Scheda CittàAltamura
Letterati che nascono, vivono o operano in città

 

Leone d’Altamura

 

Aloisio Barbantano

 

Antonio Scaragio, teologo francescano

Stampatori e produzione libraria cittadina

 

Non attestata per l'epoca in esame.

Biblioteche pubbliche e private
Accademie

 

Non attestate.

Committenze di opere letterarie relative alla città
Dedicatari di opere letterarie
Storie di famiglie
Corografia e geografia

Ranzano 2007 (XIV, x, Apulia, cap. 25): la menzione di Altamura è cursoria. Ranzano si limita ad affermare che la sua chiesa non è sottoposta a un vescovo ma a un arciprete locale con funzione di vescovo.

 

Maffei 1506: cf. sotto, Letteratura antiquaria.

 

Alberti 1550, 202v: la chiama Altavilla, e si sofferma a lungo sul problema della falsa identificazione del sito con Petilia (v. sotto, Letteratura antiquaria). Poi afferma: "Egli è questo castello ornato della dignità del Prencipato, del quale ora è Signore il Duca di Tragetto della nobile famiglia de i Gaetani napolitani. Et benché non sia città, non è però la Chiesa di quello soggetta ad alcun vescovo, ma solamente è alla Chiesa romana, e al sua Arciprete. Ha questo nobile castello buono e fertile territorio, del quale io ne parlerò nella Puglia Peucetia, o sia Terra di Barri."

 

Storiografia locale e cronache
Letteratura antiquaria

 

Il dibattito locale sull’antichità di Altamura è testimoniato per epoche piuttosto alte. Da un lato il nome Altilia come denominazione di Altamura in età saracena (X-XI sec) figura in alcuni documenti editi da Giannuzzi nel Codice Diplomatico Barese, risalenti almeno al 1299 (cf. Ponzetti 1936, 426-428). Dall’altro, una enigmatica definizione degli abitanti di Altamura come Mirmidoni è testimoniata dall’iscrizione di S. Lorenzo, il cui carattere dotto e ‘antiquario’ è evidente. Nell’iscrizione, però, non si fa menzione di Altilia, il che farebbe pensare a un tentativo di ridefinire l’identità locale in un’ottica differente, stabilendo un non chiaro collegamento con il ciclo troiano, Achille e (ipoteticamente) la Tessaglia.

Alla fine del Quattrocento, in ogni caso, ritroviamo la menzione di Altilia nell’epigramma di Aloisio Barbantano (v. sotto), il che lascia supporre che l’identificazione locale con il toponimo antico di Altilia non fosse mai venuto meno e avesse convissuto con la ‘proposta’ dell’identità tessala dei Mirmidoni.

Raffaele Maffei, nel sesto libro dei suoi Commentarii, parlando del Bruzio, e in particolare della città di Petilia, oggi identificata con Strongoli, fa menzione della discordanza tra Strabone, che attribuisce Petilia ai Lucani, e Plinio, che la attribuisce al Bruzio, così come anche Livio, che la menziona parlando di vicende relative, appunto, al Bruzio, quando la città viene assediata e presa per fame dal cartaginese Imilcone (Liv. XXIII 20. 30). Poi, aggiunge maffei senz aindicare fonti, si dice che da essa derivasse la vicina città di Altamura: “ex huius occasu putatur vicinum oppidum Altamura aedificatum” (Maffei 1506, c. LXXXVI r.). La frase di Maffei è oscura, ma difficilmente l'umanista potrà aver pensato ad Altamura di Puglia; più probabilmente si tratta della ricezione, giusta o sbagliata, di un toponimo locale. Tuttavia la testimonianza è interessante, anche perché alcuni decenni più tardi Leandro Alberti riprese polemicamente questa affermazione di Maffei:

 

“Più avanti sei miglia appare sopra l’Apennino il nobil castello di Alta villa, del quale dice il Volaterrano nel 6° libro de i Comentari Urbani, essere opinione d’alcuni, che quivi fosse Petilia, e che questo castello fosse fatto per la roina di quella. Invero paiono a me esser in grand’errore questi tali, imperò che era Petilia sopra il territorio di Squilacci dal mar lontana otto miglia, come dimostra Tolomeo nella pittura, et eziandio si può conoscer dalle parole di Vergilio nel 3° libro della Eneida, annoverando le città e luoghi, che si doveano dimostrare ad Enea di questa Regione, et avendogli descritti, li rappresentò quelle di Calavria et de i Giapigi, avvertendolo che si dovesse piegare allo stretto canale di Sicilia; onde dapoi che ebbe nominato Locri incontinente nomina Petilia. Quivi chiaramente si conosce che Vergilio non descrive altro luogo del seno tarentino, eccetto che quelli c’erano intorno il golfo di Squilacci, i quali erano di riscontro de i Giapigî, imperò che quindi dovea passare. Et per tanto essendo questo luogo, ove è Altamura, molto lontano dall’antidetto golfo di Squilacci, non può esser che Petilia fosse quivi, et eziandio, perché ella è posta ne i Lucani da Strabone, i quali non arrivavano a questo luogo (com’è dimostrato), ma si ben al luogo ove l’ho descritta, vicino a Cosenza, che anche ella era annoverata fra i Lucani da Livio, come è detto (cf. Alberti 1550, 194v-195r). Similmente pare esser di tale opinione Plinio nel 9° capo del terzo libro, cioè che fosse la seconda che ho dimostrato” (Alberti 1550, 202v).

