Cenni biografici | Nacque da Ferrante I, allora duca di Calabria, e la sua prima sposa Isabella Chiaramonte. Fu il secondogenito del re. Ebbe come maestri Andrea da Castelforte, Giovanni Elisio Calenzio, Baldassare Offeriano, per un’accurata istruzione di stampo umanistico alla quale si aggiunse il volgare al latino, grazie all’operato di Girolamo Forti autore del poema in ottave L’innamoramento di Rinaldo. Questa sua fine educazione fu tenuta in grande considerazione dal padre, divenuto re, quando nel dicembre 1464 ordinò a Federico di rientrare a Napoli per recarsi poi a Milano, luogo da cui scortare nella capitale del Regno Ippolita Maria Sforza, figlia del duca Francesco, destinata sposa ad Alfonso duca di Calabria, altro figlio di Ferrante (Benzoni 1995). Il viaggio si consumò nel corso del 1465. Federico fu luogotenente dal 1464 al 1473 in Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto, risiedendo effettivamente in Puglia. Un documento del luglio 1464 – una lettera inviata da Taranto all’università e agli uomini di San Pietro in Galatina – menziona infatti già costui quale luogotenente (Fonti Aragonesi 1990). Suo padre aveva in mente come primaria possibilità di matrimonio per il figlio l’accasamento con Maria, unica figlia ed erede del duca di Borgogna. Fermamente convinto di questo progetto, Ferrante decise di inviare Federico proprio in Borgogna. Il viaggio prese avvio nell’ottobre del 1474, concludendosi con l’arrivo a destinazione nel marzo del 1475. Il giovane vi rimase fino a giugno del 1476, comprendendo dopo una serie di peripezie di essere inviso al duca. Durante il percorso di rientro a Napoli, dove giunse in ottobre, incontrò Lorenzo il Magnifico, con cui dibatté di questioni letterarie. Finalmente nel settembre del 1478 si concretizzarono le trattative matrimoniali con la firma presso Chartres del contratto di sposalizio con Anna di Savoia figlia di Jolanda e nipote del re di Francia. La cerimonia fu tenuta l’anno seguente. Anna, dalla quale ebbe una figlia di nome Carlotta, lo lasciò ben presto vedovo (Benzoni 1995). Federico, ormai principe di Squillace e Villafranca, conte di Nicastro e Belcastro, oltre che luogotenente generale, ebbe il compito nel 1483 della vigilanza a capo della flotta contro Venezia, in particolare lungo la costa pugliese. La Serenissima venne scomunicata da Sisto IV ma non tardò a muoversi militarmente, conquistando nel maggio dell’anno seguente Gallipoli. La flotta di Federico reagì e si giunse alla pace veneto-aragonese di Bagnolo dell’agosto 1484. Egli, nel gennaio del 1485, tornò ad insediarsi in Puglia, presso Lecce, facendo anche degradare Nardò che si era data senza combattere a Venezia. Nel settembre dello stesso anno Ferrante gliaffidò il principato di Taranto (Codice Diplomatico Barese, XII, 1935, n. 366), ricostituito per volontà dei baroni che dettarono una serie di condizioni al re durante la congiura, con l’obiettivo di puntare su Federico quale vero interlocutore per un’eventuale successione al trono, ritenuto più moderato. Calcolo sbagliato poiché quando i baroni gli offrirono la corona egli la rifiutò, ponendosi totalmente dalla parte della sua casata. Delusi, i baroni lo fecero imprigionare in una torre ma Mariotto Corso, capitano del principe di Salerno Antonello Sanseverino, riuscì a farlo fuggire e Federico raggiunse Napoli nel dicembre del 1485 nascosto in una barca. Nel marzo dell’anno successivo prese in mano le operazioni in Calabria, riconquistando Strongoli e Castrovillari, per poi vincere definitivamente a luglio contro Girolamo Sanseverino principe di Bisignano. Nel 1487 Federico sposò Isabella del Balzo, figlia di Pirro, altro barone ribelle e incarcerato. Isabella gli dette tre maschi – Ferdinando, Alfonso e Cesare – e due femmine – Isabella e Giulia. Dal medesimo anno Ferrante lo insignì del principato di Altamura e di tutti i feudi di Pirro (Codice Diplomatico Barese, XII, 1935, n. 361). Acquisì, dunque, anche i titoli di signore di Lavello, duca di Andria, conte di Acerra, Copertino e Montescaglioso. Taranto, di contro, tornò nelle mani di Ferrante, che investì il figlio della prefettura e dell’ammiragliato del Regno, cariche tolte ad Antonello Sanseverino. Con la missione romana del 1493 – con l’obiettivo di appianare i contrasti tra le famiglie Orsini, Colonna, Della Rovere e Borgia – il suo profilo si completò in maniera definitiva. Gli si riconoscevano lealtà, diplomazia, competenze militari e grande propensione per le lettere. Giunse, tuttavia, il momento più delicato per la dinastia aragonese napoletana. Alla morte di Ferrante, nel gennaio del 