Scheda CittàGaeta
Profilo storico

Gaeta fu capitale di un omonimo ducato alla fine del IX secolo, quando si emancipò dal ducato di Napoli. Perdette l’autonomia con la conquista normanna (1032) e fu incorporata nel 1136 nel Regno di Sicilia. Fu quasi sempre nel demanio regio, città privilegiata dai sovrani e prospera per commercio, non concessa a signori feudali e governata direttamente dall’amministrazione regia. In quanto piazzaforte e porto militare, ebbe una parte di primo piano nelle lotte per il regno di Napoli (DS 2010). Attraverso i numerosi privilegi concessi dai sovrani, l’università demaniale cambiò la sua condizione iniziale e il potere si trasferì sempre più dalla Corte regia ai cittadini. Sotto questo aspetto, Gaeta fu una piccola “città stato” all’interno del regno, un’entità giuridica nuova e originale, voluta dagli stessi sovrani (Pergamene 1997, XIX-XX).

Resasi indipendente in seguito alle occupazioni dei Saraceni, la città si costituì in Ducato autonomo sotto il governo dell’ipata Costantino (839-866), cui successero Marino I e Docibile I (867-906), che confinò, tra gli anni 876-879, i Saraceni nella Piana del Garigliano. Giovanni I (906-933), con le forze collegate del pontefice, di Costantino VII Porfirogenito, di Berengario, del doge di Napoli, dei principi di Salerno, di Capua e di Benevento, li sconfisse (915) nella pianura del Garigliano presso l’antica Minturno, ricevendo da Costantino il titolo di patrizio imperiale.

La comparsa dei normanni nel Mezzogiorno segnò la fine del Ducato di Gaeta, durato un secolo e mezzo. Nel 1066 il ducato fu in possesso di Riccardo di Capua, erede di Rainulfo, primo conte normanno di Aversa, a cui era stato ceduto da Guaimario IV di Salerno fin dal 1032; e dai conti normanni di Capua esso pervenne finalmente a Ruggiero II, fondatore della monarchia siciliana, nel 1136. Nei primi anni di dominazione sveva, Gaeta si distinse come una delle città più fedeli. Federico II ordinò la ristrutturazione del castello, i cui lavori iniziarono nel 1222 e terminarono nel 1227 (Carpiceci 2007, 101). Durante le lotte tra l’imperatore e il papa, la città si arrese alle forze pontificie (1229) e fu abbattuto il castello imperiale. L’imperatore, ripresa Gaeta nel 1233, le tolse il consolato, impose la dogana, soppresse tutte le libertà fino ad allora godute dalla città e limitò i traffici, soprattutto quello granario (Pergamene 1997, XVI). Nel secondo periodo di dominazione sveva furono inoltre demolite le torri della cinta muraria; Gaeta fu così totalmente privata di ogni capacità difensiva, in maniera da non permettere più alcuna autonomia o ribellione nei confronti della Corona (Carpiceci 2007, 102). 

In età angioina si rafforzò il legame di lealtà tra la città e la Corte regia. Carlo I d’Angiò ricostruì nel 1279 il castello e ampliò le fortificazioni. Nel 1349 la regina Giovanna d’Angiò si ritirò a Gaeta e, nel 1350, le concesse la fiera annuale di settembre e una serie di provvedimenti volti a favorire le attività commerciali della città (Pergamene 1997, XXII-XXIII). Dal 1387 Gaeta fu sede della Corte durazzesca. Nel mese di luglio di quell’anno, Margherita, coi figli Ladislao e Giovanna, abbandonò Napoli per risiedere a Gaeta, città che si era mostrata fedele e sicura, capace di sostenerla finanziariamente e di difenderla militarmente. Dalla piccola città marinara cominciò la lotta per la riconquista del regno. La guerra andò avanti per dodici anni (1387-1399) e in quel periodo Gaeta ospitò e protesse la famiglia reale. Tra la città e la monarchia si creò un legame strettissimo tant’è che alcuni Gaetani assunsero cariche di altissimo livello nella macchina dello Stato, altri costituirono società finanziarie che, in cambio di gabelle da riscuotere nel futuro, anticiparono al re il corrispettivo di decine di migliaia di once d’oro. Altri ancora, armarono galee e navi minori che costituirono il nucleo più forte della flotta che difese il sovrano (Corbo 1997, XV). Nel 1399 il sovrano durazzesco concesse ai Gaetani la cittadinanza generale del regno, che comportò una serie di benefici fiscali per l’importazione ed esportazione di merci in tutto il Mezzogiorno (Pergamene 1997, XXIV e 133-135).