Alberti, dunque, interpreta il passo di Maffei come se costui avesse sostenuto che Petelia era dove è oggi altamura, il che, come abbiamo visto, non è esatto.

 

Dunque, mentre i maggiori corografi italiani del primo Cinquecento, tra un equivoco e l'altro, 'creavano' ipotesi antiquarie che riconducevano Petilia/Petelia ad Altamura, a livello locale si registra interesse solo per il toponimo Altilia. Dopo il poeta Barbantano, nell’iscrizione di S. Liberatore, datata al 1527, la città è di nuovo chiamata Altilia.

 

Cristoforo Scanello nella Cronica Universale della Fedelissima et antiqua regione di Magna Grecia, stampata nel 1575, ne attribuisce la fondazione ad Antello Iliese, eroe troiano, venuto in Italia al seguito di Enea, fornendo per il toponimo la paraetimologia di Nuova Ilio; secondo questa versione la città medievale, costruita dopo la distruzione del centro antico, avrebbe preso il nome di Altamura in omaggio alle rovine di Altilia (Scanello [ed. Russi, Carboni 2011], 82-83).

 

Nel 1619, Agostino Turroni inserì un breve profilo delle origini di Altamura nella sua opera dedicata alle città del mondo:

"Altamura da Latini detta Petilia, nel Regno di Napoli, in quella parte che si dice la Magna Grecia, fu da medesmi Greci edificata, ma poi distrutta da Orlando" (Turroni 1619, 54-55). A questo proposito occorre notare che la menzione della distruzione ad opera di Rolando/Orlando e la successiva ricostruzione della città ad opera di Federico era registrata nel motto che compariva intorno allo stemma cittadino, la cui prima attestazione: "Orlandus me vicit Federicus a me reparavit", risale alla veduta della città nelle carte Rocca del 1584 circa (Muratore-Munafò 1991, 114-115). Inoltre, l'iscrizione nella formula: Rothlandus/Orlandus me destruxit, Federicus me reparavit era presente sulla Porta del Carmine, come attestano diverse fonti sei-settecentesche.

A metà Seicento, in un'opera sulla storia degli insediamenti minoritici in Puglia (Bonaventura da Fasano 1656, 28-29) e, quindi, in ambito locale, si registra una nuova (e probabilmente molto recente) teoria antiquaria sulla fondazione della città, che essa cioè fosse opera dell’eroina etolica Altea (Althaea), madre di Meleagro, passata poi in occidente (un dato, quest'ultimo, non riportato da alcuna fonte classica). Bonaventura si dilunga anche sulla teoria Petelia / Altilia, citando Alberti.

A fine Seicento, l’erudito locale Domenico Santoro torna sulla vicenda di Altea, sommandola a tutte le altre leggende già menzionate (Berloco 1991-1992, 58-59).

Letteratura ecclesiastica e religiosa

 

Cf. l'opera del teologo francescano Antonio Scaragio di Altamura (Scaragio 1557).

Letteratura giuridica
Letteratura scientifica
Poesia, prosa d'arte, altre forme letterarie

 

Secondo la testimonianza di Orlandi (da Orlandi 1770, pp. 440-441), Aloisio Barbantano “celebre poeta latino”, scrive un componimento per celebrare l’ampliamento della piazza maggiore nel 1494 da parte di Federico d’Aragona:

IN FORUM ALTAMURAE PER FEDERICUM ARAGONEUM PRINCIPEM EXORNATUM

Quale decus rerum? Qualis gratia formae

  Coelicoli venit gratios Altilia?

Oh redimito Foro nulli candore secundo

  iam pictate nites, moribus ipsa novis.

Caesareum pulchris iam cederet amphiteatrum

  stratis, nimirum vincitur illud opus.

Designe magnarum, primordia desine rerum

  mirari quisquis moenia tanta subis.

Plura dabunt: adsit superi Regnator Olimpi

  orbe nec in toto pulchrior Altilia.

Haec, Federice, tibi debetur gloria Princeps,

  qui structas urbes, qua decet arte paras.

Elogi di città e altri scritti encomiastici o apologetici
Altro
Schedatore

Lorenzo Miletti, Antonio Milone, Stefania Tuccinardi

Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Letteratura/23