NomeRuffo, famiglia
Altri nomi
Titoli

conti di Catanzaro, marchesi di Crotone, conti di Montalto, conti di Sinopoli

Data e luogo di nascita

Calabria, XI sec.

Data e luogo di morte
Città

Crotone, Catanzaro, Corigliano, Montalto, Sinopoli, Bagnara, Santa Severina

Cenni biografici

I Ruffo furono una famiglia di antica nobiltà i cui possedimenti feudali e allodiali erano prevalentemente localizzati nel ducato di Calabria. Oltre le ricostruzioni di “genealogie incredibili” di ascendenza romana o indigena, Pontieri ha proposto un’origine normanna dei Ruffo, anche se un passo controverso della Chronica Casinensis di Leone Ostiense lascerebbe ipotizzare una loro presenza anteriore alla conquista normanna (Pontieri 1965, 9-10; Orefice 1963, 7). È possibile seguire le vicende della famiglia con continuità a partire dall’ultimo decennio di regno di Federico II. Pietro Ruffo (†1257), che fu incaricato di custodire, nel 1239, il castello di Crotone, ebbe un’eccezionale carriera burocratica e militare tanto da ricoprire le cariche di magister et provisor super aratiis et marescallis Calabrie nel gennaio del 1240, di giustiziere di Sicilia e di imperialis marescallae magister tra la fine del 1243 e l’inizio del 1244. Accanto gli gravitavano i due nipoti Giordano, castellano nel 1239 a Montecassino, e Folco, che ottenne dall’imperatore nel 1247 la terra di Santa Cristina e il casale di Placanica, i quali costituiscono i capostipiti dei rami titolati di Catanzaro e di Sinopoli. La famiglia, schieratasi contro Manfredi nella difficile successione a Corrado, fu mutilata nei beni e costretta all’esilio in Provenza da dove ritornò con Carlo I. I beni di Pietro Ruffo, morto senza figli, furono ereditati da Pietro II, figlio di Giordano; Folco II successe, invece, al padre Folco (†1266) ereditando, tra le altre, le terre di Sinopoli, Santa Cristina e Bovalino nel reggino, vale a dire il fulcro dei beni dei Ruffo di Sinopoli (RCA VIII, 59; IX, 278; XII, 137, 154; XIII, 271, 279, 280; XV, 106). A Folco II successe il fratello Enrico; suo cugino, Pietro II, possedeva, oltre la contea di Catanzaro, alcuni beni nell’attuale provincia di Vibo Valentia tra cui Nicotera nel giustizierato di Calabria e un ampio comprensorio di terre a sud ovest di Crotone in Terra Giordana (RCA XIII, 279-284). I due cugini Ruffo erano dunque i maggiori feudatari indigeni della Calabria centro-meridionale sia per quantità di feudi sia per rendita annua che era di gran lunga superiore a quella degli altri baroni regnicoli. Durante la guerra del Vespro i Ruffo si schierarono con la casa d’Angiò a cui rimasero costantemente fedeli e da cui furono ampiamente ricompensati; in modo particolare Pietro, conte di Catanzaro, ebbe i feudi di Mesiano e Montalto concessigli come risarcimento dei danni subiti durante il conflitto dall’esercito aragonese (Caridi 1995, 11).

A Pietro, morto tra il 1309 e il 1310, successero: Giovanni nella contea di Catanzaro e negli altri feudi antichi; Giordano ebbe la terra di Montalto, con il titolo di conte dal 1327, a cui si aggiunsero nel tempo, per concessione regia, i feudi di Cariati, Nicotera, Borrello e Bianco e una serie di uffici quali la capitania e castellania di Tropea nel 1316, la capitania generale di Rieti nel 1328, il giustizierato di Principato Ultra nel 1330 (BSNSP, ms. XXV A 15, Excerpta ex Regiis Archivis, f. 485); Carlo gli successe nella terra di Mesiano; Tommaso, nel 1306 consacrato arcivescovo di Reggio, ebbe Castelminardo e parte dei beni burgensatici di Tropea, alla cui morte passarono a Carlo e Giordano. Anche tutte le figlie di Pietro furono sposate a esponenti di famiglie della grande nobiltà regnicola e forestiera (Pontieri 1965, 239-243). Enrico di Sinopoli ottenne nel 1310 dal sovrano la facoltà di dividere i beni tra il nipote Pietrino, figlio del suo defunto primogenito Pietro, e i suoi figli maschi superstiti; in particolare Folco ebbe Bovalino e Capo Bruzzano, Guglielmo ebbe Placanica e Palizzi, Pietrino i feudi antichi di Sinopoli e Santa Cristina che, per la sua morte prematura, furono riscattati, con il consenso del sovrano, dallo zio Guglielmo il quale ricevette il titolo comitale da Roberto nel 1334 (Della Marra 1641, 338-339). A metà del XIV secolo i Ruffo appaiono organizzati in un ampio sistema lignaggio articolato nelle linee di Catanzaro, Sinopoli, Montalto, Bovalino e Badolato, di cui le prime tre erano titolate; al nucleo originario della contea di Catanzaro e delle terre di Placanica e Santa Cristina nel tempo erano stati accorpati diversi beni, per lo più nei due giustizierati di Calabria e di Val di Crati – Terra Giordana, grazie al favore regio e alle loro capacità burocratico-militari al servizio della Corona.   

