Scheda CittàGiovinazzo
Profilo storico

Nel periodo basso medievale, e ancora nella prima età moderna, la città vide lo sviluppo di una forte conflittualità interna. All’inizio del XIII secolo, quando Federico II era sotto la tutela di papa Innocenzo III, Ottone IV discese verso Roma per essere incoronato imperatore, e nel 1211 tentò l’impresa della conquista del Meridione riuscendo a soggiogare anche Giovinazzo, tenendola per un breve periodo. Manfredi, successore di Federico, volle premiare suo cugino Giordano Lancia di Anagni per i servigi offertigli, donandogli Giovinazzo con il titolo di contado nel 1257. Il suo signoraggio durò tuttavia pochi anni, poiché nel 1265 egli venne sconfitto dalle truppe angioine chiamate dal papa per porre fine alla dominazione sveva.
A partire dal dominio angioino in città si accesero le lotte di fazione. Durante la fase angioina la casata giovinazzese degli Spinelli fu molto osteggiata in patria, essendo fortemente legata al potere centrale, soprattutto per gli incarichi di prestigio ai quali i suoi appartenenti furono chiamati di frequente dal centro (si pensi alla rilevanza di un personaggio come Niccolò Spinelli; Romano 1902). Questo legame li rafforzò notevolmente in patria, e accrebbe l'inimicizia delle gran parte delle altre famiglie, che li aveva connessi alla rete del guelfismo italiano. Giovanni Spinelli si trovava, ad esempio, come giudice a Firenze nel 1326 per soccorrere i guelfi fiorentini. Costui, nel medesimo periodo, vedeva crescere il proprio potere, diventando reggente di Vicaria. La casata era diventata fortissima a livello politico, e godeva di ampi possedimenti in tutta l’area vicina alla città, vessando non poco gli altri cittadini (Lupis [ed. De Ninno 1880], 40-41; Paglia 1738, 132-136). Bisanzio Lupis nella sua cronaca racconta alcuni episodi di questi scontri interni, ad esempio la sollevazione di Cola Piccoli e dei suoi seguaci al tempo di re Roberto, alla quale gli Spinelli risposero con astuzia approntando una specie di trappola per gli insorti, riuscendo ad avere la meglio. Cola Piccoli morì nel conflitto (Lupis [ed. De Ninno 1880], 40-42).
In seguito all’incoronazione di Giovanna I nel 1352, il fratello del re di Francia Luigi d’Angiò, Roberto, principe di Taranto, fu investito del dominio di Giovinazzo (1354): non si sa bene con quale titolo, ma probabilmente con quello di conte. La sua signoria durò una decina di anni. Il tramonto della famiglia Spinelli a Giovinazzo si ebbe a partire dalle lotte di fazione dell’ultimo ventennio del Trecento: prima dopo gli scontri tra Carlo di Durazzo, futuro Carlo III, e Luigi II d’Angiò re di Francia; poi col trionfo di Carlo nel 1384, che determinò un duro colpo per tutto il fronte filoangioino, nel quale militavano gli Spinelli. Le lotte in città tuttavia continuarono: nel 1394 fu necessario giungere ad alcuni capitoli di pacificazione interna per i contrasti sorti tra nobili e popolari (Volpicella 1880, 708-709; Paglia 1738, 160-163). Con la vittoria definitiva di Ladislao su Luigi II d’Angiò, agli Spinelli vennero addirittura confiscati i beni e dovettero abbandonare Giovinazzo.
Giovanna II, nuova sovrana, inizialmente aveva dato alla città la condizione demaniale; successivamente l’aveva concessa a Manfredi da Barbiano, un lombardo, conte di Conversano. Tuttavia la fortificazione che egli fece del castello locale, comprensiva del rafforzamento dei soldati di presidio, alimentò nella popolazione la convinzione che il suo regime fosse tirannico. Ne conseguì una rivolta, nel luglio del 1416, guidata da Bisanzio Mazza, che spinse la regina a togliere a Manfredi qualunque privilegio sulla città e a dare avvio alla politica mirata a vietare l’edificazione di nuovi castelli in loco. Lo stesso Bisanzio Mazza iniziò però a tiranneggiare, favorito da Giovanna, anche con privilegi di natura economica, sintomo che ormai le lotte intestine in Giovinazzo stavano diventando endemiche (Lupis [ed. De Ninno 1880], 44-45; Paglia 1738, 168-169). Una vicenda, questa, per la quale non sono ancora stati riscontrati contributi storiografici moderni e che nel racconto fattone dagli eruditi risulta spesso aneddotica.