Nel 1424 l’ammiraglio genovese Guido Torello, a capo di un’armata mandata da Filippo Visconti in aiuto di Giovanna II, s’impossessò di Gaeta, tenuta dagli Aragonesi, e la restituì alla regina (Severo 1865, 30). Alfonso I d’Aragona tentò di riprenderla, ma, assalito presso Ponza dalla flotta dello stesso Torello e di un altro genovese, Biagio Assereto, fu sconfitto e fatto prigioniero; la città fu poi presa nel 1435 da suo fratello don Pedro.

La posizione strategica di Gaeta, nel quadro della conquista del Regno di Napoli, era di grande importanza e indispensabile per la presa di Napoli; non a caso, fu definita dallo stesso Alfonso «una dele chiave principale» del regno (Senatore 1997, 12-13; Carpiceci 2007, 99). A Gaeta Alfonso il Magnanimo giunse il 2 febbraio 1436 e nel maggio dello stesso anno confermò alla città i privilegi fondamentali già concessi dai precedenti sovrani angioini e durazzeschi. Essi erano, nell’ordine: il diritto di legislazione per cui i Gaetani potevano a loro piacimento modificare gli statuti cittadini; il privilegio di foro, per cui per qualunque causa, civile o penale, i Gaetani non potevano essere tratti né alla corte del maestro giustiziere, né alla Corte della Vicaria; la cittadinanza generale del regno; il diritto di concedere, ogni anno, la cittadinanza a dieci stranieri; il diritto alle due fiere franche (Pergamene 1997, 260-262). Il sovrano aragonese, inoltre, trasformò la città nella sua residenza privilegiata e in un cantiere enorme: si iniziarono i lavori di ristrutturazione del porto, della dogana e del castello, i cui cantieri terminarono intorno al 1453 (Colesanti 2011, 202; Leccese 2008, 257 e 270). Impadronitosi di Napoli, nel 1442, trasferì lì la capitale del regno e nel 1450 nominò per Gaeta un viceré, il fedele don Alfonso de Cardenas. Ad avallare l’indipendenza economica della città, Alfonso fece allestire nel castello una zecca, di cui nominò maestro Guido de Antonio, suo incisore e argentiere; da questa officina monetaria vennero coniati, tra il 1441 e il 1448, gli alfonsini e più tardi, dal 1458 al 1494, i tornesi (Carpiceci 2007, 107). Nel 1495 la città fu presa da Carlo VIII al quale si ribellò; ripresa, venne saccheggiata, ma l’anno seguente Federico d’Aragona, dopo un assedio durato due mesi, il 18 novembre la rioccupò (Severo 1865, 31).

Nel 1503 Consalvo de Cordova, dopo aver respinto oltre il Garigliano cinquemila Francesi, s’impadronì di Gaeta per Ferdinando il Cattolico, che la cinse di un’imponente cinta muraria posta a occidente del Monte Orlando (Carpiceci 2007, 109). Nel 1528 Andrea Doria, ammiraglio di Carlo V, sconfisse nelle acque del golfo le truppe francesi, dopo di che ebbe inizio la costruzione (1528-1532) di una più ampia cerchia di mura (detta di Carlo V) che incluse anche parte del Monte Orlando. Nel 1707 la città fu assediata dagli Austriaci, comandati dal conte di Daun, viceré di Napoli, e occupata dopo tre mesi. Presa nel 1734 dai Borbone, nel 1738 vide il matrimonio tra Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia; in quella circostanza la città ebbe dal re il titolo di “Fedelissima”.