Nel corso del XIV secolo e nei primi decenni del successivo proseguì l’incremento dell’asse feudale dei Ruffo; tuttavia questo processo non fu lineare ma fu soggetto alle variazioni dovute all’instabilità politica del Regno. Le vicende dei tre rami titolati possono essere riassunte come segue:

 

- Ramo di Catanzaro:

- Giovanni fu capo della casata e capitano generale in Calabria; sebbene avesse perso i feudi di Policastro e Rosarno, portati in dote dalla figlia Giovanna a Goffredo di Marzano, conte di Squillace e Alife, riuscì ad incrementare notevolmente il patrimonio familiare soprattutto in Basilicata con i beni dotali della moglie Francesca di Licinardo che furono trasmessi, però, al secondogenito Nicolò.

- Pietro III, già ciambellano e familiaris, succedette al padre nell’ufficio di capitano generale in Calabria e fu in seguito anche viceré in Terra di Bari. Attraverso il matrimonio con Sibilla, figlia di Leone di Reggio gran Siniscalco del Regno, acquisì le terre di Briatico in Calabria e Calvello di Basilicata. Da questa unione nacquero Antonello e Antonia che rimasero ben presto orfani per la prematura morte del padre nel 1343, a cui seguì immediatamente quella della madre, e furono affidati alla tutela dei parenti più prossimi (Caridi 1995, 16).  

Di Antonello si possiedono poche notizie; sposò sicuramente una Cantelmo e, da un documento superstite, si ricava che inserì nella intitulatio dei propri atti la formula Dei gratia. Ebbe tre maschi: Nicolò, Giovanni e Iacopo e una femmina Margherita che nel 1372 sposò Giacomo Concublet di Arena (Pacella 1964, 48).

- Nicolò.  

Delle quattro figlie di Nicolò furono escluse dalla successione ai beni paterni, poiché già convenientemente dotate, Polissena che aveva sposato Luigi di Poitiers e Gozzolina che aveva sposato Luca Sanseverino, figlio di Covella Ruffo di Montalto. L’eredità feudale dei conti di Catanzaro, subordinata alla nascita di eredi, sarebbe andata invece a Giovannella a seguito dei capitoli matrimoniali dell’aprile 1425 contratti con Antonio Colonna, principe di Salerno e nipote di papa Martino V; si stabiliva infatti che, oltre a una dote di 8.000 fiorini, la coppia avrebbe ereditato i feudi di Nicolò, che i loro figli avrebbero aggiunto il nome dei Ruffo a quello dei Colonna e che le armi delle due famigli sarebbero dovute essere inquartate (Ruffo 1915, 133; Pontieri 1963, 130-133; Pacella 1964, 90-93).

Con la morte, senza figli, di Giovannella Ruffo nel 1436, l’ultima sorella nubile, Enrichetta, ereditò l’enorme patrimonio feudale della famiglia che comprendeva la contea di Catanzaro, il marchesato di Crotone (Nicolò Ruffo ebbe il titolo di marchese di Crotone nell’agosto del 1390) e la contea di Belcastro, a cui si dovevano poi aggiungere i beni burgensatici e le 4.000 once concesse a Nicolò Ruffo da Giovanna I sulle saline del Neto e sui fiscali di altri luoghi. La giovane sposò in prime nozze, con dispensa papale, Nicola conte d’Arena, Mileto e Stilo nel 1437; sciolto il matrimonio rato e non consumato (o almeno questa fu la motivazione che fu prodotta), contrasse nuove nozze con Antonio Centelles. Se riguardo la data delle nozze manca una convergenza tra gli storici – Pontieri ritiene che fosse del 1439, diversamente De Leo propende per il 1441 – è noto come con questo matrimonio si estinse il ramo dei Ruffo di Catanzaro (Pontieri 1963, 186; De Leo 1992, 176).


