NomeSalerno
TipoCittà
Luogo superioreCAMPANIA
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Luogo/103
OggettoSalerno, cippo con iscrizione di Tettienus
CollocazioneNapoli, biblioteca Nazionale, ms. XIII.B.7
Immagine
Materiali e tecniche
Dimensioni
Cronologia
Autore

Pirro Ligorio

Soggetto
Descrizione

L'iscrizione è messa in relazione con un'altra iscrizione di Tettienus con la dedica al tempio di Pomona.

CIL, X, 126*

Iscrizioni
Famiglie e persone
Note
Riproduzioni
Fonti e documenti

p. 260

Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione22/02/2013 21:06:07
Data ultima revisione20/11/2016 20:43:23
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Disegno/50
OggettoSalerno, duomo
Collocazionea stampa
Immagine
Materiali e tecnicheincisione
Dimensioni
Cronologia
Autore
SoggettoSalerno, cattedrale
Descrizione
Iscrizioni
Famiglie e persone
Note
Riproduzioni
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni
Schedatore
Data di compilazione04/04/2013 17:54:20
Data ultima revisione20/11/2016 20:44:14
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Disegno/149
OggettoSalerno, iscrizione di Pomona
CollocazioneNapoli, biblioteca Nazionale, ms. XIII.B.7
Immagine
Materiali e tecnichepenna e inchiostro su carta
Dimensioni
CronologiaXVI secolo
Autore

Pirro Ligorio

SoggettoSalerno, iscrizione di Pomona
Descrizione

Si tratta di una trascrizione dell'iscrizione di Pomona a Salerno (CIL, X, 531). L'iscrizione è messa in relazioen da Ligorio con un'altra iscrizione che cita lo stesso Tettienus.

Iscrizioni

In realtà si tratta della trascrizione di CIL , X, 531.

Famiglie e persone
Note
Riproduzioni
Fonti e documenti

Napoli, Biblioteca Nazionale, manoscritti, XIII.B.7, p.260

Bibliografia


Allegati
Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione08/11/2013 12:14:22
Data ultima revisione20/11/2016 20:44:42
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Disegno/173
OggettoSalerno, San Giovanni
CollocazioneNapoli, Archivio di Stato
Immagine
Materiali e tecnichepenna, inchiostro e acquerellatura
Dimensioni
Cronologia1679
Autore

Giovan Battista Manni

SoggettoSalerno, San Giovanni
Descrizione
Iscrizioni
Famiglie e persone
Note
Riproduzioni

Emilio Ricciardi, Chiese e commende dell’Ordine di Malta in Campania, testo on line su FEDOA.


Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione01/03/2013 14:22:15
Data ultima revisione20/02/2017 23:49:16
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Disegno/68
OggettoSalerno, acquedotto medievale
Tipologiainfrastruttura
Nome attualeAcquedotto medievale
Immagine
Nomi antichi

Ponte dei diavoli

Cronologia

sec. XII costruzione dell'acquedotto

1865 abbattimento di alcune arcate per migliorare la viabilità cittadina

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

L'acquedotto, scavato lungo il versante montano e alimentato dal torrente Rafastia nel tratto finale in prossimità del centro cittadino, in presenza di una forte pendenza venne completato con una lunga serie di arcate a partire dalla località Arce che prende il nome dall'articolato complesso dei due condotti che in quel punto della città, a ridosso del limite dell'espansione urbana medievale, corrono paralleli e si unificano in un ponte-canale a doppia arcata provenendo un tratto dalla collina settentrionale e l'altro da est. Il condotto, coronato dallo speco a cielo aperto, è lungo circa 100 metri con ventitrè arcate e rappresenta una notevole opera architettonica di età medievale, imitando i piloni e le arcate degli acquedotti dell'antica Roma. Il percorso prosegue per tratti, a volte paralleli con caratteristiche formali analoghe ma con evidenti rifacimenti in molti punti. Il condotto ha varie destinazioni: la principale doveva essere il convento di San Benedetto, probabile promotore della costruzione, e, a seguire, residenze private e giardini all'interno o a ridosso del tessuto urbano. Il materiale impiegato: pietra viva e malta; la forma delle arcate, il reimpiego di frammenti antichi e medievali fa ritenere che si tratti di una costruzione non anteriore ai secc. XII-XIII, che ha subito comunque rifacimenti e integrazioni nei secoli successivi fino agli abbattimenti a partire dall'Ottocento.

Iscrizioni

In uno dei pilastri, un frammento di epigrafe (secc. XI-XII)

...S ISTUD OPUS TRIBUIT...

...M UT CHORUS ANGELICU[S]...

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

L'acquedotto, alimentato dal torrente Rafastia, venne eretto per approvvigionare giardini e residenze del centro cittadino e, in particolare, il monastero di San Benedetto giungendo, nella parte bassa della città, fino al monastero della Pietà o di Piantanova. Il manufatto, notevole opera con due condotti per larghi tratti paralleli e costruito in momenti non molto distanti cronologicamente tra loro, è un raro esempio di ingegneria idraulica medievale nella regione e si conserva, sia pure con decurtazioni, modifiche, rifacimenti e distruzioni, per buona parte, sia pure inglobato ora nel tessuto urbano della città moderna ma ancora, nel secolo XIX, in un'area disabitata all'ingresso della città per chi proveniva da nord e oggetto di numerose vedute di quella parte di Salerno. L'interesse per il manufatto era anche dovuto all'associazione, frequente nel medioevo, di associare opere grandiose come ponti, strade o acquedotti, sia antichi che medievali, all'opera del diavolo e, nel caso salernitano, per il tramite del leggendario Pietro Barliario.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Ausiello 1999: Gigliola Ausiello, Architettura medievale in Campania: tecniche costruttive, Napoli 1999, 118-121

 

Castelluccio 1950 = Ersilio Castelluccio, “Le mura ad oriente di Salerno e gli acquedotti di via Arce”, in Rassegna storica salernitana, 11, 1950, 38-67; 13, 1952, 60-79

 

De Angelis 1935: Michele De Angelis, L'acquedotto normanno di Via Arce in Salerno, Salerno 1935

 

Schiavo 1935: Armando Schiavo, Acquedotti romani e medioevali, Napoli 1935, 33-67

 

Schulz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmaeler der Kunst des Mittelalters in UnterItalien, voll. 4, Dresden 1860, 2, 203

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione11/12/2012 15:03:21
Data ultima revisione20/11/2016 12:22:27
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/274
OggettoSalerno, Annunziata
Tipologiachiesa e ospedale AGP
Nome attualeSantissima Annunziata
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1309 esistenza documentata dell'ospedale di S. Giovanni

1372 un documento cita un certo "Marinus hospitalierus Sanctae Adnunciatae"

1404, 1412 donazioni della regina Margherita di Durazzo a favore del complesso per una più decorosa sistemazione della chiesa dell'Annunziata

1412 ospedale di S. Giovanni affidato al clero dell'Annunziata

1614 i religiosi dell'Ordine di S. Giovanni di Dio

1640 ricostruzione della chiesa dopo i gravi danni dell'alluvione del 1627

1730 circa Ferdinando Sanfelice progetta e fa eseguire il campanile

1954 la chiesa subisce notevoli danni dall'alluvione

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

L'edificio dedicato all'Annunziata si presenta nella veste della ricostruzione seicentesca realizzata dopo lo spostamento dell'edificio (dappprima sito più ad ovest nel sito dell'ex-convento di San Francesco di Paola, oggi caserma) e appare decorato con marmi e arredi di particolare pregio di esecuzione settecentesca. I restauri dopo l'alluvione del 1954 hanno cancellato ulteriori tracce della storia della chiesa, come le epigrafi funerarie pavimentali. Il complesso ospedaliero, dedicato a San Biagio e affidato all'ordine di S. Giovanni di Dio, si trovava nell'edificio di fronte alla chiesa, oggi radicalmente trasformato e sede di un istituto scolastico.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Il complesso dell'Annunziata venne fondato già nel secolo XIV, come confermano alcuni documenti mentre la chiesa in origine si trovava in altro sito, poco discosto dall'attuale, nel luogo dell'ex-convento di San Francesco di Paola (oggi caserma). Agli inizi del sec. XV, con la donazione di Margherita di Durazzo fu promossa una riedificazione nel luogo attuale, nei pressi del quale sorgeva la Torre dell'Annunziata e alla chiesa, gestita dalla piazze cittadine, fu affidata la gestione del vicino complesso ospedaliero di S. Giovanni, già esistente ne 1309 (ma probabile fondazione del XII secolo voluta dal cancelliere Matteo d'Aiello). Fin dalle origini l'università cittadina si occupò della struttura con finanziamenti e nel 1614 invitò i religiosi dell'Ordine di S. Giovanni di Dio a prestare la loro opera per l'ospedale. Un'alluvione nel 1627 provocò notevoli danni all'edificio che fu ricostruito nel 1640 con l'opera dei cavesi Marco Antonio Ferrara e Donato Buongiorno. Nel secolo successivo la chiesa fu abbellita e impreziosita con gli arredi marmorei e sulla strada, accanto al campanile, venne eretta la nuova Porta dell'Annunziata.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Braca 2010: Antonio Braca, "La chiesa dell'Annunziata", in Antonio Braca (a cura di), Medioevo e Barocco a Porta Catena. Studi su un'area del Centro Storico di Salerno, Salerno 2010, 57-75

 

Del Pezzo [1705]: Pietro Del Pezzo, Contezza dell’origine, aggradimento e stato dei seggi della città di Salerno, ms. 1705, Archivio della Badia di Cava, Arca XIII, ms. 142, c. 395

 

Marino 2014: Salvatore Marino, Ospedali e città nel Regno di Napoli. Le Annunziate: istituzioni, archivi e fonti (secc. XIV-XIX), Firenze 2014

 

Mazza 1681: Antonio Mazza, Historiarum epitome de rebus salernitani, (Neapoli 1681) in Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae [...], cura et studio Joannis Gergii Graevii, IX, 4, Lugduni Batavorum, excudit Petrus van der Aaa, 1723


Natella 1985: Paquale Natella, "L'ospedale S. Giovanni di Dio di Salerno e i suoi otto secoli di storia", Bollettino storico di Salerno e Principato Citra, 3, 1985, 23-29


Paesano 1846-1857: Giuseppe Paesano, Memorie per servire alla storia della chiesa salernitana, 4 voll., Napoli 1846-1857

 

Rizzo 1999: Vincenzo Rizzo, Ferdinandus Sanfelicius Archtiectur Neapolitanus, Napoli 1999

 

Ward 1988: Alistair Ward, The Architecture of Ferdinando Sanfelice, New York-London 1988

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione29/04/2013 16:49:54
Data ultima revisione20/11/2016 12:28:53
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/396
OggettoSalerno, Ave Gratia Plena minor
Tipologiaconservatorio
Nome attualeOstello della Gioventù
Immagine
Nomi antichi

chiesa di San Grammazio "a li Canali"

Palazzo Prignano

Palazzo Leoni

Conservatorio Ave Maria Gratia Plena minor

Cronologia

sec. XI i documenti attestano l'esistenza della chiesa di S. Grammazio "a li Canali"

sec. XVI la famiglia Prignano costruisce la propria residenza

1650, ante fondazione del conservatorio femminile

1698 atto di fondazione del nuovo conservatorio presso la chiesa dell'Annunziatella

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Il complesso di notevoli dimensioni e recentemente restaurato per adattarlo a struttura ricettiva, si trova lungo una delle principali strade di attraversamento verticali della città che corre lungo il corso tombato del Canale e si presenta con un prospetto anonimo frutto di numerosi e radicali interventi nel corso del tempo con un semplice portale arricchito da stemmi. All'interno, il cortile presente arcate su pilastri in pietra vesuviana, resti probabilmente delle residenze private alienando le quali, nel Settecento, fu costruito il complesso religioso. Recenti scavi hanno individuato parti di una chiesa medievale, S. Grammazio, già obliterata in età rinascimentale mentre la chiesa che sorge a destra del complesso è l'Annunziatella, edificio sei-settecentesco dalla vivace facciata.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Sul portale d'ingresso:

stemma di Salerno

stemma del Conservatorio AGP

stemma vicereale

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Sul luogo del conservatorio (oggi sede ricettiva di proprietà comunale) insisteva nel medioevo la chiesa di San Grammazio mentre lungo lo slargo correva il Canale, uno dei corsi d'acqua che attraversava la città medievale. Danneggiata dal terremoto del 1456 (e trasferita altrove) vi sorsero accanto le residenze delle famiglie Prignano e Leoni tra XV e XVI secolo. Agli inizi del sec. XVIII vi trovò la sede definitiva il conservatorio femminile (fondato dal padre domenicano Andrea da Sanseverino, morto nel 1650) acquistando e riattando le case di Giovanni Lelio Prignano e della famiglia Leoni. Accanto vi sorse la chiesa dell'Annunziatella (dal 1946 S. Andrea dell'Annunziatella).

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Amarotta 1995: Arcangelo R. Amarotta, "Medioevo scavato a Salerno: S. Grammazio "supra Canale", Atti dell'Accademia Pontaniana, 44, 1995, 247-264

 

Amarotta, Iannelli 1991: Arcangelo R. Amarotta, Maria Antonietta Iannelli, "Medioevo sepolto a Salerno: S. Grammazio a li Canali, Atti dell'Accademia Pontaniana, 39, 1991, 5-46

 

Capone 1934: Arturo Capone, "Origine del Conservatorio salernitano Ave Gratia Plena Minore comunemente detto dell'Annunziatella e del Monastero della Mercede", Archivio storico per la provincia di Salerno, n.s, 2, 1934, 284-287

 

Caramuta 1981: C. Caramuta, Conservatorio "Ave Gratia Plena Minore" Annunziatella di Salerno, Salerno 1981

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione29/04/2013 21:17:41
Data ultima revisione20/11/2016 12:43:32
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/397
OggettoSalerno, castel Terracena
Tipologiapalazzo
Nome attualeCastel Terracena
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

sec. XI i normanni fondano un castello in località Orto Magno, a oriente della cattedrale

1226 Federico II si ferma a Salerno ed è ospite del castello

1261 papa Alessandro IV dona l'area al convento di San Benedetto

1277 re Carlo I d'Angiò ordina il restauro della fortificazione di Castel Terracena

1301 si intima allo stratigoto di Salerno il recupero della forticazione

1301 papa Bonifacio VIII conferma al convento l'area su cui insisteva il Castel Terracena

1412 la regine Margherita di Durazzo è ospitata presso il Castel Nuovo di San Benedetto

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Il sito riconosciuto come Castel Terracena presenta strutture medievali con tarsie dei secc. XII-XIII con l'inserto anche di bacini maiolicati ma sembra poco probabile l'appartenenza della struttura residenziale al Castello detto Terracena, il quale, danneggiato in età sveva, fu donato al convento di San Benedetto che lo riedificò come testimonia l'esistenza di un Castel Nuovo di San Benedetto nei pressi del quadriportico del convento, dove fu ospitata la regina Margherita di Durazzo nel 1412. Il tipo di decorazione si ritrova anche in altri edifici residenziali campani campani di età normanna, quali il palazzo arcivescovile di Capua, il palazzo presso la chiesa di San Pietro a Minturno, il palazzo arcivescovile di Capua, palazzo Rufolo a Ravello, il palazzo Veniero a Sorrento.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

La struttura fortificata di Castel Terracena fu fondata dopo il 1076 da Roberto il Guiscardo a oriente del duomo nell'area dell'Orto Magno ma in età svevo-angioina viene prima donata al vicino convento di San Benedetto e poi re Carlo tenta inutilmente, sembra, di farla restaurare e recuperare. Nel dibattito storiografico salernitano, sulla base anche della tradizione, si è voluto riconoscere nei resti di una casa-torrre con intarsi murari medievali della zona un resto del palazzo normanno ma finora non sono state rintracciate prove chiare in questa direzione.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Amarotta 1985: Arcangelo R. Amarotta, “Il secolo normanno nell'urbanistica salernitana”, Rassegna Storica Salernitana, 2, 1985, 3, 71-122

 

Carucci 1922: Carlo Carucci, “Il palazzo principesco normanno di Salerno”, Archivio Storico della Provincia di Salerno, 3, 1922, 211-216

 

Dell'Acqua 1999: Francesca Dell'Acqua, “La riscoperta di frammenti di decorazione parietale a Castel Terracena, residenza dei principi normanni di Salerno”, Rassegna Storica Salernitana, 16, 1999, 31

 

De Simone 1999: Vincenzo De Simone, “Il sito del Castello di Terracena in Salerno”, Rassegna Storica Salernitana, 16, 1999, 32, 9-21

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione11/12/2012 15:08:01
Data ultima revisione20/11/2016 12:46:23
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/275
OggettoSalerno, chiesa del Monte dei Morti
Tipologiachiesa
Nome attualeSanti Sebastiano, Cosma e Damiano
Immagine
Nomi antichi

Santi Sebastiano, Cosma e Damiano, chiesa del Monte dei Morti

Cronologia

1530: la chiesa viene edificata come ex voto per la fine della peste.

1614: presso la chiesa viene istituito il Monte dei Morti. La nuova destinazione corrisponde a una fase di ampliamento degli edifici annessi e di ridecorazione della cappella.

Autore

architetto J. Antonio de Ogliara, capomastro Gugliemo Casentino.

Committente

La costruzione della chiesa nel 1530 è voluta dalla Universitas di Salerno. L'istituzione del Monte dei Morti nel 1614 si deve invece all'iniziativa di Orazio Longobardo (sepolto all'interno della chiesa) e Matteo Cavaselice.

Famiglie e persone
Descrizione

La chiesa ha un impianto centrico ottagonale, coperta da cupola estradossata. Il portale è inquadrato da una coppia di colonne in marmo con capitelli corinzi ai cui lati sono due rilievi raffiguranti scheletri. All'interno i lati adiacenti all'ingresso ospitano quattro altari minori, mentre l'altare maggiore è inquadrato in un'abside semicircolare.

Iscrizioni

Sul portale:

MONTE DE MORTI ERETTO NELL'ANNO MDXIV.

 

Lo scheletro posto a destra del portale reca in mano un cartiglio con l'iscrizione:

M. PAV. ANT. VI CONTE SANCTO SEVERINO.

Stemmi o emblemi araldici

All'interno della chiesa si trovano diversi stemmi, fra i quali quelli di papa Gregorio XV, del cardinale Lucio Sanseverino e della città di Salerno.

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

La chiesa viene costruita nel 1530, ed è poi ridecorata nella prima metà del XVII secolo. Dopo il terremoto del 1688 la cupola viene consolidata, dotata di una nuova copertura esterna e di nuovi stucchi all'interno. L'altare maggiore risale al XVIII secolo. Restauri furono intrapresi dopo i danni causati dal terremoto dle 2 dicembre 1857, poi ancora nel XX secolo dopo quello del 1980.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi

Rilievi in Gambardella 1968-1983 e Oliva 2009.

Fonti/Documenti
Bibliografia

Gambardella 1968-1983: Alfonso Gambardella, "Un inedito episodio tardo-rinascimentale a Salerno: la chiesa del Monte dei Morti", Rassegna Storica Salernitana, XXIX-XLIII, 1968-1983, 161-166.


Oliva 2009: Valentina Oliva, "La chiesa del Monte dei Morti di Salerno", Rassegna Storica Salernitana, n.s., 27, giugno 2009, 52, 175-196.

Link esterni

http://cir.campania.beniculturali.it/salerno/visite-tematiche/galleria-di-immagini/A00047095

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione30/04/2013 16:00:41
Data ultima revisione20/11/2016 12:49:08
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/399
OggettoSalerno, Duomo
Tipologiachiesa cattedrale (esistente)
Nome attualeDuomo di San Matteo
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1081: cripta.

1084: consacrazione da parte di papa Gregorio VI all'epoca in esilio a Salerno.

1137-1152: campanile eretto dal vescovo Guglielmo da Ravenna.

1606-1608: Domenico Fontana rifà la cripta. Dipinti di Belisario Corenzio, sculture di Michelangelo Naccherino.

1688: la chiesa subisce danni a causa del terremoto. Restauri a opera di Guglielmelli.

1718-1721: modificati accessi alla cripta dalle navate laterali.

1723-1730: restauri avviati da Guglielmelli vengono proseguiti da Ferdinando Sanfelice.

1763: il marmoraro Francesco Ragozzino realizza il paramento marmoreo che riveste le pareti perimetrali della cripta.

1767: l'arcivescovo Isidoro Sanchez De Luna fa ricostruire la scalinata esterna di accesso al quadriportico.

Autore
Committente

Cofondazione ducale (Roberto il Guiscardo) e vescovile (Alfano I).

I pulpiti sono commissionati dalle famiglie Guarna (nel 1180) e Ajello (1195).

Cappelle laterali commissionate dalle principali famiglie salernitane.

Famiglie e persone

Roberto il Guiscardo

Alfano I vescovo

Gregorio VII papa

Descrizione

Edificio longitudinale a tre navate con copertura lignea. Terminazione triabsidata con transetto emergente. Al di sotto del transetto è la cripta su pilastri. A metà della navata centrale si trovano i due monumentali pulpiti donati rispettivamente dalle famiglie Guarna e Aiello, e i resti dell’originaria partizione liturgica della navata. Lungo le navate si aprono cappelle, tra cui quella della famiglia de Vicariis, che conservava l'Adorazione dei magi di Andrea da Salerno (oggi nel Museo diocesano).

La chiesa è preceduta da un quadriportico, cui si accede da una scala a due rampe del XVIII secolo che ne sostituisce una precedente a rampa unica.

A lato della facciata sorge il campanile (XII secolo).

Iscrizioni

Iscrizione celebrativa sulla facciata principale verso il quadriportico:

M[ATTHAEO] A[POSTOLO] ET EVANGELISTAE PATRONO VRBIS ROBBERTVS DVX R[OMANI] IMP[ERII] MAXIM[VS] TRIVMPHATOR DE AERARIO PECVLIARI

 

Sul campanile:

TEMP(O)R(E) MAGNIFICI / REG(IS) ROG(ERI) W(VLIELMUS) EP(ISCOPVS) / A(POSTOLO) M(ATTHEO) ET PLEBI DEI.

 

Sull’architrave del portale di accesso al quadriportico:

DVX ET JORDANVS DIGNVS PRINCEPS CAPVANVS / REGNENT ETERNVM CVM GENTE COLENTE SALERNVM.


Sull’architrave della porta principale di accesso alla chiesa:

A DVCE ROBERTO DONARIS APOSTOLE TEMPLO / PRO MERITIS REGNO DONETVR IPSE SVPERNO.


Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Sono di reimpiego le colonne e capitelli del quadriportico, le colonne dell’interno della chiesa.

Sarcofagi (sparsi per tutto il quadriportico e anche all’interno della chiesa):

nell'atrio:

sarcofago strigilato (altare funerario rilavorato), usato come abbeveratoio presso la scala del duomo

sarcofago a kline, strigilato su due ordini

sarcofago a lenòs con Dioniso su pantera e thiasos dionisiaco

sarcofago con Centauri clipeofori

sarcofago con Eroti clipeofori in volo

sarcofago con Meleagro e la caccia al cinghiale calidonio

sarcofago con Nikai in volo

sarcofago con thiasos marino e clipeo centrale

sarcofago di tipo asiatico con ghirlande e bucrani

sarcofago di tipo asiatico con ghirlande ed Eroti

sarcofago strigilato con Buon Pastore

sarcofago strigilato con clipeo

in chiesa:

sarcofago a ghirlande con bucrani e tabula ansata (tomba di papa Gregorio VII)

sarcofago con il Trionfo indiano di Bacco (tomba d'Aiello)

sarcofago strigilato con clipeo centrale (tomba di Jacopo Capograssi, m. 1340)

sarcofago strigilato con clipeo centrale rilavorato (tomba dell'arcivescovo Bartolomeo d'Aprano, m. 1414)

sarcofago strigilato (ritenuto la tomba di Ruggero Borsa)

 

Vasca al centro del quadriportico (già fonte battesimale) che sostituisce una fontana precedente, come vasca antica in granito egiziano portata a Napoli nel 1820 e oggi nella villa comunale.

Opere d'arte medievali e moderne

Portale dei leoni (dà accesso al quadriportico): con un leone e una leonessa alla base degli stipiti e una trabeazione medievale che replica quella antica del portale principale della chiesa.

Rota porphiretica di reimpiego dal pavimento (oggi murata nell'atrio)

Base di colonna antica di reimpiego (nell'atrio)

Porta bronzea della cattedrale, fusa a Costantinopoli nel 1099 e donata alla città dai due coniugi Landolfo e Guisana Butrumile.

Pulpito Aiello (1195), a destra. Chiamato così perché attribuito alla famiglia del vescovo Nicola d’Aiello.

Pulpito di Romualdo Guarna (1180) a sinistra. Romulado Guarna è arcivescovo dal 1163 al 1180 (donatore attestato da iscrizione).

Frammenti di tramezzo (sec. XII, manomesso nel 1729).

Altari laterali di Sanfelice nelle cappella Lembo (1719), Mazza (1720) e Del Pezzo (cfr. Ward 1988, pp. 172-173; Rizzo 1999, docc. 154, 186).

Tomba di Ruggero Borsa, figlio di Ruggero il Guiscardo.

Statua lignea della Madonna con Bambino (sec. XIV: dall'altare maggiore?)

Tomba della regina Margherita di Durazzo (di Baboccio da Piperno); proveniente dal convento di Sant’Antonio.

Coppia di lastre terragne (secc. XIV-XV, ora alle pareti dell'atrio)

Lastra terragna di vescovo (sec. XIV-XV: ora alle pareti dell'atrio)

Tomba del vescovo Niccolò Piscicelli (1471, Jacopo della Pila)

Rilievo con santo (Matteo?) (sec. XVI)

Tavola con Pietà (Andrea da Salerno; dalla cappella del Venerabile, ora nel Museo diocesano)

Tavola con Adorazione dei magi (Andrea da Salerno, dalla cappella de Vicariis, ora nel Museo diocesano)

Nel museo diocesano si trovano i famosissimi avori di Salerno (secc. XI-XII), provenienti da un arredo sacro non ben identificato.

Storia e trasformazioni
Note

L'impianto denota un forte legame con le chiese di derivazione cassinate: su questo aspetto cfr. da ultimo Becker 2007.

L’altra nota caratteristica è il grande uso di materiale antico di reimpiego, in parte identificato come proveniente da Paestum.

Per quanto riguarda il campanile si è posto oltre alla chiara relazione con quelli delle cattedrali di Gaeta e Casertavecchia, un possibile legame con l’arte siciliana, e su quali siano i canali di trasmissione (dalla Sicilia a Salerno, o viceversa).

Altro aspetto interessante quello della scrittura: l’edificio è pervaso da una serie di iscrizioni che assumono un ruolo molto importante nella percezione dell’architettura (soprattutto epigrafe in facciata).

Fonti iconografiche
Piante e rilievi

Piante e rilievi moderni in Braca 2003.

Rilievi del portale e del cero in Schulz 1860.

 

 

 

 

Fonti/Documenti
Bibliografia

Avena 1902: Adolfo Avena, "Comune di Salerno. Cattedrale", in I monumenti dell'Italia meridionale, Roma 1902, 371-379.

 

Balducci 1957: Antonio Balducci, “Una lapide di Alfano I del 1078 e la data di inizio della costruzione del duomo di Salerno”, Rassegna Storica Salernitana, 18, 1957, 156- 161.

 

Becker 2007: Oliver Becker, "Der Dom von Salerno und die Abteikirche von Montecassino. Anpruch und Wirkung zweir Buprojikte in Unteritalien im 11. Jahrundert", in Fruehmittelalterliche Studien, a cura di Gerd Althoff et al., Berlin-New York 2008, 105-140.


Braca 1988: Antonio Braca, "Interventi nel Duomo di Salerno dopo il terremoto del 1688", in Il Barocco a Salerno, a cura di Maria Cristina Cioffi, Salerno 1988, 65-90.

 

Braca 1997: Antonio Braca, “Oltre Montecassino. La pianta originaria del duomo di Salerno”, Rassegna Storica Salernitana, n.s. 14 (27), 1997, 7-31.


Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del medioevo e dell’età moderna, Salerno 2003.


Capone 1927-1729: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, 2 voll., Salerno 1927-1929.

 

Carucci 1971: Arturo Carucci, Il rotolo salernitano dell’Exultet, Salerno 1971.

 

Carucci 1971: Arturo Carucci, L'iconostasi nel Duomo di Salerno, Salerno 1971.

 

Carucci 1974: Arturo Carucci, “Le lapidi di Alfano I in Salerno”, Benedictina, 1974, 29-52.

 

Carucci 1986: Arturo Carucci, La Cattedrale di Salerno, Marigliano 1986.

 

Carucci 1989: Arturo Carucci, Il Duomo di Salerno, Marigliano 1989.

 

Carucci 1993: Arturo Carucci, L'ambone del Duomo di Salerno, Salerno 1993.

 

Chierici 1937: Gino Chierici, “Il Duomo di Salerno e la Chiesa di Montecassino”, Rassegna Storica Salernitana, I, 1, 1937, 95-109.

 

D’Addosio 1909: Giambattista D’Addosio, “Illustrazioni e documenti sulle cripte di S. Andrea in Amalfi e S. Matteo in Salerno”, Archivio Storico per le Province Napoletane, 34, 1909, 19-48.

 

D’Onofrio 1997: Mario D’Onofrio, "La basilica di Desiderio a Montecassino e la cattedrale di Alfano a Salerno. Nuovi spunti di riflessione", in Desiderio da Montecassino e l’arte dlela riforma gregoriana, a cura di Faustino Avagliano, Montecassino 1997, 231-246.

 

D’Onofrio, Pace 1981: Mario D’Onofrio, Valentino Pace, La cattedrale di Salerno, in Campania romanica, Milano 1981, 237-250.


Della Valle 2009: Mauro Della Valle, "Le porte bizantine di Atrani e Salerno", in Le porte del paradiso. Arte e tecnologia bizantina tra Italia e Mediterraneo, a cura di Antonia Iacobini, Roma 2009, 181-200.

 

Delogu 1977: Paolo Delogu, Mito di una città meridionale. Salerno, secoli VIII-XI, Napoli 1977.

 

Di Stefano 1986: Roberto Di Stefano, La Cattedrale di S. Matteo, Salerno 1986.

 

Kitzinger 1972: Ernst Kitzinger, “The first mosaic decoration of Salerno Cathedral”, Jahrbuch der Oest. Byzantinistik, 21, 1972 (Festschrift Otto Demus), 149-162.

 

Kroenig 1969: Wolfgang Kroenig, “Il duomo normanno di Salerno nei disegni si Louis-Jean Desprez”, Napoli Nobilissima, ser. 3, 8, 1969, 217-222.


La cappella del Tesoro 1990: La Cappella del Tesoro del Duomo di Salerno, a cura di Antonio Braca, Salerno 1990.

 

Mazza 1681: Antonio Mazza, Historiarum epitome de rebus salernitani, (Neapoli 1681) in Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae [...], cura et studio Joannis Gergii Graevii, IX, 4, Lugduni Batavorum, excudit Petrus van der Aaa, 1723..

 

Mitchell 1994: John Mitchell, "The Display of Script and the Uses of Painting in Longobard Italy", in Testo e immagine nell’alto medioevo, settimana di studio del CISAM (Spoleto 15-21 aprile 1993), Spoleto 1994, 887-954.


Pace 1997: Valentino Pace, La cattedrale di Salerno. Committenza, programma e valenze ideologiche di fine XI secolo nell’Italia meridionale, in Desiderio da Montecassino e l’arte della riforma gregoriana, a cura di Faustino Avagliano, Montecassino 1997, 189-230.

 

Paesano 1846-1857: Giuseppe Paesano, Memorie per servire alla storia della chiesa salernitana, 4 voll., Napoli 1846-1857 [vol. 1; vol. 2]

 

Pantoni 1956: Angelo Pantoni, “La basilica di Montecassino e quella di Salerno ai tempi di Gregorio VII”, Benedictina, 10, 1956, 23-47.

 

Restaino 2012: Concetta Restaino, Tesori del Regno. L'ornamentazione delle cripte delle cattedrali di Salerno e Amalfi nel XVII secolo, Napoli 2012.

 

Rizzo 1999: Vincenzo Rizzo, Ferdinandus Sanfelicius Archtiectur Neapolitanus, Napoli 1999.

 

Rosi 1948: Giorgio Rosi, “L’atrio della cattedrale di Salerno”, Bollettino d’Arte, 33, 1948, 225-238.

 

Schiavo 1955: Armando Schiavo, “Il campanile del duomo di Salerno e l’espansione campana in Sicilia”, Bollettino del centro Studi per la Storia dell’Architettura, 9, 1955, 3-32.

 

Schulz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, II, Dresden 1860, 280-297.

 

Tavernor-Perrry 1906: John Tavernor-Perrry, “The ambones of Ravello and Salerno”, The Burlington Magazine, 9, 1906, 399-402.

 

Ward 1988: Alistair Ward, The Architecture of Ferdinando Sanfelice, New York-London 1988.

 

Zarnecki 1971-1973: George Zarnecki, “Late Romanesque Fountain from Campania”, Bulletin of the Minneapolis Institute of Fine Arts60, 1971-1973, 6-17.

Link esterni

Sito ufficiale: www.cattedraledisalerno.it

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione30/05/2012 15:18:26
Data ultima revisione05/01/2017 16:33:02
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/23
OggettoSalerno, Duomo, cripta
Tipologiacripta
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1081: costruzione della cripta.

1084: consacrazione da parte di papa Gregorio VI all'epoca in esilio a Salerno.

 

1606-1608: Domenico Fontana rifà la cripta. Dipinti di Belisario Corenzio, sculture di Michelangelo Naccherino.

1688: la chiesa subisce danni a causa del terremoto. Restauri a opera di Guglielmelli.

1718-1721: modificati accessi alla cripta dalle navate laterali.

