Scheda Città | Salerno | |
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Profilo storico | Scelta dal longobardo Arechi II come residenza, e poi, nell’ultimo quarto dell’VIII secolo, come fortificazione contro i Franchi di Carlo Magno, Salerno divenne la capitale del nuovo Principato longobardo autonomo sorto con la Divisio dal Principato di Benevento (849). Il dominio longobardo sul principato viene interrotto nel 1076, quando Roberto il Guiscardo, dopo sette mesi di assedio alla città e cinque mesi di assedio al castello, aggrega il principato al ducato normanno di Puglia e Calabria. Mantenuto il rango di città capitale del giustizierato normanno di Principato, in epoca fridericiana Salerno è scelta dall’imperatore come sede della dieta generale da tenersi il 1° maggio e il 1° novembre, dove raccogliere e giudicare i reclami dei sudditi contro i funzionari per le province di Principato, Terra di Lavoro e Molise. Il ruolo ricoperto da Salerno e dal Principato all’interno del regno è confermato in epoca angioina, quando, nel 1272, re Carlo I d’Angiò investe il figlio e successore Carlo del principato di Salerno, titolo che da questo momento in poi e fino all’epoca di Roberto d’Angiò verrà attribuito all’erede al trono di Napoli. Nel contempo, lo stesso Carlo I, nel 1284, ridimensionava il territorio del Principato, dividendolo nelle due province «citra et ultra Serras Montorii», mentre, nel 1290, il nuovo principe Carlo Martello di Carlo II d’Angiò, concesse gli statuti all’universitas di Salerno. Con la nomina a vescovo di Salerno di Ruggero Sanseverino dei conti di Marsico, nel 1347, e di Guglielmo Sanseverino dei duchi di San Marco, nel 1364, la città entra per la prima volta nell’orbita del ramificato clan sanseverinesco. È a Salerno che i capifamiglia dei vari rami si riuniscono nel 1348 per coordinarsi in favore del ramo francese contro Luigi d’Ungheria, decidendo di inviare come ambasciatore proprio il vescovo Ruggero. Due anni dopo, nella cattedrale, grazie alla mediazione di Guglielmo di Ruggero i capi della città si riappacificarono e decisero una condotta comune nei confronti di Luigi d’Ungheria a cui fu consegnato il castello dietro versamento di 1.000 fiorini. Dopo essere stato concesso in appannaggio a Margherita di Durazzo, il Principato, per la prima volta dall’epoca di Carlo I d’Angiò, fu dato in feudo da Giovanna II a Giordano Colonna, fratello di papa Martino V, insieme ai ducati di Amalfi e Venosa. Incamerati tutti i feudi concessi a fratelli e nipoti del pontefice, il Principato fu recuperato al demanio regio nel 1433. Nel 1439 Alfonso V d’Aragona, impegnato nella conquista del regno, lo concesse a Raimondo di Roberto Orsini, dei conti di Nola, al quale pervenne anche il ducato di Amalfi della sua sposa, Eleonora d’Aragona, figlia naturale del Magnanimo. Il passaggio del principato agli Orsini di Nola, fu seguito, nel 1441, dall’elezione al soglio arcivescovile salernitano di Barnaba Orsini, il quale avviò i lavori di restauro della cattedrale, continuati da Pere Guillelm de Rocha negli anni ’70 del secolo. Le vicende della guerra di successione angioino-aragonese e lo schieramento su fronti opposti degli Orsini di Taranto e Nola a favore di Renato d’Angiò, e dei Sanseverino di Ferrante d’Aragona, determinarono il passaggio della città e del titolo principesco a Roberto Sanseverino, che, dopo un assedio di due mesi (luglio-agosto 1462), conquistò a Felice di Raimondo Orsini l’ultima roccaforte ursinesca. Il dominio sanseverinesco, a partire da Antonello di Roberto I Sanseverino, immise Salerno