- Ramo di Montalto:

Nel 1341 Giordano cedette la contea di Montalto al suo primogenito Giovanni che, nominato anche viceré in Principato Ultra, morì prematuramente nel 1343. Gli successe il fratello Carlo che sposò in seconde nozze Giovanna Sanseverino, figlia di Roberto conte di Corigliano e Terlizzi e sorella di Margherita, madre di Carlo III di Durazzo. In seguito alle nozze il conte di Montalto acquisì un notevole patrimonio feudale localizzato in più province: Corigliano in Val di Crati e Terra Giordana, Terlizzi e Ruvo in Terra di Bari, Acerenza, Genzano, Aliano, Castelgrande, Rapone, Corleto, Perticaro, Contursi in Basilicata e Gricignano in Terra di Lavoro (Della Marra 1641, 332). Rilevante è, in questa fase, soprattutto lo stretto legame di parentela che i Ruffo di Montalto contrassero con i Durazzo sostenendoli nella lotta per la successione contro i d’Angiò di Provenza con i quali si schierarono invece i Ruffo di Catanzaro. Carlo III, appena asceso al trono, elargì ai Ruffo di Montalto concessioni di feudi e giurisdizioni, benefici economici, cariche politiche e militari. Carlo ebbe i territori di Paola, Fuscaldo e San Marco con il mero e misto imperio e sua moglie Giovanna, nel 1381, ebbe la riscossione vitalizia dei proventi della gabella della seta e, l’anno seguente, la restituzione di Acerenza che era stata pignorata a garanzia di un debito dotale. La coppia ebbe tre figli: Giordano, arcivescovo di Reggio, Carluccio e Antonio (Caridi 1995, 18).

- Antonio subentrò al padre nella conte di Montalto e già nel 1381 ebbe la terra di Seminara e l’ufficio di viceré di Calabria. Anche lui, come il padre, sposò una Sanseverino e cioè Giovannella, figlia di Enrico conte di Mileto; del resto anche due dei suoi figli si sposarono con cugini di casa Sanseverino: il primogenito Carlo contrasse le nozze con Ceccarella, figlia di Ugone conte di Potenza e Protonotario del Regno, e Covella, vedova di Iacopo della Marra, sposò Ruggero Sanseverino, figlio del conte di Tricarico, con una dote che consisteva nelle contee di Altomonte e Corigliano, cedute da Ruggero al padre Venceslao. È quindi chiara quale sia stata la strategia matrimoniale dei Ruffo di Montalto (Caridi 1995, 19).

Alla morte di Carlo nel 1414, gli successe nei beni feudali la sua primogenita Polissena che sposò in prime nozze Giacomo de Maylly, gran Siniscalco, e in seguito nel 1418 Francesco Sforza, conte di Tricarico e futuro duca di Milano. Per la repentina morte di Polissena, senza figli, il patrimonio dei Ruffo pervenne alla sorella minore Covella che sposò, per espresso desiderio di Giovanna II, il duca di Sessa Giovanni Antonio Marzano e alla cui morte nel 1445 si estinse anche il ramo di Montalto.  

 

- Ramo di Sinopoli:

- Guglielmo, conte di Sinopoli dal 1334, ebbe l’anno successivo l’ufficio di capitano generale e giustiziere in Calabria che gli permise di operare più attivamente nella regione in cui aveva un esteso patrimonio fondiario e molteplici interessi ad esso collegati, in particolare nel reggino. Anche il suo primogenito, Enrico, ricoprì importanti cariche amministrative e militari nella Calabria meridionale scontrandosi con esponenti ecclesiastici come il vescovo di Gerace, dove fu capitano nel 1335, o l’arcivescovo di Reggio.