1723-1730: restauri avviati da Guglielmelli vengono proseguiti da Ferdinando Sanfelice.

1763: il marmoraro Francesco Ragozzino realizza il paramento marmoreo che riveste le pareti perimetrali della cripta.

Autore

Domenico Fontana

Committente
Famiglie e persone
Descrizione

La cripta si sviluppa come un ampio ambiente ipostilo sotto il presbiterio della cattedrale di Salerno.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne

Affresco con la veduta della città di Salerno dal mare (sec. XVII, inizi)

Affresco con la veduta della città di Salerno dall'alto (sec. XVII, inizi)

Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di SalernoArchitettura e culture artistiche del medioevo e dell’età moderna, Salerno 2003.

 

D’Addosio 1909: Giambattista D’Addosio, “Illustrazioni e documenti sulle cripte di S. Andrea in Amalfi e S. Matteo in Salerno”, Archivio Storico per le Province Napoletane, anno 34, 1909, 19-48.

 

D’Onofrio, Pace 1981: Mario D’Onofrio, Valentino Pace, La cattedrale di Salerno, in Campania romanica, Milano 1981, 237-250.

 

Delogu 1977: Paolo Delogu, Mito di una città meridionale. Salerno, secoli VIII-XI, Napoli 1977.

 

Di Stefano 1986: Roberto Di Stefano, La Cattedrale di S. Matteo, Salerno 1986.

 

Mazza 1681: Antonio Mazza, Historiarum epitome de rebus salernitani, (Neapoli 1681) in Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae [...], cura et studio Joannis Gergii Graevii, IX, 4, Lugduni Batavorum, excudit Petrus van der Aaa, 1723..

 

 

Pace 1997: Valentino Pace, La cattedrale di Salerno. Committenza, programma e valenze ideologiche di fine XI secolo nell’Italia meridionale, in Desiderio da Montecassino e l’arte della riforma gregoriana, a cura di Faustino Avagliano, Montecassino 1997, 189-230.

 

Paesano 1846-1857: Giuseppe Paesano, Memorie per servire alla storia della chiesa salernitana, 4 voll., Napoli 1846-1857 [vol. 1vol. 2]

  

Restaino 2012: Concetta Restaino, Tesori del Regno. L'ornamentazione delle cripte delle cattedrali di Salerno e Amalfi nel XVII secolo, Napoli 2012.

 

 

Schulz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, II, Dresden 1860, 280-297.


 

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione08/03/2013 20:12:30
Data ultima revisione05/01/2017 16:31:34
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/334
OggettoSalerno, Giardino della Minerva
Tipologiagiardino
Nome attualeGiardini della Minerva
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

XII secolo: il viridario risulta appartenere alla famiglia Selvatico.

XIV: Matteo Selvatico lo trasforma in un Giardino dei Semplici, dedicandosi alla coltivazione di piante medicinali.

1666: il giardino viene acquistato da don Diego Core e dall'atto di acquisto si desume la conformazione che aveva all'epoca.

2000: il giardino, adesso di proprietà comunale, è riallestito e aperto al pubblico.

Autore
Committente

famiglia Selvatico

Matteo Selvatico

Famiglie e persone
Descrizione

Il giardino sorge su una serie di sei terrazzamenti digradanti dal colle verso il mare, nei pressi del torrente Fusarola, in una zona ricca di acque e denominata nel medioevo "Plaium Montis". L'accesso avviene dalla terrazza inferiore, attraverso un portale aperto accanto a un ninfeo seicentesco. Sul versante lato mare si sviluppa una lunga scalinata coperta da un pergolato su pilastri in muratura che collega tutti i terrazzamenti. Un articolato sistema di canalette, in parte parte, in parte scavate nei muri dei terrazzamenti garantisce un afflusso continuo di acqua a tutti i livelli del giardino. 

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne

In una delle vasche d'acqua del giardino è una bocca di fonte in marmo a forma di testa di Gorgone. Accanto al portale di accesso è un ninfeo seicentesco decorato con gusci di conchiglia.

Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti

La citazione più importante del giardino è nell'Opus pandectarum medicinae (capitolo 196) di Matteo Silvatico, il quale a proposito della colocasia, riferisce di possederne un esemplare nel proprio giardino salernitano presso una fontana: "… Et ego ipsam [culcasiam] habeo Salerni in viridario meo, secus spectabilem fontem […]".

 

L'atto notarile di acquisto del giardino da parte di Diego del Core (1666) precisa che nel giardino "... vi è una loggia parte coperta a lamia a vela sostenuta da pilasti e parte scoperta e pavimentata attorno, coi suoi pezzi d'astrico del quale si gode il mare e i monti convicini, con una fontana in destra di essa con acqua perenne [...] vi è un muro che regge la fontana, ma che è malmesso e potrebbe crollare danneggiando la loggia [...] in esso vi è una porta che con sette gradi si cala nel giardino il quale consiste in un luogo piano, ha due piedi di fico, due di cetrangolo e vite che facevano pergola sopra otto pilastri di fabbrica, ma presente si vedono per terra perché sono marciti i legnami che formavano la medesima, altri pilastri sono cascati e parte lesionati".

Bibliografia

Mauro, Valitutti 2011: Luciano Mauro, Paola Valitutti, Il Giardino della Minerva, Salerno 2011.

Link esterni

sito ufficiale:

http://www.giardinodellaminerva.it/

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione29/04/2013 11:11:20
Data ultima revisione30/04/2013 19:20:37
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/394
OggettoSalerno, Palazzo di Arechi
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

sec. VIII costruzione del palatium con la chiesa dei SS. Pietro e Paolo ad opera di Arechi II (774-787)

1573 lavori di restauro e rifacimento del palazzo

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Il palatium voluto da Arechi II nel centro rinnovato di Salerno a ridosso delle mura non è stato ancora individuato con certezza. Dovendo essere in correlazione urbanistica con la cappella palatina voluta dallo stesso principe e dedicata ai SS. Pietro e Paolo (l'attuale San Pietro a Corte) gli studiosi nel tempo hanno individuato due aree: a nord, ubicando l'edificio curiale nel Palazzo Fruscione (ipotesi in auge a partire dal secolo XIX ma si tratta di un edificio nell'aspetto attuale più tardo); a sud nell'isolato tra la chiesa e l'asse di via dei Mercanti, ipotesi oggi più accreditata e confermata dalla fonte del sec. X (Chronicon salernitanum) che riferisce che Arechi fede edificare il "palatium" e, a nord, fondò la chiesa. Per questa ragione si associa all'edificio un prospetto che conserva un doppio livello con arcate rette da colonne di reimpiego visibili da via dei Mercanti e con un supportico che presenta un notevole esempio di reimpiego e permette di ipotizzare un'architettura significativa con una doppio ordine con colonne e capitelli di reimpiego su arcate. Inoltre, nella parte più alta l'edificio risulta agganciato alle mura altomedievale e sorto su resti di terme di età romana e su sostruzioni frequentate in età paleocristiana.

Iscrizioni

Nell'esterno del palazzo arechiano era probabilmente presente un titulus fatto incidere ai tempi del principe

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Colonne e capitelli di reimpiego utilizzati per le arcate del primo e del secondo ordine

Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Le fonti altomedievali, da Paolo Diacono (720-799: nel principato di Benevento tra 763 e 774) al Chronicon Salernitanum (sec. X), ricordano i numerosi e significativi interventi del principe longobardo di Benevento Arechi II che morì proprio a Salerno nel 787 dopo aver promosso l'edificazione della cappella palatina di San Pietro a Corte e la sua nuova residenza, accanto al rifacimento delle mura cittadine e del castello. Il suo palazzo fu costruito a ridosso delle mura nel lato verso il mare e accanto vi pose la chiesa dedicata ai santi Pietro e Paolo, San Pietro a Corte. Secondo la leggenda tramandata dal Chronicon Arechi durante la costruzione del palazzo avrebbe ritrovato il tempio e la statua d'oro di Priapo distruggendo l'edificio pagano sulle cui rovine costruisce la chiesa. Il palazzo doveva recare, come la chiesa, un titulus nelle parti esterne secondo una prassi rintracciabile nella Campania longobarda e che sarà ripresa da Roberto il Guiscardo nel prospetto del Duomo. Il palazzo, unito alla chiesa, subisce la stessa sorte; sappiamo di radicali interventi, dovuti anche alle precarie condizioni dell'opera a partire dal 1573, al tempo dell'abate commendatario Decio Caracciolo che sembra abbia voluto utilizzare i locali ripristinati per una scuola di grammatica.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Natella 2000: Pasquale Natella, “Palaccium et ecclesiam instituit. Storia del complesso longobardo di San Pietro a Corte di Salerno", in San Pietro a Corte. Recupero di una memoria nella città di Salerno, Napoli 2000, 87-143

 

Peduto, Fiorillo, Corolla 2013: Paolo Peduto, Rosa Fiorillo, Salerno. Una sede ducale della Longobardia meridionale, a cura di Angela Corolla, Spoleto 2013

 

San Pietro 2000: San Pietro a Corte. Recupero di una memoria nella città di Salerno, Napoli 2000

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione11/12/2012 15:19:50
Data ultima revisione02/01/2019 13:19:38
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/277
OggettoSalerno, Palazzo Fruscione
Tipologiapalazzo
Nome attualePalazzo Fruscione
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

sec. XIII edificazione

1738 cessione del palazzo da parte del capitolo e ampliamento dell'edificio

1950 restauri a cura del soprintendente Giorgio Rosi

1969 acquisizione pubblica dai privati Fruscione

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

L'edificio, noto come Palazzo Fruscione (dal nome degli ultimi proprietari), recentemente restaurato ed adibito a sede espositiva, si presenta nelle forme dovute a un radicale restauro ottocentesco ed è posto al cospetto del fianco della chiesa arechiana di San Pietro a Corte con due fronti che al secondo e al terzo ordine presentano bifore e una lunga serie di archi acuti intrecciati in pietra e tufo secondo soluzioni tipiche dell'architettura campana tra XII e XIII secolo (soluzioni analoghe, ad esempio, nella Cattedrale di Casertavecchia). Troviamo, inoltre, monofore e aperture con ghiere e stipiti con decorazione ad intarsi murari, la cui possibile datazione potrebbe risalire al secolo XII per cui si può ipotizzare una edificazione in più fasi tra XIII e XIV secolo nelle parti più antiche, edificate sui resti di terme romane, rinvenute nei recenti scavi, da associare alle sostruzioni antiche della vicina chiesa di San Pietro a Corte.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

Il palazzo conserva significative tracce di una residenza medievale che, per la decorazione che presenta, è databile tra XIII e XIV secolo, con parti più antiche nelle aperture con intarsi e nella lunga loggetta cieca con archi acuti intrecciati del secolo XIII e successivi interventi costrutttivi con elementi architettonici riferibili al Trecento. Successivamente l'edificio fu radicalmente trasformato e le tracce più antiche obliterate con modifiche e ampliamenti fino al secolo XIX quando venne realizzato l'aspetto attuale del palazzo. Negli ultimi decenni diversi restauri hanno messo in luce tutte le tracce della fase più antica, rinvenuto le sostruzioni di età romana e abbattuto il quarto livello, del secolo XIX, per motivi statici.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Casiello 1998: Stella Casiello, "Architetture di età normanna in Campania. Problemi di conservazione", Napoli Nobilissima, s. 3, vol. 37, 1998, 185-194.

 

Corolla 2014: Angela Corolla, “Architettura residenziale nella Salerno normanna: l'esempio di Palazzo Fruscione", in Case e torri medievali, 4, Indagini sui centri dell'Italia meridionale e insulare (secc. XI-XV): Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, Atti del V congresso nazionale di studi (Orte, marzo 2013) a cura di Elisabetta De Minicis, Roma 2014, 27-40

 

De Angelis 1934: Michele de Angelis, "La reggia salernitana di Arechi in Salerno", Archivio Storico per la provincia di Salerno, 1934, 7-18

 

De Angelis 1933: Michele de Angelis, "Il palazzo di Arechi a Salerno e l'arte antica in Campania", Salernum, 1935, 178-185

 

De Renzi 1857: Salvatore De Renzi, "Note sugli avanzi del palazzo di Arechi", Rendiconti dell'Accademia Pontaniana, V, 1857, 165-177.

 

Dell'Acqua 2009: Mario Dell'Acqua, “Le facciate di Palazzo Fruscione. Note allegate alla relazione del progetto di restauro”, in Il popolo dei Longobardi meridionali (570-1076). Testimonianze storiche e monumentali, Atti del convegno, (Salerno, 28 giugno 2008), a cura di G. D’Henry, C. Lambert, Salerno 2009, 105-118

 

Dell'Acqua 2014: Mario Dell'Acqua, Palazzo Fruscione. Appunti dal cantiere di restauro, Salerno 2014

 

Guarino 1997: D. Guarino, "Palazzo Fruscione. Un monumento architettonico del centro storico di Salerno: dalla lettura alla conservazione", Apollo. Bollettino dei Musei Provinciali del Salernitano, 13, 1997, 71-92

 

Kalby 1971: Luigi Kalby, Tarsie ed archi intrecciati nel romanico meridionale, Salerno 1971, 55-60.

 

Pane 1952: Roberto Pane, "Intarsi murali a Salerno", Bollettino di Storia dell'Arte, 1952, 39-40.

 

Rosi 1952: Giorgio Rosi, "I ritrovamenti di Palazzo Fruscione a Salerno", Bollettino di Storia dell'Arte, 1952, 33-38.

 

Schiavo 1938: Armando Schiavo, "Chiostri nel salernitano", Rassegna storica salernitana, 1938, 97-98.

Link esterni

Scheda sul palazzo nel sito del Circuito informativo Regionale della Campania per i Beni Culturali

http://cir.campania.beniculturali.it/salerno/visite-tematiche/galleria-di-immagini/A00047489

SchedatoreFulvio Lenzo, Antonio Milone
Data di compilazione11/12/2012 18:15:31
Data ultima revisione02/01/2019 13:43:31
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/291
OggettoSalerno, palazzo in via Duomo 43
Tipologiapalazzo
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

XV-XVI secolo: edificazione

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Il palazzo è stato molto trasformato. Tracce della facies prebarocca sono la colonna antica con capitello ionico incastonata nello spigolo sinistro della facciata e il portale mormandeo, ancora rinoscibile benché le volute dei capitelli ionici siano state scalpellate

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Gambardella 2009: Alfonso Gambardella, “Salerno: contaminazioni e modernità della città rinascimentale”, in Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Campania. Saggi, a cura di Alfonso Gambardella e Danila Jacazzi, Roma 2009, 131-147.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione30/04/2013 15:27:43
Data ultima revisione20/11/2016 21:41:31
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/398
OggettoSalerno, Palazzo Pinto
TipologiaPalazzo con cortile e loggia aperta
Nome attualePalazzo Pinto
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

sec. XII edificazione del passaggio coperto

sec. XV edificazione dell'ala destra del palazzo con il cortile

sec. XVII-XVIII riattamento dell'intera costruzione

Autore
Committente
Famiglie e persone

famiglia Pinto

Descrizione

Il palazzo, appartenuto ad una delle più prestigiose famiglie nobili della città e recentemente adibito a sede della Pinacoteca Provinciale, rappresenta con la sua ampia mole un ricco palinsesto architettonico-urbanistico sorgendo lungo l'asse principale del centro cittadino e presentando, sul fianco una lunga loggia, oggi tompagnata, con capitelli e colonne di reimpiego che reggono arcate in travertino lungo un vicolo che scende verso il mare, a testimoniare la fusione di due costruzioni distinte. L'edificio vero e proprio, con il prospetto con portale seicentesco e androne presenta, nell'ala adiacente un cortile interno con evidenti tracce della sua conformazione quattrocentesca, con un'ampia arcata ribassata di stile durazzesco-catalano (vi ha sede l'Enoteca Provinciale).

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Colonne e capitelli di reimpiego nella loggia che corre lungo il vicolo tra le due ali del palazzo

Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

L'edificio, recentemente restaurato per ospitare la Pinacoteca provinciale, si presenta nella veste del radicale rifacimento sei-settecentesco ma conserva tracce della sua storia plurisecolare nella loggia medievale lungo il vicolo che conduce verso la marina e nel cortile quattrocentesco.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

 

 

 

Bignardi 2013: Ruggiero Bignardi, Il restauro di Palazzo Pinto a Salerno. Storia di integrazione tra popoli, arti e culture, Salerno 2013


Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione11/12/2012 15:16:23
Data ultima revisione02/01/2019 13:56:19
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/276
OggettoSalerno, San Benedetto
Tipologiachiesa (esistente) con annesso convento (trasformato)
Nome attualeSan Benedetto
Immagine
Nomi antichi
Cronologia

1043 convento affidato all'abate Alfano, poi arcivescovo di Salerno, che ricostruisce l'edificio

1085 papa Gregorio VII muore, secondo la tradizione ospite in una cella del monastero

1261 papa Alessandro IV dona l'area di Castel Terracena al convento di San Benedetto

1296 re Carlo d'Angiò ordina allo stratigoto di trasportare le macchine da guerra nel monastero come luogo sicuro

1301 quel che resta di Castel Terracena viene confermato al convento da parte di papa Bonifacio VIII

1316 epigrafe attestava l'inizio della costruzione del campanile

1412 nei locali del Castl Nuovo di San Benedetto viene ospitata la regina Margherita di Durazzo

1465 cessione da parte del convento al monastero di S. Michele del diritto all'utilizzo di parte dell'acqua del condotto del monastero

sec. XV realizzazione del chiostro con colonne marmoree

sec. XVI abati commendatari

1807 alienazione e impiego della struttura come teatro cittadino

1857 chiesa elevata a parrocchia del Crocefisso (per il miracolo di Pietro Barliario)

1868 complesso adibito a caserma

1967 restauro della chiesa e restituzione alla curia

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

Il prestigioso complesso benedettino di Salerno, sorto in un'area periferica a ridosso dell'Orto Magno e delle mura orientali, si conserva frammentariamente con la chiesa, oggetto di un radicale restauro neo-medievale nel dopoguerra, il quadriportico con resti della residenza quattrocentesca di Castel Nuovo (che sorge probabilmente sui resti della residenza normanna di Castel Terracena, dove fu ospitata la regina Margherita di Durazzo), oggi inglobati nella sede del Museo Archeologico Provinciale (dal 1927) mentre il convento appare radicalmente trasformato, sede oggi di una caserma, presso cui giungeva l'acquedotto medievale che incanalava le acque del torrente Rafastia.

La chiesa originaria, a tre navate di impianto basilicale con colonne e capitelli di reimpiego che reggono le arcate dell'invaso e tetto a capriate lignee aveva il prospetto su cui si apriva, come a Montecassino e nel duomo di Salerno, un quadriportico (oggi interrotto dalla strada e visibile nel prospiciente museo).

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Colonne e capitelli di reimpiego nel quadriportico e nelle navate interne

Frammenti di iscrizioni nel pavimento (testimoniate dal CIL)

Opere d'arte medievali e moderne

Crocefisso su tavola (sec. XIII, trasferito alla chiesa del Crocefisso, oggi nel Museo Diocesano)

Storia e trasformazioni

Il complesso benedettino, il più importante della città e con un ruolo preminente nella regione a partire dal X secolo e legato alla storia della scuola medica salernitana, come testimonia la presenza di Alfano abate, sodale e collaboratore di Desiderio e costruttore della cattedrale con Roberto il Guiscardo al tempo di Gregorio VII, e la leggenda di Pietro Barliario, mago e costruttore dell'acquedotto che approvvigionava il monastero, che avrebbe fatto un patto con il diavolo per elevare le arcate del condotto per poi pentirsi davanti ad un crocefisso ligneo, e farsi monaco a San Benedetto, dove fu sepolto nel 1149 (la tradizione riconosce in un esemplare più tardo, oggi nel Museo diocesano, l'opera che avrebbe compiuto il miracolo). Con la donazione dell'area del vicino Castel Terracena il complesso si arricchì dell'area meridionale dove venne eretto il Castel Nuovo di San Benedetto dove fu ospitata nel 1412 la regina Margherita di Durazzo e venne realizzato il chiostro con colonne marmoree, mentre nel secolo XVI con gli abati commendatari iniziò una fase di declino culminata nelle alienazioni ottocentesche, arrestato con i restauri del secolo scorso e il riuso di alcune parti del complesso originario.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Balducci 1968-1983: A. Balducci, "L'abbazia salernitana di San Benedetto", Rassegna storica salernitana, 29-43, 1968-1983, 1-78

 

De Felice 1963: Ezio De Felice, "Il restauro dell'atrio della certosa di San Benedetto in Salerno", Napoli nobilissima, n.s., 3, 1963, 2,50-52

 

De Felice 1963-1964: Ezio De Felice, “Un moderno restauro e il Museo Provinciale di Salerno”, Apollo. Bollettino dei Musei Provinciali di Salerno, 3-4, 1963-1964, 143-184

 

De Felice 1986: Ezio De Felice, Complesso conventuale di S. Benedetto in Salerno. Restauro e adattamento a nuovo uso: l'acciaio, il cemento armato e le tecniche invasive in convento, Salerno 1986

 

Fiore 1944: Matteo Fiore, "Le chiese di Salerno. L'abbazia e la chiesa di San Benedetto", Rassegna storica salernitana, 5, 1944, 3-4, 241-248

 

Schiavo 1939: Armando Schiavo, "L'abbazia salernitana di S. Benedetto", in Atti del IV Congresso di Storia dell'Architettura, Milano 1939, 1-12

Link esterni

http://www.comune.salerno.it/allegati/16861.pdf

SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione01/06/2012 10:28:23
Data ultima revisione20/11/2016 21:44:41
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/87
OggettoSalerno, San Domenico
TipologiaChiesa e complesso monastico annesso (trasformato)
Nome attualeSanta Maria della Porta e San Domenico
Immagine
Nomi antichi

Chiesa di San Paolo de Palearia

Cronologia

1272 donazione da parte dell'arcivescovo Della Porta ai domenicani della chiesa di S. Paolo de Palearia

1275 iscrizione sull'architrave del portale di facciata ricorda la committenza di Regale Della Porta, figlia di Eufranione e di Giacomo di Tricarico

1277 consacrazione della chiesa di S. Maria della Porta

1317 arrivo della reliquia della mano di san Tommaso, fino ad allora conservata a Mercato San Severino

1807 alienazione del monastero

Autore
Committente
Famiglie e persone

Famiglia Sanseverino

Descrizione

La chiesa e il monastero appaiono oggi radicalmente trasformati rispetto alla fondazione originaria degli ultimi decenni del secolo XIII. Dell'aspetto originario si conserva un frammento del portale originario e l'ingresso voltato a crociera del monastero con il pronao che introduce al monastero e al chiostro che conserva tracce delle arcate polifore duecentesche. La chiesa appare nella sua veste settecentesca, con alcune tracce all'interno della fase originaria, con il sarcofago delle sorelle D'Aquino, il fonte battesimale ricavato da una base di colonna antica e un affresco del secolo XIV, un tempo custodito nella cappella di famiglia voluta da Ruggero Senseverino (m. 1284).

Iscrizioni

Presso il portale

Architrave con iscrizione che ricorda la committente e la fondazione della chiesa (1275)

Stemmi o emblemi araldici

Presso il portale

Simbolo dell'Agnus Dei

Elementi antichi di reimpiego

Sarcofago strigilato in marmo con protomi leonine nella prima cappella sinistra (in precedenza nella cappella del Crocefisso, distrutta per ospitare il Conservatorio di Gesù Sacramentato e Maria Immacolata)

Base di colonna reimpiegato per il fonte battesimale

Opere d'arte medievali e moderne

Affresco votivo seplocrale in sagrestia (sec. XIV)

Storia e trasformazioni

I domenicani arrivano a Salerno a metà del secolo XIII e nel loro complesso ospitano anche il filosofo Tommaso d'Aquino. Più tardi nel 1272 l'arcivescovo Matteo Della Porta dona all'ordine la chiesa di S. Paolo de Palearia per l'edificazione del nuovo complesso presso la Porta Rotese, nella parte orientale della città e alla costruzione collaborò anche la nobildonna Regale Della Porta e la nuova chiesa fu consacrata nel 1277. Il monastero fu protetto dalla corona angioina che concesse anche la conservazione di una porta che dal convento si apriva nelle mura cittadine. Oggi il complesso appare radicalmente trasformato con il convento, alienato nel secolo XIX e oggi destinata alla forze dell'ordine con i resti del chiostro duecentesco con arcate polifore intrecciate, come nell'ex convento francescano di Sant'Antonio (anch'esso alienato e adibito per molto tempo a sede del carcere cittadino). La chiesa appare nella sua forma settecentesca e conserva poche tracce dell'aspetto originario come parte del portale di facciata con l'epigrafe di fondazione e un sarcofago dell'interno, secondo la tradizione reimpiegato nella seconda metà del 1200 per accogliere le spoglie di Maria, sorella di San Tommaso (morta nel 1279), e Teodora d'Aquino, quest'ultima sposa di Ruggero Sanseverino  morta intorno al 1317 (ricorda le sepolture una lapide del 1642), già nella cappella del Crocefisso, probabilmente quella eretta da Ruggero Sanseverino, marito di Teodora, morto nel 1284.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Capone 1924: Arturo Capone, Relazioni tra la città di Salerno e S. Tommaso d'Aquino, Salerno 1924

 

Capone 1931: Arturo Capone, I frati domenicani e la Congregazione del SS. Nome e Sacr.mo Rosario di Salerno. Nel III Centenario di sua riorganizzazione, Subiaco 1931

 

Carucci 1989: Arturo Carucci, "La chiesa di S. Domenico in Salerno", in Salernitana, Salerno 1989, 278-284

 

Portanova 1924: d. Gregorio Portanova, Il castello di S. Severino nel secolo XIII e S. Tommaso d'Aquino, Cava de' Tirreni 1924 (II edizione a cura di Massimo Del Regno, Mercato San Severino 1998)

 

Schiavo 1938: Armando Schiavo, "Chiostri nel Salernitano", Rassegna storica salernitana, 2, 1938, 1, 87-104

 

Schulz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmaeler der Kunst des Mittelalters in UnterItalien, voll. 4, Dresden 1860, 2, 299

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione29/04/2013 16:26:45
Data ultima revisione20/11/2016 23:11:39
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/395
OggettoSalerno, San Pietro a Corte
Tipologiachiesa
Nome attualeChiesa di San Pietro a Corte
Immagine
Nomi antichi

Confraternita di Santo Stefano (dal 1939)

Cronologia

787, ante: fondazione ad opera del principe Arechi II (m. 787)

sec. XV-XVI chiesa utilizzata per ospitare la cerimonia della consegna delle lauree

1505 re Ferdinando affida al napoletano Troiano Mormile la facoltà di nominare l'abate

1573 Decio Caracciolo realizza interventi alla chiesa tra cui l'apertura della scala d'ingresso

sec. XVI vi si riunisce il Reggimento grande della città

1730 nuovi interventi alla decorazione interna della cappella

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

La chiesa di San Pietro a Corte prende il nome dal palazzo pubblico elevato contemporaneamente dal principe longobardo di Benevento Arechi II (m. 787), impiegato ancora in età angioina come curia, corte cittadina. La chiesa, cui si doveva accedere dal palazzo che era posto sul lato meridionale della chiesa, verso il mare, era ad aula unica con aperture di cui restano tracce nelle pareti dopo le trasformazioni subite per tutta l'età moderna e i recenti restauri. All'interno presentava un pavimento ad opus sectile e un titulus che correva lungo le pareti dettato da Paolo Diacono. Negli ambienti ipogei si possono osservare affreschi votivi e sepolcrali databili tra XII e XIV secolo quando gli ambienti risalenti all'età romana, quando fungevano da terme, già riutilizzati come necropoli in età paleocristiana, erano ancor impiegati per le sepolture e i culti privati. Sul fianco sinistro si erge il campanile con terminazione cuspidata (sec. XIV) e, alle spalle dell'edificio, la piccola cappella di Sant'Anna.

Iscrizioni

Frammenti minuti del titulus dettato da Paolo Diacono (sec. VIII) per il prospetto e per l'aula interna della chiesa.

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Ambienti termali di età romana

Colonne e capitelli e epigrafi antiche in posizione di reimpiego

Ambiente sepolcrale di età paleocristana con tombe con epigrafi

Opere d'arte medievali e moderne

Resti della pavimentazione intarsiata con marmi policromi ad opus sectile (sec. VIII)

Affreschi nell'aula ipogea (secc. XII-XIV)

Colonne lignee di ciborio (secc. XIII-XIV, oggi al Victoria & Albert Museum di Londra: ipotesi non confermata)

Pala lignea dipinta con Madonna e santi (1592, commissionata da Decio Caracciolo)

Storia e trasformazioni

La chiesa di San Pietro a Corte nasce per volontà del principe longobardo di Benevento Arechi II, parte del progetto di rinnovamento della città costiera finalizzato a creare una seconda capitale per il principato longobardo della regione, con il rinnovamento della cinta muraria, delle fortificazioni e della curia principesca. Arechi II, con l'ausilio di Paolo Diacono, dopo aver edificato il palazzo volle che fosse affiancata da una cappella palatina, cui il dotto ecclesiastico dettò due tituli per l'esterno e per l'interno dell'edificio, oltre a lasciare memoria dell'edificazione nei suoi scritti ripresi e amplificati dall'anonimo Chronicon Salernitanum (sec. X), dove si narra anche del ritrovamento di una statua d'oro di Priapo e del tempio, sui cui resti, una volta distrutto, venne eretta la chiesa dedicata ai SS. Pietro e Paolo. In effetti, l'area su cui sorse il palatium e la chiesa era ricco di edifici di età romana, come testimoniano i significativi resti di ambienti termali utilizzati già in età paleocristiana su cui venne eretta, in posizione eminente, la cappella, ancora oggi posta in alta e raggiungibile da un'alta scalinata realizzata nel 1576. A partire dal secolo XV la chiesa venne utilizzata per le cerimonie di conferimento delle lauree in medicina, quindi come sede delle riunioni del parlamento cittadino. Affidata in piena autonomia ad abati commendatari, sotto Decio Caracciolo subì radicali interventi con la sostituzione del pavimento intarsiato e delle lastre marmoree dell'esterno e lavori anche al palazzo adiacente. In quell'occasione la struttura venne adibita a scuola di grammatica

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Fiore 1945: Matteo Fiore, "La badia di San Pietro a Corte", Rassegna storica salernitana, 6, 1945, 141-151

 

Natella 2000: Pasquale Natella, “Palaccium et ecclesiam instituit. Storia del complesso longobardo di San Pietro a Corte di Salerno, in San Pietro a Corte. Recupero di una memoria nella città di Salerno, Napoli 2000, 87-143

 

Peduto, Fiorillo, Corolla 2013: Paolo Peduto, Rosa Fiorillo, Angela Corolla (a cura di), Salerno. Una sede ducale della Longobardia meridionale, Spoleto 2013

 

Peduto 2011: Paolo Peduto, "Quanto rimane di Salerno e Capua longobarde (secc. VIII-IX)", in I Longobardi del Sud, a cura di Giuseppe Roma, Roma 2011, 257-278

 

San Pietro 2000: San Pietro a Corte. Recupero di una memoria nella città di Salerno, Napoli 2000

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione11/12/2012 14:53:01
Data ultima revisione20/11/2016 19:14:38
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/273
OggettoSalerno, Sant'Andrea de Lama
Tipologiachiesa
Nome attualeSant'Andrea de Lama
Immagine
Nomi antichi

Sant'Andrea de Lavina

Sant'Andrea a la Lama/a li Lami

Cronologia

1084 un atto testimonia la presenza di un atrio per la chiesa di S. Andrea de Lama

1091 attestazione della chiesa di Sant'Andrea 'a la Lama' e del monastero ubicato "a super porta radeprandi"

1490 la chiesa è parrocchia

1572 radicale restauro dell'edificio

1789 rifacimento della chiesa

1946 il titolo parrocchiale è trasferito alla chiesa dell'Annunziatella

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

La facciata presenta l'aspetto settecentesco, mentre il campanile conserva le forme medievali con monofore e bifore e copertura a cupola databile tra XII e XIII secolo. L'edificio sorge nell'area orientale della città nel quartiere 'Fornelle' inglobato nella cinta muraria nel IX secolo e abitato soprattutto da gente provienente dalla Costa d'Amalfi. Recenti scavi hanno permesso di individuare, nella navata, la presenza di colonne di reimpiego nei pilastri moderni con arcate a tutto sesto che suggerisce l'ipotesi che si tratti di una chiesa a tre navate, mentre, al di sotto del livello attuale di calpestio, sono affiorati altri ambienti a quote diverse (-3,75 e -5,80) associabili ad pre-esistenti edifici religiosi con tracce di affresco.

