272.

 

Vergara 1984: Pasquale Vergara, "Pulchro...sepulchro. Un caso di Bari", in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm, 1983, Marburg 1984, 245-246.


Wiegartz 1965: Hans Wiegartz, Kleinasiatische Säulensarkophage: Untersuchungen zum Sarkophagtypus und zu den figürlichen Darstellungen, Berlin 1965, 49 e note 70, 53, 65, 138, 152.

 

Zanker 1997: Paul Zanker, La maschera di Socrate: l'immagine dell'intellettuale nell'arte antica [trad. italiana di Francesco De Angelis], Torino 1997.

Allegati
Link esterni
SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione07/03/2014 12:53:50
Data ultima revisione07/06/2017 12:48:15
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/327
NomeBari
Status amministrativoComune capoluogo di regione e di provincia, capuologo della provincia storica di Terra di Bari
Estensione del territorio comunale117 kmq
Popolazione326.344 (gennaio 2016)
MuseiMuseo archeologico provinciale; Pinacoteca provinciale; Museo della Cattedrale
ArchiviArchivio di Stato; Archivio della Biblioteca provinciale De Gemmis
BibliotecheBiblioteca nazionale Sagarriga Visconti-Volpi; Biblioteca provinciale De Gemmis
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Citta/27