nella lunga contesa contro la monarchia aragonese, segnata, nelle sue fasi più acute, dalla congiura capeggiata proprio da Roberto (1485), dall’assedio di Diano da parte di re Federico d’Aragona (1497), da una prima confisca in favore di Alfonso d’Aragona di Villahermosa, fino alla definitiva dichiarazione di ribelle a carico di Ferrante Sanseverino nel 1553. L’inclusione dell’Italia meridionale nell’impero spagnolo comportò per Salerno, come per molti altri stati feudali del viceregno, la devoluzione a famiglie forestiere. Nel 1572, Filippo II vendette il titolo principesco al genovese Nicola Grimaldi, duca di Eboli. Nel 1590 la città riuscì a riscattarsi in demanio versando 60.000 ducati. | |
Cronotassi | 1285: Carlo Martello di Carlo II d’Angiò, principe di Salerno 1304: Roberto di Carlo II d’Angiò, principe di Salerno 1401: Il Principato è concesso in appannaggio a Margherita di Durazzo 1419: Giovanna II investe Giordano Colonna del principato di Salerno 1423: Antonio Colonna, nipote di Giordano, principe di Salerno 1433: Demanio regio 1439: Raimondo Orsini conte di Nola e duca di Amalfi, principe di Salerno 1455: Felice di Raimondo Orsini, principe di Salerno 1460: Felice Orsini viene privato dello stato per delitto di fellonia 1463: Roberto Sanseverino conte di Marsico, investito principe di Salerno 1474: Antonello di Roberto Sanseverino, principe di Salerno 1487: Il principato è confiscato ad Antonello e affidato a Jacopo Serra come amministratore 1495: Antonello Sanseverino è reintegrato dei suoi stati 1499: Federico concede il principato in appannaggio alla sorella Beatrice d’Aragona 1499: Alfonso d’Aragona, duca di Villahermosa, principe di Salerno 1502: Roberto II di Antonello Sanseverino è reintegrato del principato per mezzo del matrimonio con Marina di Alfonso d’Aragona di Villahermosa 1508: Marina d’Aragona, vedova di Roberto II, tutrice di Ferrante Sanseverino, principessa di Salerno 1516: Ferrante di Roberto II Sanseverino, principe di Salerno 1553: il principato è confiscato a Ferrante Sanseverino 1572: Filippo II vende il Principato a Nicola Grimaldi, duca d’Eboli 1590: Demanio regio | |
Corpus normativo | Nel terzo quarto del XVII secolo, dopo aver compilato una Provisio ad instar libri (1666), contenente l’esecutorio della transazione di regalie e gabelle di Salerno, fatta tra il regio fisco e la città, l’Università raccolse anche il proprio corpus normativo in un Liber Privilegiorum (Pucci 2010). Il codice superstite, purtroppo, è mutilo per circa la metà delle carte; manca, infatti, una sezione dedicata al reggimento cittadino, in cui dovevano trovare posto senz’altro gli Statuti emanati dal Principe di Salerno Carlo Martello, i capitoli approvati dall’Università riunita il 22 settembre 1470 in sedile maiore e controfirmati dal sindaco (De Bartolomei 1894, 112-113), e gli Statuti del 16 ottobre 1491 di re Ferrante (Trinchera 1874, 190-209). I capitoli del 1470 disponevano che la carica di sindaco fosse annuale e che la rendicontazione delle sue spese fosse quadrimestrale; al termine del suo incarico, i conti sarebbero stati sottoposti alla revisione di due dei sei eletti, avendo l’obbligo di compilare un «picciolo libro» della sua gestione annuale. Alla fine del suo mandato, il sindaco aveva infine l’obbligo di depositare tutta la documentazione prodotta, in originale e in minuta, nonché il denaro ricavato dalla riscossione delle gabelle, e i quaterni compilati dal cassiere e dal cancelliere. | |
Schedatore | Veronica Mele | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Istituzioni/25 |