Iscrizioni

Sul rinfianco di un arco dell'edificio a quota -3,75:

iscrizione greca dipinta

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Colonne con capitelli e elementi di trabeazione di età classica reimpiegati nella muratura e nelle pareti della navata dell'edificio

Opere d'arte medievali e moderne

Capitello a stampella  a motivi geometrici (altomedievale)

Affreschi nell'abside dell'edificio a quota -5,80

Affreschi della cappella di San Nicola (sec. XIV, con integrazioni successive)

Storia e trasformazioni

La chiesa attestata nel secolo XI fu fondata probabilmente da membri della dinastia longobarda che deteneva il potere a Salerno e venne dedicata all'apostolo Andrea probabilmente in omaggio agli amalfitani che occupavano dagli inizi del IX secolo quella parte della città in cui fu edificata la nuova chiesa, la zona orientale di 'Fornelle'  inglobato nella cinta muraria dal principe Sicardo (832-839). La presenza di edifici a più livelli si può motivare con la conformazione orografica dell'area; infatti il toponimo 'lama' si trova in corrispondenza di aree in forte pendenza soggette a frequenti alluvioni e interramenti. Le strutture sono state rialzate nel tempo e inoltre profonde trasformazioni si sono avute in età moderna, nei secc. XVI e XVIII fino ai recenti scavi e restauri che hanno ampliato il quadro delle nostre conoscenze dell'edificio.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Fiorillo 2007: Rosa Fiorillo, Il complesso altomedievale di Sant'Andrea de Lavina a Salerno", Archeologia medievale, 34, 2007, 141-146

 

Kalby 1970: Luigi Kalby, "Il quartiere 'Le Fornelle' o 'Le Formelle' e l'ampliamento settecentesco del centro storico di Salerno", Rivista di studi salernitani, 3, 1970,6, 3-27

 

Villani 2003 = Giovanni Villani, "La chiesa di S. Andrea della Lama nel quartiere delle Fornelle a Salerno", in Atti del III Congresso nazionale di Archeologia Medievale (Salerno, 2-5 Ottobre), a cura di R. Fiorillo, P. Peduto, Firenze 2003, 616-623

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione11/12/2012 15:40:42
Data ultima revisione21/11/2016 11:04:52
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/278
OggettoSalerno, Santa Maria di Portanova
TipologiaChiesa e complesso monastico annesso (trasformato)
Nome attualeChiesa del Crocefisso
Immagine
Nomi antichi

Chiesa di Santa Maria della Neve

Chiesa di Santa Maria di Portanova

Monastero delle clarisse di Santa Maria della Piantanova

Monastero delle clarisse di Santa Maria della Pietà

Cronologia

1140 attestazione dell'esistenza della chiesa di Santa Maria della Neve

1450 attestazione del monastero delle clarisse di Santa Maria della Pietà

1604 la parrocchia è trasferita in S. Pietro in Vinculis e  la chiesa è annessa al monastero edificando di Santa Maria della Pietà

1622 completamento del restauro del complesso monastico e soppressione della parrocchia

1866 soppressione del monastero delle clarisse di Santa Maria della Pietà

1878 trasferimento del titolo di chiesa parrocchiale del Crocefisso da San Benedetto a Santa Maria

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione

La chiesa, fondata nel secolo XII, era situata presso la Porta di Elino (detta Porta Nova, dopo un rifacimento intorno al 1117), lungo l'asse principale di attraversamento della città, alla sua estremità orientale. L'edificio oggi compare all'interno nella veste neomedievale che ha spogliato la chiesa dell'arredo e della decorazione architettonica barocca, rendendo visibili le colonne con capitelli antichi di reimpiego. All'interno si conservano anche tracce di pitture di età moderna, come gli affreschi presso l'abside destra. L'opera pittorica più significativa si conserva nella cripta, con volte a crociera e elementi di spoglio, riaffiorata con i restauri del 1950 e che mostra dirette relazioni strutturali con la chiesa superiore: una nicchia con la Crocefissione, affresco databile agli ultimi decenni del secolo XIII (vi si vede un secondo dipinto, più tardo, con santi). Nel fianco, scoperta da recenti restauri, una bifora con intrecci in stucchi e tracce di stemma, databile ai secc. XIII-XIV, che fa ritenere si tratti di un'edicola o di una sepoltura posta lungo la strada principale della città. Del monastero, noto dal sec. XV, si conserva della facies originaria, scampata alle trasformazioni e alle alienazioni, un loggiato in tufo grigio ornato con quattro arcate di tarsie policrome decorata anche da rilievi con motivi vegetali.

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Colonne e capitelli antichi di reimpiego quali sostegni della parete della navata

Opere d'arte medievali e moderne

Trittico con Madonna con bambino e santi (sec. XV, metà: attr. Maestro dell'Incoronazione di Eboli, ora nella Pinacoteca Provinciale di Salerno)

Affresco con la Crocefissione (sec. XIII, fine: in cripta)

Storia e trasformazioni

Nell'area orientale della città, lungo l'asse principale in prossimità di Porta Nova sorge nel secolo XII la chiesa di Santa Maria, poi detta della Neve, un edificio a tre navate di impianto basilicale databile al secolo XII che ingloba un ambiente ipogeo decorato nel tardo sec. XIII. Più tardi vi sorgerà accanto il monastero delle clarisse di Santa Maria della Pietà (detto poi di Piantanova), cui verrà annessa la chiesa nel primo Seicento. Nella chiesa, in seguito alle soppressioni, nel 1878 viene trasferito il titolo della parrocchia del Crocefisso, istituita nel 1857 presso la chiesa di San Benedetto e da allora la chiesa ha questa denominazione (vi viene trasferito anche il venerato Crocefisso ligneo del sec. XIII, ora al Museo Diocesano). Il monastero, in parte alienato, viene completamente trasformato conservando solo una loggia con intarsi murari, databile tra XIV e XV secolo. Recenti scavi hanno restituito numeroso materiale ceramico di età moderna.

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia

Bergamo 1961: Giuseppe Bergamo, Parrocchia del SS. Crocefisso nella chiesa di Santa Maria della Pietà in Salerno, Salerno 1961

 

De Caro: Maria Carmela De Caro, "La chiesa di S. Maria della Pietà ed il suo affresco", Bollettino storico di Salerno e Principato Citra, 5, 1987, 2, 5-25

 

De Simone: Vincenzo De Simone, "L'identificazione della via che conduce alla porta di Elino", Rassegna storica salernitana, 9, 1992, 17, 257-266

 

Gambardella: Alfonso Gambardella, "Il palazzo Pernigotti ed il problema delle tarsie murarie in Salerno medievale", Napoli nobilissima, s. III, 6, 1967, 227-232

 

Maurano: Attilio Maurano, "La cripta del Crocefisso tra conservazione e restauro", Bollettino storico di Salerno e Principato Citra, 7, 1989, 1-2, 23-28

Link esterni
SchedatoreAntonio Milone
Data di compilazione11/12/2012 14:37:22
Data ultima revisione20/11/2016 13:07:24
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/272
OggettoSalerno, Seggio di Campo
Tipologiaedificio pubblico: sedile
Nome attuale(distrutto)
Immagine
Nomi antichi

Seggio di Campocalenda, Seggio di Campo

Cronologia

XIII secolo: il seggio di Campo incorpora altri due seggi.

1585: restauri (cfr. infra, Documenti).

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Lo stemma del seggio di Campo era costituito da tre spighe d'oro in campo azzurro. Secondo Del Pezzo (ms. 1734, Storia Patria, c. 62v), lo stemma era formato da "Tre spighe d’oro in campo azzurro, benché ne facesse anticamente una sola spiga, ma poi se ne concederono altre, e due, per dinotar l’unione, che si fece nel tempo del re Carlo, con questo degli altri due seggi”.

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

A Salerno esistevano quattro seggi, uno del popolo e tre nobili (Seggio di Campo, Seggio di Porta Nuova  e Seggio di Porta Rotese). Solo i seggi nobili avevano una sede propria, mentre il popolo si riuniva nel “palatio Communitatis illustrissime civitatis Salerni” (Abignente 1930, p. 84).

Note

I nuovi ammessi al Seggio dovevano prendere possesso. La cerimonia è descritta da un documento del 1585, quando i fratelli Francesco Antonio e Antonio David prendono possesso dell’ammissione “in sedendo ac morendo in dicco Sedile Campi pacifiche et quiete et nemine contradicente eque dissentiente que denotant pacifica et quietai possessionem” (Abignente 1930, p. 80).

Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti

Pietro Del Pezzo, Contezza dell’origine, aggradimento e stato dei seggi della città di Salerno, ms. 1734. Del manoscritto esistono almeno tre copie, una presso l’archivio della Badia di Cava (Arca XIII, ms. 142) e altre due a Napoli, una in Biblioteca Nazionale (ms. X.G.48), l’altra presso la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria (ms. XXXIII.B.4.1).

 

Documento sui restauri del 1585:

“Eodem die XVII mensis Iulii 1585 Salerni. Proprie in Sedile Campi Congregati Ex.mi Domini nobiles dicti Sedilis Campi representantes majorem et saniorem parte ipsorum. Vidilicet.

Et audita expositione Exc. Domini Loysij Issabica ut supra Sindaci come il detto Seggio del Campo have bisogno de reparatione et la lamia di quello minaccia rovina et alcuno desidera conceder et haver dalle SS.rie loro lo ayro del detto Seggio et se offere de ripararlo per questo detti SS. Unanimiter et pari voto et nemine discrepante concludono et decretono che da mo danno et concedono onnimodo potestà et autorità alli Ex.mi SS. Gasparro Grillo et Loyse Issabica che possano provedere allo acconcio et reparatione del detto Seggio. Et parendo alli detti SS. Deputati da conceder lo ayro dello ditto Seggio al preditto Not. Francesco Antonio Nactella et ancora li danno et concedono potestà alli detti ss. Deputati che possano far le debite cautele della Concessione predicta con lo detto No. Francesco Antonio Nactella in valida et cauta forma con tutte le clausole necessarie ad consiglio de savii de l’una e de l’altra parte. Et cossi dicono concludeno et decretono ipso et omni modo etc.”. (Abignente 1930, p. 83).

Bibliografia

Abignente 1930: Giovanni Abignente, I seggi dei nobili la platea dei popolari a Salerno, in Scritti scientifici e politici, vol. II, Napoli 1930, 66-72.

 

Lenzo 2014: Fulvio Lenzo, Memoria e identità civica. L'architettura dei seggi nel Regno di Napoli (XIII-XVIII secolo), Roma 2014.


Pacichelli 1703: Giovan Battista Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, diviso in dodici provincie […], Parte prima, in Napoli, nella Stamperia di Michele Luigi Mutio, 1703, 175.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione23/01/2014 11:15:05
Data ultima revisione02/12/2014 16:35:59
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/657
OggettoSalerno, Seggio di Porta Nuova
Tipologiaedificio pubblico: sedile
Nome attuale(distrutto)
Immagine
Nomi antichi

Seggio di Portanuova

Cronologia
Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Lo stemma del Seggio di Porta Nuova era composto da una porta chiusa in campo azzurro.

Elementi antichi di reimpiego
Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

A Salerno esistevano quattro seggi, uno del popolo e tre nobili (Seggio di Campo, Seggio di Porta Nuova  e Seggio di Porta Rotese). Solo i seggi nobili avevano una sede propria, mentre il popolo si riuniva nel “palatio Communitatis illustrissime civitatis Salerni” (Abignente 1930, p. 84).

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti

Pietro Del Pezzo, Contezza dell’origine, aggradimento e stato dei seggi della città di Salerno, ms. 1734. Del manoscritto esistono almeno tre copie, una presso l’archivio della Badia di Cava (Arca XIII, ms. 142) e altre due a Napoli, una in Biblioteca Nazionale (ms. X.G.48), l’altra presso la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria  (ms. XXXIII.B 4.1).

Notizie sul Seggio di Porta Nuova sarebbero anche nel manoscritto anonimo Notizie della famiglia Pinto (Napoli, Biblioteca Nazionale, ms. I.276).
Bibliografia

Abignente 1930: Giovanni Abignente, I seggi dei nobili la platea dei popolari a Salerno, in Scritti scientifici e politici, vol. II, Napoli 1930, 66-72.

 

Lenzo 2014: Fulvio Lenzo, Memoria e identità civica. L'architettura dei seggi nel Regno di Napoli (XIII-XVIII secolo), Roma 2014.


Pacichelli 1703: Giovan Battista Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, diviso in dodici provincie […], Parte prima, in Napoli, nella Stamperia di Michele Luigi Mutio, 1703, 175.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione23/01/2014 11:18:46
Data ultima revisione02/12/2014 16:34:35
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/658
OggettoSalerno, Seggio di Porta Rotese
Tipologiaedificio pubblico: sedile
Nome attuale(distrutto)
Immagine
Nomi antichi

Seggio di Portarotese

Cronologia

XVI-XVII: il seggio viene abbattuto e ricostruito fra gli ultimi anni del Cinquecento e l'inizio del Seicento. Nell’occasione degli scavi si rinviene, oltre a resti di murature antiche, anche il cippo con l’iscrizione CIL, X, 519, che compare già nella silloge a stampa di Gruterus, pubblicata nel 1603 (cfr. Mommsen 1883, p. 63).

Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Lo stemma del Seggio di Porta Rotese era composto da tre ruote d’oro in campo rosso su tre monti.

Elementi antichi di reimpiego

Negli scavi per la ricostruzione viene rinvenuto il cippo con iscrizione CIL, X, 519, che però non viene reimpiegato nel seggio. Secondo Del Pezzo (ms. Napoli, Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, cc. 11v-12r) il cippo sarebbe stato collocato nello spigolo del palazzo di Agostino Guarna, dove era anche un busto antico murato "sotto il muro della strada per cui si va dal Seggio di Porta Rotese al Duomo". 

Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni

A Salerno esistevano quattro seggi, uno del popolo e tre nobili (Seggio di CampoSeggio di Porta Nuova  e Seggio di Porta Rotese). Solo i seggi nobili avevano una sede propria, mentre il popolo si riuniva nel “palatio Communitatis illustrissime civitatis Salerni” (Abignente 1930, p. 84).

Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti

Matteo Geronimo Mazza, Dell’origine de Langobardi, ms. 1618 ca. (Napoli, Biblioteca Nazionale, ms. XV.C.17): "Essendosi rovinato... un antichissimo arco ... nel luogo ove è hoggi il Seggio di Porta Rotese per condusse a miglior forma quella strada cavandosi oltra le statue roinate et altri marmi si ritrovò un gran pilastro... assai sotto terra" (cit. da Mommsen 1883, p. 63).

 

Pietro Del Pezzo, Contezza dell’origine, aggradimento e stato dei seggi della città di Salerno, ms. 1734. Del manoscritto esistono almeno tre copie, una presso l’archivio della Badia di Cava (Arca XIII, ms. 142) e altre due a Napoli, una in Biblioteca Nazionale (ms. X.G.48), l’altra presso la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria (ms. XXXIII.B.4.1)

Bibliografia

Abignente 1930: Giovanni Abignente, I seggi dei nobili la platea dei popolari a Salerno, in Scritti scientifici e politici, vol. II, Napoli 1930, 66-72.

 

Lenzo 2014: Fulvio Lenzo, Memoria e identità civica. L'architettura dei seggi nel Regno di Napoli (XIII-XVIII secolo), Roma 2014.

 

Mommsen 1883: Theodor Mommsen, “Salernum” in Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae latinae. Pars I, Inscriptiones Bruttiorum Lucaniae Campanie, Berolini 1883, 61-76.


Pacichelli 1703: Giovan Battista Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, diviso in dodici provincie […], Parte prima, in Napoli, nella Stamperia di Michele Luigi Mutio, 1703, 175.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione23/01/2014 11:19:05
Data ultima revisione02/12/2014 16:35:09
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/659
OggettoSalerno, tempio di Pomona
Tipologia
Nome attuale
Immagine
Nomi antichi
Cronologia
Autore
Committente
Famiglie e persone
Descrizione
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Sei capitelli figurati sono stati reimpiegati su ventotto rocchi di colonna di tipo dorico, tra loro assemblati, all'interno dell'aula al piano terra dell'episcopio di Salerno.

Iscrizione (CIL, X, 531) da cui deriva la supposta denominazione del monumento, tramandata in un disegno di Pirro Ligorio che pone in relazione l'epigrafe con un'ara inscritta falsa (CIL, X, 126*), di cui dà il disegno

Opere d'arte medievali e moderne
Storia e trasformazioni
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti/Documenti
Bibliografia
Link esterni
Schedatore
Data di compilazione11/12/2012 16:30:20
Data ultima revisione20/11/2016 20:38:24
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/280
OggettoSalerno, S. Pietro a Corte, Terme romane.
TipologiaEdificio termale
Nome attuale
Nomi antichi
Materiali e tecniche edilizie
Dimensioni
Stato di conservazione

Ruderi del frigidarium conservati al di sotto della curtis medioevale, esigue tracce del calidarium.

Immagine
CronologiaI/II sec d.C.
Fattori di datazione
Storia e trasformazioni medievali e moderne

Alla fase arechiana (VIII sec. d.C.) risale la cappella privata del palazzo, eretta in corrispondenza dei resti del frigidarium. A sud-est del frigidarium e delle sepolture tardoantiche sono state individuate le fondazioni della chiesa quattrocentesca,  edificate con materiale di reimpiego (Pollio 2003, 30; Peduto 2010, 258-259). 

Famiglie e persone

Arechi II

Descrizione

Le terme di età imperiale sorgevano nei pressi dell'antico porto romano di Salerno in un'area che tra la fine del IV e l'inzio del V sec. d.C. fu distrutta da un'alluvione documentata, oltre che dalla presenza di materiale alluvionale (ciottoli di fiume e di argilla), da un'iscrizione in cui si riporta che Arrio Mecio Gracco patronus aveva finanziato il riassetto della città dopo la distruzione. Nella seconda metà del V sec. d.C. il frigidarium fu adattato a chiesa con cimitero annesso (della rifunzionalizzazione del complesso come cimitero resta l'iscrizione tombale di un vir spectabilis Socrates). Del calidarium è stato messo in luce solo uno sbocco  (Pollio 2003, 30; Peduto 2010, 258-259).

 

Iscrizioni
Apparato decorativo
Note
Fonti iconografiche
Piante e rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Peduto 2010: P. Peduto, "Quanto rimane di Salerno e di Capua longobarde (sec.VIII-IX)", in G. Roma,  I Longobardi del Sud, Roma 2010, 257-278.

 

Pollio 2003: Marianna Pollio, "Il reimpiego del materiale architettonico in marmo nella Salerno medievale", Apollo. Bollettino dei musei provinciali del Salernitano, 19, 2003, 29-101

Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione04/01/2016 19:51:11
Data ultima revisione28/06/2017 18:52:44
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Monumento Archeologico/73
OggettoSalerno, iscrizione di Roberto il Guiscardo
Supportomarmo
Cronologia
Immagine
Prima attestazione
Trascrizione

Iscrizione celebrativa sulla facciata principale della cattedrale di Salerno verso il quadriportico:

M[ATTHAEO] A[POSTOLO] ET EVANGELISTAE PATRONO VRBIS ROBBERTVS DVX R[OMANI] IMP[ERII] MAXIM[VS] TRIVMPHATOR DE AERARIO PECVLIARI

Famiglie e persone
Note

Si tratta di una delle più belle iscrizioni medievali, con caratteri che replicano le capitali all’antica. Probabilmente composta dallo stesso arcivescovo Alfano.

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di SalernoArchitettura e culture artistiche del medioevo e dell’età moderna, Salerno 2003.


D’Onofrio, Pace 1981: Mario D’Onofrio, Valentino Pace, La cattedrale di Salerno, in Campania romanica, Milano 1981, 237-250.

 

Mitchell 1994: John Mitchell, "The Display of Script and the Uses of Painting in Longobard Italy", in Testo e immagine nell’alto medioevo, settimana di studio del CISAM (Spoleto 15-21 aprile 1993), Spoleto 1994, 887-954.

 

Schulz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmaeler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresden 1860, II, 280-297.

Link esterni
SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione08/03/2013 19:50:40
Data ultima revisione20/11/2016 20:46:20
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Iscrizione/28
OggettoSalerno, Cattedrale, Ambone c.d. Aiello
Materialemarmo bianco e marmi policromi, mosaico
Dimensioni
Cronologiac. 1180
Autore
Descrizione

Il pergamo maggiore della  Cattedrale di Salerno, situato sul lato meridionale della navata centrale, consiste in una cassa rettangolare sorretta da dodici colonne con capitelli diversamente decorati. Presenta due lettorini: quello verso l’interno del coro, raffigurante un uomo tra le spire del serpente artigliato da un’aquila, rappresenta simbolicamente l’umanità salvata dalla parola di Dio (l’Aquila di Giovanni) e fornisce il modello per le varianti raffigurate sugli amboni del Vangelo campani (Caserta Vecchia, San Giovanni del Toro, Gaeta, San Vittore del Lazio, Montevergine). Il secondo gruppo reggileggio, per l’Epistola, è rivolto verso l’altare maggiore ed è costituito da due chierici che, poggiando su due leoni (usati qui come simbolo maligno), reggono un leggio al di sopra delle loro teste, e vanno interpretati come due suddiaconi.

Accanto a questo ambone è posizionato il candelabro pasquale, in forma di colonna marmorea mosaicata, con bocciolo scolpito raffigurante una teoria di telamoni.

A differenza dell’ambone settentrionale della Cattedrale, legato da un’epigrafe alla munificenza dell’arcivescovo Romualdo II Guarna, l’ambone meridionale non offre elementi inoppugnabili che ne chiariscano la committenza; esso è però collegabile ad un intervento di aggiornamento della fronte del coro (1180) ricordato da un’iscrizione a mosaico e promosso dal vicecancelliere del re Ruggero II, Matteo, salernitano (suo nipote Riccardo sarà nominato conte di Aiello) cresciuto alla corte di Palermo nella stretta cerchia del sovrano.

Un’altra ipotesi vuole l’ambone commissionato dall’arcivescovo di Salerno Nicola d’Aiello (1182-1221), figlio del vicecancelliere Matteo, la cui sepoltura si trovava nel pavimento davanti al pergamo.

Immagine
CommittenteMatteo (m. 1193) o Nicola d'Aiello (1182-1221)
Famiglie e persone

Matteo d'Aiello (m. 1193)

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

 

Aceto 1979: Francesco Aceto, “I pulpiti di Salerno e la scultura romanica della Costiera d’Amalfi”, Napoli Nobilissima 18 (1979), 169-194.

 

Aventin 2009: Laurence Aventin, “L’image au lieu de la liturgie: le décor du pupitre de l’Évangile de l’ambon d’Aiello dans la cathédrale de Salerne (Campanie, dernier quart du XIIe siècle) et ses principales variantes”, in Vie active et vie contemplative au Moyen Age et au seuil de la Renaissance, actes des rencontres internationales (Rome, 2005 & Tours, 2006), ed. Christian Trottmann, Rome, 2009, p. 323-352.

 

Bertaux 1903: Émile Bertaux, L’art dans l’Italie méridionale. De la fin de l’Empire Romain à la Conquête de Charles d’Anjou, vol. I, Paris & Rome 1903, 495-505.

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno, Salerno 2003, 178-200.

 

Braca 2003: Antonio Braca, Le culture artistiche del Medioevo in costa d’Amalfi, Amalfi 2003, 103-177.

 

Cochetti Pratesi 1970: Lorenza Cochetti Pratesi, “In margine ad alcuni recenti studi sulla scultura medievale dell’Italia meridionale. Sui rapporti tra la scultura campana e quella siciliana, III”, Commentari 21 (1970), 4, pp. 255-290.

 

Cochetti Pratesi 1968: Lorenza Cochetti Pratesi, “In margine ad alcuni recenti studi sulla scultura medievale dell’Italia meridionale. Sui rapporti tra la scultura campana e quella siciliana, II”, Commentari 20 (1968), 3, pp. 165-196.

 

Cochetti Pratesi 1956: Lorenza Cochetti Pratesi, “Problemi della scultura romanica campana”, Commentari 7 (1956), p. 9-18.

 

Gandolfo 1999: Francesco Gandolfo, La scultura normanno-sveva in Campania: botteghe e modelli, Bari, 1999, 52-73.

 

Glass 1991: Dorothy F. Glass, Romanesque Sculpture in Campania. Patrons, Programs, and Style, University Park PA, 1991, 78-91.

 

Glass 2004: Dorothy F. Glass, “The pulpits in the Cathedral at Salerno”, in Salerno nel XII secolo: istituzioni, società, cultura. Atti del Convegno internazionale, Raito di Vietri sul Mare, 16-20 giugno 1999, eds. Paolo Delogu & Paolo Peduto, Salerno, 2004, 213-237.

 

Longo-Scirocco 2016: Ruggero Longo, Elisabetta Scirocco, “A Scenario for the Salerno Ivories: the Liturgical Furnishings of the Salerno Cathedral”, in The Salerno Ivories: Objects, Histories, Contexts, a cura di Francesca Dell’Acqua, Antony Cutler, Herbert L. Kessler, Avinoam Shalem, Gerhard Wolf, Berlin 2016, pp. 191-209.

  

Longo-Scirocco 2016: Ruggero Longo, Elisabetta Scirocco, “Sul contesto originario degli avori: gli arredi liturgici della cattedrale salernitana in epoca normanna”, in Gli avori medievali Amalfi e Salerno. Quaderni del Centro di Cultura e Storia Amalfitana 8 - Opere e Territorio: Vademecum 1, a cura di Francesca Dell’Acqua, Almerinda Cupolo, Pietro Pirrone, Amalfi 2015, pp. 169-188.

  

Pace 1980: Valentino Pace, “Aspetti della scultura in Campania”, in Federico II e l’arte del Duecento italiano, a cura di Angiola Maria Romanini, Galatina 1980, vol. 1, 301-324.

 

Scirocco 2016: Elisabetta Scirocco, “Liturgical Installations in the Cathedral of Salerno. The Double Ambo in its Regional Context between Sicilian Models and Local Liturgy”, in Romanesque Cathedrals in Mediterranean Europe. Architecture, Ritual and Urban Context, a cura di Gerardo Boto Varela e Justin Kroesen, Turnhout 2016, pp. 205-221.

  

Zchomelidse 2014: Nino Zchomelidse, Art, Ritual, and Civic Identity in Medieval Southern Italy, University Park 2014, pp. 72-107.

Allegati
Link esterni
SchedatoreElisabetta Scirocco
Data di compilazione10/12/2012 21:41:18
Data ultima revisione20/11/2016 19:30:21
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/119
OggettoSalerno, Cattedrale, Ambone Guarna
Materialemarmo bianco e marmi policromi, mosaico
Dimensioni
Cronologia1153-1181
Autore
Descrizione

L’ambone minore della Cattedrale di Salerno consiste in una struttura a cassa su colonne addossato al pilastro della terza campata dal presbiterio, dal lato settentrionale.  Il pergamo ha base quadrangolare e poggia su tre archetti e quattro colonne con capitelli figurati. Il parapetto è composto da lastre con decorazione musiva di smalti, paste vitree e foglia d’oro, incassate tra pilastrini angolari, pure mosaicati, e balconcino sporgente verso la navata. Manca allo stato attuale di un gruppo reggileggio.

La struttura porta i segni di pesanti alterazioni, dovute ai rimaneggiamenti che interessarono gli amboni e la recinzione del coro tra fine Sei e inizio Settecento.

Questo ambone è legato alla committenza dell’arcivescovo salernitano Romualdo II Guarna, membro della Scuola medica salernitana e personaggio di rilievo alla corte dei re di Sicilia.

L’iscrizione a mosaico con il nome del committente è spezzata e disposta su due lati non contigui. Gli archetti che collegano i capitelli alla cassa sono rivestiti di una base a mosaico su cui si stagliano a rilievo i profeti Geremia ed Isaia (lato ovest) e i simboli degli evangelisti Giovanni e Matteo (lato sud); è ipotizzabile che il Tetramorfo fosse completato con le figure allegoriche di Marco e Luca sul quarto archetto, ora non visibile.

Immagine
CommittenteRomualdo II Guarna
Famiglie e persone

Romualdo II Guarna, arcivescovo di Salerno (secondo la tradizione, sepolto in un sarcofago di reimpiego della cattedrale di Salerno)

Iscrizioni

Sulla cornice della cassa rivolta ad ovest: Romoald(us) Secund(us) Salernitan(us) archi-

 

Sulla cornice del parapetto del camminamento tra l’ambone e le scale: -episcopus precepit fieri hoc op(us)

Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

 

Aceto 1979: Francesco Aceto, “I pulpiti di Salerno e la scultura romanica della Costiera d’Amalfi”, Napoli Nobilissima 18 (1979), 169-194.

 

Aventin 2009: Laurence Aventin, “L’image au lieu de la liturgie: le décor du pupitre de l’Évangile de l’ambon d’Aiello dans la cathédrale de Salerne (Campanie, dernier quart du XIIe siècle) et ses principales variantes”, in Vie active et vie contemplative au Moyen Age et au seuil de la Renaissance, actes des rencontres internationales (Rome, 2005 & Tours, 2006), ed. Christian Trottmann, Rome, 2009, p. 323-352.

 

Bertaux 1903: Émile Bertaux, L’art dans l’Italie méridionale. De la fin de l’Empire Romain à la Conquête de Charles d’Anjou, vol. I, Paris & Rome 1903, 495-505.

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno, Salerno 2003, 178-200.

 

Braca 2003: Antonio Braca, Le culture artistiche del Medioevo in costa d’Amalfi, Amalfi 2003, 103-177.

 

Cochetti Pratesi 1970: Lorenza Cochetti Pratesi, “In margine ad alcuni recenti studi sulla scultura medievale dell’Italia meridionale. Sui rapporti tra la scultura campana e quella siciliana, III”, Commentari 21 (1970), 4, pp. 255-290.

 

Cochetti Pratesi 1968: Lorenza Cochetti Pratesi, “In margine ad alcuni recenti studi sulla scultura medievale dell’Italia meridionale. Sui rapporti tra la scultura campana e quella siciliana, II”, Commentari 20 (1968), 3, pp. 165-196.

 

Cochetti Pratesi 1956: Lorenza Cochetti Pratesi, “Problemi della scultura romanica campana”, Commentari 7 (1956), p. 9-18.

 

Gandolfo 1999: Francesco Gandolfo, La scultura normanno-sveva in Campania: botteghe e modelli, Bari, 1999, 52-73.

 

Glass 1991: Dorothy F. Glass, Romanesque Sculpture in Campania. Patrons, Programs, and Style, University Park PA, 1991, 78-91.

 

Glass 2004: Dorothy F. Glass, “The pulpits in the Cathedral at Salerno”, in Salerno nel XII secolo: istituzioni, società, cultura. Atti del Convegno internazionale, Raito di Vietri sul Mare, 16-20 giugno 1999, eds. Paolo Delogu & Paolo Peduto, Salerno, 2004, 213-237.

 

Longo-Scirocco 2016: Ruggero Longo, Elisabetta Scirocco, “A Scenario for the Salerno Ivories: the Liturgical Furnishings of the Salerno Cathedral”, in The Salerno Ivories: Objects, Histories, Contexts, a cura di Francesca Dell’Acqua, Antony Cutler, Herbert L. Kessler, Avinoam Shalem, Gerhard Wolf, Berlin 2016, pp. 191-209.

  

Longo-Scirocco 2016: Ruggero Longo, Elisabetta Scirocco, “Sul contesto originario degli avori: gli arredi liturgici della cattedrale salernitana in epoca normanna”, in Gli avori medievali Amalfi e Salerno. Quaderni del Centro di Cultura e Storia Amalfitana 8 - Opere e Territorio: Vademecum 1, a cura di Francesca Dell’Acqua, Almerinda Cupolo, Pietro Pirrone, Amalfi 2015, pp. 169-188.

  

Pace 1980: Valentino Pace, “Aspetti della scultura in Campania”, in Federico II e l’arte del Duecento italiano, a cura di Angiola Maria Romanini, Galatina 1980, vol. 1, 301-324.

 

Scirocco 2016: Elisabetta Scirocco, “Liturgical Installations in the Cathedral of Salerno. The Double Ambo in its Regional Context between Sicilian Models and Local Liturgy”, in Romanesque Cathedrals in Mediterranean Europe. Architecture, Ritual and Urban Context, a cura di Gerardo Boto Varela e Justin Kroesen, Turnhout 2016, pp. 205-221.

  

Zchomelidse 2014: Nino Zchomelidse, Art, Ritual, and Civic Identity in Medieval Southern Italy, University Park 2014, pp. 72-107.

Allegati
Link esterni
SchedatoreElisabetta Scirocco
Data di compilazione10/12/2012 21:43:30
Data ultima revisione20/11/2016 19:38:45
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/120
OggettoSalerno, Cattedrale, atrio, coppia di lastre terragne
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologia
Autore
Descrizione

Le due lastre si trovano nel quadriportico della Cattedrale di Salerno.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione19/08/2013 18:10:24
Data ultima revisione20/11/2016 20:51:00
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/321
OggettoSalerno, Cattedrale, atrio, lastra terragna di vescovo
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologia
Autore
Descrizione

La lastra si trova nel quadriportico della Cattedrale di Salerno. Seppur completamente abrasa, si legge chiaramente la figura di un vescovo, con tanto di mitra e pastorale.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione19/08/2013 18:05:59
Data ultima revisione20/11/2016 20:51:29
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/320
OggettoSalerno, Cattedrale, Cappella de Vicariis
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologiaante 1525
Autore
Descrizione

La Cappella de Vicariis è oggi collocata nella navata destra della Cattedrale di Salerno, ma in origine si trovava nella sinistra, vicino all'organo. Solo nel 1701 l'arcivescovo Poerio concesse questa nuova posizione e andò demolita la prima (De Angelis 1937, 139).

L'altare è costituito da due lesene e una trabeazione decorate con grottesche, e da cherubini nei pennacchi dell'arco che alberga la tavola, la quale si appoggia su una predella marmorea istoriata con scene della passione. L'attuale cona è una copia dell'originale Adorazione dei Magi di Andrea Sabatini da Salerno (oggi nel Museo Diocesano) realizzata nel 1814 da Gioacchino Vitelli.

La datazione del dipinto deve andare ovviamente di pari passo con quella dell'ornamento marmoreo, ma non avendo una solida base documentaria, la critica si è molto divisa nelle considerazioni sullo stile di entrambi. Un termine ante quem è stato rintracciato da Braca (2003, 216, nota 17), dato che nel 1525 Domenico d'Afflitto, nel contratto di allogagione della sua cappella nel Duomo di Amalfi, chiedeva che essa fosse lunga, larga e alta come quella "del magnifico messer Ioanne Cola de Vicariis de Salerno in Sancto Mactheo", e che i marmi fossero della qualità di quelli dell'Altare del Pezzo in Monteoliveto a Napoli (datato 1524).