1494, gli successe sul trono il primogenito Alfonso II. Alfonso non seppe sostenere l’invasione di Carlo VIII e abdicò nel gennaio dell’anno seguente in favore del figlio Ferrandino, d’ora in poi Ferdinando II. Nel corso della cavalcata di quest’ultimo verso la cacciata dei francesi, conclusasi nel luglio del 1495, Federico partecipò attivamente nella ripresa di Reggio, della Puglia e nell’assedio di Castel Nuovo a Napoli. Quando nell’ottobre del 1496 il re morì stroncato da una fulminea malattia, fu Federico a salire al trono all’età di 46 anni (Lospalluto 1956, 14). Concesse immediatamente il principato di Altamura alla sorella Giovanna, poi Giovanna IV, vedova di Ferdinando II (Codice Diplomatico Barese, XII, 1935, n. 384). Ma soprattutto fu subito impegnato negli ultimi scossoni delle rivolte baronali, dovendo muovere una vera e propria guerra contro Antonello Sanseverino principe di Salerno, con successo. Soltanto nel febbraio del 1498 il nuovo sovrano poté fare il suo ingresso nella capitale, dove erano quasi ultimati i lavori dell’architetto catalano Pietro Marza per le stanze di Castel Nuovo che sarebbero state destinate agli appartamenti reali. A Napoli il re si occupò di proseguire verso Occidente la fortificazione muraria e adottò una serie di iniziative culturali da vero mecenate. Interessanti anche alcuni provvedimenti, come ad esempio la declaratio desententi a super differenciis nobilium et popularium del luglio 1498, con cui sanciva un netto arretramento delle presenza politica istituzionalizzata del popolo. Come anche l’approvazione dei capitoli di supplica da parte degli ebrei del Regno, ai quali nel 1499 concesse quanto segue: libertà di circolazione e residenza; permesso di soggiorno protetto per 25 anni, con disdetta, se revocato, di due anni e possibilità di vendita dei beni in caso d’espatrio; libertà di culto; ripristino delle sinagoghe occupate; indipendenza dei medici ebrei dal protomedico; esenzione per i commercianti dal segno distintivo; procedibilità giuridica non attraverso la via inquisitoria ma per normale accusa e per idonei testimoni (Benzoni 1995). In questa fase, però, il re già intravedeva le avvisaglie della fine. Nel mese di luglio del 1498, infatti, egli dettava un’istruzione destinata al gran capitano Consalvo di Cordova in procinto di lasciare Napoli per la Spagna. Il documento si rivela fondamentale quale testimonianza delle riflessioni del sovrano in merito alla situazione contestuale. Nell’istruzione emergeva il pensiero di Federico sulla debolezza del Regno, definito «distrutto, lacerato e squadernato da ogni canto», sul suo isolamento nel quadro della penisola italiana, sui «pravi appetiti» di papa Alessandro VI, sulla «effrenata cupidità et rapacità delli Venetiani» (Vitale 2002, 339-445). Con l’accordo di Granata del novembre 1500 tra Francia e Spagna, che prevedeva per Luigi XII il Regno di Napoli e per Ferdinando il Cattolico la Calabria e la Puglia, ebbe concretamente inizio la fine della dinastia aragonese napoletana. La discesa di Luigi XII ebbe successo e alla fine di luglio del 1501 Federico, a Napoli, ringraziava i suoi fedeli e li scioglieva dall’obbligo del giuramento, imbarcandosi per Ischia. A ottobre lasciava l’isola per dirigersi a Marsiglia, in pratica come prigioniero del re francese. In Francia ottenne la contea del Maine e un vitalizio, rinunciando ai suoi diritti sul Regno napoletano e morendo nel 1504. |
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Bibliografia | Benzoni 1995: Gino Benzoni, Federico d’Aragona re di Napoli, in DBI, vol. 45, 1995.
Fonti Aragonesi 1990: Fonti Aragonesi, a cura degli archivisti napoletani, vol. 13, Napoli 1990.
Giannuzzi 1935: Codice Diplomatico Barese, XII, Le carte di Altamura, a cura di A. Giannuzzi, Bari 1935.
Lospalluto 1956: Francesco Lospalluto, Il libro rosso o libro magno di Altamura, Altamura 1956.
Orlandi 1770: Cesare Orlandi, Delle città d’Italia e sue isole adiacenti compendiose notizie sacre e profane, vol. I, Perugia 1770, 402-403.
Porzio (ed. Pontieri 1958): Camillo Porzio, La congiura de’ baroni, ed. a cura di E. Pontieri, Napoli 1958.
Vitale 2002: Giuliana Vitale, “Un’istruzione di Federico d’Aragona, re di Napoli al Gran Capitano: 24 luglio 1498”, Archivio Storico per le province napoletane, 120, 2002.
Volpicella 1908: Luigi Volpicella, Federico d’Aragona e la fine del Regno di Napoli nel 1501, Napoli 1908.
Volpicella 1916: Regis Ferdinandi primi instructionum liber biografie (10 maggio 1486-10 maggio 1488), ed. a cura di Luigi Volpicella, Napoli 1916, 234-241. |
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