Scheda CittàNardò
Letterati che nascono, vivono o operano in città

Luigi Sanseverino di Bisignano

 

Francesco Securo da Nardò

 

Roberto Caracciolo da Lecce

 

Angilberto del Balzo

 

Antonio de Ferrariis Galateo

 

Belisario Acquaviva

Stampatori e produzione libraria cittadina
Biblioteche pubbliche e private

 

Grazie alla presenza di una scuola di copisti greci, e in generale grazie all'impulso alle lettere che Nardò ricevette nel ventennio in cui fu retta da Luigi Sanseverino (1415-1435), la città dovette registrare la presenza di numerose collezioni librarie, di cui tuttavia mancano testimonianze specifiche.

Al cap. 18.26 del De situ Iapygiae, infatti, Galateo menziona l’antica scuola di calligrafi greci che esisteva a Nardò, in grado di produrre uno stile scrittorio eccellente, al punto che ‘neritine’ divenne un modo per definire le grafie pregevoli e ben fatte. In seguito alla progressiva de-grecizzazione, si continuarono a studiare con profitto la cultura e la letteratura greca (Galateo elogia molto il ruolo dei Sanseverino). All’epoca del padre di Galateo, Nardò aveva la scuola più importante del Salento, alla quale accorrevano giovani da vari luoghi, inclusi i due teologi Francesco Securo e Roberto da Lecce (18.27).

 

Per la seconda metà del Quattrocento, grazie alla sopravvivevnza di un inventario, è ben nota la consistenza della biblioteca personale, custodita in Nardò, di Angilberto del Balzo., che si era arricchita con lasciti proveniente dall'eredità di Giovanni Antonio Orsini. In essa si osserva una certa prevalenza di opere in volgare, e l'assenza di opere in greco.

 

Certamente doveva trovarsi a Nardò la biblioteca personale di Belisario Acquaviva.

Accademie

 

Il duca Belisario Acquaviva fondò a Nardò l'Accademia del Lauro, sul modello dell'Accademia Pontaniana di Napoli

Committenze di opere letterarie relative alla città
Dedicatari di opere letterarie

 

Belisario Acquaviva è dedicatario di numerose epistole letterarie di Antonio de Ferrariis Galateo.

Storie di famiglie
Corografia e geografia

 

Nell'opera di Pietro Ranzano (Annales XIV, ix, 40),si dedica a Nardò una breve menzione, in quanto città antica e dotata di un ricco territorio. Da domenicano qual era, Ranzano coglie l'occasione per tessere un breve elogio di Francesco da Nardò.

 

Nardò è trattata nell'opera del Galateo De situ Iapygiae, cap. 18 dell'ed. Defilippis: Galateo si sofferma sulla feracità del territorio attorno a Nardò, soffermandosi a lungo sul fenomeno delle acque sotterranee (parr. 2-9). I paragrafi 10-25 sono occupati da un lungo excursus sui fenomeni naturali che generano superstizione negli incolti: la casistica è varia e prende spunto, per poi allontanarsene, da alcune visioni che si verificavano nelle paludi vicino Nardò. Come già in un passo precedente relativo alle tarantole (cap. 3.9), anche qui Galateo si diffonde (per confutarle) nella descrizione di credenze mostruose, dalle streghe ai non-morti.

Sorprende, d'altro canto, come Galateo non dedichi alcuno spazio all'aspetto urbano della città, e non menzioni né chiese né monumenti di sorta.

 

Leandro Alberti (Alberti 1550), si sofferma a sua volta piuttosto brevemente sulla città, prima di inserire un breve elogio di Francesco da Nardò, come già aveva fatto Ranzano: “Et da Gallatina rivolgendosi a man sinistra, dopo tre miglia si vede la città di Nardo molt’antica, da Tolomeo, detta Nertitum, la qual è molto civile, ricca, et di popolo ben piena. Tiene un bello, vago, et abbondante territorio, ornato d’Aranci, limoni, et di gran selve d’olivi, et di belle vigne.

Storiografia locale e cronache

Plinio (N.H., III, 105) menziona i “Neretini” tra gli abitanti del Salento, come anche Nereto è ricordata da Tolomeo (3, 1, 76); nelle Metamorfosi di Ovidio (XV, 51) si ricorda “Sallentinumque Veretum”. Galateo cita un'iscrizione nella quale compaiono menzionati “Lupienses, Hudrentini et Neritini” per Mommsen apocrifa nella versione presentata dai fratelli Tafuri (CIL IX, 13*). In un testo sulla presa della città da parte dei veneziani (1484) di Angelo Tafuri, testimone oculare dell'evento, che proviene dalla dubbia fucina degli eruditi Tafuri del Settecento (ma accolta nel vol. XXIV delle RR.II.SS.), viene detto che la città sia stata “fabricata di certi popoli che se ne fuggirono dall'isola di Lecatia, pe la grande penuria d'acqua” (Tafuri 1848, 8). In nota, il curatore Giuseppe Tafuri ritiene verosimile l'ipotesi che greci di Leucadia o dalla Itaca di Ulisse si siano trasferiti in Salento e cita a riprova Scipione Puzzovivo (rianimatore dell'accademia cittadina per ordine del vescovo del 1577), autore di una descrizione di Nardò, che scrive che ebbe “i popoli coni per suoi fondatori” e le Antichità di Leuca (1693) di Tasselli (Lettera al lettore s.i.p., 214-217). Giacomo Perganteo, autore di una Istoria della provincia salentina manoscritta, afferma, a detta di Geronimo Marciano (autore di un'opera di argomento analogo nel 1656: Marciano 1855, 481-482 e Marciano 1996, p. 482), che fondatori siano stati i Cilici o gli Egizi nel 3559 (Tafuri 1848, 338-339). Agostino Merodio, nella Istoria tarantina, ricorda la città “edificata dalli popoli egizii, che furono i primi abitatori dell'Italia”.