Il complesso decorativo (pala e marmi) era stato datato da Giusti e Leone de Castris (1988, 134) al 1520-1521, e poi spostato da Francesco Abbate (in Andrea da Salerno 1986, 146, n. 27) al 1516-1517. Sulla base dell'ultimo appiglio del 1525 Campigli (2008, 72-74) colloca la cappella in un periodo subito precedente a questa data.

Molto accesa anche la discussione sui rilievi marmorei figurati e sulle grottesche, che paiono ascrivibili a più mani. Abbate (1986, 39-40) per primo ha avvicinato la predella a un fare spagnolo, e al cosiddetto "Maestro della Cappella Teodori" del Duomo di Napoli, nel quale per merito di Giancarlo Gentilini oggi invece si riconosce - giustamente - la mano di Alonso Berruguete (in Caglioti 2001; e di séguito in Lombardo di Cumìa 2009).

Lo scultore effettivamente dalla vena iberica di alcune storie della Passione dell'altare de Vicariis (in particolare Orazione nell'orto, Deposizione e Compianto) sembra ben più debole di quello Teodori (cfr. Caglioti 2001, 134-135, nota 52; e Campigli 2008, 85, nota 18). Campigli (2008, 72-74), riprendendo e rafforzandol'idea di un'inedita tesi di laurea di Maria Elisabetta Nicastro, ha restituito i marmi de Vicariis alla bottega fiorentina di Andrea Ferrucci, individuando in alcuni particolari l'afflato bizzarro di Silvio Cosini subito prima del 1525.

Immagine
CommittenteGiovan Nicola de Vicariis
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Abbate 1986: Francesco Abbate, "Appunti su Bartolomé Ordoñez e Diego de Siloe a Napoli e in Spagna", in Prospettiva, 44, 1986, 27-45

 

Andrea da Salerno 1986: Andrea da Salerno nel Rinascimento meridionale, catalogo della mostra (Certosa di Padula, 1986), a cura di Giovanni Previtali, Firenze 1986

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell'Età Moderna, Salerno 2003, 213

 

Caglioti 2001: Francesco Caglioti, "Alonso Berruguete in Italia: un nuovo documento fiorentino, una nuova fonte donatelliana, qualche ulteriore traccia", in Scritti di storia dell'arte in onore di Sylvie Beguin, Napoli 2001, 109-146.

 

Campigli 2008: Marco Campigli, "Silvio Cosini e Michelangelo. II. Oltre la Sagrestia Nuova", in Nuovi studi, XIII, 2008, 14, 69-90

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova guida del Duomo di Salerno : critica, storica, artistica, illustrata ; con 76 illustrazioni e due tavole, Salerno 1937


Giusti, Leone de Castris 1988: Paola Giusti, Pier Luigi Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli: 1510-1540 forastieri e regnicoli, Napoli 1988

 

Lombardo di Cumìa 2009: Maria Alasia Lombardo di Cumìa, "Un caso esemplare di stratificazione monumentale : la "Cappella Teodori" nel Duomo di Napoli", Prospettiva, 133, 2009, 79-103

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione08/01/2013 19:32:46
Data ultima revisione20/11/2016 20:51:54
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/150
OggettoSalerno, Cattedrale, cripta, veduta della città
Materialeaffresco
Dimensioni
Cronologia
Autore
Descrizione

L'affresco, che si trova nella cripta della cattedrale, raffigura la città di Salerno vista dal mare, ed è contrapposto a un altro affresco di identico soggetto ma di angolazione leggermente più ampia.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione22/04/2013 21:04:18
Data ultima revisione05/01/2017 16:43:48
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/234
OggettoSalerno, Cattedrale, cripta, veduta della città
Materialeaffresco
Dimensioni
Cronologia
Autore
Descrizione

L'affresco, che si trova nella cripta della cattedrale, raffigura la città di Salerno vista dal mare, ed è contrapposto a un altro affresco di identico soggetto ma con angolazione leggermente diversa.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione22/04/2013 21:10:27
Data ultima revisione20/11/2016 20:52:39
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/235
OggettoSalerno, cattedrale, monumento funebre di Margherita di Durazzo
Materialemarmo con cospicue tracce di policromia
Dimensionih 376 cm
Cronologia1412-1414
AutoreAntonio Baboccio da Piperno
Descrizione

Il monumento funebre della regina Margherita di Durazzo si trova nella navata sinistra del duomo di Salerno e fu realizzato poco dopo la morte di Margherita (1412) dallo scultore Antonio Baboccio da Piperno e da un suo poco conosciuto collaboratore, Alessio di Vico, come recita l'iscrizione.

La maestosa opera, a due facce, in origine era collocata dietro l'altare maggiore della chiesa di San Francesco e con la soppressione del 1809 fu spostata in Cattedrale.

Le fronti del sarcofago raffigurano entrambe la regina in trono, su un lato con la sua corte di dame, e sull'altro con le clarisse.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni

Sullo zoccolo sotto il gisant: I MARGARITA C(O)ELOS UBI FULGIDA VITA SCANDITO SECURA CONDU/CUNT TE TUA THURA NAM TIBI SACRATUM TERRIS REGINA / BEATUM INCLITA DIMICTIS NOMEN QUOD SECULA VICTIS POSTERA SERVABUNT LIVORIBUS ET PERAMABUNT

dietro: QUADRIGENT(EN)US IT DUM DOMINI DUODENUS ANNUS MILLE / NUS SED NON (I)T MORTE SERENUS AUGUSTI SEXTO / SED NONIS LUMINE MESTO CUM SALVATORIS CELEBRANTUR / FESTA DECORIS INFERT REGNIS INDICTIO QUINTA SUPERNIS

ai lati destro e sinistro: REGINA MARGA/RITA DE DURATIO // MATER SERENI/S(SIM)I R(E)GIS LADDI(SLAI)

sul pilastrino centrale: ABBAS ANTONIUS BABOSUS DE PI(PE)RNO M(E) FEC(IT) // CU(M) AL(E)SSIO D(E) VICO SUO LABORANTE

 

Stemmi o emblemi araldici

Angiò Durazzo

Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Bock 2001: Nicolas Bock, Kunst am Hofe der Anjou-Durazzo. Der Bildhauer Antonio Baboccio (1351 – ca. 1423), München/Berlin 2001

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione10/12/2012 21:45:11
Data ultima revisione20/11/2016 19:54:50
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/121
OggettoSalerno, cattedrale, rilievo di San Matteo (?)
Materialepietra calcarea
Dimensioni
Cronologiafine XV o inizi XVI secolo
Autore
Descrizione

Il piccolo rilievo in pietra si trova murato (ad una considerevole altezza) nella Cattedrale di Salerno, dal lato della navata destra, nel primo pilastro partendo dal transetto.  Quello che sembra essere San Matteo (patrono di Salerno, il cui corpo si conserva nella cripta della Cattedrale) è rappresentato a figura intera con un libro nella mano sinistra. Molto rovinato, ma non privo di pregio, è un oggetto erratico che faceva parte senza dubbio di un complesso (probabilmente un altare). Sembra plausibile affermare che si tratti di un prodotto di una bottega lombarda attiva in ambito napoletano (attorno a Malvito), per quel modo peculiare di panneggiare a linee parallele.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione19/08/2013 17:17:44
Data ultima revisione20/11/2016 20:07:11
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/319
OggettoSalerno, cattedrale, statua della Madonna col Bambino
MaterialeLegno intagliato e dipinto
Dimensionialtezza 185 cm
CronologiaXIV secolo
Autore
Descrizione

La Madonna è esposta nella quarta cappella sinistra del duomo di Salerno, intitolata a San Nicola in Carcere. Più grande del naturale, è raffigurata in piedi con il Bambino benedicente in braccio, secondo un diffuso un modello iconografico di origine francese, adottato anche nella nota Madonna dell’abbazia di Fontenay (inizio XIV secolo), caratterizzato dalla posizione del Bambino con la gamba sinistra piegata in avanti e la destra schiacciata lungo il corpo della Madre per mostrare la pianta dei piedini offerti alla devozione del fedele. Avvolta in un mantello dorato foderato di blu, la Vergine reca nella mano destra un globo con croce, forse realizzato in età moderna in sostituzione di un fleurant.

Riferita a uno scultore di gusto iberico da Raffaello Causa e da lui assegnata alla fine del XIV secolo, è stata anticipata al secondo quarto del Trecento da Pierluigi Leone di Castris, che vi scorge riflessi orvietani. Per Antonio Braca la scultura si avvicina ai modi di Andrea e Nino Pisano e potrebbe essere stata realizzata su committenza dell’arcivescovo Guglielmo Sanseverino (1364-1378), a causa della presenza di stemmi appartenenti a tale famiglia segnalati dalle fonti nell’allestimento seicentesco della statua, da riferire tuttavia all’arcivescovo Lucio (1613-1622; cfr. Note).

Il volto squadrato con le curiose orecchie a sventola della Madre e lo scollo a ventaglio dell’elaborata sopraveste indossata dal Bambino ritornano identici nella più piccola Madonna col Bambino, ora ridotta allo strato del supporto ed esposta nel Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto, già riferita all’ambito di Andrea Pisano, ma ricondotta da Giovanni Previtali a uno scultore di gusto francesizzante attivo in Umbria al principio del XIV secolo, non estraneo al linguaggio dei seguaci umbri di Nicola Pisano.

Uno stile analogo caratterizza la Madonna salernitana, nonostante le maggiori dimensioni e le diverse condizioni di conservazione, come rivela soprattutto il panneggio ad ampie falcature gotiche e lunghe pieghe tubolari, vivacizzato dall’elegante serpentina degli orli sovrapposti delle vesti e del velo sul tergo, interamente intagliato (come nell’esemplare orvietano), oltre che dipinto e dorato, a dimostrazione che la statua doveva essere visibile da ogni lato.

Accostabile a esemplari francesi di inizio secolo e lontana dalla morbida flessuosità che contraddistingue i panneggi delle più tarde sculture di Andrea e Nino Pisano (peraltro estranei alla cultura figurativa campana), è da anticipare al primo quarto del XIV secolo e rappresenta la traduzione in legno di una monumentale Vierge à l’Enfant transalpina, non molto distante da quella che campeggia al centro della tomba di Isabella d’Aragona nel duomo di Cosenza (post 1271). La sua esecuzione potrebbe dunque ricadere negli anni dell’episcopato di Onofrio (1313-1320), che dopo anni di sede vacante si fece promotore di un’intensa attività di riforma.

Il prestigio dell’immagine e la sua collocazione eminente – forse sull’altare maggiore della cattedrale, dove è attestata nel Cinquecento – è all’origine della sua fortuna in ambito locale, testimoniata dalle Madonne di Marsico Nuovo e Maiori – quest’ultima una copia quasi letterale di quella salernitana – nonché dal successo riscosso dall’iconografia della Vergine stante, prevalente nel XIV secolo nei dintorni di Salerno rispetto a quella della Vergine in trono, più comune nel resto della Campania. 

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note

La statua era collocata fino al principio del XVIII secolo all’interno di un’ancona posta sull’altare maggiore del duomo. La sua occorrenza in questo sito è attestata per la prima volta negli atti della visita pastorale condotta nel 1575 dall’arcivescovo Marsilio Colonna, da cui risulta che la Madonna era esposta insieme a due angeli di legno dorato. Il titolo dalla cattedrale salernitana, già dedicata alla Madre di Dio ma ricordata sotto il nome di Santa Maria degli Angeli sin dal XVI secolo, sembrerebbe derivare proprio dall’allestimento della statua, forse realizzato dall’arcivescovo Guglielmo de Rocca (1471-1482), al quale l’erudito Gaspare Mosca (1594) assegnava l’esecuzione dell’ancona visibile a suo tempo sull’altare maggiore.

Un nuovo allestimento fu curato dall’arcivescovo Lucio Sanseverino (1613-1622) ed è descritto in dettaglio nella Platea generale della Chiesa Salernitana, redatta nel 1716 da Matteo Pastore. Affiancata da quattro angeli reggi-cero, la statua era inserita all’interno di un’ancona di legno dorato e dipinto, innalzata sopra l’antico altare romanico in marmo. Un baldacchino sospeso al soffitto e quattro lampadari di bronzo fornivano il necessario decoro liturgico all’altare, enfatizzando la sacralità dell’immagine.

Tale collocazione garantì massima visibilità alla Madonna trecentesca – segnalata anche da Antonio Mazza nella sua Historiarum epitome de rebus salernitanis del 1681 – fino al definitivo smantellamento dell’ancona nell'ambito dei lavori fatti eseguire dall’arcivescovo Bonaventura Poerio (1697-1722), quando la statua, forse già privata degli angeli, fu esposta presso il cosiddetto Trono di San Gregorio alle spalle dell’altare maggiore, per poi essere trasferita entro il 1807 nell’attuale sito, in una nicchia affrescata con un coro di angeli in ricordo dell’antico titolo dell’immagine.

 

 

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 1995: Antonio Braca, “Sculture trecentesche del Duomo di Salerno”, Rassegna Storica Salernitana, 24, 1995, 97-119, in part. pp. 106-113.

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medio Evo e dell'Età Moderna, Salerno 2003, 199-201.

 

Capone 1927: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, I,  Salerno 1927, 159.

 

Causa 1950: Raffaello Causa, “Precisazioni relative alla scultura del '300 a Napoli”, in Sculture lignee nella Campania, catalogo della mostra (Napoli, Palazzo Reale, 8 ottobre 1950 – 31 maggio 1951) a cura di Ferdinando Bologna e Raffaello Causa, Napoli 1950, 63-101, in part. 99;

 

D’Ovidio 2008: Stefano D’Ovidio, “L’enigmatico «Ramolus de Senis» e la scultura lignea di primo Trecento in Campania”, Rassegna Storica Salernitana, 37, 2008, 49, 7-58, in part. 23-27.

 

D’Ovidio 2013: Stefano D’Ovidio, Scultura lignea del Medioevo a Napoli e in Campania, Napoli 2013, passim.

 

Leone de Castris 1986: Pierluigi Leone de Castris, Arte di Corte nella Napoli Angioina, Napoli 1986, 211, nota 84;

 

Mazza 1681: Antonio Mazza, Historiarum Epitome de rebus salernitanis, Neapoli 1681, 41.

 

Scirocco 2008-2009: Elisabetta Scirocco, Arredi liturgici dei secoli XI-XIII in Campania: le cattedrali di Salerno, Ravello, Amalfi, Caserta Vecchia e Capua, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Napoli Federico II, 2008-2009, 124-127.


 

Allegati
Link esterni
SchedatoreStefano D'Ovidio
Data di compilazione18/02/2016 15:29:21
Data ultima revisione20/11/2016 20:11:56
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/594
OggettoSalerno, cattedrale, tomba dell'arcivescovo Niccolò Piscicelli
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologia1471
AutoreJacopo della Pila
Descrizione

Il monumento si trova nella Cattedrale di Salerno ed è composto da un sarcofago, sostenuto da virtù cariatidi (Fede, Carità e Speranza), sul quale è deposto il gisant dell'arcivescovo. Sulla cassa sono rappresentati in tre clipei ghirlandati San Matteo, la Vergine col Bambino e San Girolamo, come da contratto.

Difatti Filangieri (1883-1891, vol. VI, 282) reperì l'atto notarile, datato 9 agosto 1471, per il quale Ettore Piscicelli commissionava a Jacopo della Pila la tomba al quondam Nicola.  

Immagine
CommittenteEttore Piscicelli
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti

Filangieri 1883-1891, vol. VI, p. 282

Notaio Cirio Santoro, protocollo 1471-1472, s. n.

Eodem die (9 augusti quarte indictionis 1471) constitutus in nostri presencia magister Jacobus de Mediolano lapidum marmorearum incisor ... sicut ad conventionem devenit cum magnifico Hectore Piscicello de Neapoli promisit ... eidem Hectori laborare quemdam cantarum marmoreum lapidibus marmoreis bonis albis et nectis gentilibus non venosis non salignis pro ibidem sepelliendo corpus quondam reverendissimi domini archiepiscopi salernitani de eadem domo de Piscicellis cum figura dicti quondam domini archiepiscopi induti in pontificali sacentis cum imbasamento marmoreo cum tribus figuris scilicet fide spe et caritate desuper erectis altitudinis palmorum quatuor pro qualibet nec non in dicto cantaro alnojs tribus figuris scilicet Virgine Maria in medio et cum duobus sanctis scilicet Sancto Mattheo et Sancto Geronimo ex lateribus. Itaque tabula marmorea in qua sunt sculpende dicte figure Sancte Marie sanctorumque Matthei et Geronimi sit unius pecij et quod dicta cassa dicto sepulcri sit altitudinis ab una cornice ad alteram palmorum quatuor et in qualibet cornice dicte casse et lateribus a capite et pede sint sculpta arma dicti quondam domini archiepiscopi de Piscicellis et quod sit latitudinis palmorum quatuor et longitudinis palmorum novem a quolibet capite cornicis usque ad aliam cornicem ad omnes expensas dicti magistri Jacobi nec non ponere tabulam unam marmoream desuper dicto cantaro super qua est ponenda figura dicti quondam domini archiepiscopi pro pontificali existens longitudinis palmorum septem de canna et altitudinis prout opus et designum exposcit sub capite sit positum unum cossinum secundum mostram et designum tocius operis coram nobis tradditum et assignatum de voluntate ambarum parcium in posse dicti Hectoris dictumque opus bene laboratum ... completum et finitum assignare eidem Hectori in maritima civitatis Salerni ad omne dicti magistri Jacobi risicum ... scilicet oneracionis et desoneracionis dictarum lapidum sepulcri ad expensas tamen dicti Hectoris pro delatura et oneratura sepulcri predicti ab hac civitate Neapolis usque ad civitatem Salerni infra menses octo ... in pace. Et insuper teneatur dictus magister Jacobus ... dictum sepulcrum fabricare ponere et dirigere in maiori ecclesia dicte civitatis Salerni in loco designando et ordinando per eumdem Hectorem. Et versa vice prefatus Hector promisit dare eidem magistro Jacobo pro dicto opere fiendo uncias viginti de carlenis argenti in pagis et terminis subscriptis videlicet ducatos quinquaginta duos infra menses sex a presenti die ... et alias uncias octo completo dicto opere ac posito et fabricato in dicta maiori ecclesia Salerni. Et restantes ducatos viginti ... prefatus magister Jacobus coram nobis ... recepit ... a dicto Hectore ... Presentibus judice Jaconello Pepe Antonio Latro Tristano Caraczulo Angelo Accallarito Bartholomeo de Salerno.
(a margine) Die xxv mensis octobris quinte indictionis Neapoli introscriptus magister Jacobus confexus fuit recepisse ab introscripto Hectore ex causa introscripta ducatos xx quos computavit in dictis uncnojs xx per eumdem Hectorem solvi promissis ...

La trascrizione originale è presso la Biblioteca del Museo Filangieri di Napoli (BMF, II H 7340, c. 873), consultabile online sul sito dell'Archivio Filangieri (http://193.205.136.3/fmi/iwp/cgi?-db=ArchivioFilangieri&-loadframes)

Bibliografia

Abbate 1992: Francesco Abbate, La scultura napoletana del Cinquecento, Roma 1992, 20

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell'Età Moderna, Salerno 2003, 213

 

Filangieri 1883-1891: Documenti per la storia le arti e le industrie delle provincie napoletane raccolti e pubblicati per cura di Gaetano Filangieri principe di Satriano, 6 voll., Napoli 1883-1891

 

Morisani 1951: Ottavio Morisani, "Il monumento Piscicelli nel duomo di Salerno", in B. S. A. Facoltà di Magistero di Salerno, I 1951, 2, 37-41

 

Naldi 2008: Riccardo Naldi, "Due Virtù e qualche notizia su Jacopo della Pila", in Percorsi di conoscenza e di tutela. Studi in onore di Michele D'Elia, a cura di Francesco Abbate, Napoli 2008, 111-126

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione08/01/2013 18:26:20
Data ultima revisione20/11/2016 20:30:35
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/149
OggettoSalerno, Museo diocesano (già Eboli), Crocefissione di Roberto di Oderisio
Collocazione originariaEboli
Materialetempera su tavola
Dimensioni178 cm x 120 cm
Cronologia
AutoreRoberto di Oderisio
Descrizione

La tavola raffigura la Crocifissione di Cristo, con il gruppo delle Marie e lo svenimento della Vergine (sulla sinistra), san Giovanni dolente, Longino e i gendarmi (sulla destra), la Maddalena abbarbicata alla croce, e in basso la figura del donatore: un francescano orante non ancora identificato.

L'opera proviene dalla chiesa di San Francesco ad Eboli, e dal dopoguerra è conservata nel Museo Diocesano di Salerno. 

L'eccezionale particolarità di questa tavola è la firma che reca (resa nota da Augelluzzi 1846, 23-24), che ha permesso di ricostruire il profilo del pittore Roberto di Oderisio. Non è stata trovata traccia del dipinto nella chiesa di Eboli in un periodo precedente alla segnalazione di Augelluzzi (cfr. Vitolo 2008, 81, nota 1)

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni

Hoc opus pinsit [sic] Robertus de Odorisio de Neapoli

Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Augelluzzi 1846: Giuseppe Augelluzzi, Lettere due sulla chiesa dell'Incoronata e sulla sepoltura di Giovanna I, Napoli 1846


Vitolo 2008: Paolo Vitolo, La chiesa della Regina. L'Incoronata di Napoli, Giovanna I d'Angiò e Roberto d'Oderisio, Roma 2008

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione10/03/2013 15:38:19
Data ultima revisione20/11/2016 19:46:12
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/207
OggettoSalerno, Museo diocesano (già Eboli), Incoronazione di Eboli
Collocazione originariaEboli
Materialeolio su tavola
Dimensioni261 cm x 144 cm
Cronologiaseconda metà XV sec.
Autorecd. Maestro dell'Incoronazione di Eboli
Descrizione

L’opera, proveniente dalla collegiata di Santa Maria della Pietà di Eboli, è entrata nelle collezioni del Museo Diocesano di Salerno nel 1953.

La scena dell’Incoronazione è dominata dalle figure di Cristo e della Vergine, assisi su un trono marmoreo; nella parte sommitale, l’Eterno benedicente e la colomba dello Spirito Santo sono attorniati da una folla di angeli. Sulla spalliera e ai piedi del trono sono disposti due schiere di angeli musicanti, questi ultimi genuflessi su un pavimento a scacchiera in prospettiva.

La critica ha riconosciuto nell’autore dell’opera uno dei più importanti pittori attivi nel Salernitano nel tardo Quattrocento, vicino al gusto pittorico della corte aragonese e aggiornato sul linguaggio toscano (specialmente di Piero della Francesca) e padovano del terzo quarto del secolo.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note

Ferdinando Bologna (Bologna 1955) ha proposto di collegare il dipinto al polittico di Santa Maria di Piantanova, conservato nella Pinacoteca Provinciale di Salerno.  

Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 1987: Antonio Braca, scheda, in Tavole restaurate del Museo Diocesano di Salerno, cat. mostra (Salerno, Museo Diocesano), Salerno 1987, 9-15.

 

Bologna 1955: Ferdinando Bologna, Opere d’arte nel Salernitano dal XII al XVIII secolo, catalogo della mostra, Napoli 1955, 40-42.

 

D’Elia 2011: Mario D’Elia, Uno scrigno sotto il moggio, Salerno 2011, 142.

Allegati
Link esterni
SchedatoreElisabetta Scirocco
Data di compilazione26/04/2013 14:05:55
Data ultima revisione20/11/2016 19:50:28
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/237
OggettoSalerno, Museo diocesano, Adorazione dei Magi di Andrea da Salerno
Materialeolio su tela
Dimensioni250 x 185 cm
Cronologia
AutoreAndrea da Salerno
Descrizione

La tavola principale rappresenta l'Adorazione dei Magi, con un edificio romano in rovina sullo sfondo, e la lunetta soprastante raffigura Sant'Elena con la vera croce e i chiodi.

Proveniente dalla Cappella de Vicariis nel Duomo di Salerno (dove si conserva ora una copia), oggi è esposta nel Museo Diocesano della stessa città, dopo essere transitata dai depositi delle Gallerie di Capodimonte.

E' opera di Andrea Sabatini da Salerno, databile attorno alla seconda metà degli anni dieci del '500 secondo Francesco Abbate (cfr. la scheda in Andrea da Salerno 1986, 146, n. 27, con tutta la bibliografia precedente), e attorno alla metà degli anni venti secondo il più recente intervento di Campigli (2008, 85-86, nota 22), che si appoggia anche alla sua proposta di datazione della parte marmorea della cappella.

 

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Andrea da Salerno 1986: Andrea da Salerno nel Rinascimento meridionale, catalogo della mostra (Certosa di Padula, 1986), a cura di Giovanni Previtali, Firenze 1986 

 

Campigli 2008: Marco Campigli, "Silvio Cosini e Michelangelo. II. Oltre la Sagrestia Nuova", Nuovi studi, 14, 2008, 69-90

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione08/01/2013 20:37:26
Data ultima revisione20/11/2016 19:27:40
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/151
OggettoSalerno, Museo diocesano, Pietà di Andrea da Salerno
Materialeolio su tavola
Dimensioni132 x 125 cm
Cronologia
AutoreAndrea da Salerno
Descrizione

La tavola, oggi custodita nel Museo Diocesano di Salerno, proviene dalla Cappella Del Venerabile nel Duomo di Salerno, almeno stando alle fonti. Difatti è già citata in quell'ubicazione da De Dominici (1742-1743, II, 45), come opera autografa di Andrea Sabatini da Salerno.

Datato verso la fine del secondo decennio del '500 da Francesco Abbate (in Andrea da Salerno 1986, 148, n. 28), dalla cui scheda si può trarre anche la storia critica del dipinto, è invece considerato più tardo dalla Giusti (Giusti, Leone de Castris 1985, 187).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Andrea da Salerno 1986: Andrea da Salerno nel Rinascimento meridionale, catalogo della mostra (Certosa di Padula, 1986), a cura di Giovanni Previtali, Firenze 1986


De Dominici 1742-1743: Bernardo De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, Napoli 1742-1743

 

Giusti, De Castris 1985: Paola Giusti, Pier Luigi Leone de Castris, "Forastieri e regnicoli": la pittura moderna a Napoli nel primo Cinquecento, Napoli 1985

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione11/01/2013 02:59:59
Data ultima revisione20/11/2016 20:03:55
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/162
OggettoSalerno, Museo diocesano, San Michele
Materialetempera su tavola
Dimensioni111 x 47 cm
Cronologia
AutoreCristoforo Scacco da Verona
Descrizione

La tavola è oggi conservata nel Museo Diocesano di Salerno, ma proviene dalla chiesa di San Pietro in Vincoli.

L'attribuzione a Cristoforo Scacco si deve a Raffaello Causa (1952), ed è stata accettata da tutta la critica successiva (cfr. in particolar modo Riccardo Naldi in Andrea da Salerno 1986, 66-68, n. 1; anche Naldi 1986, 49; e infine il compendio Brui 2009, 65).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Andrea da Salerno 1986: Andrea da Salerno nel Rinascimento meridionale, catalogo della mostra (Certosa di Padula, 1986), a cura di Giovanni Previtali, Firenze 1986 


Brui 2009: Ilaria Brui, Cristoforo Scacco: un bramantesco nel Meridione, Roma 2009

 

Causa 1952: Raffaello Causa, "Due tavole inedite e una precisazione cronologica di Cristoforo Scacco", Paragone, 25, 1952, 40-43

 

Naldi 1986; Riccardo Naldi, “Riconsiderando Cristoforo Scacco”, Prospettiva, 45, 1986, 35-55.

 


Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione09/01/2013 01:55:24
Data ultima revisione20/11/2016 20:08:56
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/153
OggettoSalerno, Museo diocesano, statua della Madonna delle Grazie
Materialeterracotta dipinta
Dimensioni90 cm circa
Cronologiasecondo decennio del '500
AutoreDomenico Napoletano (?)
Descrizione

La statua rappresenta la Madonna delle Grazie nella sua tipica iconografia, molto diffusa in Campania, di Maria lactans, accompagnata dal Bambin Gesù intento anch'egli a pigiare una mammella (cfr. anche la quasi contemporanea pala di Pedro Machuca). Provenie dalla chiesa di San Lorenzo di Salerno e dal 1930 è ricoverata nel Museo Diocesano della città (almeno stando alle notizie riportante da Borrelli 1975, 100).

L'attribuizione, convincente, a Domenico Napoletano è stata proposta da Borrelli (1975, 100), per i richiami stilistici con la Madonna di Cava dei Tirreni. firmata e datata 1522.

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Borrelli 1975: Gennaro Borrelli, "Maestro Dominico napolitano persona ingegnosissima", Napoli Nobilissima, n.s., 14, 1975, 96-100

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione10/03/2013 16:22:35
Data ultima revisione20/11/2016 20:27:20
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/208
OggettoSalerno, Museo diocesano, tabernacolo eucaristico
Collocazione originaria
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologiaprima metà del XVI secolo
Autore
Descrizione

Il piccolo tabernacolo eucaristico di marmo è oggi conservato nel Museo Diocesano di Salerno. Pare un prodotto di discreta fattura e di bottega partenopea, collocabile sicuramente nella prima metà del XVI secolo. 

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni

QUIS TE DNE. LAUDAR. POT. ET TE. SEP. LAUDAMU.

Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione19/08/2013 17:05:51
Data ultima revisione20/11/2016 20:28:19
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/318
OggettoSalerno, Pinacoteca Provinciale (già Buccino), polittico con San Giovanni evangelista e Santa Monica
Collocazione originariaBuccino
Materialeolio su tavola
Dimensioni
Cronologia1590 circa
Autore
Descrizione

Due pannelli e due scene della predella superstiti di uno smembrato e in parte perduto polittico, proveniente da Buccino, si conservano nella Pinacoteca provinciale di Salerno. Le grandi tavole raffigurano San Giovanni evangelista (168 x 49,5 cm) e Santa Monica (168 x 51,5 cm), ai piedi della quale si nota il busto del donatore orante. Nei due riquadri della predella si ritrovano rispettivamente il Martirio di san Giovanni Evangelista e il Battesimo di sant'Agostino alla presenza di santa Monica.

Si credeva che l'originario polittico provenisse dalla chiesa di Santa Maria del Carmine di Buccino (cfr. Leone de Castris 1991, 109, e cospicua bibliografia precedente), ma Antonia D'Aniello (1990) ne ha giustamente messo in luce per via documentaria (precisamente da un inventario del 1811) la provenienza dalla chiesa agostiniana di Sant'Antonio; provenienza che trova felice riscontro nell'iconografia, poiché il donatore veste abiti agostiniani ed è significativamente ai piedi di Santa Monica.

Dopo essere transitato con convinzione dal catalogo di Michele Curia, padre del più celebre Francesco, Francesco Abbate lo ha inserito nel corpus pittorico del vicentino Giovanni De Mio, proposta accettata tra gli altri da Vittorio Sgarbi e Pier Luigi Leone de Castris (cfr. Pavone 2001, 42).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Leone de Castris 1991: Pier Luigi Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli. 1573-1606 l'ultima maniera, Napoli 1991.


D'Aniello 1990: Antonia D'Aniello, "Appunti per Michele e Francesco Curia: la 'cona' di Buccino", Bollettino storico di Salerno e Principato Citra, VIII, 1990, 2, 145-150.

 

Pavone 2001: Mario Alberto Pavone, "Dal Rinascimento meridionale al Tardomanierismo: protagonisti e comprimari", in Pinacoteca Provinciale di Salerno. I dipinti dal Quattrocento al Settecento, a cura di Mario Alberto Pavone e Matilde Romito, Salerno 2001, 16-70 (speciatim 40-47).

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione10/03/2013 13:05:30
Data ultima revisione06/01/2019 19:34:14
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/206
OggettoSalerno, Pinacoteca provinciale (già Buccino), scomparti del Polittico Caracciolo
Collocazione originariaBuccino
Materialeolio su tavola su fondo oro
Dimensioni
Cronologia1512
AutoreAndrea da Salerno
Descrizione

Quattro tavole dello smembrato polittico della chiesa di Sant'Antonio a Buccino si trovano oggi conservate presso la Pinacoteca Provinciale di Salerno. Il pannello centrale raffigura la Vergine col Bambino e angeli reggicortina, secondo un'iconografia della Madonna delle Grazie (120 x 77 cm); il pannello cuspidale ospita San Michele Arcangelo (110 x 77 cm); i laterali (120 x 50 cm ciascuno) raffigurano a destra Sant'Agostino e a sinistra Sant'Antonio Abbate con il ritratto del committente Francesco Caracciolo orante.

Sergio Ortolani (in Catalogo della II mostra salernitana 1933, 19; seguito da Bologna 1955, 48-49) riconobbe in queste tavole i resti di un polittico commissionato ad Andrea Sabatini da Salerno nel 1512, il cui contratto era stato pubblicato da Filangieri (1883-1891, VI, 399). Giovanni Previtali (in Andrea da Salerno 1986, 17) metteva in dubbio non l'identificazione, ma l'effettiva realizzazione dell'opera da parte di Andrea, suggerendo l'eventualità di un suappalto a un collaboratore. L'autografia sabatiniana è invece ribadita nello stesso catalogo dalla scheda di Francesco Abbate (in Andrea da Salerno 1986, 118-120, n. 17; con la precedente bibliografia tutta favorevole all'ipotesi pro Andrea).

Recentemente Riccardo Naldi e Andrea Zezza (2000) hanno recuperato la trascrizione dell'atto notarile (nel frattempo andato perduto come buona parte dell'archivio napoletano durante la Seconda Guerra Mondiale) nell'Archivio Filangieri. Dal rogito il committente risulta essere Francesco Caracciolo (+ 1530), protonotario apostolico e vicecancelliere del Regno di Napoli, dal 1485 priore di San Nicola di Bari (si veda ivi, 211, nota 8). Nel documento compare il nome di due emissari frati agostiniani "Agostino Czalafra" e "Domenico de Reclusa".