Articolata fu invece la successione nei beni feudali. Enrico premorì al padre lasciando come erede suo figlio Antonello che fu contrastato nella successione dallo zio Folco († 1392); alla morte di Guglielmo la vertenza fu risolta con la suddivisione del patrimonio sulla base delle caratteristiche geomorfologiche dei possedimenti e Folco, oltre al titolo comitale di Sinopoli ebbe: Santa Cristina, Solano, Sitizano, Fiumara di Muro, Calanna, i feudi de Proditoribus, Malarbì, Libonesio, Donna Nida e Longastreva. Antonello ottenne invece Brancaleone, Palizzi, Placanica, Bruzzano vecchio, Condoianni e alcuni immobili a Reggio (Caridi 1995, 30). Il nuovo conte, che aveva sostenuto le pretese al trono di Carlo III, sposò Martuscella Caracciolo da cui ebbe un maschio, Guglielmo, e 6 femmine; con queste nozze Folco inaugurò con i Caracciolo di Napoli un legame di parentela e un’alleanza che si sarebbe profondamente consolidata nei decenni seguenti con il matrimonio di 6 suoi discendenti con la famiglia napoletana in appena due generazioni (Pollastri 2001, 566).

- A Guglielmo († 1411) successe nella contea di Sinopoli il figlio primogenito Carlo che, divenuto l'esponente più importante della casata dopo la morte di Nicolò di Catanzaro e Covella di Montalto, ebbe un ruolo di primo piano nella conquista aragonese del Regno e nella seconda rivolta di Antonio Centelles. Appoggiò infatti il pretendente Giovanni d’Angiò contro Ferrante, dal quale aveva avuto la conferma dei propri beni nel 1458, schierandosi con il cognato Centelles e con il cugino Marino Marzano. Nel settembre 1459, dopo la resa e la cattura di Centelles, Carlo Ruffo, come del resto anche i suoi congiunti Luca Sanseverino e Luigi Concublet, volle riappacificarsi con Ferrante che tuttavia non appagò, se non in parte, le sue aspettative; quando Centelles fuggì nuovamente da Castelnuovo e riprese la lotta contro il sovrano, il conte di Sinopoli si schierò nuovamente al suo fianco, subendo l’occupazione e la confisca dei feudi. Tra i sostenitori invece di Ferrante ci furono i nipoti del conte di Sinopoli, figli del fratello Colantonio, che seppero trarre profitto dalla congiuntura politica e diedero inizio a una nuova linea feudale: i Ruffo di Bagnara.

Legami con altre persone o famiglie

Caracciolo di Napoli, famiglia

Centelles, Antonio

Marzano di Sessa, famiglia

Marzano, Giovanni Antonio

Marzano, Marino

Sanseverino, famiglia

Committenza/Produzione di opere letterarie
Committenza/Produzione di edifici e opere d'arte
Collezioni di opere d'arte antica e moderna
Monumenti funebri o celebrativi
Fonti iconografiche
Fonti manoscritte
Bibliografia

Caridi 1995: Giuseppe Caridi, La spada, la seta, la croce. I Ruffo di Calabria dal XIII al XIX secolo, Torino 1995.

 

De Leo 1992: Pietro De Leo, "Dalla tarda antichità all’età moderna", in Crotone. Storia, cultura, economia, a cura di Fulvio Mazza, Soveria Mannelli 1992, 111-198.

 

Della Marra 1641: Ferrante Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non comprese ne' seggi di Napoli, Napoli 1641.

 

Orefice 1963: Renata Orefice, L'archivio privato dei Ruffo principi di Scilla, Napoli 1963.

 

Pacella 1964: Franca Pacella, "Un barone condottiero della Calabria del sec. XIV-XV: Nicolò Ruffo marchese di Crotone, conte di Catanzaro", Archivio storico per le province napoletane, 82, 1964, 45-93.

 

Pollastri 2001: Sylvie Pollastri, "Les Ruffo di Calabria sous les Angevins: le contrôle lignager (1268-1435)", Mélanges de l'École française de Rome. Moyen Âge, 113, 2001, 543-577.

 

Pontieri 1963: Ernesto Pontieri, La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles, Napoli 1963.

 

Pontieri 1965: Ernesto Pontieri, Ricerche sulla crisi della monarchia siciliana nel secolo XIII, Napoli 1965.

 

Ruffo 1915: Vincenzo Ruffo, Nicolò Ruffo di Calabria marchese di Cotrone e conte di Catanzaro, Mileto 1915.

Link esterni
SchedatoreLuigi Tufano
Data di compilazione22/06/2016 21:58:12
Data ultima revisione18/05/2017 17:55:51
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Famiglie e Persone/291