Nelle Antichità di Leuca l'autore trae da un manoscritto: “fundata dagli Egitj o da' Neretini 500 anni in circa, dopo fu Italo re in provincia, et accresciuta in città vi fecero dall'Egitto arrivare li maestri della sua eruditissima Menfi” (Tasselli 1693, Lettera al lettore s.i.p., 214-217). Tra le opere manoscritte sulla storia di Nardò, recentemente è stato individuato un testo di Geronimo de Falconibus (1643) ai tempi del vescovo Fabio Chigi (poi papa Alessandro VII), nel quale si racconta della mitica fondazione da parte di un tale Tullio de Beccolini (pubblicata su Neretum da Giancarlo De Pascalis). Dell'origine della città discorre anche padre Bonventura da Lama 1723, 194-199, ricapitolando le varie ipotesi al riguardo.

Il nome Nerito viene associato da Giovanni Bernardino Tafuri, autore di una storia di Nardò (1735), ad una località greca presso il monte Itaca menzionata nell'Iliade e da Virgilio nell'Eneide (III, 271) (Tafuri 1848, 339-340).

Nel testo dell'assedio del 1484 viene poi riferito che la città ha avuto “parecche guerre dalli romani, che la diruparono affatto et dopoi dallo imperatore Ottavio di nuovo fabricata”. A testimonianza si cita di nuovo Tasselli 1693, 284-285 (che richiama Perganteo) e si riporta un'iscrizione romana frammentaria che “anticamente si leggeva in città” (anch'essa ritenuta falsa CIL IX 3*).

Letteratura antiquaria

 

Ranzano (l. XIV, ix, 40) si sofferma sulla forma del nome Neritum, chiedendosi come mai essa si fosse trasformata in Neritonum col passare del tempo.

 

Nel già citato cap. 18 del De situ Iapygiae, Galateo confuta l'attendibilità di ogni altra forma del nome che non sia Neritum, portando a testimonianza un'epigrafe romana da lui consultata a Lecce, nella quale si parla di " Lupienses, Hydruntinos et Neritinos" (18, 1); l'epigrafe nella versione riportata in Tafuri 1848 viene ritenuta apocrifa da Mommsen (CIL IX 13*).

Non figurano in Galateo altri riferimenti all'antichità della città.

La città viene menzionata nella Vita del Gran Capitano di Paolo Giovio (1526): discorrendo delle città in Terra d'Otranto, compare “Nardoum a Leucadiae Nerito condentibus Graecis ductum”: “Lezze, detta anticamente Lupia, e oltra ciò Calatana antichissima colonia de' tessali, la quale oggi si chiama San Pietro e Nardo cosidetta da Nerito Leucadia, la qual terra edificarono già i greci” (cito dal volgarizzamento di Ludovico Domenichi del 1547: Giovio 1931, 100).

Letteratura ecclesiastica e religiosa

 

Cf. la ricca produzione teologica e filosofica di Francesco Securo (noto come Francesco da Nardò), il quale, secondo la già citata testimonianza del Galateo (De situ Iapygiae, 18.28), all'epoca di Luigi Sanseverino si formò nella natìa Nardò, come anche il teologo Roberto Caracciolo (Roberto da Lecce).

Letteratura giuridica
Letteratura scientifica

 

Cf. Galateo, De situ Iapygiae 18.2-25, la lunga spiegazione dei fenomeni carsici nell'area di Nardò e delle visioni (v. sopra).

Poesia, prosa d'arte, altre forme letterarie

 

Cf. le opere prodotte da Belisario Acquaviva e quelle prodotte per suo impulso.

Elogi di città e altri scritti encomiastici o apologetici

 

La sezione neritina del De situ Iapygiae di Galateo ha toni fortemente encomiastici: Nardò è la città dove egli si è formato da giovane. Poiché Nardò è l'ultima città affrontata nella descrizione del Salento, Galateo afferma enfaticamente:

 

Neque ero ingratus si ut initium descriptionis Tarento, sic et finem Nerito tribuero. Hoc exigit locorum ratio, et conviviorum magistri semper aliquid quod maxime delectet, in finem reservant: sit Neritum longae finis chartaeque viaeque.

 

"E non sarò irriconoscente se, come ho avviato la descrizione cominciando da Taranto, così la concluderò con Nardò. Lo esige l’ordine che ho seguito nella illustrazione delle località; e i direttori di sala che sovrintendono ai convivi riservano sempre per la fine qualcosa che piaccia moltissimo: sia dunque Nardò il termine della lunga scrittura e del cammino" (18.30, tr. Defilippis).

Altro
Schedatore

 

Lorenzo Miletti, Antonio Milone

Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Letteratura/22