Secondo le richieste del committente il polittico comprendeva: altri due scomparti superiori con coppie di santi, rispettivamente San Nicola da Tolentino e San Giovanni Battista e San Nicola di Bari e San Giovanni Evangelista; un tabernacolo posteriore; un pannello dipinto con una scena della Flagellazione di Cristo sul modello di una già esistente a Santa Caterina a Formiello a Napoli; e una predella, nella quale si richiedeva di collocare ai lati gli stemmi dei duchi di Caggiano.

Immagine
CommittenteFrancesco Caracciolo
Famiglie e persone

Giacomo Caracciolo (padre du Francesco), II conte di Brienza e I duca di Caggiano

Petracone Caracciolo (fratello maggiore di Francesco), III conte di Brienza e II duca di Caggiano, I duca di Martina, e conte di Buccino dal 1472 (grazie al matrimonio con Isabella Diaz Garlon)

Frate "Agostino Czalafra" e frate "Domenico de Reclusa" emissari di Francesco Caracciolo citati nel contratto

Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Già presenti gli stemmi Caracciolo duchi di Caggiano

Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Andrea da Salerno 1986: Andrea da Salerno nel Rinascimento meridionale, catalogo della mostra (Certosa di San Lorenzo, Padula, giugno-ottobre 1986), a cura di Giovanni Previtali, Firenze 1986.

 

Bologna 1955: Ferdinando Bologna, Opere d'arte nel Salernitano dal XII al XVIII secolo, Napoli 1955.


Catalogo della II mostra salernitana 1933: Catalogo della II mostra salernitana d'arte, Napoli 1933.

 

Filangieri 1883-1891: Documenti per la storia le arti e le industrie delle provincie napoletane raccolti e pubblicati per cura di Gaetano Filangieri principe di Satriano, 6 voll., Napoli 1883-1891.

 

Naldi, Zezza 2000: Riccardo Naldi, Andrea Zezza, "Integrazioni documentarie per il giovane Andrea da Salerno: i polittici di San Valentino Torio e di Buccino", Napoli Nobilissima, quinta serie, I, 2000, 5/6, 207-212.

 

Pavone 2001: Mario Alberto Pavone, "Dal Rinascimento meridionale al Tardomanierismo: protagonisti e comprimari", in Pinacoteca Provinciale di Salerno. I dipinti dal Quattrocento al Settecento, a cura di Mario Alberto Pavone e Matilde Romito, Salerno 2001, 16-70 (speciatim 28-39).

 

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione24/02/2013 16:40:48
Data ultima revisione06/01/2019 19:34:50
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/187
OggettoSalerno, Pinacoteca provinciale, frammento di Deposizione con Maria Maddalena
Collocazione originaria
Materialeolio su tavola
Dimensioni64 cm x 43 cm
Cronologiaseconda metà del XVI secolo
Autore
Descrizione

Il frammento è conservato nella Pinacoteca Provinciale di Salerno e non se ne conosce la provenienza. Raffigura la Maddalena (riconoscibile dai lunghi capelli) in atto di sostenere il braccio sinistro del Cristo già morto, e fa parte sicuramente di un'ampia tavola che in origine doveva rappresentare una Deposizione.

Nello stile il dipinto è stato avvicinato al fare di Marco Pino da Siena (Pavone 2001).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Pavone 2001: Mario Alberto Pavone, "Dal Rinascimento meridionale al Tardomanierismo: protagonisti e comprimari", in Pinacoteca Provinciale di Salerno. I dipinti dal Quattrocento al Settecento, a cura di Mario Alberto Pavone e Matilde Romito, Salerno 2001, 16-70 (speciatim 48-51)

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione26/04/2013 16:10:14
Data ultima revisione20/11/2016 19:49:03
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/239
OggettoSalerno, Pinacoteca provinciale, polittico di Santa Maria di Piantanova
Materialeolio su tavola
Dimensioni257 cm x 207 cm
Cronologia
Autore
Descrizione

Il polittico, che conserva parte della cornice originaria, si trova nella Pinacoteca Provinciale di Salerno e proviene dalla chiesa del monastero francescano di Santa Maria di Piantanova a Salerno.

Nel pannello centrale è raffigurata la Vergine col Bambino, e sulla sommità della spalliera del trono una crocefissione; nelle tavole laterali invece, a sinistra san Francesco e sant'Antonio, e a destra San Bernardino esan Ludovico di Tolosa (le due piccole cimase alloggiano la figura di Gabriele e dell'Annunciata).

Ferdinando Bologna (1955, 40-41) lo ha ascritto al cosiddetto Maestro dell'Incoronazione di Eboli, seguito fino al recente catalogo di Pavone (2001).

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Bologna 1955: Ferdinando Bologna, Opere d'arte nel Salernitano dal XII al XVIII secolo, Napoli 1955


Pavone 2001: Mario Alberto Pavone, "Dal Rinascimento meridionale al Tardomanierismo: protagonisti e comprimari", in Pinacoteca Provinciale di Salerno. I dipinti dal Quattrocento al Settecento, a cura di Mario Alberto Pavone e Matilde Romito, Salerno 2001, 16-70 (speciatim 18-21)

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione26/04/2013 13:09:08
Data ultima revisione20/11/2016 20:04:36
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/236
OggettoSalerno, Pinacoteca provinciale, sarcofago con la caduta di Fetonte
Collocazione originaria
Materialemarmo
Dimensioni
Cronologiaseconda metà del XVI secolo
Autore
Descrizione

Il sarcofago si trova murato in alto nell'atrio della Pinacoteca Provinciale di Salerno. Non se ne conosce la provenienza. Raffigura sulla fronte la caduta di Fetonte e reca uno stemma, non ancora identificato, con un fascio di spighe legato da una S in carattere capitale.

Stilisticamente sembrerebbe un lavoro di bottega napoletana del terzo quarto del Cinquecento. 

Immagine
Committente
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici

Uno stemma, non ancora identificato, con un fascio di spighe legato da una S

Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione26/04/2013 15:53:11
Data ultima revisione20/11/2016 20:10:20
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/238
OggettoSalerno, San Pietro a Corte, Madonna col Bambino e santi con Decio Caracciolo orante
Materialeolio su tavola
Dimensioni
Cronologia1592
Autore
Descrizione

La tavola è attualmente conservata nel suo luogo originario, la chiesa di San Pietro a Corte di Salerno, dopo essere transitata per qualche tempo dal Museo Diocesano della città, in attesa dei restauri della chiesa (conclusi nel 2010).

L'opera raffigura una sacra conversazione tra la Madonna col Bambino e i santi Ciro e Giovanni (a destra) e Pietro e Paolo (a sinistra), che presentano l'abate commendatario della regal cappella di San Pietro Decio Caracciolo, il quale aveva restaurato l'edificio nel 1576, come recita un'iscrizione. Il dipinto è datato in basso 1592 ed è stata ricondotta alla mano di Decio Tramontano o a quella di Giovan Bernardo Lama (cfr. San Pietro a Corte 2000; e Braca 2000, 45).

Immagine
CommittenteDecio Caracciolo abate commendatario
Famiglie e persone
Iscrizioni
Stemmi o emblemi araldici
Note
Fonti iconografiche
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 2000: Antonio Braca, "Complesso di San Pietro a Corte", in Il centro storico di Salerno, a cura di Maria Pasca, Viterbo 2000, 42-45


San Pietro a Corte 2000: San Pietro a Corte. Recupero di una memoria della città di Salerno, Napoli 2000

Allegati
Link esterni
SchedatoreFernando Loffredo
Data di compilazione10/03/2013 12:21:17
Data ultima revisione25/11/2016 00:51:03
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Opera di Arte/205
OggettoNapoli, Villa Comunale (già Salerno), c.d. Fontana dei Leoni (o delle Paparelle), Labrum
Luogo di conservazioneNapoli
Luogo di provenienzaRoma
Collocazione attuale

Napoli, Villa Comunale (Già Salerno), piazzale ellittico del viale centrale.

Prima attestazione

Marsilio Colonna 1580

Materialegranito grigio egiziano
Dimensionidiametro circa 3,15 m (12 piedi napoletani)
Stato di conservazione

Privo del piede originale; la superficie è abrasa dall'acqua e ricoperta di incrostazioni calcaree, sebbene nel 1991 sia stata sottoposta ad un'intervento di pulizia (Pozzi 1991, 324-325) che ha rimesso in luce il modellato del gorgoneion centrale.

CronologiaEtà imperiale
Descrizione

Il labrum, di dimensioni monumentali, realizzato in un unico blocco di granito, presenta l'orlo a listello piatto di ampia apertura mentre il corpo si connota per le pareti lisce nettamente staccate dal fondo piatto con conseguente diminuzione del diamentro del fondo rispetto a quello dell'apertura; l'ombelico è decorato con un gorgoneion scolpito a rilievo (Museo borbonico 12, 1 tav. 54). La vasca rientra nella tipologia dei labra di grandi dimensioni - di diametro non inferiore a 150 cm, fino ai 680 cm attestati per la fontana del Cortile del Belvedere ai Vaticani (Ambrogi 2005, 74-75, 224 ) - scolpite in materiali pregiati, in particolare porfido e graniti grigi, corrispondente al tipo I dei labra classificati da A. Ambrogi. I labra di questa tipologia sono attestati quasi esclusivamente a Roma, reimpiegati come fontane, ancora oggi in uso; la provenienza, ove nota, rimanda a contesti d'uso privati e pubblici riferibili ad una committenza prevalentemente imperiale; anche per l'esemplare salernitano sembrerebbe plausibile supporre una sua originaria collocazione a Roma seppure tradizionalmente, sulla scorta delle ipotesi settecentesche prospettate da P.A. Paoli, si sia ritenuto che la vasca, così come i sarcofagi del Duomo, potesse provenire da Paestum (Paoli 1784, 148; Braca 2003, 100).

La presenza della vasca è testimoniata fin dal '500 al centro dell'atrio del Duomo, dove presumibilmente giunse già in epoca normanna, in una fase di intenso afflusso di materiale antico verso la Cattedrale salernitana. Una consolidata tradizione antiquaria fino ai primi decenni  dell'Ottocento conferma la presenza e l'immutata magnificenza della vasca, utilizzata come fontana nell'atrio (Braca 2003, 100). L'ultima testimonianza grafica del labrum a Salerno è rappresentata da un disegno dell'atrio di Leseur datato al 1822. Nel 1826, infatti, per volontà di Francesco I di Borbone, la vasca fu rimossa dall'atrio del Duomo di Salerno e trasferita a Napoli, nella Villa Comunale - dove è attualmente ubicata -  in sostituzione del Toro Farnese, trasportato al Real Museo Borbonico; il nuovo allestimento della fontana, sostenuta da quattro leoni, fu progettato da Pietro Bianchi (Pozzi 1991).         

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche

J. L. Desprez (Saint Non 1781-1786, III, 164, n. 91;

Schultz 1860, fig. 113; Kronig 1969, 217-222);

G. Volpato in Paoli 1784, tav. 32;

J. Ph. Leseur 1822.

Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Ambrogi 2005: Annarena Ambrogi, Labra di età romana in marmi bianchi e colorati, Roma 2005.

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 100 ss. figg. 91-94.

 

Bracco 2007: Vittorio Bracco, Recensione a Annarena  Ambrogi, Labra di età romana in marmi bianchi e colorati, Roma, 2005, Rassegna storica salernitana, 24, 2007, 1, 407-408.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 267.

 

Kronig 1969: Wolfgang Krönig, "Il duomo normanno di Salerno nei disegni di Louis-Jean Desprez", Napoli Nobilissima, 8, 1969, 217-222.

 

Marsilio Colonna 1580: Marcantonio Marsilio Colonna, De vita et gestis B. Matthaei Apost. et Evang. eiusque gloriosi corporis in Salernitanam urbem translatione, Napoli 1580, 73.

 

Mazza 1681: Antonio Mazza, Historiarum Epitome de rebus Salernitanis, Napoli 1681, 37.

 

Paoli 1784: Paolo Antonio Paoli, Rovine della città di Pesto, detta ancora Posidonia, Roma 1784, tav. 32.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi di Dottorato, 2010, pp. 382-384.

 

Pozzi 1991: Enrica Pozzi, Ufficio Scavi Napoli- Località: Napoli, Villa Comunale, in Atti Taranto 31, 1991, pp. 324-325.

 

Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage Pittoresque Ou Description Des Royaumes De Naples Et De Sicile, III, Paris 1781-1786, 164, n. 91.

 

Schultz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresden 1860, 217-222. 

 

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione02/10/2014 19:08:14
Data ultima revisione27/06/2017 20:26:24
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/450
OggettoSalerno, Duomo, atrio, base di colonna con scene dionisiache
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Atrio Duomo di San Matteo, lato Nord 

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco, proconnesio
Dimensionih 0,75 m; lung. 0, 65 m; larg. 0, 75 m
Stato di conservazione

Sbrecciature interessano tutti i margini, in particolare gli angoli; sia la cornice che le parti figurate presentano notevoli lacune e abrasioni profonde; la faccia superiore è stata scalpellata in forma di imbuto; tracce di rilavorazione anche sul retro.

CronologiaEtà severiana
Descrizione

La base è delimitata in alto da un listello liscio, una gola rovescia decorata con kyma lesbio, cui segue un astragalo a fusarole e perline; lo zoccolo, presenta analoga decorazione: listello liscio, gola dritta ornata con kyma lesbio e, infine un astragalo con fusarole  e perline; le scene figurate su tre lati sono inquadrate da una cornice che consta di un listello liscio e un motivo a perline. Sul prospetto della base è rappresentato un consesso divino: sullo sfondo a sinistra si staglia un albero di pino dinanzi al quale figurano, stanti, una figura femminile panneggiata e una maschile nuda, mentre sulla destra un'altra figura femminile, sempre in piedi, fiancheggia un personaggio barbato e ammantato, assiso; sul fianco sinistro sono raffigurati Satiri impegnati nella vendemmia, mentre sul destro la scena è animata da un corteo dionisiaco di Menadi e Centauri. Il pezzo rientra in una tipologia di basi di colonne decorate con temi dionisiaci, prodotte tra la fine del II e gli inizi del III sec. d.C., attestate prevalentemente a Roma (Dräger 1994, 167 ss.). La base del Duomo si data, su basi stilistiche all'età severiana (Dräger 1994, 169-170, tav. 102, 1-3). La base, come si deduce dal tipo di rilavorazione sulla faccia superiore, potrebbe essere stata riutilizzata in funzione di acquasantiera, secondo un uso sovente attestato dal Medioevo, soprattutto mediante la rilavorazione di capitelli.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Del tutto arbitraria è l'attribuzione della base, da parte di M. De Angelis, a un presunto antico edificio sacro (c.d. tempio di Pomona) inglobato nell'Episcopio; l'ipotesi viene formulata anche sulla scorta dell'erroneo riconoscimento del pezzo come un'ara di produzione greca. (De Angelis 1937, 38-40, fig. a 39)  

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Capone 1929: Antonio  Capone, Il Duomo di Salerno, Salerno 1929 II, 35 ss.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 38-41.

 

Drager 1994: Olaf Dräger, Religionem significare. Studien zu reich verzierten römischen Altären und Basen aus Marmor, RM Ergänzungsheft 33, Mainz 1994.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 245-247.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano, Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 22.

 

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione08/10/2014 16:06:23
Data ultima revisione06/01/2019 14:43:06
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/452
OggettoSalerno, Duomo, atrio, frammento di altare funerario rilavorato come sarcofago strigilato.
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Duomo di San Matteo, lato Ovest ingresso Porta dei Leoni.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco, proconnesio
Dimensionih 0, 81 m; lung. 1,75 m; largh. 0, 79 m
Stato di conservazione

Si evidenziano abrasioni e lesioni, in particolare sul lato sinistro; reca segni di profonda erosione il margine superiore della cassa, ribassato in due punti; tracce di fori sul fondo.

CronologiaI sec. d.C./fine III-inizi IV sec. d.C.
Descrizione

Il pezzo è stato rilavorato in antico mediante la disposizione in orizzontale di un altare funerario, sicché i fianchi del monumento, in origine sviluppati in verticale, fungono, nel riadattamento a cassa di sarcofago, da base e da alzata. Uno dei lati del monumento funerario, visibile all'esterno del fondo della cassa, reca una figurazione a rilievo su fondo neutro, inquadrata da una cornice a modanature lisce; la decorazione a rilievo restituisce l'immagine di un centurione stante di profilo, volto a destra, che regge nella mano destra una vitis  e nella sinistra un astuccio di forma rettangolare. Il pezzo, datato al I sec. d.C., è riferibile ad una serie di altari funerari, diffusi soprattutto in area cisalpina, iscritti sulla fronte e decorati sui fianchi con immagini afferenti al rituale funerario o alla vita del defunto, come nel caso in esame. L'altare è stato rilavorato in epoca tarda per realizzare un sarcofago, databile tra la fine del III e l'inizio del IV sec. d.C., decorato sulla fronte, in corrispondenza di quello che era il lato iscritto, da un campo strigilato con mandorla centrale, inquadrato da una cornice modanata, ornata con ovoli, dentelli e astragalo con fusarole e perline, mentre ai margini laterali sono scolpite due colonnine tortili sormontate da un capitello corinzio, ben conservato solo a sinistra (Palmentieri 2008; in merito ai sarcofagi strigilati con mandorla centrale si rimanda a Baratta 2007).  

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

La cassa, utilizzata come vasca per fontana, più specificamente come abbeveratoio per cavalli, fino al 1932 risultava collocata dinanzi alla scala di accesso all'atrio.    

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Baratta 2007: Giulia Baratta, "La mandorla centrale dei sarcofagi strigilati", in Römische Bilderwelten. Von der Wirchlichkeit zum Bild und zurük. Kolloquium der Gerda-Henkel-Stiftung am Deutschen Archäologischen  Institut Rom, 15.-17. März 2004, 191-215.

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 110, figg. 104-105.

 

Capone 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, Salerno 1929 II, 11.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 41.

 

Palmentieri 2008:  Angela Palmentieri, "Alcune riflessioni su un monumento funerario di un centurione. Un caso di riuso d'età tardoantica", Napoli Nobilissima, 2008, 3-4, 97-112.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 239.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione10/10/2014 15:50:14
Data ultima revisione06/01/2019 14:43:41
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/453
OggettoSalerno, Duomo, atrio, frammento di porfido strigilato rilavorato con taglio circolare.
Luogo di provenienzaRoma
Collocazione attuale

Salerno, Atrio Duomo di San Matteo, murato nella parete Nord.

Prima attestazione
MaterialePorfido rosso d'Egitto
DimensioniDiametro 1,35 m
Stato di conservazione

La superficie è ben conservata; il margine inferiore in corrispondenza della modanatura liscia è scalfito.

CronologiaUltimi decenni del II sec. d.C.
Descrizione

Il frammento, rilavorato in forma di disco, è stato ricavato dalla parete di un raro sarcofago strigilato attico a kline, destinato ad una sepoltura imperiale, realizzato in porfido nello scorcio finale nel II secolo d. C.  Il manufatto è stato murato nell'atrio nel 1932 in occasione dei lavori di risistemazione degli interni e del quadriportico del Duomo; il pezzo era in precedenza nel Duomo, reimpiegato con il lato non lavorato a vista, nel pavimento della Cappella di San Tommaso, completata nel 1568; è stata avanzata l'ipotesi che il disco avesse una precedente collocazione nella Chiesa come rota porfiretica della cattedra di Gregorio VII che, attualmente, mostra un nimbo sostitutivo dell'originale perduto, di diametro inferiore e collocato più in alto; il ritrovamento della cattedra - che nelle foto dell'epoca (De Angelis 1937) sembra mostrare l'impronta di una rota di dimensioni pari a quella del nimbo moderno - risale agli anni '30 del secolo scorso, quando, durante i lavori di ristrutturazione della Chiesa, fu rimosso il coro ligneo di inizio '800 che  obliterava la cattedra e si rimise parzialmente in luce la fase edilizia medievale dell'edificio.    

Immagine
Famiglie e persone

Ildebrando di Soana, papa Gregorio VII. 

Collezioni di antichità
Note

Papa Gregorio VII giunse a Salerno in fuga da Roma assediata da Enrico IV; la cattedra fu presumibilmente realizzata tra il 1084 e il 1085 in occasione della consacrazione della Cattedrale sotto il patrocinio di Roberto il Guiscardo. All'interno del Duomo si conserva il sepolcro di Gregorio VII, un sarcofago a ghirlande con bucrani e tabula ansata

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Amedick 2012: Rita Amedick, "Kaisersarkophag und Rota. Eine Platte aus Porphir in Salern", in Akten des Symposiums Sarkophage der römischen Kaiserzeit. Produktion in den Zentren, Kopien in den Provinzen. Les sarcophages romains. Centres et périphéries, a cura di Guntram Koch, François Baratte, Sarkophag- Studien 6,  Paris, 2-5 November 2005, Rutzen 2012, 205-217.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 248-249.

 

D'Onofrio 2003:   Rilavorazione dell'antico nel Medioevo,  a cura Mario D'Onofrio, Roma 2003, 53 ss, n. 17 (P. Mathis).

 

Gandolfo 1984: Francesco Gandolfo, "La cattedra ''gregoriana'' di Salerno", Bollettino storico di Salerno e Principato Citra, 2, 1984, 5-29.

 

Palmentieri 2005: Angela Palmentieri, "Un tondo strigilato in porfido della Cattedrale di Salerno. Sull'origine della produzione dei sarcofagi imperiali", Prospettiva, 119-120, 2005, 70-88.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 241-242.

 

 

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione26/09/2014 23:55:33
Data ultima revisione06/01/2019 14:44:20
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/448
OggettoSalerno, Duomo, atrio, frammento di sarcofago strigilato
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, murato nel lato S del quadriportico 

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0, 63 m; lung. 2, 13 m
Stato di conservazione

Del sarcofago resta solo la fronte, murata, ricongiunta da due grossi frammenti; l’angolo superiore destro, mancante, evidenzia una taglio semicircolare. 

CronologiaFine III sec. d.C.
Descrizione

Fronte di sarcofago strigilato delimitato lungo il margine superiore e quello inferiore da un listello; una coppia di lesene scanalate figurano all’estremità dell’alzata mentre una seconda coppia inquadra il pannello a fondo liscio, posto al centro, al di sotto del quale sono raffigurati in bassorilievo un cervo e un cane. Il sarcofago doveva appartenere alla tipologia dei sarcofagi strigilati con pannello centrale - in luogo del quale poteva trovarsi anche una tabula, un clipeo o una mandorla - attestati principalmente a Roma e nel Suburbio, con datazione a partire dalla fine del II sec. d. C.. Il pezzo di Salerno, sulla base di valutazioni di ordine stilistico, sembra risalire alla fine del III secolo d.C.; per i confronti si veda Calza 1977, 238-239, n. 285, tav. 58 (P. Pensabene). Sulla produzione dei sarcofagi strigilati si rimanda a Koch, Sichtermann 1982, 73 ss., 241 ss.. Il luogo di provenienza del pezzo non è rintracciabile.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Prima di essere collocato nell’atrio, in occasione dei lavori di risistemazione dei materiali di spoglio all’inizio degli anni Trenta del secolo scorso, il frammento era nel Duomo, riutilizzato come  mensa d’altare della settecentesca Cappella Pinto (De Angelis 1937, 31-32  fig. p. 31; Braca 2003, 105) 

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 2003:  Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 105.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 31-32.

 

Calza 1977: Raissa Calza, Antichità di Villa Doria Pamphilj, Roma 1977, 238-239, n. 285, tav. 58 (Patrizio Pensabene).

 

Koch, Sichtermann 1982: Guntram Koch, Helmut Sichtermann, Römische Sarkophage, München 1982, 73 ss., 241 ss.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il Medioevo, Tesi Dottorato 2010, 265-266. 

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione29/06/2016 16:56:23
Data ultima revisione06/01/2019 14:44:51
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/586
OggettoSalerno, Duomo, atrio, Labrum
Luogo di conservazione
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Atrio Duomo di San Matteo

Prima attestazione
MaterialeGranito
Dimensioni
Stato di conservazione

Consunzione superficiale riconducibile all'azione erosiva dell'acqua, concrezioni, depositi di microrganismi; il piede non è antico.

CronologiaEtà imperiale
Descrizione

La vasca presenta una forma piuttosto aperta, pertanto  poco profonda, con labbro estroflesso e corpo  privo di decorazione. Il pezzo potrebbe essere ascritto al tipo II a bacile della classificazione di A. Ambrogi (Ambrogi 2005, 75), in cui rientrano vasche di dimensioni ridotte, realizzate prevalentemene in marmi bianchi e grigi, seppure non manchino esemplari in marmi colorati tra cui il più attestato è il giallo antico. La vasca, utilizzata come bacino di fontana al centro dell'atrio della Cattedrale, ha avuto una prima fase di reimpiego come fonte battesimale all'interno della Chiesa per essere poi spostata nell'atrio con i lavori di ristrutturazione del '700 (De Angelis 1937, 27-28); nell'atrio ha trovato collocazione definitiva in posizione centrale dopo che, nel 1826, la monumentale vasca che occupava il centro del quadriportico è stata rimossa e trasferita a Napoli dai Borbone ( Napoli, Villa Comunale, cd. Fontana dei Leoni o delle Paparelle, Labrum)     

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

 

Ambrogi 2005: Annarena  Ambrogi, Labra di età romana in marmi bianchi e colorati, Roma,  2005, 75 ss.

 

Capone 1929: Antonio  Capone, Il Duomo di Salerno, Salerno 1929 II, 17.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 27-28.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 266.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano, Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 16.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione06/10/2014 18:04:28
Data ultima revisione06/01/2019 14:45:41
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/451
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago a kline, strigilato su due ordini
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, murato nel quadriportico dell’atrio, lato E 

Prima attestazione

Nel 1565-1566 si registra la collocazione dell’arca all’interno del Duomo, a sinistra della porta centrale (De Crescenzo 1921, 339-342; Braca 2003, 106).

MaterialeMarmo pentelico
Dimensionih 1,00 m; lung. 2, 15 m; larg. 1,04 m
Stato di conservazione

La superficie della cassa è consunta; si registrano scheggiature più profonde in corrispondenza delle modanature del margine inferiore; nella porzione superiore della fronte si rilevano due fori cui corrispondono i solchi sul coperchio come traccia delle grappe di chiusura; tracce di colore porpora sulle strigilature del fianco sinistro.

CronologiaIntorno al 230 d.C.
Descrizione

Il sarcofago, a cassa parallelepipeda, è scolpito su tre lati; in orizzontale l’alzata è scandita da modanature, di minimo risalto plastico, che inquadrano due campi strigilati; il lato lungo è delimitato ai margini dalle zampe leonine della kline. Sulla fronte dall’alto si susseguono un listello liscio decorato da un motivo a rosette inquadrate da girali vegetali, una gola rovescia con kyma lesbio, due campi con strigilature affrontate al centro, divisi orizzontalmente da un motivo a treccia e uno zoccolo malconservato in cui ricorrono nuovamente un kyma lesbio e un tralcio a girali, seguiti da due modanature lisce; le zampe della kline, percorse da scanalature verticali decorate con motivi fitomorfi, riportano scolpite, in alto, una pantera in un rettangolo e, in basso, i piedi leonini; a due terzi di altezza dal basso, ciascuna zampa è rilavorata in sottosquadro, restituendo uno stemma a bande trasversali. I fianchi, parimenti contraddistinti da strigilature affrontate su due campi sovrapposti, recano in luogo del kyma lesbio una decorazione a foglie d’acanto e negli angoli superiori un motivo decorativo in forma di mensola con semipalmetta scolpita al centro visibile solo sul fianco sinistro, in merito al quale si rileva anche, nella modanatura che divide i due registri strigilati, una decorazione vegetalizzata variata rispetto a quella della fronte alla medesima altezza. Il coperchio a kline presenta una decorazione fitomorfa molto schematica sullo spessore che, sul lato lungo, reca su ciascuna estremità una testa di animale, forse  di bovino,  di profilo.

Il sarcofago rientra nella serie dei sarcofagi attici a kline strigilati (Rodenwaldt 1930, 134 ss., fig. 15; Giuliano 1962, 68, n. 445; Koch 1980, 56 ss., n. 14, figg. 5-7,9; Koch, Sichtermann 1982, 448, 450, n. 14; Goette 1991, 334, n. 17, tav. 109; Ambrogi 1998, 125 ss.; Koch 2012, 4 ss. tav. 9.2)  di cui si individuano tra i primi esemplari prodotti, tra il 170 e il 180 d.C., i sarcofagi ateniesi del Ceramico, dell’Hephaisteion e dello Stadio Panatenaico - identificato come sepolcro di Erode Attico (Gasparri 1974-75, 379 ss. fig. 86; Goette 1991, 321 ss., n. 2, tav. 95; Palmentieri 2005, 74) - scolpito con strigilature su due ordini sovrapposti come l’esemplare salernitano che, tuttavia, per la sovrabbondanza di motivi decorativi si colloca, insieme a quelli del Museo Nazionale di Atene inv. 1497, del Museo Nazionale Romano inv. 112119, di Beirut e di Larissa, tra gli ultimi pezzi della serie, ascrivibili agli anni intorno al 230/240 (Goette 1991, 312 ss.; Ambrogi 1998, 125 ss).

La cassa fu riutilizzata nel XII secolo (Staibano 1871, 21 n. 20; Capone 1929, II, 31; Ragusa 1951, 186, n. 96) per accogliere le spoglie degli arcivescovi salernitani  Romualdo I Guarna e Romualdo II Guarna. Agostino Guarna nel ‘500 fece rilavorare le zampe della kline da uno scalpellino di Cava dei Tirreni per apporvi lo stemma di famiglia (De Angelis 1937, 35).  

Immagine
Famiglie e persone

Romualdo I Guarna, arcivescovo di Salerno dal 1121 al 1126; Romualdo II Guarna arcivescovo di Salerno dal 1154 al 1181; Agostino Guarna (De Crescenzo 1921, 339-342, De Angelis 1937, 35). 

Collezioni di antichità
Note

Il flusso di importazioni di sarcofagi attici nell’Urbe (Giuliano 1962) induce a supporre che il sarcofago salernitano fosse in origine collocato a Roma.  

Fonti iconografiche

L’arca è riprodotta  in un disegno di J. Ph. Leseur del 1822

Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Ambrogi 1998: Annarena Ambrogi, “Sarcofago attico a kline, strigilato, conservato nella chiesa di S. Maria Maddalena a Monterotondo”, Xenia Antiqua, 7, 1998, pp. 125 ss.

 

Braca 2003:  Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 106, fig. 99.

 

Capone 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno , Salerno 1929, II 31.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 35.

 

De Crescenzo 1921: Alfredo De Crescenzo, Atti “ Per lo Cantare o sia Sepolcro della famiglia dentro la Chiesa di S. Matteo, in cui fu sepolto l’arcivescovo D. Romualdo Guarna”, Archivio Storico per la Provincia di Salerno 1, 1921, 339-342.

 

Gasparri 1974-75: Carlo Gasparri, “Lo Stadio panatenaico”, ASAtene, 52-53, 1974-1975, 382 ss.      

 

Giuliano 1962: Antonio Giuliano, Il commercio dei sarcofagi attici, Roma 1962, 68, n. 445.

 

Goette 1991: Hans Ruprecht Goette, "Attische Klinen - Riefel - Sarkophage", AM 106, 1991, p. 334, n. 17, tav. 109.

  

Koch 1980: Guntram Koch, "Stadtrömisch oder östlich", BJb 180, 1980, pp. 52-64 (esemplare di Salerno 55 ss., figg. 5-7. 9, p. 64 n. 14).

 

Koch 2012: Guntram Koch, "Eine allgemeine Überlegungen zur Problematik “Original-Kopie” bei den kaiserzeitlichen Sarkophagen" in Akten des Symposiums Sarkophage der römischen Kaiserzeit. Produktion in den Zentren, Kopien in den Provinzen. Les sarcophages romains. Centres et périphéries, Sarkophag- Studien 6, a cura di Guntram Koch, François Baratte, Paris, 2-5 November 2005, Rutzen 2012, 4 ss. tav. 9.2.

 

Koch, Sichtermann 1982: Guntram Koch, Helmut Sichtermann, Römische Sarkophage, München 1982, 448, 450, n. 14.

 

Palmentieri 2005: Angela Palmentieri, “Un tondo strigilato in porfido nella Cattedrale di Salerno. Sull’origine della produzione dei sarcofagi imperiali”, Prospettiva, 119-120, 2005, 70-87.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il Medioevo, Tesi Dottorato 2010, pp. 251-253.

 

Paoletti 1984: M. Paoletti, "Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese", in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 237, fig. 11.

 

Ragusa 1951: Isa Ragusa, The Re-use and Public Exhibition of Roman Sarcophagi in the Middle Ages and Early Renaissance, New York 1951 186, n. 96.

 

Rodenwaldt 1930: Gerhart Rodenwaldt, “Der Sarkophag von S. Lorenzo”, JdI 45, 1930, 134 ss., fig. 15.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano,  Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 21 n. 20.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione11/07/2014 01:37:49
Data ultima revisione06/01/2019 14:46:27
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/408
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago a lenòs con Dioniso su pantera e thiasos dionisiaco
Luogo di provenienzaCAMPANIA
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, tra le colonne del quadriportico del lato S.

Prima attestazione

In un documento del 1575 (ADS, Mensa Arc., Reg. III, fol. 236): “Uno tumulo seu cantaro de marmora medesimamente fora dove sta la fontana e proprio vicino all’incontro de la porta del campanile, quale hè di forma a similitudine di quello delli Aiello et al presente si ritrova con mezzo coperchio di tufo”  (Garzillo 1999, 258-259; Braca 2003, 104)

MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0, 90 m; lung. 2, 24 m
Stato di conservazione

Sulla cassa si riscontrano un foro nell'angolo in basso a sinistra e tracce di scalpellatura sul retro; superficie ribassata per la corrosione superficiale del marmo; scheggiature lungo i margini; lacune e profonde abrasioni riguardano la scena figurata.