 

Cronotassi

Negli anni 839-867 il governo di Gaeta fu retto dagli ipati Costantino e Marino, cui seguì il periodo di Docibile I (867-906). Nell’877 Gaeta divenne un ducato particolare sotto la sovranità dell’imperatore d’Oriente. I duchi di Gaeta furono:

877-933: Giovanni I

915-954: Docibilis II

933-962: Giovanni II

963-966: Gregorio

969- (?) : Giovanni III

978-1008: Marino

991-1012: Giovanni V

1012-1015: Leone I

1012-1040: Giovanni VI

1015-1024: Leone II

1023-1032: Emilia

1040-1041: Guaimaro (conte di Salerno 1018, d’Amalfi 1039)

1041-1045: Rainolfo (conte d’Aversa 1030)  

1045-1058: Atenolfo I (conte d’Aquino)

1058-1062: Giordano (principe di Capua e Aversa 1062)

1062-1064: Atenolfo II (conte d’Aquino)

1064-1065: Lando (conte di Traetto)

1065-1067: Dannibaldo

1068-1086: Goffredo Ridello normanno (conte di Pontecorvo)

1089-1091: Rinaldo Ridello

1092-1103: Landolfo

1103-1104: Guglielmo

1104-1111: Riccardo I dell’Aquila

1111-1113: Andrea dell’Aquila

(Cappelli 1998, 478-479)

Nel 1135 Ruggero II d’Altavilla, re di Sicilia, incorpora Gaeta nella monarchia, che vi resterà, come città demaniale, fino al 1861.

Corpus normativo

Gaeta fu città privilegiata del regno, sin dai tempi della monarchia normanna, che non soffocò la struttura del reggimento democratico cittadino, costituito da un giudice e quattro consoli, rinnovabili ogni anno, e un consiglio di sapientes viri (Calasso 1971, 42-43). Le consuetudini della città, poi fissate negli statuti cittadini, consideravano come demanio particolare della città i beni, le cose, i diritti, i denari e i luoghi pubblici, sia in mare che in terra; la città, pertanto, aveva facoltà di disporre liberamente di essi (Di Tucci 1916, 417).  La formulazione delle prime norme statutarie di Gaeta risalirebbe al tempo della costituzione del libero comune (1123), mentre la prima codificazione degli statuti cittadini risale al 1356, poi modificati e dati alle stampe, per la prima volta, nel 1515 (Rossetto 1694, 26-27). Nel 1552 il Consiglio dell’Università di Gaeta deliberò che i vecchi statuti fossero «correcti et riformati», poi stampati e venduti, affinché ciascun cittadino ne possedesse una copia; nel 1554 furono così messi in vendita col titolo di “Statuta, privilegia et consuetudines civitatis Cajetae” (Di Tucci 1916, 415). I Gaetani furono gelosi e strenui difensori di quelle norme statutarie che derivavano dal retaggio romano e bizantino e da secoli di libero governo. Gli statuti avevano tutta la sacralità della legge, nessuno doveva violarli, nemmeno il capitano che, nominato dal potere centrale, presiedeva la curia per l’amministrazione della giustizia penale e disponeva della forza pubblica. Anche i giudici dovevano appartenere il più possibile alla città ed essere meno dipendenti dal potere centrale. Più potere agli statuti cittadini e ai giudici locali, meno potere ai capitani, furono gli obiettivi costanti della città. Del resto, in tutti i documenti regi di conferma generale delle precedenti concessioni, il privilegio citato sempre per primo fu quello che consentiva ai Gaetani di poter gestire con la massima libertà i propri statuti (Pergamene 1997, XXXII).

Sul piano amministrativo e rappresentativo, la città aveva proprie istituzioni, regolarmente elette dai cittadini: un Consiglio di 15 membri e tre giudici, per il governo della città; ambasciatori e sindaci per i rapporti esterni. Il capitano, di nomina regia e rappresentante il potere centrale, era ridotto al rango di protettore e difensore delle istituzioni locali. La giustizia civile era amministrata, agli inizi del Trecento, in loco, cioè da uomini del posto; i giudici erano eletti dai cittadini e si riunivano sotto la presidenza del baiulo. Essi giuravano nelle mani del re, rappresentato dal giustiziario, mentre successivamente il giuramento fu prestato nelle mani del capitano della città (Pergamene 1997, XXVII e 14-15, 23-25).

 

Schedatore

Salvatore Marino

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