Nel 1436 Alfonso d’Aragona, tramite privilegio, inseriva Giovinazzo nel demanio regio. Dopo essere divenuto ufficialmente re di Napoli, costui concesse privilegi anche ad alcune famiglie giovinazzesi, come ad esempio quella dei Frammarino, per i servigi prestatigli nel corso dei conflitti dinastici (Lupis [ed. De Ninno 1880], 45-46). Durante la guerra per la successione di Ferrante al trono aragonese il principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini assediò la città per tre volte, tra 1460 e 1462. Solo dopo il terzo assedio essa si arrese. Per diciotto mesi il principe la tenne nelle sue mani, fino alla morte, che la riportò nel demanio del re, al quale, nonostante le dolorose devastazioni subite, era sempre rimasta fedele. Nel 1464, pertanto, Ferrante concesse a Giovinazzo un privilegio di rara rilevanza, donandole i proventi dell’ufficio della Dogana locale (che fu unito al Balivo); inoltre, concesse immunità e franchigie economiche nell’intero Regno e favori fiscali (Paglia 1738, 217 e 281-311; Daconto 1926, 170-177), mostrando riconoscenza verso le famiglie che maggiormente avevano prestato servizio alla Corona, ad esempio i Turcoli. In seguito, tra il 1474 e il 1475, si verificarono altri dissidi interni tra le fazioni. In particolare Cola e Pietro Turcoli, insieme ad Angelo Rizzo, si scontrarono ancora con Silvestro Perrese, riuscendo a rilevare il suo potere in città ma determinando una serie di squilibri nel governo locale, tanto che Ferrante, per sedare le discordie, inviò in loco Francesco de Arenis, arcivescovo di Brindisi e priore di San Nicola di Bari, grazie al cui operato la comunità tornò a respirare (Lupis [ed. De Ninno 1880], 47-48; Paglia 1738, 224-225).
Le fazioni tornarono a contrapporsi durante le Guerre d’Italia, nel 1501, con la casata Saraceni, appoggiata da Antonio Rizzo, opposta alla casata Zurlo. Lupis narra che, in occasione del ritorno dei francesi in Italia, il Duca di Calabria, inviato dal padre Federico d’Aragona a Taranto, passando per Giovinazzo si vide venire incontro gli armati delle due parti in causa; tuttavia riuscì a sedare la “baruffa”. Partito il duca, il contrasto riprese e la vittoria della parte zurlesca determinò l’esilio di non pochi avversari, richiamati poi dopo un nuovo successo spagnolo di Federico sui francesi di Luigi XII. Appena rientrati, i fuoriusciti si schierarono con il governatore di Giovinazzo e Molfetta. Gli avversari si sollevarono: ne nacque un ulteriore tumulto rapidamente sedato. I facinorosi vennero ancora esiliati; tra questi vi fu proprio il cronachista Bisanzio Lupis. Più avanti, riaccesosi il conflitto franco-spagnolo, furono gli Zurlo ad esser cacciati. Nel 1503 la città versava in difficili condizioni per via delle continue lotte intestine e degli assalti francesi nell’area pugliese. La morte di Bisanzio Saraceni e di Francesco Zurlo pose fine, per un periodo, a tali contrasti (Lupis [ed. De Ninno 1880], 48-52).
I successi di Ferdinando il Cattolico riportarono stabilità nel Regno di Napoli e Giovinazzo fu assegnata alla sorella Giovanna di Trastámara dal 1507, già moglie di Ferrante. Alla morte di lei, nel 1517, il dominio sulla città passò a sua figlia, anch’ella di nome Giovanna, la quale era zia di Ferdinando il Cattolico e ne fu anche moglie, ma che tuttavia visse solo fino al 1518. La terra giovinazzese tornò così ad essere demanio regio, per vivere un periodo di pace nella prima fase dell’impero di Carlo V. Le guerre tra spagnoli e francesi non cessarono, così l’imperatore pian piano dismise alcuni possedimenti del Suditalia, cedendo ad esempio Giovinazzo nel 1521 a Ferrante di Capua, duca di Termoli, che morì nel 1523. La città andò quindi alla figlia Isabella. La forte ripresa delle ostilità tra Carlo V e Francesco I di Francia portò anche in quest’area gravi danni, tanto che vi fu inviato come capitano di guerra un altro Ferrante di Capua, parente del precedente, il quale capitolò sotto gli attacchi francesi nel luglio del 1529. Gran parte del patriziato locale si spostò in luoghi più sicuri, mentre il popolo rimase per lo più in città, vedendosi vessare e dominare dai vincitori per diverso tempo (Paglia 1738, 277-278). Con la pacificazione tra i due sovrani Giovinazzo tornò tra le mani degli spagnoli alla fine del 1529, e si inaugurò un periodo di stabilità di circa un secolo. Nel 1531, infatti, la già menzionata Isabella di Capua sposò il principe Ferrante Gonzaga, portando Giovinazzo in dote ai Gonzaga di Guastalla.
Per tutto il Cinquecento e il Seicento la città si distinse spesso nelle battaglie contro i turchi, attraverso l’invio di contingenti e con un continuo rafforzamento delle architetture difensive, in particolare delle mura. Nel Settecento, il progressivo venire meno della minaccia ottomana determinò anche per Giovinazzo un lento ma inesorabile abbandono delle strutture difensive (De Gaetano 1995, 131-140).