CronologiaFine II/inizi III sec. d. C. (Matz 1968, 313)
Descrizione

Il sarcofago a tinozza presenta una decorazione in altorilievo su tre lati. Al centro della fronte, campeggia un grande felino, verosimilmente identificabile con una pantera, su cui è adagiato Dioniso; alla destra e alla sinistra della divinità, si alternano Satiri, Menadi e Pan, mentre in secondo piano, riempiendo quasi del tutto lo sfondo, si affollano figure secondarie del thiasos dionisiaco e un Erote in volo. Tra le zampe della pantera si apre una scena secondaria, di gusto miniaturistico, delimitata da due pantere accosciate: da sinistra, una figura maschile frammentaria affronta un caprone; seguono due personaggi stanti, di prospetto, dinanzi ad una maschera tragica, preceduti da un Erote incedente verso destra.  La lastra di copertura è moderna. Sul retro, al di sotto di un campo scalpellato, si legge la scritta, probabilmene post-cinquecentesca, “DE FAM(I)LIA CAPOGRASSA” (Paoletti 1984, 240; Braca  2003, 104)

La cassa si ascrive alla tipologia dei sarcofagi a lenòs, scolpiti con scene in altorilievo, prodotti dalla fine del II sec. d.C. e ampiamente diffusi nel III sec. d.C. La forma a lenòs, richiamo diretto al contenitore dell’uva e alla metamorfosi ad essa correlata nella produzione del vino, consolida il carattere evocativo del tema dionisiaco come allegoria della trasformazione ovvero della rinascita  dopo la morte.  (Turcan 1966, 295 ss.;  Matz 1968, 368 ss.; Zanker, Ewald 2008, 89-97). L’arca salernitana, databile tra la fine del II e gli inizi del III sec. d.C., è stata riconosciuta come prodotto campano esemplato su repertori figurativi di ampia diffusione  (Matz 1968, 368 ss.).

In epoca tardo-medievale il sarcofago fu utilizzato come sepolcro collettivo dai membri della famiglia Capograssi (Bracco 1979, 91; Ragusa 1951, 190, n. 100; Paoletti 1984, 240; Braca  2003, 104), destinatari di altre due arche reimpiegate nel Duomo di Salerno: il sarcofago con thiasos marino e clipeo centrale, in cui era inumato Sergio Capograssi, esposto nell’atrio, e il sarcofago strigilato con clipeo centrale, di Iacopo Capograssi, all’interno della chiesa.

Immagine
Famiglie e persone

Capograssi (Paoletti 1984 , 243, nota 45).

Collezioni di antichità
Note

La collocazione attuale della cassa risale agli anni ’30 del secolo scorso (De Angelis 1937, 31). Il sarcofago era infatti precedentemente situato presso la porta di accesso al campanile, come si evince da un documento del 1575 (Garzillo 1999, 258-259; Braca 2003, 104) e dagli incartamenti della Sacra Visita del 1598: “Ante portam campanilis adest sepulchrum sine cooperimento, in quo adest inscriptio de Familia Capograssi” (Staibano 1871, 20; Capone 1929 II, 200, Braca 2003, 104)

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 104-105;

 

Bracco 1979: Vittorio Bracco,  Salerno romana, Salerno 1979, 91;

 

Capone II 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno I, Salerno 1929, 200;

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 31;

 

Garzillo 1999: Fernando Garzillo, “Un conteso giuspatronato nella cattedrale di Salerno”, Rassegna Storica Salernitana, 31, 1999, 259;

 

Matz 1968:  Friedrich Matz, Die dionysischen Sarkophage. Die antiken Sarkophagreliefs IV 3, 312-313, n. 165 tav. 188;

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 259-261.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, "Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese", in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 239-240, fig. 13.

 

Ragusa 1951: Isa Ragusa, The Re-use and Public Exhibition of Roman Sarcophagi in the Middle Ages and Early Renaissance, New York 1951, 190, n. 100.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano,  Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 20.

 

Turcan 1966: Robert Turcan, Les sarcophages romains à représentations dionysiaques: essai de chronologie et d’histoire religieuse, Paris 1966, 295 ss, tavv. 46b, 48a.

 

Zanker, Ewald  2008: Paul Zanker, Björn Christian Ewald,  Vivere con i miti: l’iconografia dei sarcofagi romani (a cura di G. Adornato), Torino 2008, 89-97.

 

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione16/06/2014 10:53:45
Data ultima revisione06/01/2019 14:49:11
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/378
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago con Centauri clipeofori
Luogo di provenienzaCAMPANIA
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, murato in una nicchia del quadriportico, lato N

Prima attestazione

Nell’atrio del Duomo in occasione della Sacra Visita del 1598: “A parte sinistrae dictae portae aeneae, infra columnas Atrii adest sepulchrum cum insignis et inscriptione de familia De Rotundis” in Capone 1927, I 200, n. 21; Braca 2003, 108 nota 81.

MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 1,00 m; lung. 2,20 m; larg. 0, 98 m (Matz 1975, 465)
Stato di conservazione

Superficie ribassata per l'avanzato stato di corrosione del marmo; si evidenziano scheggiature profonde lungo i margini; lacune consistenti interessano le membra dei personaggi effigiati; l'iscrizione e gli stemmi sulla faccia anteriore dello spiovente del coperchio sono esito di una rilavorazione moderna.

CronologiaTardoseveriano (Matz 1975, 454, 466)/ intorno alla metà del III sec. d. C. (Valbruzzi 2012, 72).
Descrizione

Il sarcofago, a cassa parallelepipeda, è delimitato lungo il margine superiore e quello inferiore da un listello; la decorazione in altorilievo restituisce una scena figurata improntata ad uno schema figurativo a carattere speculare, con Dioniso su biga all’estremità sinistra e Eracle su biga all’estremità destra, preceduti da due cortei dionisiaci che convergono verso il centro della raffigurazione ove un clipeo, posto ai limiti del margine superiore, sorretto da due Centauri, reca i ritratti di una coppia di defunti; al di sotto del clipeus, con schema di raffigurazione in forma piramidale, si svolge la scena secondaria di Eros in lotta con Pan. Sui fianchi, con rilievo molto piatto e stilizzato, è scolpita una ghirlanda di lauro decorata nella lunetta con una rosetta rotante all’interno di un disco in rilievo.  Sul coperchio antico, non pertinente al sarcofago - come si evince dall’assenza dei fori per le grappe in corrispondenza di quelli ravvisabili sulla cassa - si legge l’iscrizione: “Hic iacet corpus sapientis viri iudicis Benedicti Rotundi de Salerno iuris periti qui obiit anno domini MCCCCXXVII die VII mensis Novembris VI indicione quod tumulum fuit sibi concessum nec potest alteri concedi et in eo non debetur alius sepeliri cuius anima requiescat in pace amen". Ai lati dell’iscrizione è scolpito lo stemma familiare decorato da una banda trasversale al cui interno si susseguono tre tondi (Paoletti 1984, 243 nota 47, Braca 2003, 108, nota 81.).

Il sarcofago, scolpito da un’officina campana in cui operavano maestranze formatesi in una bottega urbana,  si ascrive alla serie dei sarcofagi con thiasoi dionisiaci alla presenza di Dioniso, Arianna e Eracle, intorno ad un clipeo centrale sorretto da figure clipeofore, prodotti a partire dalla fine del II sec. d.C.. a Roma e dal secondo quarto del III sec. d.C in Campania. (Matz 1975, 452 ss., 465-466, n. 273, tav. 291, 2-4 con bibliografia precedente; Valbruzzi 2012, 72 ss, tav. 37.1).

Il sarcofago è stato riutilizzato, con apposizione di iscrizione e di stemmi araldici, per la sepoltura di Benedetto Rotundo, morto nel 1427 (Staibano 1871, 24, n. 27; De Angelis 1937, 41;  Ragusa 1951 194, n. 103).

Immagine
Famiglie e persone

Benedetto Rotundo, giurista salernitano.

Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche

Paoli 1784, tav. 47

Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

 

Braca 2003:  Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, p. 108, fig. 101.

 

Capone 1927, 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, Salerno 1927 I 200, n. 21; 1929 II 37-38.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 41.

 

Matz 1975:  Friedrich Matz, Die dionysischen Sarkophage. Die antiken Sarkophagreliefs IV, 4, Berlin 1975, 452 ss., 465-466, n. 273, tav 291, 2-4.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il Medioevo, Tesi Dottorato 2010, pp. 243-245.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, "Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese", in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 240, 243 nota 47.

 

Paoli 1784: Paolo Antonio Paoli, Rovine della città di Pesto, detta ancora Posidonia, Roma 1784, tav. 47.

 

Ragusa 1951: Isa Ragusa, The Re-use and Public Exhibition of Roman Sarcophagi in the Middle Ages and Early Renaissance, New York 1951 p. 194, n. 103.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano,  Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 24, n. 27.

 

Valbruzzi 2012: Francesca Valbruzzi, "Modi di produzione dei sarcofagi romani nelle officine campane" in Akten des Symposiums Sarkophage der römischen Kaiserzeit. Produktion in den Zentren, Kopien in den Provinzen. Les sarcophages romains. Centres et périphéries, a cura di Guntram  Koch, François Baratte, Paris, 2-5 November 2005, Rutzen 2012, p. 72 ss, tav 37.1.

Allegati

 

 

Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione11/07/2014 01:57:57
Data ultima revisione06/01/2019 15:04:16
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/409
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago con Eroti clipeofori in volo
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, murato nel quadriportico dell’atrio, lato E

Prima attestazione

Nel Duomo in occasione della Sacra Visita del 1598: “Visitavit sequens sepulchrum marmoreum cum insignis familiae De Vicariis, bene tenutum" (ADS, fondo sacre visite 1598 ; Capone 1927, I 200, n. 13, 242, 1929, II 29, 39; Braca 2003, 105 nota 65)

MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0,75, m; lung. 2,36 m; larg. 0, 70m
Stato di conservazione

La cassa è ricomposta da quattro grossi frammenti contr., i listelli marginali sono scheggiati in più punti; consistenti lacune riguardano i soggetti scolpiti sull?alzata e le figure acroteriali del coperchio. Marcata corrosione superficiale, in particolare sul fregio del coperchio.

Cronologia160-180 d.C
Descrizione

Il sarcofago, a cassa parallelepida, reca una decorazione su tre lati; al centro del lato lungo, un clipeo modanato è sorretto da Eroti in volo mentre all’estremità due Eroti speculari incedono in direzione opposta al fulcro della rappresentazione; sotto il clipeus, che reca uno stemma di rilavorazione moderna, due grifi si volgono le spalle ponendosi ciascuno di fronte ad un Erote inginocchiato seguito da un animale a quattro zampe (pantera?); i lati brevi sono decorati con una sfinge di profilo; il coperchio, di dimensioni superiori alla cassa, è decorato sull’alzata con ghirlande sorrette da Eroti inginocchiati, nelle lunette compare il motivo dionisiaco delle maschere affrontate; sulla faccia superiore del coperchio si legge l’iscrizione CORPUS GEORGI NEPO ROBI VICAQ. DE  VEN OB AN MCCXCVI (trascrizione dell’iscrizione in Braca 2003, 105, nota 62).

Il sarcofago si annovera nella serie di sarcofagi con Eroti  che sorreggono un clipeus recante il ritratto del defunto o un testo epigrafico attestati, dalla seconda metà del II sec. d.C,  in ambito urbano (confronti in Schauenburg 1966, 267 ss.; MNR 1988, 1,10, 2, cat. nn. 209-251); tra le varianti dello schema figurativo, in alternativa agli Eroti, si ritrovano Nikai, mentre in luogo dei clipei possono essere scolpite tabulae o parapetasmata. Nel caso dell’arca salernitana, a giudicare dallo spessore del piano ribassato a seguito della rilavorazione per la realizzazione dello stemma nel ‘500 (Paoletti 1984, p. 243, nota 47), il clipeo doveva inquadrare il ritratto del defunto piuttosto che un’iscrizione. Le sfingi, poste come motivo decorativo al di sotto del clipeo ricorrono in una serie di sarcofagi con Eroti o Nikai clipeofori, in particolare un sarcofago conservato alla Ny Carlsberg Glyptothek di Copenaghen denota  affinità con l’esemplare del Duomo (Schauenburg 1975, 280 ss., figg. 14, 19) Il coperchio, eccedente per dimensioni rispetto alla cassa e per il tema di rappresentazione a carattere dionisiaco, è compatibile con una decorazione della cassa di analogo soggetto, sembrerebbe essere stato riadattato al sarcofago che reca raffigurati in basso Eroti in una posa analoga a quella degli Eroti ghirlandofori del coperchio, in virtù di una ricercata forma di reimpiego. Il motivo degli Eroti ghirlandofori con maschere affrontate scolpite nelle lunette ricorre di sovente nelle alzate di sarcofagi (Herdejürgen 1996, cat. nn. 45, 54, 60, 86, 110, 118, 131, 132, 140, 152, 153) a partire dalla fine dell’età adrianea. Nell’ambito delle raffigurazioni su coperchi, lo schema iconografico degli Eroti ghirlandofori, senza la presenza di maschere, è attestato sul coperchio di un sarcofago dionisiaco ai Musei Capitolini (Matz 1969, 3, cat. n. 200, tavv. 214, 215a). L’iscrizione fornisce informazioni sul riuso del sarcofago come sepolcro di Giorgio de Vicariis,  morto nel 1296, nipote di Roberto de Vicariis e ne consente l’identificazione nel Rinascimento nel corso della visita pastorale del 1598 (De Angelis 1937, 33; Ragusa 1951, 189, n. 99; Bracco 1979, 99 ss.; Paoletti 1984, 240, fig. 15; Braca 2003, 106-107).

Immagine
Famiglie e persone

Giorgio De Vicariis da Venosa, nipote di Roberto de Vicariis. Un Roberto de Vicariis è attestato in un documento del 1197 in qualità di giustiziere imperiale (de Gemmis 1960, 37; Paoletti 1983, 243, nota 47). 

Collezioni di antichità
Note

Il sarcofago, confezionato da un’officina urbana, potrebbe essere stato commissionato in antico ad una bottega urbana da un centro campano e quindi prelevato in epoca medievale in loco, tuttavia la produzione urbana rende possibile qualsiasi provenienza del sarcofago e non può fornire alcuna indicazione sulla collocazione originaria del pezzo, resta pertanto ignoto il luogo di approvvigionamento del reimpiego. 

Fonti iconografiche

Riprodotto in un disegno di J. Ph. Leseur del 1822

Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 105-106, fig. 98.

 

Bracco 1979: Vittorio Bracco, Salerno romana, Salerno 1979, 98.

 

Capone 1927-1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, 1927, I 200, n. 13, 24; 1929, II 29, 39.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 33.

 

De Gemmis 1960: Gioacchino de Gemmis, Silvium e Altamura, Altamura 1960, 35 ss.

 

Herdejürgen 1996: Helga Herdejürgen, Die antiken Sarkophagreliefs, 6, 2. Stadtrömische und italische Girlandensarkophage, 1. Die Sarkophage des ersten und zweiten Jahrhunderts, Berlin 1996.

 

Matz 1969: Friedrich Matz, Die dionysischen Sarkophage. Die antiken Sarkophagreliefs IV 2, cat. n. 200, tavv. 214, 215a.

 

MNR 1988: Il Museo Nazionale Romano, Le sculture. Magazzini, I sarcofagi, a cura di Antonio Giuliano, 1, 10, 2, Roma 1988.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 253-255.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, "Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese" in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 240, fig. 15

 

Ragusa 1951: Isa Ragusa, The Re-use and Public Exhibition of Roman Sarcophagi in the Middle Ages and Early Renaissance, New York 1951,189, n. 99.

 

Schauenburg 1966: Konrad Schauenburg, Die Lupa romana als sepulkrales motiv, JdI 81, 1966, 267 ss.

 

Schauenburg 1975: Konrad Schauenburg, Die Sphinx unter dem clipeus, AA 90, 1975, 280 ss, 288, n. 8, 293 ss, fig. 14.

Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione30/06/2014 11:12:49
Data ultima revisione06/01/2019 15:04:52
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/399
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago con Meleagro e la caccia al cinghiale calidonio
Luogo di provenienzaCAMPANIA
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, murato nel lato E del quadriportico

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco, proconnesio
Dimensionih 0,79 m; lung. 2, 35 m; larg. 0,70 m ( Koch)
Stato di conservazione

Cassa integra; coperchio antico non pertinente; lacune e superfici dilavate

CronologiaMetà circa del III sec. d.C. (Valbruzzi 1998, 124 ss.; Valbruzzi 2012, 77 ss.) -ultimo quarto del III sec. d.C. (Koch 1975, 61-62, 134).
Descrizione

La vasca è integralmente conservata; il coperchio, di dimensioni inferiori al vano di apertura, è antico ma non pertinente e reca rilavorazioni medioevali in corrispondenza dei timpani; della scena figurata presenta diverse lacune mancano, da sinistra, la colonna destra dell’edicola sullo sfondo, il braccio destro e l’oggetto retto nella mano sinistra della figura femminile assisa e la testa del cane seduto ai suoi piedi; il braccio destro della figura maschile il primo piano poggiata al pilastro; il braccio destro dei tre personaggi maschili in primo piano che si susseguono dopo il pilastro e della figura femminile posta dinanzi al cinghiale; si registra uno stato di corrosione superficiale diffuso, più evidente in corrispondenza dei volti dei soggetti effigiati.     

La cassa, di sagoma rettangolare, è decorata su tre lati. Il lato lungo è scolpito con il mito di Meleagro nell’episodio della caccia al cinghiale calidonio.

La raffigurazione si apre da sinistra con una scena sacra evocata da un’edicola sullo sfondo e una figura femminile assisa in trono, di profilo, vestita di un chitone altocinto e con il capo incoronato da un diadema; la faretra sulle spalle, le tracce dell’arco retto nella mano sinistra, la cerva accosciata sotto lo scanno e il cane seduto sulle zampe posteriori dinanzi alla divinità rimandano all’iconografia di  Diana cacciatrice.

In secondo piano, volto verso la dea, figura con lo scettro nella mano sinistra, Oineo, re di Calidone, padre di Meleagro. Volta in direzione opposta, una figura femminile identificabile con Atalanta è alle spalle di Meleagro che, appoggiato ad un pilastro figurato, reca la lancia nella mano sinistra e indossa il mantello appuntato sulla spalla destra; Atalanta e Meleagro, dovevano essere impersonati dai defunti, i cui ritratti, quasi evanidi, sostituivano i volti dei due protagonisti del mito. Atalanta, come tutte le figure femminili raffigurate sul sarcofago, ad eccezione della divinità, sfoggia una Melonenfrisur con chignon alto. Si chiude in questo punto della rappresentazione il rituale di preparazione alla caccia e si apre, nel contempo, la raffigurazione dell’episodio della caccia al cinghiale: la scena centrale è campita dai Dioscuri che avanzano a piedi tirando i cavalli per le redini, seguiti da un cacciatore; Meleagro, preceduto da Atalanta incede impetuoso verso il grosso cinghiale per sferrargli un colpo dall’alto; sullo sfondo, alle spalle di Meleagro, si staglia una figura femminile, mentre, dietro al cinghiale, tre cacciatori avanzano verso Meleagro per braccare alle spalle l’animale; l’intero piano di calpestio è battuto da cani da caccia, uno dei quali azzanna il cinghiale sul muso. 

Sul fianco sinistro della cassa è scolpito un portatore di rete con un cane al guinzaglio, mentre su quello di destra un altro portatore di rete incede con un bastone verso un albero.

Il coperchio, a doppio spiovente, pertinente ad un altro sarcofago, è connotato da acroteri angolari che anteriormente sono configurati in forma di maschere teatrali.

Il sarcofago del Duomo propone uno schema figurativo con due scene in sequenza, intervallate dal pilastrino su cui si appoggia Meleagro, che ricorre in alcune rappresentazioni del mito di Ippolito e Fedra in cui è altresì restituita l’immagine di quest’ultima seduta in attesa della partenza di Ippolito per la caccia (Giuliano 1957, 183 ss.;  in proposito si veda il sarcofago con il mito di Ippolito e Fedra nella cripta della Cattedrale di Capua: Valbruzzi 2012, 77). Il tema e la composizione del sarcofago di Salerno trova un confronto con un altro sarcofago con il mito di Meleagro nell’episodio della caccia al cinghiale, collocato nel Chiostro dell’Abbazia della Trinità di Cava dei Tirreni (Koch 1975, 60, 134;  Valbruzzi 1998, 124 ss.; Valbruzzi 2012, 77 ss.), probabilmente prodotto nella stessa bottega che ha confezionato il sarcofago di Salerno, ad opera di artigiani che riformulano, in un ambito di  produzione locale, un linguaggio figurativo ispirato agli schemi di rappresentazione e ai modi formali delle officine urbane (contra D’Henry 1968, 115).  

Immagine
Famiglie e persone

Guglielmo II il Normanno

Collezioni di antichità
Note

Guglielmo il Normanno, duca di Puglia e Calabria, nipote di Roberto il Guiscardo e figlio di Ruggiero Borsa e Adele di Fiandra, morì trentaduenne nel 1127. Secondo una tradizione non suffragata da dati certi, la tomba di Guglielmo, sepolto nella Cattedrale di Salerno, andrebbe riconosciuta nel sarcofago con scene del mito di Meleagro nell’episodio della caccia al cinghiale. La giovane età dell’individuo seppellito all’interno del sarcofago sarebbe confermata dalla cronologia dei resti che, all’apertura del sarcofago, risultarono essere di un giovane con dentatura integra e capelli chiari; nella cassa furono recuperati anche un bastone e frammenti di nastri di seta datati al XII sec. (Camera 1876, I, 215; De Angelis 1937, 36; Ragusa 1951, 185; Houben 2003). La scelta del soggetto effigiato sulla cassa si configura quale soluzione ricercata per una sepoltura regale: il potere redentivo dell’eroe che sconfiggeva il cinghiale ben si adattava alla celebrazione delle virtù di un giovane sovrano sulla scorta di una colta rivisitazione della simbologia pagana. A tal proposito appare significativo rilevare che, nella Cattedrale di Cosenza, un sarcofago antico con il mito di Meleagro e la caccia la cinghiale (Koch 1975, 291) accolse nel 1242 le spoglie di un altro regnante prematuramente scomparso, Enrico VII di Svevia, figlio di  Federico II (Fornaciari, De Leo 2001). In merito al mito di Meleagro e la caccia al cinghiale calidonio sui sarcofagi si veda Zanker, Eckwald 2004, 56 ss. 347-351; sul reimpiego dei sarcofagi in epoca medievale si rimanda a  Andreae, Settis 1984; per una panoramica sulle sepolture dei regnanti normanni si rimanda a de Lachenal 1995, 240 ss. In merito all’originaria collocazione del sarcofago mancano attestazioni, la cassa infatti non viene descritta nelle testimonianze cinquecentesche sulla disposizione dei sarcofagi del Duomo che, prima di essere gradualmente trasferiti nell’Atrio, occupavano l’interno della Cattedrale ed un cimitero detto di “Terrasanta”, posto tra il Duomo e il Palazzo arcivescovile (De Angelis 1937, 30; Paoletti 1984, 237). Su di una presunta precedente collocazione, nel terzo quarto del Settecento, nell'abbazia di S. Benedetto, si rimanda a Palmentieri 2010, 249.

Fonti iconografiche

Il coperchio è riprodotto in un disegno di J. Ph. Leseur del 1822

Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Avena 1902: Adolfo Avena, I monumenti dell'Italia meridionale, Roma 1902, 371-372.

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 103, fig. 96.

 

Brennecke 1970: Traute Brennecke, Kopf und Maske. Untersuchungen zu den Akroteren an Sarkophagdeckeln, Berlin 1970, 181.

 

Camera 1876-1881: Matteo Camera, Memorie storico-diplomatiche dell'antica città ducato Amalfi,  Salerno 1876-1881 (rist. anastatica Salerno 1999). 

 

Capone 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno II, Salerno 1929, 31-33.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 36-37, 254-257.

 

de Lachenal 1995: Lucilla de Lachenal, Spolia. Uso e reimpiego dell'antico dal III al XIV secolo, Milano 1995.

 

D’Henry 1968: Gabriella D'Henry, "Due sarcofagi di Meleagro in Campania", ArchCl 20, 1968, 101-116 tavv. 44-48.

 

Fornaciari, De Leo 2001: Gino Fornaciari, Pietro De Leo, L’impronta indelebile: Enrico VII di Svevia e Gioacchino da Fiore alla luce delle indagini paleopatologiche, Soveria Mannelli 2001.

 

Gabelmann 1973: Hans Gabelmann, Die Werkstattgruppen der oberitalischen Sarkophage, Bonn 1973, 137.

 

Giuliano 1955-1956: Antonio Giuliano, "Un sarcofago di Eleusi con il mito di Meleagro", ASAtene 33, 1955-56, 183-205.

 

Houben 2003: Hubert Houben, " Guglielmo d'Altavilla, duca di Puglia", in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 60, Roma 2003.

 

Koch 1975: Guntram Koch, Die antiken Sarkophagreliefs, 12, 6. Die Mytologischen Sarkophage. Meleager, Berlin 1975, 3, 11 ss., 55 ss.,  58-62, 133-134 n. 151 tavv. 119 a-b, tavv. 124b, 126.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 166, 212, 249 ss.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, "Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese" in  Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 236 ss.

 

Ragusa 1951: Isa Ragusa, The Re-use and Public Exhibition of Roman Sarcophagi in the Middle Ages and Early Renaissance, New York 1951.

 

Robert 1904: Carl Robert, Die antiken Sarkophagreliefs 3, 2, 1904, 309-310, n. 239, tav. 82.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano,  Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 22 n. 22.

 

Valbruzzi 1998: Francesca Valbruzzi, “Su alcune officine di sarcofagi in Campania in età romano-imperiale”, in  Akten des Symposiums "125 Jahre Sarkophag-Corpus", a cura di Guntram Koch, Marburg, 4-7 Oktober 1995, Mainz 1998, 117-128.

 

Valbruzzi 2012: Francesca Valbruzzi, “Modi di produzione dei sarcofagi romani nelle officine campane”, in Akten des Symposiums Sarkophage der römischen Kaiserzeit. Produktion in den Zentren, Kopien in den Provinzen. Les sarcophages romains. Centres et périphéries,  a cura di Guntram Koch, François Baratte, Paris, 2-5 November 2005, Rutzen 2012, 69-78.

 

Zanker, Ewald 2004, Paul Zanker, Björn Christian Ewald, Mit Mythen leben. Die Bilderwelt der römischen Sarkophage, Munchen 2004.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione28/05/2014 01:05:45
Data ultima revisione06/01/2019 15:05:25
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/365
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago con Nikai in volo
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, quadriportico lato N, nell’intercolumnio mediano

Prima attestazione

il sarcofago era attestato, ancora nel Seicento, all’interno della chiesa (Mazza 1681, 52)

MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0, 53 m; lung. 1,87 m; larg. 0, 58 m
Stato di conservazione

La superficie della decorazione antica è profondamente abrasa; quasi del tutto scomparsa la figura di Erote a sinistra mentre a destra è priva delle braccia e della gamba sinistra; le Nikai, acefale, presentano consistenti lacune agli arti, in particolare quella di sinistra; sul lato lungo rilavorato in epoca moderna si rileva un foro in basso a destra.

CronologiaSeconda metà del II sec. d.C.
Descrizione

Il sarcofago, a cassa parallelepipeda, in antico si presentava decorato su tre lati. Sul lato lungo, delimitato orizzontalmente da due listelli, sono scolpite due Nikai in volo reggenti un’ampia tabula la cui superficie interna, in origine recante l’iscrizione funeraria, è stata rilavorata nel XIV secolo con uno stemma nobiliare a rilievo; alle estremità figurano due Eroti stanti, mentre sul fondo sono adagiati, convergenti simmetricamente verso la tabula, sia a destra che a sinistra, un vaso rovesciato seguito da un ramo di palma; sui lati brevi sono raffigurati due grifi affrontati dinanzi  ad un candelabro; il retro, in antico non lavorato, è stato scolpito nel XIV secolo con i due stemmi nobiliari dei del Balzo e dei Sanseverino alle estremità, e con uno centrale che accosta i simboli araldici dei due casati; il fondo, riempito da decorazioni floreali, è incorniciato da un listello inscritto in caratteri gotici con riferimento alla sepoltura di Machisia del Balzo, contessa di Mileto e Terranova, morta nel 1367: HIC IACET MAGNIFICA MULIER DOMINA MARQUISIA DE BAUCIO COMITISSA MILETI ET TERRENOVE QUE OBIIT ANNO DOMINI MCCCLXVII DIE VXX MENSIS SEPTEMBRIS VI INDICIONE CUI ANIMA REQUIESCAT IN PACE AMEN (Paoletti 1984, 240, figg. 16-17, 243, nota 47; Braca 2003, 110). Il coperchio in pietra calcarea è moderno.

L'arca si ascrive alla serie dei sarcofagi con figure alate, Vittorie o Eroti, che sorreggono una tabula recante un testo epigrafico, di cui si ha testimonianza in ambito urbano dalla seconda metà del II sec. d.C. (confronti in Schauenburg 1966, 267 ss.; MNR 1988, 1, 10, 2, cat. nn. 209-251); tra le varianti dello schema figurativo, in luogo delle tabulae possono essere scolpiti clipei o parapetasmata.

Immagine
Famiglie e persone

Marchisia del Balzo, contessa di Melito e Terranova, seconda moglie di Ruggero Sanseverino, deceduta nel 1367; in quegli anni, Guglielmo III Sanseverino era arcivescovo di Salerno (1364-1378)  (Braca 2003, 110). 

Collezioni di antichità
Note

Il sarcofago era in origine ubicato all’interno del Duomo (cfr. supra); nel Settecento fu collocato nell’ Atrio per essere ulteriormente trasferito, all’epoca di Ferdinando II di Borbone, all’interno dell’Episcopio, utilizzato come abbeveratoio per cavalli e, successivamente, fu spostato nel cortile del medesimo edificio; con i lavori di risistemazione degli anni ‘30 del secolo scorso il sarcofago trovò nuovamente collocazione nell’Atrio del Duomo (Mazza 1681, 52; Staibano 1875, 201; De Angelis 1937, 41).

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 110.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 41.

 

Mazza 1681: Antonio Mazza, Historiarum Epitome de rebus Salernitanis, Napoli 1681, 52.

 

MNR 1988: Il Museo Nazionale Romano. Le sculture, 1, 10, a cura di Antonio Giuliano, Roma 1988.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il Medioevo, Tesi Dottorato 2010, 166, 213, 241-242.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, "Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese", in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 240, figg. 16-17, p. 243 nota 47.

 

Schauenburg 1966: Konrad Schauenburg, "Die Lupa romana als sepulkrales Motiv", JdI 81, 1966, 267 ss..

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione09/09/2014 00:15:18
Data ultima revisione06/01/2019 15:06:04
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/441
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago con thiasos marino e clipeo centrale
Luogo di provenienzaCAMPANIA
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, quadriportico lato S, tra le due porte d’ingresso alla Sala S. Tommaso 

Prima attestazione

1575, nell’atrio del Duomo (Garzillo 1999, 258-259; Braca 2003, 104) 

MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0, 38 m; lung. 2,04 m; larg. 0, 55 m
Stato di conservazione

La superficie della cassa è danneggiata; abrasioni profonde in particolare lungo il margine superiore; lacune e scalfitture interessano le parti figurate; lastra di copertura fissata per mezzo di calce; tracce di coloritura azzurra sulle vesti, rossa sulla chioma femminile, nera sui caratteri epigrafici (Paoletti 1984, 239).

CronologiaMetà circa del III sec. d.C.
Descrizione

Su di una cassa in forma di parallelepipedo, poco sviluppata in altezza e dai fianchi non lavorati, è scolpito, sulla fronte, un thiasos marino su onde fluttuanti, con personaggi disposti simmetricamente rispetto ad un imago clipeata centrale. Il clipeo, entro cui sono raffigurati i busti dei coniugi defunti, è desinente in un cespo d’acanto (Jucker 1961, 44 ss, 19, tav. 11) ed è sorretto lateralmente da due Ittiocentauri, che suonano uno strumento a fiato, cavalcati da due Nereidi; per ciascun lato, dietro ai clipeofori, figura un Erote seguito da un Ittiocentauro in coppia con una Nereide accompagnata da un amorino in volo. Ai lati estremi della lastra figurata, sia a destra che a sinistra, separati dalla scena marina da elementi verticali, appaiono due Geni alati con la fiaccola abbassata. Al di sotto della scena scolpita, su di un listello liscio, è incisa l’iscrizione: “SEPULCRUM SERGII CAPO CRASSI ET HEREDU MAXULINI SEXUS” verosimilmente risalente al XV secolo (Paoletti 1984, 242, nota 43). In corrispondenza dei margini laterali del retro sono scolpite colonnine tortili, esito di una rilavorazione medioevale (Paoletti 1984, 239).

Il sarcofago rientra in una serie, diffusa a partire dal II sec. d. C., con alzata decorata da un corteo marino - cui eventualmente si accompagnano Eroti - convergente verso un clipeo centrale sorretto da due figure speculari (Rumpf 1939).  Per quanto riguarda la cassa salernitana, lo stile della raffigurazione, contraddistinto da appiattimento dei volumi, alterazione delle proporzioni e della forma, si accorda con la datazione delle acconciature dei coniugi effigiati, da fissarsi intorno alla metà del III sec. d.C, ad opera di una bottega locale.

   

Immagine
Famiglie e persone

Sergio Capograssi

Collezioni di antichità
Note

Il sarcofago è stato reimpiegato nel XIII secolo per contenere le spoglie di Sergio Capograssi e dei suoi discendenti (Monaco 2002, Braca 2003, 103 ss.). È verosimile che il sepolcro, prima di essere trasportato nell’atrio, fosse collocato nel cimitero di “Terrasanta” (Staibano 1871, 21) localizzabile tra il Duomo e il Palazzo arcivescovile, dove anche altri sarcofagi di riuso erano ubicati (Mazza 1681, 37; De Angelis 1937, 30, Paoletti 1984, 237). Il sarcofago iscritto con il nome di Sergio Capograssi, con ogni probabilità nel ‘400, viene ricordato nell’atrio in un documento del  1575 (Garzillo 1999, 258-259; Braca 2003, 104) e nuovamente in occasione della visita pastorale del 1578 (Capone 1927-1929, I, 200, II, 31; Braca 2003, 103).  Il nome della famiglia Capograssi ricorre sulle casse di altri due sarcofagi disposti nell’atrio del Duomo: Il sarcofago strigilato con clipeo centrale  di Iacopo Capograssi e il sarcofago a tinozza con scene dionisiache destinato a diversi membri della famiglia.

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 103-104.

 

Capone 1927-1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, Salerno 1927 I, 200, 1929 II, 31.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 31-32.

 

Garzillo 1999: Fernando Garzillo, “Un conteso giuspatronato nella cattedrale di Salerno”, Rassegna Storica Salernitana, 31, 1999, 258-259.

 

Mazza 1681: Antonio Mazza, Historiarum Epitome de rebus Salernitanis, Napoli 1681, 37.

 

Monaco 2002: M. E. Monaco, “Il sarcofago di Sergio Capograsso ed eredi maschi a Salerno. Un caso di reimpiego”, Bollettino della Unione storia e arte, 2002, 46-50.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 261-262.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 237-239, fig. 12.

 

Ragusa 1951: Isa Ragusa, The Re-use and Public Exhibition of Roman Sarcophagi in the Middle Ages and Early Renaissance, New York 1951, 196, n. 104.

 

Rumpf 1939: Andreas Rumpf, Die Meerwesen auf den antiken Sarkophagreliefs. Die antiken Sarkophagreliefs 5, 1, Berlin 1939, 21, n. 58, fig. 32, tav. 20.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano,  Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 21.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione11/06/2014 01:51:43
Data ultima revisione06/01/2019 15:06:48
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/377
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago di tipo asiatico con ghirlande e bucrani
Luogo di provenienzaCAMPANIA
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, murato nel lato N del quadriportico 

Prima attestazione
Materialemarmo bianco, proconnesio
Dimensionih 0,76 m; lung. 2, 24 m; larg. 0, 75 m (Herdejürgen 1996)
Stato di conservazione

Avanzato stato di corrosione delle superfici; sbrecciature; tagli trasversali sui fianchi; fori praticati sulla cassa e sullo spiovente anteriore del coperchio, quest?ultimo rilavorato per la raffigurazione di uno stemma moderno.

CronologiaMedia età antonina (Herdejürgen 1996)
Descrizione

La cassa, a base rettangolare, presenta il margine inferiore modanato; la decorazione a ghirlande, sospesa alle corna di bucrani, percorre la fronte e i fianchi del sarcofago. Sulla fronte, al centro, è scolpita una tabula rettangolare, priva di testo epigrafico, inquadrata da due bucrani dalle cui corna pende una ghirlanda di foglie di quercia, mentre due ghirlande con frutti si congiungono ai bucrani angolari; lo sfondo neutro della lastra si anima con i margini svolazzanti delle bende avvolte intorno alle corna delle teste bovine e con due rosette scolpite in altorilievo all’interno delle lunette laterali; il coperchio, antico ma non pertinente (Herdejürgen 1996, 172 n. 176), restituisce un doppio spiovente, con acroteri angolari, decorato con tegole e coppi scolpiti in bassorilievo; la parte centrale dello spiovente frontale è stata rilavorata in epoca moderna con uno stemma che all’interno del medaglione restituisce bande trasversali: sulla seconda banda dal basso si legge “D. OY”  e, dopo un intervallo di spazio privo di caratteri, “V”.

Il sarcofago si ascrive alla tipologia dei sarcofagi asiatici con tabula ansata affiancata da ghirlande (Koch-Sichtermann 1982, 292 fig. 314; Herdejürgen 1984, 21, fig. 6-7; Todisco 1994, 225; Herdejürgen 1996, 172 n. 176, tav. 106, 1,3), attestata a Roma dalla fine del I sec. d.C. (Pensabene 1981, 85 ss.; Ambrogi 1990, 163 ss.) e diffusa in Campania, tra la fine dell’età adrianea e la fine dell’età antonina, sotto l’impulso di una produzione locale ispirata alla maniera formale e ai repertori iconografici di tradizione microasiatica (Herdejürgen 1984, 7 ss.; Herdejürgen 1993, 47ss.; Todisco 1994, 227; Herdejürgen 1996, 64).

Il sarcofago, che reca sul coperchio lo stemma cinquecentesco della notoria famiglia Santomango (Braca 2003, 108, figg 102-103), rientra nell’elenco delle sepolture nobiliari viste nell’atrio del Duomo di San Matteo nel corso di una visita pastorale del 1598 (Capone 1929 II, 199; Paoletti 1984, 237; Braca 2003, 108).

Un riferimento ad una sepoltura di un esponente della famiglia, Filippo Santomango, è in Mazza 1681, 39 (iscrizione del 1336 nel vano di accesso alla Cattedrale dalla Porta dei Leoni).

Immagine
Famiglie e persone

Santomango

Collezioni di antichità
Note

Secondo il Paoli, che pubblica un disegno della cassa (Paoli 1784, 160, tav. 43; Braca 2003, 108, fig. 103), il sepolcro dei Santomango rientrerebbe nel novero dei sarcofagi che Roberto il Guiscardo fece trasportare da Paestum ad ornamento del Duomo di San Matteo  (Paoletti 1984, 240).

Lo stemma del XVI sec., identificativo della famiglia, non è indicativo dell’epoca del primo riuso della cassa come sepoltura (Paoletti 1984, 237). 

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Ambrogi 1990: Annarena Ambrogi, “Sarcofagi e urne con ghirlande della prima età imperiale”, RM 97, 1990, 163 ss..

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 108, figg. 102-103.

 

Bracco 1979: Vittorio Bracco,  Salerno romana, Salerno 1979, 98.

 

Capone 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno II, Salerno 1929, 39, 139.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 42.

 

Herdejürgen 1984: Helga Herdejürgen,  Sarkophage mit Darstellungen von Kultgeräten, Marburger Winckelmann-Programm 1984, Marburg 1984, 7 ss.

 

Herdejürgen 1993: Helga Herdejürgen, “Campanische Girlandensarkophage”, in  Grabeskunst der römischen Kaiserzeit, a cura di Guntram Koch, Bernard Andreae, Viertes Symposium des Sarkophag-Corpus, Marburg 23-27 Juli 1990, Mainz 1993, 43-50.

 

Herdejürgen 1996: Helga Herdejürgen, Die antiken Sarkophagreliefs, 6, 2. Stadtrömische und italische Girlandensarkophage, 1. Die Sarkophage des ersten und zweiten Jahrhunderts, Berlin 1996, 64, 172.

 

Koch-Sichtermann 1982: Guntram Koch, Helmut Sichtermann, Römische Sarkophage, München 1982, 292, fig. 314.

 

Mazza 1681: Antonio Mazza, Historiarum Epitome de rebus Salernitanis, Napoli 1681, 39.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, "Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese" in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 237, 240. 

 

Paoli 1784: Paolo Antonio Paoli,  Rovine della città di Pesto, detta ancora Posidonia, Roma 1784, 127, 160, tav. 43.

 

Pensabene 1981: Patrizio Pensabene, “Nota sullo stadio di lavorazione e la tipologia dei sarcofagi a ghirlande microasiatici esportati in Occidente”, Dialoghi di Archeologia,  1981, 85-108.

 

Ragusa 1951: Isa Ragusa, The Re-use and Public Exhibition of Roman Sarcophagi in the Middle Ages and Early Renaissance, New York 1951, 4, 11, 27, 193, n. 102.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano, Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 24.

 

Todisco 1994: Luigi Todisco, Scultura antica e reimpiego in Italia meridionale, I. Puglia, Basilicata, Campania, Bari 1994, 225, 227.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione31/05/2014 12:28:28
Data ultima revisione06/01/2019 15:08:00
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/367
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago di tipo asiatico con ghirlande ed Eroti
Luogo di provenienzaCAMPANIA
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, murato nel lato E del quadriportico 

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco, proconnesio
Dimensionih 0, 78 m; lung. 2, 12 m; larg. 0, 83 m (Herdejürgen 1996)
Stato di conservazione

Corrosione superficiale associata alla presenza di una patina ferrosa; scalfitture lungo il margine superiore e agli angoli della cassa; rilavorazione moderna del clipeo.

Cronologia190 d.C. (Herdejürgen 1996)
Descrizione

La cassa, a base rettangolare, è scolpita sui tre lati con un motivo a ghirlande; sulla fronte, delimitata in alto da un listello e una gola rovescia, due Eroti clipeofori sostengono il clipeo centrale, reggendo con il braccio sinistro ghirlande di foglie di alloro allacciate, sul lato opposto, alle fiaccole scolpite agli angoli del sarcofago; le ghirlande, arricchite nel tratto centrale da un grappolo d’uva, inquadrano sul fondo neutro rosette a petali cuoriformi. Il clipeo, poggiato su di una piccola sfera, e recante in antico il ritratto del defunto, è stato rilavorato in epoca moderna con uno stemma araldico che restituisce l’immagine di un leone rampante.  Il coperchio, pertinente ad un'altra cassa (Herdejürgen 1996, 173), è a doppio spiovente con palmette acroteriali e presenta, in corrispondenza della base modanata, tre grossi fori di ingresso alle grappe; lo spiovente frontale è decorato da foglie lanceolate disposte in guisa di tegole; lo spiovente opposto non è rifinito mentre i timpani riportano al centro una patera.   Il sarcofago (Herdejürgen 1993, 46 ss, tav. 16, 1; Herdejürgen 1996, 173, n. 177, tav. 105, 1) è riconducibile alla tipologia dei sarcofagi di tipo asiatico a ghirlande pendenti da bucrani o sorrette da figure ghirlandofore (Pensabene 1981; Koch-Sichtermann 1982, 223 ss.; 435 ss.; 499 ss.; Herdejürgen 1996) che, in marmo proconnesio, sono attestati a partire dal secondo quarto del II sec.d.C e continuano ad essere prodotti nel secolo successivo (Pensabene 1981, 91 ss.). L’esemplare salernitano si ascrive ad una produzione campana che rielabora schemi figurativi esemplati sui modelli dei sarcofagi asiatici esportati in Occidente, lavorando su casse solo sbozzate (Pensabene 1981, 108; Herdejürgen 1993, 43 ss.). Il sistema decorativo della fronte della cassa del Duomo di S. Matteo trova confronti più stringenti con quello di un sarcofago conservato a Hearst Castle, proveniente da Napoli (Herdejürgen 1996, 174 n. 180), ma anche con quello di altre casse conservate in Campania che, con varianti riguardanti la disposizione e la presenza delle fiaccole e degli Eroti, riprongono affini schemi compositivi (Todisco 1994, 228; Herdejürgen 1996, 64 ss., 166 ss.).

L’arca, priva di resti all’interno (De Angelis 1937, 38, t), con ogni verosimiglianza è stata riutilizzata dalla famiglia Ruggi, il cui stemma, databile a partire dal XVI secolo, è inquadrato nel clipeus rilavorato (Staibano 1871, 22; Capone 1929 II, 33; Bracco 1979, 97 ss.; Paoletti 1984, 237; Braca 2003, 107, fig. 100). 

Immagine
Famiglie e persone

Ruggi

Collezioni di antichità
Note

Le vicende relative al primo riuso della cassa come sepolcro, così come l’originaria ubicazione del sarcofago, all’interno del Duomo o nel cimitero ad esso annesso, non sono ricostruibili mentre può presumersi l’avvenuta sistemazione nell’atrio già nel '500 (Paoletti 1984, 237).

Nel disegno del Leseur lo stemma con il leone rampante viene reinterpretato dal disegnatore francese con la restituzione grafica del ritratto che in antico doveva essere scolpito entro il clipeo. 

Fonti iconografiche

Il sarcofago viene riprodotto in un disegno di J. Ph. Leseur  del 1822.

Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 107, fig. 100.

 

Bracco 1979: Vittorio Bracco,  Salerno romana, Salerno 1979, 98.

 

Capone 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno II, Salerno 1929, 33.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 36-38.

 

Herdejürgen 1993: H. Herdejürgen, “Campanische Girlandensarkophage”, in Grabeskunst der römischen Kaiserzeit, a cura di Guntram Koch, Bernard Andreae. Viertes Symposium des Sarkophag-Corpus, Marburg 23-27 Juli 1990, Mainz 1993,  43-50.

 

Herdejürgen 1996: Helga Herdejürgen, Die antiken Sarkophagreliefs, 6, 2. Stadtrömische und italische Girlandensarkophage, 1. Die Sarkophage des ersten und zweiten Jahrhunderts, Berlin 1996.

 

Koch-Sichtermann 1982: Guntram Koch, Helmut Sichtermann, Römische Sarkophage, München 1982, 223 ss.; 435 ss.; 499 ss.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, "Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese" in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983,  Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars,  Marburg/Lahn 1984, 236 ss. 

 

Pensabene 1981: Patrizio Pensabene, “Nota sullo stadio di lavorazione e la tipologia dei sarcofagi a ghirlande microasiatici esportati in Occidente”, Dialoghi di Archeologia, 1981, 85-108.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano,  Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 22.

 

Todisco 1994: Luigi Todisco, Scultura antica e reimpiego in Italia meridionale, I. Puglia, Basilicata, Campania, Bari 1994, 228.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione29/05/2014 13:12:26
Data ultima revisione06/01/2019 15:08:36
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/366
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago strigilato con Buon Pastore
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, murato in una nicchia del lato Sud del quadriportico.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0, 80 m, lung. 2, 27 m
Stato di conservazione

La cassa è interessata da una frattura trasversale in corrispondenza del pannello centrale; la superficie del marmo è profondamente abrasa con conseguente illeggibilità dei dettagli dei campi figurati.

CronologiaPrima metà del IV sec. d.C..
Descrizione

Il sarcofago presenta una cassa rettangolare la cui fronte è scandita da due pannelli strigilati divisi centralmente da un riquadro con raffigurazione del Buon Pastore e delimitati all'estremità da un campo figurato con un personaggio femminile da un lato e uno maschile dall'altro. Nello spazio figurato centrale, chiuso ai lati da due alberi, il pastore è raffigurato stante con una pecora sulle spalle e altri due ovini ai piedi; a sinistra il pannello restituisce una personaggio femminile nella posa dell'orante mentre nel riquadro di destra figura  un uomo che stringe un rotolo avvolto in un mantello che lascia scoperto il torso. Il pezzo si connota per lo scarso risalto plastico, la difformità delle proporzioni e l'approssimazione dell'esecuzione.

Il sarcofago appartiene alla serie dei sarcofagi strigilati diffusi dalla fine del II sec d.C. (Koch, Sichtermann 1982, 73 ss., 241 ss.). Le raffigurazioni dell'orante e del "Buon Pastore"  (sul riuso dell'iconografia pagana del crioforo vedi Bisconti, Braconi 2012, 229. ss.) rimandano ad una produzione paleocristiana che, sulla scorta di valutazioni di ordine stilistico, si colloca nella prima metà del IV sec. d.C.  Per gli schemi iconografici restituiti dai pannelli alternati ai campi strigilati confronti in Deichmann, Bovini, Brandeburg I, 1967, in particolare pp. 183-184, n. 394, tav. 70; Dresken-Weiland, Bovini, Brandeburg II, 1998, in particolare 36, n. 113 tav. 41,2; p. 52 ss., n. 148, tav. 56. 

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Notizie dettagliate in merito al reimpiego nella Chiesa mancano; l'attuale collocazione risale agli anni '30 del secolo scorso, in occasione dei lavori di risistemazone degli interni del Duomo e dell'Atrio.

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, p. 105.

 

Bisconti, Braconi 2012: Fabrizio Bisconti, Matteo Braconi "Il riuso delle immagini in età tardo-antica: l’esempio del Buon Pastore dall’abito singolare", in Antichità altoadriatiche 74, Riuso di monumenti e reimpiego di materiali antichi in età postclassica: il caso della Venetia, Trieste 2012, 229-242.  

  

Capone 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno , Salerno 1929, II 25.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 32.

 

Deichmann, Bovini, Brandeburg I, 1967:  Friederich Wilhelm Deichmann, Giuseppe Bovini, Hugo Brandeburg, Repertorium der christlich-antiken Sarkophage, Rom und Ostia I, Mainz 1967.

 

Dresken-Weiland, Bovini, Brandeburg II, 1998:  Jutta Dresken-Weiland, Giuseppe Bovini, Hugo Brandeburg, Repertorium der christlich-antiken Sarkophage, Italien mit einem Nachtrag Rom und Ostia, Dalmatien, Museen der Welt II, Mainz 1998.

 

Koch, Sichtermann 1982: Guntram Koch, Helmut Sichtermann, Römische Sarkophage, München 1982, 73 ss., 241 ss.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il Medioevo, Tesi Dottorato 2010, 255-256.  

 

Staibano 1871: Luigi Staibano, Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 19.

 

Wilpert I, 1929: Joseph Wilpert, I sarcofagi cristiani antichi  I, Roma 1929, 784, n. 10, tav. 60.4.

 

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione23/09/2014 18:32:58
Data ultima revisione06/01/2019 18:09:05
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/443
OggettoSalerno, Duomo, atrio, sarcofago strigilato con clipeo
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Duomo, quadriportico, murato sul lato S 

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0, 58 m; lung. 2, 18 m
Stato di conservazione

La cassa, mal conservata, è stato ricongiunta in due parti in conseguenza di una frattura ortogonale; reca inoltre una grossolana integrazione sulla porzione centrale destra del lato lungo a partire dalla base; l'intera superficie è consunta e ossidata; scalfite e lacunose le figure stanti ai lati; abrasa l'immagine scolpita nel clipeo; un foro figura in alto a sinistra tra il campo strigilato e il listello.

CronologiaFine del III secolo d.C.
Descrizione

La cassa, a base rettangolare, è decorata sulla fronte da strigilature convergenti verso un clipeo posto in alto, la cui raffigurazione interna non appare più leggibile; non è da escludersi che fosse figurata anche la parte alla base del clipeo, non più leggibile; alle estremità, dinanzi ad un parapetasma, sono scolpiti personaggi stanti, a sinistra una figura maschile, a destra un’effigie di donna capite velato (Staibano 1871, 18; Capone 1927,  I 201, 1929, II 24; De Angelis 1937, 30; Braca 2003, 103).  L’arca si ascrive alla tipologia dei sarcofagi strigilati con clipeo, mandorla, tabula o pannello al centro, e elementi figurati o architettonici posti all’estremità della fronte, prodotti principalmente a Roma, dalla fine del II sec. d. C.,  su vasta scala e a costi contenuti  (Koch, Sichtermann 1982, 73 ss., 241 ss.). Su basi stilistiche il pezzo si data alla fine del III sec. d.C. . Si rimanda per i  confronti ad Arias, Cristiani, Gabba 1977 I, 148-149, figg. 189-190 (E. Cristiani). La cassa, sul cui originario luogo di provenienza non è possibile avanzare ipotesi,  fu reimpiegata per la sepoltura di un personaggio di identità non rintracciabile.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

È stato supposto che il sarcofago fosse in origine collocato nel cimitero di “Terrasanta” che sorgeva, in epoca medioevale, in un’area estesa a Sud del Duomo e ad Est del campanile, presso via Roberto il Guiscardo (De Angelis 1937, 30, c).   

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Arias, Cristiani, Gabba 1977, I:  Paolo Enrico Arias, Emilio Cristiani, Emilio Gabba, Camposanto monumentale di Pisa. Le antichità, I, Pisa-Modena 1977, 148-149, figg. 189-190 (E. Cristiani).

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 103.

 

Capone 1927-1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, Salerno 1927-1929, I, 202, II, 24

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 30.

 

Koch, Sichtermann 1982: Guntram Koch, Helmut Sichtermann, Römische Sarkophage, München 1982, 73 ss., 241 ss. 

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae.  Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il Medioevo, Tesi Dottorato 2010, 262-263.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano, Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 18.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione08/09/2014 22:24:12
Data ultima revisione06/01/2019 18:09:48
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/440
OggettoSalerno, Duomo, campanile, elementi architettonici
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Duomo San Matteo, Campanile

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco, marmo proconnesio, marmo bigio, granito.
Dimensioni
Stato di conservazione
Cronologia
Descrizione

La collocazione degli spolia inficia una lettura critica approfondita del materiale (Pollio 2003, 41), eterogeneo per tipologia e qualità del marmo (catalogo in Pollio 2003, 63-64).

 

Basamento:

capitello corinzio preromanico, fusto liscio in marmo bigio, base attica in marmo bianco;

capitello corinzio orientale in marmo proconnesio, fusto liscio in marmo bigio; base (toro) in marmo bianco.

 

 

Ammezzato, finestra:

capitello in marmo bianco, fusto liscio in marmo bigio.

 

 

Primo piano:

capitello corinzio orientale in marmo proconnesio, fusto liscio in granito violetto; base attica in marmo bianco; 

capitello corinzio orientale  in marmo bianco, fusto liscio in granito grigio;

capitello corinzio orientale  in marmo bianco, fusto liscio in granito grigio, base attica in marmo bianco;

capitello corinzio occidentale in marmo proconnesio, fusto liscio in granito grigio, base attica in marmo bigio.

 

Secondo piano:

capitello preromanico in marmo bianco, fusto liscio in granito grigio, sottobasamento in marmo bianco;

capitello a foglie lisce  in marmo proconnesio, fusto liscio in marmo bianco;

capitello corinzieggiante in marmo bianco, fusto liscio in marmo bianco, base attica in marmo bigio;

Capitello a foglie lisce in marmo bianco, fusto liscio in marmo bianco, base attica in marmo bianco.

 

Tra gli spolia del campanile, si segnala, nel basamento, un capitello corinzio orientale, uguale ad uno reimpiegato nell'atrio del Duomo, che trova confronti con  esemplari non  locali  (Pollio 58, n. 100, 64, n. 134).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

La torre campanaria del Duomo di Salerno è ascrivibile alla tipologia di campanili romanici campani con colonne angolari. Questo tipo di soluzione architettonica, realizzata mediante il riuso di elementi architettonici antichi, è attestata, oltre che a Salerno, a Napoli, Aversa, Amalfi, Capua e Nola (Pensabene 1990, 25, 66 nota 140).

 

In merito alla provenienza del materiale da costruzione del basamento della torre campanaria, si prospetta un'origine pestana  (Carucci 1960, 23; Pensabene 1990, 22).

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Carucci 1960:  Arturo Carucci, Il duomo di Salerno e il suo museo, Salerno 1960.

 

Pensabene 1990: Patrizio Pensabene, "Contributo per una ricerca sul reimpiego e il "recupero" dell'Antico nel Medioevo. Il reimpiego nell'architettura normanna", Rivista dell'Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte, 13, 1990, 5-118.

 

Pollio 2003: Marianna Pollio,  "Il reimpiego del materiale architettonico in marmo nella Salerno medievale", Apollo. Bollettino dei musei provinciali del Salernitano, 19, 2003, 29-101.

 

 

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione21/01/2016 20:14:37
Data ultima revisione06/01/2019 18:10:20
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/553
OggettoSalerno, Duomo, sarcofago a ghirlande con bucrani e tabula ansata
Luogo di provenienzaCAMPANIA
Collocazione attuale

 Salerno, Duomo di San Matteo, abside  meridionale. 

Prima attestazione

1578 (Marsilio Colonna 1580; Paoletti 1984, 236; Braca 2003, 114)

MaterialeMarmo proconnesio
Dimensionih 0,90 m; lung. 2,00 m; larg. 0, 88 m
Stato di conservazione

Si rilevano scalfitture e un profondo stato di abrasione delle superfici; si registrano sulla cassa i fori per le grappe, corrispondenti a quelli del coperchio non pertinente e non antico.

CronologiaEpoca tardoantonina
Descrizione

Il sarcofago presenta una cassa, a base rettangolare, decorata sulla fronte da ghirlande di frutta e ai lati da ghirlande di alloro pendenti da bucrani, due angolari, e due simmetrici al centro, posti a delimitare una tabula ansata, rilavorata non prima della fine del Cinquecento, raffigurante "le chiavi di S. Pietro"; nelle lunette del lato lungo sono raffigurate due gorgoni, in quelle dei lati brevi una protome leonina. L'arca rientra nella serie dei sarcofagi asiatici a ghirlande con tabula ansata centrale diffusi a Roma dalla fine del I sec. d.C. (Pensabene 1981, 85 ss.; Ambrogi 1990, 163 ss.) e, in Campania, tra la fine dell’età adrianea e la fine dell’età antonina, con una produzione locale nel solco della tradizione formale e iconografica microasiatica  (Herdejürgen 1984, 7 ss.; Herdejürgen 1993, 47 ss.; Todisco 1994, 227; Herdejürgen 1996, 64). L'esemplare salernitano si data nella tarda età antonina (Herdejürgen 1993, 47, tav. 19.3; Herdejürgen 1996, 173-174, n. 179, tav. 105,3, 24, 65).

La cassa è stata riutilizzata per la sepoltura di papa Gregorio VII, morto esule a Salerno nel 1085, subito dopo la consacrazione della nuova Cattedrale salernitana. Il sepolcro, il primo di una cospicua serie di sarcofagi antichi reimpiegati nella Chiesa (Paoletti 1984, 236), fu posto nel transetto; noto per secoli solo attraverso le fonti agiografiche del XII secolo, viene attestato per la prima volta in un documento del 1578, mentre l'apertura della cassa con il prelievo delle reliquie è coevo alla proclamazione a santo di Gregorio VII, nel 1605. (cfr. supra e De Angelis 1937, 104 ss.).

Immagine
Famiglie e persone

Ildebrando di Soana, papa Gregorio VII, morto a Salerno nel 1085

Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Ambrogi 1990: Annarena Ambrogi, "Sarcofagi e urne con ghirlande della prima età imperiale", RM 97, 1990, 163 ss.

 

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 104 fig. 95, 114.

 

Capone 1927: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, I, Salerno 1927, 128 ss.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 104 ss.

 

de Lachenal 1995: Lucilla de Lachenal, Spolia. Uso e reimpiego dell'antico dal III al XIV secolo, Milano 1995, 170.

 

D'Onofrio 2003: Rilavorazione dell'antico nel Medioevo, a cura di Mario D'Onofrio, Roma 2003, 60-63, n. 19 (Silvia Tomei).

 

Herdejürgen 1984: Helga Herdejürgen, Sarkophage mit Darstellungen von Kultgeräten, Marburger Winckelmann-Programm 1984, Marburg 1984, 7 ss.

 

Herdejürgen 1993: Helga Herdejürgen, Campanische Girlandensarkophage, in Grabeskunst der römischen Kaiserzeit, a cura di Guntram Koch, Bernard Andreae, Viertes Symposium des Sarkophag-Corpus, Marburg 23-27 Juli 1990, Mainz 1993, 47, tav 19.3.

 

Herdejürgen 1996: Helga Herdejürgen, Die antiken Sarkophagreliefs, 6, 2. Stadtrömische und italische Girlandensarkophage, 1. Die Sarkophage des ersten und zweiten Jahrhunderts, Berlin 1996, 173-174, n. 179, tav. 105,3, 24, 65.

 

Marsilio Colonna 1580: Marcantonio Marsilio Colonna, De vita et gestis B.  Matthaei Apost. et Evang. eiusque gloriosi corporis in Salernitanam urbem translatione 1580, 77.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 272-273.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese, in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 236-237, fig. 10.

 

Pensabene 1981: Patrizio Pensabene, "Nota sullo stadio di lavorazione e la tipologia dei sarcofagi a ghirlande microasiatici esportati in Occidente", Dialoghi di Archeologia,  1981, 85-108.

 

Todisco 1994: Luigi Todisco, Scultura antica e reimpiego in Italia meridionale, I. Puglia, Basilicata, Campania, Bari 1994, 228.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione25/09/2014 14:31:49
Data ultima revisione27/06/2017 14:52:14
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/447
OggettoSalerno, Duomo, sarcofago a lenòs con protomi leonine figurato con Dioniso e Arianna e il tema della vendemmia
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Duomo di San Matteo, navata destra 

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0, 64 m; lung. 2,05 m; larg. 0, 46 m
Stato di conservazione

La superficie della cassa appare consunta, in particolare la scena figurata si presenta abrasa in superficie e lacunosa.

CronologiaPrima metà del III secolo d.C.
Descrizione

La cassa, di forma a tinozza, con protomi leonine angolari, è decorata sulla fronte e ai lati da raffigurazioni di tema dionisiaco: in alto, centralmente, Dioniso e Arianna  recumbenti si volgono le spalle, mentre in basso, in corrispondenza, è scolpita una scena con la pigiatura dell'uva; ai lati della rappresentazione centrale, di composizione piramidale, la scena si popola con figure del thiasos dionisiaco in primo e secondo piano; simmetricamente due Menadi in estasi si interpongono tra le protomi leonine e le due divinità sdraiate, mentre in basso sulla sinistra un personaggio maschile barbato vestito di tunica e mantello, presumibilmente Dioniso anziano, posa semiseduto volgendo lo sguardo verso la scena centrale della vendemmia.

Il sarcofago, di discreto impegno formale, si attribuisce alla serie di sarcofagi a lenòs con protomi leonine angolari (Matz 1968, 132 ss., 141-142, n. 40, tav. 37, 2-4; Chiarlo 1974, 1312 ss.; Stroszeck 1998, 121, n. 139) diffusi dalla fine del II secolo d.C.;  evocative nella morfologia della tinozza del vino, le casse a lenòs esemplificavano il rito del passaggio dalla vita alla morte attraverso la metafora della trasformazione, rimarcata in alcuni casi dalle scene figurate di tema dionisiaco.

Lo schema compositivo che si ravvisa sull'arca del Duomo si ritrova, con alcune varianti, su di un sarcofago conservato a Roma a Villa Doria Pamphilj  (Matz 1968, 140-141, n. 39, tav, 37.1; Calza 1977, 174-175, n. 202, tav. 124, M. Bonanno;  LIMC  III 1986, s.v. Dionysos/Bacchus, 556, n. 207, C. Gasparri). L'ambito cronologico di produzione dell'esemplare di Salerno è la prima metà del III secolo d.C. (Turcan 1958, 243: 230-260 d.C.; Matz 1968, 142: prima età severiana; Stroszeck 1998, 121, n. 139: 220-240 d.C.)

La lastra di copertura con guerriero angioino disteso, di fattura tardomedievale, non è stata realizzata per ricoprire la lenòs, mostra infatti dimensioni differenti da quelle dell'apertura dell'arca e i fori per le grappe non corrispondenti sulla cassa (Paoletti 1984, 239-240). 

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note

Il sarcofago è stato tradizionalmente messo in relazione con la sepoltura del figlio di Roberto il Guiscardo, Ruggero Borsa, morto nel 1111, tuttavia non vi è alcuna documentazione a suffragio di tale ipotesi (Braca 2003, 112). Non sembra comprovabile neppure l'attribuzione del reimpiego di questa cassa da parte della famiglia Santomango citata in una epigrafe murata in prossimità del sarcofago (Paoletti 1984, 239) e nota in relazione ad altre sepolture nel Duomo. Il Paoli, che pubblica un disegno della cassa (Paoli 1784, tav. 47; Braca 2003, 111, fig. 107), ascrive erroneamente il sarcofago al novero dei materiali antichi che il Guiscardo prelevò da Paestum. I confronti con i sarcofagi urbani a lenòs con protomi leonine, figurati, lascerebbe piuttosto supporre una provenienza romana della cassa reimpiegata nel Duomo. 

Fonti iconografiche

Paoli 1784, tav. 47

Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Capone 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, II, Salerno 1929, 154 ss.

 

Chiarlo 1974: Carlo Roberto Chiarlo, "Sul significato dei sarcofagi a lenòs decorati con leoni", Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, 3.4, 1974, 1314.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis 1937, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937 159 ss.

 

de Lachenal 1995: Lucilla de Lachenal, Spolia. Uso e reimpiego dell'antico dal III al XIV secolo, Milano 1995, 24.

 

Matz 1968:  F. Matz, Die dionysischen Sarkophage. Die antiken Sarkophagreliefs IV 1, Berlin 1968, 140-141, n. 39, tav. 37.1.

 

Palmentieri 2010: A. Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 276-278.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, "Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese", in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 239.

 

Paoli 1784: Paolo Antonio Paoli, Rovine della città di Pesto, detta ancora Posidonia, Roma 1784,  tav. 47.

 

Ragusa 1951: Isa Ragusa, The Re-use and Public Exhibition of Roman Sarcophagi in the Middle Ages and Early Renaissance, New York 1951, 188, n. 98.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano, Guida del Duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 77, n. 92.

 

Stroszeck 1998: Jutta Stroszeck, Löwen-Sarkophage. Sarkophage mit Löwenköpfen, schreitenden Löwen und Löwen-Kampfgruppen, ASR VI, 1, Berlin 1998, 121, n. 139. 

 

Turcan 1958: Robert Turcan, "Dionysos Dimorphos. Une illustration de la théologie de Bacchus dans l’art funéraire", Melanges de l'Ecole Francaise de Rome. Antiquité, 70, 1958, 243 ss., tav.1.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione24/09/2014 03:16:33
Data ultima revisione23/06/2017 13:09:40
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/444
OggettoSalerno, Duomo, sarcofago con il Trionfo indiano di Bacco
Luogo di provenienzaCAMPANIA
Collocazione attuale

Salerno, Duomo di San Matteo, transetto navata destra.