Cronotassi

1211-1212: Ottone IV

1212-1257: Dominio svevo

1257-1265: Giordano Lancia di Anagni, cugino di Manfredi, con il titolo di contado

1265-1354: Dominio angioino

1354-1364: Roberto di Taranto, fratello di Luigi d’Angiò re di Francia

1364-1384: Dominio angioino

1384-1416: Dominio degli Angiò-Durazzo

1416: Manfredi da Barbiano, conte di Conversano, al quale la regina Giovanna II aveva concesso Giovinazzo (la data della concessione non si conosce), subisce la rivolta della popolazione locale guidata da Bisanzio Mazza

1416-1435: Dominio degli Angiò-Durazzo (con Bisanzio Mazza a predominare in città)

1436-1462: Demanio regio aragonese, per volontà di Alfonso il Magnanimo

1462-1463: Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto

1464-1507: Demanio regio aragonese, per volontà di Ferrante

1507-1517: Camera reginale di Giovanna di Trastámara, sorella di Ferdinando il Cattolico e già moglie di Ferrante

1517-1518: Giovanna d’Aragona, figlia di Giovanna di Trastámara, zia ma anche moglie di Ferdinando il Cattolico

1518-1521: Demanio regio, anche sotto Carlo V imperatore

1521-1523: Ferrante di Capua, duca di Termoli

1523-1529: Ufficialmente Isabella di Capua, figlia di Ferrante duca di Termoli. Durante questi anni, tuttavia, gli scontri tra spagnoli e francesi portarono Giovinazzo nelle mani dei secondi per non poco tempo

1529-1531: Isabella di Capua

1531: Isabella di Capua la portò in dote al principe Ferrante Gonzaga e ai Gonzaga di Guastalla, ai quali rimase per circa un secolo

1557: Cesare Gonzaga

1575: Ferrante II Gonzaga

1630: Cesare II Gonzaga

Corpus normativo

Verso la fine del XIV secolo la città era governata dalla Universitas dei nobili e da quella del popolo, ben distinte. Con il termine Universitas, a quell’altezza cronologica, si intendeva generalmente un gruppo sociale, un gruppo di individui accomunati da alcuni interessi. Ad esempio si utilizzava anche per indicare la comunità tutta di un determinato centro urbano. In tal caso si trattava  di un gruppo ristretto di uomini alla guida di un ceto più allargato. Di fatto, tuttavia, il potere era nelle mani della prima, poiché i nobili, dall'alto della loro netta maggior forza economica e sociale, facevano e disfacevano a loro piacimento, spesso inviando deputati al sovrano in nome dell'intera cittadinanza. Con la pacificazione del 16 novembre 1394 ci fu la possibilità di osservare nella capitolazione un quadro dell'ordinamento normativo e amministrativo locale, con la menzione dei principali ufficiali; compariva ancora il capitano. Un quadro, comunque, che poneva in evidenza la separazione tra le due università, le quali da quel momento avrebbero però dovuto possedere ugual peso nelle decisioni (Volpicella 1880, 708-709; Paglia 1738, 160-163).
Le voraci lotte di fazione, nel corso del Quattrocento, determinarono la necessità tra 1474 e 1475 di una riforma del governo e delle modalità di elezione dei pubblici ufficiali. Se ne occupò Francesco de Arenis, priore di San Nicola di Bari, inviato in loco da re Ferrante. Pare che il testo del nuovo statuto sia andato smarrito, ma se ne hanno tracce nella cronachistica e negli studi eruditi (Lupis [ed. De Ninno 1880], 47-48; Paglia 1738, 224-225).
Un'ulteriore riforma fu affidata dai giovinezzesi al vescovo Luciano de' Rossi e promulgata il 26 febbraio 1584. La normativa risultante rimase operativa fino al 1743, quando per l’estinzione della maggior parte delle famiglie nobili e popolari si dovette procedere ad altre modifiche. Lo statuto del 1584 è riportato in toto nel contributo di Luigi Volpicella del 1880, nella rivista Archivio storico per le province napoletane (alle pagine 719-725). Ne emerge un ordinamento composto principalmente dai sindaci, dal mastro giurato, da altri ufficiali come gli erari e i razionali, e poi da una serie di consiglieri (il tutto sotto l’egida del governatore locale, rappresentate di un potere centrale cresciuto nella forza di controllo nel corso dei secoli; Spagnoletti 2007, 112).

Schedatore

Federico Lattanzio

Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Istituzioni/44