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0, 60 m; lung. 2, 24 m; larg. 0, 56 m
Stato di conservazione

Profonde abrasioni sulla superficie del marmo, in particolare in corrispondenza delle parti figurate; restano i fori delle grappe sugli orli dei fianchi e un foro più in basso sul fianco sinistro; mancante l'acroterio angolare di destra.

Cronologia160-170 d.C.
Descrizione

 Il sarcofago a cassa rettangolare, restituisce un tema mitologico, il trionfo indiano di Bacco: un corteo dionisiaco incede verso destra dall'estremità sinistra del sarcofago, mentre scorta il bottino e gli Indiani prigionieri, a loro volta preceduti dal re sottomesso che si inginocchia dinanzi a Dioniso; il dio assiso in trono stringe il tirso nella mano destra accompagnato da una pantera.  Il sarcofago è stato ascritto ad una produzione locale di media età antonina (Matz 1968, 433).

L'arca era precedentemente collocata nella navata meridionale in corrispondenza della parete  dove era murato anche l'arco di Matteo d'Aiello; l'ispezione del sepolcro, contestuale allo spostamento, nel 1928, nella collocazione attuale, aveva portato all'acquisizione di dati antropologici che attestavano la sepoltura di un uomo anziano. Matteo d'Ajello, notaio della cancelleria normanna, morì in tarda età a Salerno nel 1193 e si tramanda fosse stato seppellito nel Duomo; pertanto non può escludersi l'ipotesi che il sarcofago del Trionfo indiano di Bacco, privo di iscrizione identificativa del defunto, secondo un costume ricorrente per le sepolture normanne, fosse proprio del cancelliere (De Angelis 1937, 97; argomenti contro questa ipotesi in Braca 2003, 112-113).   

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche

Paoli 1784, tav. 46.

Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 112-113.

 

Capone 1929: Antonio  Capone, Il Duomo di Salerno II, Salerno 1929 II, 148.

 

LIMC 1986: Lexicon iconographicum mitologiae classicae  III, s.v. Dionysos/Bacchus, 1986, 558, n. 236 (Carlo Gasparri)

 

Matz 1968:  Friederich Matz, Die dionysischen Sarkophage. Die antiken Sarkophagreliefs IV 3, 425 ss., 433-434, tavv. 251, 2-3, 259, 2.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 274-275.

 

Paoli 1784: Paolo Antonio Paoli, Rovine della città di Pesto, detta ancora Posidonia, Roma 1784,  tav. 46.

 

Staibano 1871: Luigi Staibano,  Guida del duomo di Salerno composta ad uso de' viaggiatori, Salerno 1871, 76, n. 90.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione27/09/2014 20:50:44
Data ultima revisione27/06/2017 20:29:04
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/449
OggettoSalerno, Duomo, sarcofago strigilato con clipeo centrale e retro rilavorato nel '400.
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, Duomo di San Matteo, navata sinistra

Prima attestazione

Mazza 1681, 48

MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0,60 m; lung. 2,00 m; larg. 0, 56 m
Stato di conservazione

La cassa è abrasa e scheggiata in diversi punti; si rilevano tracce di rilavorazione di epoca tardomedievale.

CronologiaIII sec. d.C.
Descrizione

La fronte antica del sarcofago è decorata con un motivo a strigilature e clipeo centrale, entro cui è scolpita l'effige del defunto, mentre ai lati il campo è chiuso da geni funerari, secondo una tipologia diffusa dalla fine del II sec. d.C. (Koch, Sichtermann 1982, 73 ss., 241 ss.). Sui margini è apposta l'epigrafe tardomedievale: "In hoc tumulo iacet corpus Rev. in Christo Patris Domini Bartholomaei de Aprano de Neapoli decretalium Doctoris permissione divina Archiepiscopi Salernitani qui obiit anno Domini MCCCCXIV die IX mensis Septembris VIII ind. cuius anima requiescat in pace. Amen." (Paoletti 1984, 240, nota 47)  

Il retro della cassa antica, in origine scabro, è stato rilavorato nel '400 con medaglioni a rilievo; il coperchio su cui è scolpito il  defunto in abiti pontificali è esito di una rilavorazione di un frammento architettonico antico le cui modanature decorate sono visibili sul lato interno (De Angelis 1937, fig. a 85). 

Immagine
Famiglie e persone

Bartolomeo d'Aprano, Arcivescovo di Salerno, morto nel 1414. Lo stemma della famiglia è apposto sulla testata e, due volte, sul retro rilavorato del sarcofago. 

Collezioni di antichità
Note

Il sarcofago dagli anni '30 del secolo scorso occupa l'attuale posizione, discosto dal muro,  di modo che sia agevolata la lettura dell'epigrafe quattrocentesca, nonchè la visione della fronte antica. Il pezzo è stato più volte spostato: A. Mazza, alla fine del '600 fornisce una testimonianza del sarcofago e dell'iscrizione appostavi, tuttavia in seguito si provvide ad una nuova collocazione con la fronte iscritta addossata alla parete si dà far ritenere, fino agli ultimi spostamenti, che l'iscrizione fosse perduta (Mazza 1681, 48;  Capone 1929, 121 ss.; De Angelis 1937, 83-85). 

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Capone 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, II, Salerno 1929, 121 ss.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 83-85.

 

Koch, Sichtermann 1982: Guntram Koch, Helmut Sichtermann, Römische Sarkophage, München 1982, 73 ss., 241 ss.

 

Mazza 1681: Antonio Mazza, Historiarum Epitome de rebus Salernitanis, Napoli 1681, 48.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato, Università degli Studi di Napoli Federico II, 2010, 269-270.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, “Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese”, in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura diBernard Andreae, Salvatore Settis Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, 240, 243 nota 47.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione24/09/2014 15:37:02
Data ultima revisione25/06/2017 11:04:59
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/445
OggettoSalerno, Duomo, sarcofago strigilato con clipeo centrale
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

  Salerno, Duomo di San Matteo, navata destra

Prima attestazione

Nella seconda metà del '600 nella Cappella dell'Addolorata, presso la navata destra della Chiesa (Mazza 1681, 50)

MaterialeMarmo bianco (proconnesio)
Dimensionih 0,58 m; lung. 2, 03 m; larg. 0, 84 m
Stato di conservazione

La superficie della cassa è scalfita e profondamente abrasa, in particolare in corrispondenza delle parti figurate; il coperchio moderno era fissato sulla cassa per mezzo di una grappa di cui restano tracce.

CronologiaUltimo quarto del III sec. d.C.
Descrizione

Il sarcofago, a cassa parallelepipeda, è campito da strigilature convergenti verso il centro, dove è scolpita, in alto, un'imago clipeata del defunto, al di sotto della quale sono raffigurate due cornucopie intrecciate; alle estremità, su pannelli dal fondo neutro, sono rappresentati, a sinistra un personaggio maschile barbato con un bastone stretto nelle mani, a destra una figura femminile. L'arca rientra in una tipologia molto nota e diffusa di sarcofagi prodotti a  partire dalla fine del II sec. d.C.  (Koch, Sichtermann 1982, 73 ss., 241 ss.) e attestata nel Duomo di Salerno con altri esemplari di reimpiego. L'arca in esame fu utilizzata per la sepoltura di Iacopo Capograssi, come si evince dall'iscrizione apposta sulla cornice del coperchio a spiovente: "Hic iacet dominus Iacobus Caput Grassus de Salerno iuris civilis professor regius consiliarius et familiaris ac curiae vicariae regni iudex. Obiit anno domini MCCCXL die dominico paenultimo iulii VII indicione. Cuius anima per misericordiam Dei requiescat in pace. Amen"  (Ragusa 1951, 191; Paoletti 1984, 243 nota 44).

Immagine
Famiglie e persone

Iacopo Capograssi, salernitano, giureconsulto regio, morto nel 1340; lo stemma familiare è scolpito sul coperchio iscritto. La famiglia Capograssi è documentata nel Duomo attraverso iscrizioni rilevate su altre due casse di riuso. (Paoletti 1984, 237-239).

Collezioni di antichità
Note

Il sarcofago, nel 1697, a seguito dei lavori resisi necessari dopo il terremoto del 1688, fu trasferito, dalla Cappella dell'Addolorata, nell'Atrio, trovando collocazione in una nicchia tra la porta del campanile e la porta dell'atrio che da accesso a via Roberto il Guiscardo, fino al trasferimento, negli anni Trenta del secolo scorso, nella navata destra della Chiesa dove attualmente è esposto (De Angelis 1937, 103, fig. a 99). 

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Braca 2003: Antonio Braca, Il Duomo di Salerno. Architettura e culture artistiche del Medioevo e dell’Età Moderna, Salerno 2003, 112.

 

Capone 1929: Arturo Capone, Il Duomo di Salerno, II, Salerno 1929, 26-27.

 

De Angelis 1937: Michele De Angelis, Nuova Guida del Duomo di Salerno, Salerno 1937, 99, 103.

 

Koch, Sichtermann 1982: Guntram Koch, Helmut Sichtermann, Römische Sarkophage, München 1982, 73 ss., 241 ss.

 

Mazza 1681: Antonio Mazza, Historiarum Epitome de rebus Salernitanis, Napoli 1681, 50.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 275-776.

 

Paoletti 1984: Maurizio Paoletti, "Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l’età normanna, angioina e aragonese", in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo,  a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Pisa 5-12 settembre 1982, Marburger Winckelmann-Programm 1983, Verlag des kunstgeschichtlichen Seminars, Marburg/Lahn 1984, pp. 237-239, 243 nota 44.

 

Ragusa 1951: Isa Ragusa, The Re-use and Public Exhibition of Roman Sarcophagi in the Middle Ages and Early Renaissance, New York 1951, 191-192, n. 101. 

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione24/09/2014 23:06:25
Data ultima revisione27/06/2017 14:12:15
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/446
OggettoSalerno, Duomo, soffitto (architrave Portale d'ingresso)
Luogo di provenienzaPozzuoli
Collocazione attuale

Salerno, Duomo di San Matteo, Portale d'ingresso alla Chiesa.

Prima attestazione
MaterialeMarmo proconnesio
Dimensioni0, 385 m
Stato di conservazione

Si rilevano abrasioni in superficie.

CronologiaI-II secolo d.C.
Descrizione

L'architrave del portale d'ingresso del Duomo è un elemento di soffitto di epoca romana imperiale. Il listello superiore restituisce un'iscrizione dedicatoria di epoca medioevale che si completa sul listello inferiore. Il campo centrale è inquadrato da foglie di vite intervallate da tre acini d'uva disposti a piramide; la fascia centrale reca una decorazione fitomorfa e zoomorfa nascente da due crateri su alto piede dal corpo baccellato, disposti in orizzontale alle due estremità:  tralci di vite,  da cui pendono grappoli  d'uva, cingono una teoria di animali. (Wegner 1957 tav. 31, a-b; Wegner 1958, 1-16; Pensabene 1990, 19; Pollio 2003, 64, n. 163). Il soffitto trova confronti con frammenti di elementi architettonici del Macellum di Pozzuoli (sulla decorazione architettonica del Macellum puteolano cfr. Demma 2007).

Immagine
Famiglie e persone

Roberto il Guiscardo

 

Alfano I

Collezioni di antichità
Note

La provenienza puteolana del pezzo attesta l'approvvigionamento di materiale di reimpiego dai più rilevanti contesti monumentali di epoca romana: per la realizzazione del Duomo pervennero a Salerno spolia, oltre che dai siti campani di Puteoli e Paestum, da Roma e Ostia, secondo una dinamica che coinvolge anche i centri medievali della costiera (Pensabene 1990, 19-23; Pollio 2003, 39-40).

La decorazione dell' elemento di soffitto romano, reimpiegato come architrave nel portale d'ingresso alla chiesa, fu imitato, ad opera di maestranze medioevali, nella realizzazione dell'architrave del Portale dei leoni, corrispondente all'ingresso dall'atrio porticato del Duomo ( Pensabene 1990, 19; Pollio 2003,  49, n. 34). 

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Demma 2007: Filippo Demma, Monumenti pubblici di Puteoli. Per un'archeologia dell'architettura, Roma 2007.

 

Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 267-268.

 

Pensabene 1990: Patrizio Pensabene, "Contributo per una ricerca sul reimpiego e il "recupero" dell'Antico nel Medioevo. Il reimpiego nell'architettura normanna", Rivista dell'Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte, 13, 1990, 5-118.

 

Pollio 2003: Marianna Pollio,  "Il reimpiego del materiale architettonico in marmo nella Salerno medievale", Apollo. Bollettino dei musei provinciali del Salernitano, 19, 2003, 29-101.

 

Wegner 1957: Max Wegner, Ornamente kaiserzeitlicher Bauten Roms: Soffitten, Koeln-Graz 1957.

 

Wegner 1958:  Max Wegner, Spolien, Mizsellen aus Italien, in Festschriften M. Wackernagel, Koeln-Graz 1958.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione04/01/2016 20:11:28
Data ultima revisione06/01/2019 18:11:33
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/551
OggettoSalerno, iscrizione CIL, X, 519
Collocazione attuale

Museo Archeologico

Prima attestazione

1603: il cippo viene ritrovato scavando per ricostruire il Seggio di Porta Rotese, e la prima attestazione è nella silloge a stampa di Gruterus.

Materiale
Dimensioni
Stato di conservazione
Cronologia
Descrizione

Testo dell'iscrizione (da EAGLE):

"Annio Victorino,
v(iro) c(larissimo), corr(ectori) Lucaniae
et Brittiorum, ob in=
signem benivolen=
tiam eius ordo
populusque Saler=
nitanus."

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità

Secondo Del Pezzo (ms. Napoli, Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, cc. 11v-12r) il cippo sarebbe stato collocato nello spigolo del palazzo di Agostino Guarna, dove era anche un busto antico murato "sotto il muro della strada per cui si va dal Seggio di Porta Rotese al Duomo". 

Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Theodor Mommsen, “Salernum” in Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae latinae. Pars I, Inscriptiones Bruttiorum Lucaniae Campanie, Berolini 1883, 61-76.

Allegati
Link esterni

Scheda epigrafica di U. Soldovieri su Database EAGLE:

http://www.edr-edr.it/edr_programmi/res_complex_comune.php?id_nr=EDR116186

 

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione23/01/2014 13:01:00
Data ultima revisione21/11/2016 11:08:26
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/319
OggettoSalerno, San Domenico, sarcofago a lenòs con protomi leonine
Luogo di provenienzaRoma
Collocazione attuale

Attualmente conservato nella prima cappella sinistra della chiesa di San Domenico

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensionih 0, 77 m; lung. 2,15 m; larg. 0, 90 m
Stato di conservazione

Nel complesso la cassa è ben conservata. Lievi scalfitture, qualche frattura, fori di grappe sul fianco destro; taglio sull'orlo superiore del fianco destro; foro nella porzione inferiore centrale del lato lungo; abrasioni e lacune interessano il coperchio.

CronologiaSecondo quarto del III sec.d.C.
Descrizione

La cassa a lenòs, delimitata in alto e in basso da listelli con modanature lisce, è decorata con baccellature rudentate, piene nel terzo inferiore, e da protomi leonine angolari, aggettanti, dalle fauci spalancate. Il coperchio a doppio spiovente, decorato con finte tegole e acroteri angolari a palmetta, non è pertinente. Tipologicamente l'esemplare salernitano rientra nella serie dei sarcofagi a lenòs, solitamente strigilati, con protomi leonine, attestati principalmente a Roma dalla fine del II sec. d.C. e in particolar modo diffusi nel III sec. d.C. L'arca di San Domenico rientra tuttavia nell'ambito molto più ristretto dei sarcofagi con protomi leonine contraddistinti dalla decorazione della vasca con baccellature verticali, piuttosto che con strigilature; stringenti confronti si rilevano con un sarcofago conservato a Roma nella chiesa di S. Maria del Priorato di Malta sull' Aventino (Stroszeck 1998, 118, n. 115, tav. 10.1, 21.3.4, 83.7.8). Per l'arca in esame, di fine fattura, si può ipotizzare una produzione urbana nel secondo quarto del III sec. d.C.

Il sarcofago è stato reimpiegato nella seconda metà del 1200 per accogliere le spoglie delle sorelle di San Tommaso, Maria e Teodora d'Aquino, quest'ultima sposa di Ruggero Sanseverino.   

Immagine
Famiglie e persone

d'Aquino;

Sanseverino

Collezioni di antichità
Note

Il figlio di Teodora d'Aquino e Ruggero Sanseverino, Tommaso Sanseverino, fondò nel nel 1306 la Certosa di Padula

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Bracco 1979: Vittorio BraccoSalerno romanaSalerno 1979, 93.


Palmentieri 2010: Angela Palmentieri, Civitates spoliatae. Recupero e riuso dell'antico in Campania tra l'età post-classica e il medioevo, Tesi Dottorato 2010, 328-330.

 

Stroszeck 1998: Jutta Stroszeck, Löwen-Sarkophage. Sarkophage mit Löwenköpfen, schreitenden Löwen und Löwen-Kampfgruppen, ASR VI, 1, Berlin 1998.

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione03/05/2013 11:24:01
Data ultima revisione27/06/2017 16:39:55
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/280
OggettoSalerno, San Pietro a Corte, capitello corinzio italico
Luogo di provenienza
Collocazione attuale

Salerno, San Pietro a Corte

Prima attestazione
MaterialeMarmo bianco
Dimensioni
Stato di conservazione

Scheggiato in più parti.

CronologiaPrima metà del I secolo d. C. (Pollio 2003)
Descrizione

Il capitello si compone di due corone di foglie d'acanto dai margini frastagliati e il lobo centrale ripiegato; non si rilevano cauli e caulicoli; le volute terminano al centro in svirgolature plastiche aggettanti; la porzione di kalathos compresa tra le volute è riempita dalla sommità delle elici; l'abaco, decorato da un fiore a petali larghi, presenta un profilo concavo modanato (Pollio 2003, 44, n. 1, fig. 1, 45). 

Immagine
Famiglie e persone

Arechi II (Pollio 2003, 29; Peduto 2010, 257).

Collezioni di antichità
Note

L'edificio in cui il capitello è reimpiegato, la cappella del palazzo di Arechi, insiste su di una struttura ipogea a destinazione funeraria nel medioevo, a sua volta edificata su di un impianto termale romano  (Pollio 2003, 30; Peduto 2010, 258).

Il pavimento originario dell'edificio longobardo era decorato in opus sectile, realizzato mediante il riuso di marmi colorati (giallo antico, africano, pavonazzetto, porfido, rosso antico, serpentino) prelevati da contesti d'uso romani (in deposito presso il complesso di S. Pietro a Corte si conservano frammenti della decorazione pavimentale).

Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Peduto 2010: P. Peduto, "Quanto rimane di Salerno e di Capua longobarde  (sec.VIII- IX)", in G. Roma,  I Longobardi del Sud, Roma 2010, 257-278.

 

Pollio 2003: Marianna Pollio,  "Il reimpiego del materiale architettonico in marmo nella Salerno medievale", Apollo. Bollettino dei musei provinciali del Salernitano, 19, 2003, 29-101.

 

Allegati
Link esterni
SchedatoreMarina Caso
Data di compilazione04/01/2016 19:58:56
Data ultima revisione27/06/2017 21:18:00
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/550
OggettoSalerno, tempio di Pomona, capitelli corinzi figurati
Luogo di provenienzaPaestum
Collocazione attuale

I sei capitelli figurati sono stati reimpiegati su ventotto rocchi di colonna antichi e ad essi pertinenti all'interno di un'aula al piano terra dell'episcopio di Salerno, tradizionalmente nota come tempio di Pomona.

Prima attestazione
MaterialeCalcare locale (travertino)
Dimensionih compresa tra 0,77 e 0, 84; diametro inferiore 0,83 (Mercklin 1962)
Stato di conservazione

In molti esemplari le protomi sono danneggiate o del tutto mancanti e le volute sono rotte alle estremità; le facce complete della protome sono state sistematicamente esposte verso le navate.

CronologiaII secolo a.C.
Descrizione

I capitelli appartengono al tipo corinzio figurato o tarantino (Lippolis 1995; Dally 2000, 87-121; Pensabene 2012, Lippolis 2012, 311-312).

Da una bassa corona costituita da foglie acantine alternate a foglie lisce, poste in sottosquadro, si levano sui quattro angoli lunghe volute lisce, prive della foglia angolare di rivestimento, che vanno a sostenere un abaco leggermente concavo, chiuso da un listello superiore intagliato con un kyma ionico. Su ogni lato nasce dal calato una protome umana, limitata alla testa e al collo. Alla base del calato corre un astragalo di perline e fusarole biconvesse .

Le protomi, sia maschili che femminili, sono caratterizzate da una rigida impostazione frontale, collo possente e mascella squadrata, solo in alcuni casi lo stato di conservazione consente di individuarne gli attributi, come il diadema nelle teste femminili. Rispetto ai noti capitelli di San Leucio a Canosa nella serie pestana, pur essendo affine la tettonica del pezzo (esiguo sviluppo in altezza del calato, tipologia delle volute anche se con foglia angolare di rivestimento), manca qualsiasi concessione al patetismo dei volti che costituisce invece una cifra stilistica caratterizzante degli esemplari canosini (da ultimo Pensabene 2012, 237:  "espressione vagamente patetica con reminescenze scopadee e prassiteliche").  

Nonostante il reimpiego medievale è stato possibile ricondurre con sicurezza questo gruppo di capitelli al contesto originario grazie al ritrovamento in sito di elementi analoghi anche se frammentari: si tratta del tempio "corinzio-dorico", tradizionalmente noto come Tempio della Pace, situato sul lato settentrionale del Foro di Paestum tra le tabernae e il comizio.

Il grande edificio, sistematicamente spogliato nel medioevo, è stato scavato in maniera estensiva agli inizi del secolo scorso, quando ne è stata messa a punto anche  una prima ricostruzione grafica dell'elevato (Kraus, Herbig 1939); il c.d. tempio della Pace rappresenta un contesto ancora molto discusso in ambito scientifico, sia per la definizione della divinità titolare (Bona Mens, cfr. Torelli 1981; Greco 1987, 40) sia per la datazione e l'interpretazione del programma iconografico.

Sono state avanzate proposte sulla cronologia del tempio che vanno dalla fine del IV secolo (in connessione con la vittoria della confederazione lucano-sannitica su Alessandro il Molosso, cfr. Denti 2004) fino all’incipiente I secolo a.C. (Schenk 1997, per lo stile eclettico del programma decorativo); la maggior parte degli studi è concorde però nel sostenere una datazione nell'ambito del II secolo a.C.: la costruzione del tempio nel Foro e la sua dedica a Bona Mens, emblema del debito di gratitudine della nuova Paestum latina verso Roma ben si collocherebbe nella situazione politica generatasi all’indomani della Guerra Annibalica (Torelli 1999, 64-66; Gualtieri 2003, con datazione all’avanzato II secolo a.C.; da ultimo Wolf 2015, 103-105).

I capitelli figurati e le scelte architettoniche applicate nel tempio di pertinenza (alto podio, mistione di ordine dorico e corinzio) rappresentano un'esperienza di valore fondamentale nell'ellenismo italico e un contesto privilegiato per verificare le modalità di trasmissione di influssi culturali e formali (e tra questi l'uso dei capitelli con protomi) dall'area tarantina a quella lucano-campana (si vedano anche i capitelli della serie Teggiano-Padula).

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche
Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia

Dally 2000: Ortwin Dally, Canosa, Località San Leucio. Untersuchungen zu Akkulturationsprozessen vom 6. bis zum 2. Jh. v. Chr. am Beispiel eines daunischen Heiligtums, Heidelberg 2000, 105.

 

Denti 2004: Mario Denti, Scultori greci a Poseidonia all’epoca di Alessandro il Molosso. Il tempio corinzio-dorico e i Lucani. Osservazioni preliminari, in "Alessandro il Molosso e i "Condottieri" in Magna Grecia.  Atti del quarantatreesimo Convegno di studi sulla Magna Grecia Atti di Taranto, Taranto 2004, 665-697.

 

Greco 1987: Emanuele Greco, Poseidonia-Paestum: 3. Forum Nord, Rome 1987.

 

Gualtieri 2003: Maurizio Gualtieri, La Lucania romana. Cultura e società nella documentazione archeologica, Napoli 2003, 66-67.

 

Krauss, Herbig 1939: Friedrich Krauss, Reinhard Herbig, Der korinthisch-dorische Tempel am Forum von Paestum, Berlin 1939,

 

Lippolis 1995: Enzo Lippolis, "I capitelli ", in Arpi: l'ipogeo della Medusa e la necropoli,  a cura di Marina Mazzei, Bari 1995, 79-80.

 

Lippolis 2012: Enzo Lippolis, “Cultura e manifestazioni dell’aristocrazia canosina”, Scienze dell'Antichità 18, 2012, 301-323.

 

Mercklin 1962: Eugen von Mercklin, Antike Figuralkapitelle, Berlin 1962, 66 n. 175, tavv. 311-320.

 

Neutsch 1965: Bernhard Neutsch, "Tarentinische und lukanische Vorstufen zu den Kopfkapitellen am italischen Forumstempel von Paestum", Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts. Römische Abteilung, 72, 1965, 70-80.

 

Pensabene 2012: Patrizio Pensabene, "Da Minerva a  San Leucio, problematiche storiche e storico-architettoniche", Scienze dell'Antichità, 18, 2012, 219-246.

 

Schenk 1997: Ralf Schenk, Der korinthische Tempel bis zum Ende des Prinzipats des Augustus, Espelkamp 1997, 55-57.

 

Torelli 1981: Mario Torelli, “C. Cocceius Flaccus, senatore di Paestum, Minea M.F. e Bona Mens”, Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Perugia 18, 1980-81, 103-115.

 

Torelli 1999: Mario Torelli, Paestum romana, Paestum 1999. 

 

Wolf 2015: Markus Wolf, “Hellenistische Sakralbauten in Kampanien. Ein Vorbericht”, Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts. Römische Abteilung, 121, 2015, 83-114.

 

Allegati
Link esterni
SchedatoreStefania Tuccinardi
Data di compilazione16/06/2016 12:06:47
Data ultima revisione06/01/2019 18:12:24
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/582
OggettoSalerno, tempio di Pomona, iscrizione CIL, X, 531
Luogo di provenienzaRoma
Collocazione attuale

L'iscrizione si trova adesso nel cosiddetto "tempio di Pomona"

Prima attestazione
Materiale
Dimensioni
Stato di conservazione
Cronologia
Descrizione

iscrizione CIL, X, 531 (da scheda Camodeca):

T(itus) Tettienus Felix, Augustalis,
scriba librar(ius) aedil(ium) curull(ium) ,
viator aedil(ium) plebis, accensus 
consuli, ((sestertia)) L̅ m(ilia) n(ummum) legavit 
ad exornandam aedem Pomonis;
ex qua summa factum est fastigium 
inauratum, podium, pavimenta marm(orea), opus tectorium.

Immagine
Famiglie e persone
Collezioni di antichità
Note
Fonti iconografiche

L'iscrizione è tramandata da un disegno di Ligorio, che la accosta al disegno di un cippo con iscrizione CIL, X, 126*, nominante lo stesso Tettienus Felix dedicatario del tempio di Pomona. 

Rilievi
Fonti e documenti
Bibliografia
Allegati
Link esterni

scheda di Giuseppe Camodeca nel database EAGLE:

http://www.edr-edr.it/edr_programmi/res_complex_comune.php?id_nr=EDR105782

Schedatore
Data di compilazione08/11/2013 12:08:19
Data ultima revisione06/01/2019 18:13:16
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Reperto Archeologico/295
DenominazioneSalerno, Archivio dell'Universitas
Scheda CittàSalerno
Sede storica

Almeno dal 1491 la cassa chiusa con tre chiavi e contentente i privilegi e le carte dell'Universitas era conservata nella sacrestia della chiesa cattedrale

Tipologia
Soggetti produttori

Universitas di Salerno

Storia dell'archivio

Non conservando l’archivio Comunale di Salerno documentazione anteriore alla metà dell’Ottocento, ed essendo molto scarsa e frammentaria anche quella versata agli Archivi di Stato di Napoli e di Salerno, è possibile ricostruire il materiale depositato nelle casse dell’archivio dell’Universitas attraverso le informazioni contenute nel Liber Privilegiorum redatto negli anni ’70 del XVII secolo. Pur mancando un’autentica generale, molti documenti furono autenticati dal notaio Geronimo Arminio di Salerno, secretarius dictae civitatis, nel 1676.

Benché il codice sia mutilo e, forse, acefalo, per cui manca il prologo o altre dichiarazioni di intenti che chiariscano i motivi e i committenti dell’opera, il criterio con cui sono organizzati i documenti trascritti, divisi per materia, denuncia la volontà di raccogliere un corpus unitario e sistematico che rendesse espliciti e incontrovertibili i diritti della comunità. Note in calce e al margine creano una trama narrativa con rimandi interni tra i vari documenti, a ulteriore conferma che la redazione sia avvenuta quasi tutta in un solo momento e con un preciso disegno (Pucci 2010).

I redattori del Liber utilizzarono come fonti sia documenti originali presenti nell’archivio cittadino sia Libri e repertori privilegiorum e provisionum.

In base alle indicazioni delle autentiche delle copie tratte da originali presenti nell’archivio universale, alla metà del ’600 nelle casse dell’Università dovevano esserci i seguenti documenti originali:

1)      Esecutorio del privilegio di Carlo II sulla fiera del 1303

2)      Lettera patente di Ladislao del 1413

3)      Privilegio di Alfonso all’università del 1446

4)      Suppliche presentate dall’Università a Beatrice d’Ungheria con relativi decreti del 1499

5)      Mandato della regia camera del 1553

6)      Privilegio di Filippo II all’Università del 1559

7)      Mandato del viceré conte di Granvela del 1572

8)      Mandato esecutorio del viceré cardinale di Granvela del 1574

9)      Mandato del viceré marchese di Mondejar dell’agosto del 1579

10)  Mandato esecutorio della Regia Camera della Sommaria del 1585

11)  Mandato del viceré don Pedro Giron del 1586

12)  Privilegio di Filippo II all’Università del 1591

13)  Mandato esecutorio del viceré conte di Miranda del 1591

14)  Mandato esecutorio del viceré Giovanni de Zunica del 1594

15)  Privilegio di Filippo III del 1603

16)  Mandato esecutorio del viceré conte di Benavente del 1608.

 

Dal contenuto delle dodici sezioni superstiti del codice, inoltre, si ricava che l’archivio cittadino conservava, in copia o in originale, in carte sciolte o in registro, anche le seguenti tipologie documentarie:

-          Privilegi e lettere esecutorie dei sovrani, dei viceré e dei principi di Salerno

-          Documenti prodotti dalla Regia corte stratigoziale

-          Documenti prodotti dalla Regia Udienza Provinciale

-          Documenti prodotti dalla Regia Percettoria Provinciale

-          Documenti prodotti dalla Regia Dogana di Salerno

-          Documenti concernenti la Gabella delle sei grana per oncia

-          Documenti concernenti la Gabella degli animali

-          Documenti concernenti la giurisdizione della portolania, riguardanti Salerno, casali e distretto

-          Documenti concernenti la giurisdizione della Regia Zecca di pesi e misure

-          Documenti concernenti diritti di privati cittadini, gabelle dell’università e franchigie

-          Documenti concernenti le fiere di settembre e di maggio.

 

Dagli statuti del 16 ottobre 1491 si ricava, inoltre, che la documentazione doveva essere conservata in una cassa chiusa con due chiavi e contenente anche il sigillo, le bussole e i libri. Nel documento si precisava che, non avendo luogo stabile, la cassa da allora in avanti dovesse essere conservata nella sacrestia della chiesa cattedrale e chiusa non più da due ma da quattro chiavi, tenute dal sindaco, dal sacrestano e da due dei sei eletti, a turno ogni 20 giorni.

La chiesa maggiore come luogo di conservazione era citata già nel 1384, quando la regina Margherita dispose che si conservassero 3 copie del  nuovo apprezzo, una presso uno de migliori, una presso uno dei mediocri e una nella chiesa maggiore; nel documento non è fatto, però, riferimento all’esistenza di una cassa né alla sua ubicazione nella sacrestia (Pucci 2010, 43-45).

Anche se le disposizioni sono molto simili alle altre Università che pure ricevettero lo Statuto nel 1491, è da notare il riferimento alla trascuratezza con cui si erano conservate le carte fino a quel momento, a differenza di città come Taranto che già dal 1465 aveva una spiccata sensibilità archivistica e che nel 1528 produce un Inventarium dei beni dell’Università. Resta da stabilire se tale attenzione alla conservazione archivistica sistematica fosse stata indotta dall’organizzazione burocratica della curia del principe Giovanni Antonio Orsini. Lo stato confusionario dell’archivio salernitano si protrae fino al ’700 quando, nonostante la produzione di registri privilegiorum e provisionum,  ancora non ci sono inventari e criteri di sistemazione della documentazione.

Consistenza dell'Archivio
Fondi archivistici
Strumenti di corredo
Raccolte e miscellanee
Note
Bibliografia

Pucci 2010: Magdala Pucci, “Il liber privilegiorum di Salerno”, Rassegna Storica Salernitana, 27, 54, 2010, 15-61.

Allegati
Link esterni
SchedatoreVeronica Mele
Data di creazione19/07/2014 18:55:52
Data ultima revisione05/04/2017 16:45:55
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Scheda Archivio/16
NomeSalerno
Status amministrativoComune capoluogo di provincia
Estensione del territorio comunale60 kmq c.a
Popolazione135.268 (ISTAT 2015)
MuseiMuseo Diocesano, Pinacoteca provinciale, Museo Archeologico Provinciale
ArchiviArchivio di Stato, Archivio comunale, Archivio Diocesano, Archivio Capitolare
BibliotecheBiblioteca dell'Archivio di Stato, Biblioteca Provinciale, Biblioteca Diocesana
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Citta/32