Oggetto | Capua, porta e torri di Federico II | |
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Luogo | Capua | |
Tipologia | Porta urbica (distrutta) | |
Nome attuale | Porta Roma | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | ||
Cronologia | 1233 c.: costruzione della Porta. 1475: lavori al ponte e alle torri 1557: la Porta viene tirata giù per volontà del Viceré spagnolo. 1943: seconda demolizione a seguito dei bombardamenti sul Ponte Romano | |
Autore | ||
Committente | Imperatore Federico II di Svevia | |
Famiglie e persone | Federico II Viceré Fernando Alvarez de Toledo y Pimentel Antonio Campano Francesco Di Giorgio Agostino Tiferno Scipione Sannelli Fabio Vecchioni Giuseppe di Lazaro Orazio Carrara Jean Baptiste Louis Georges Seroux d'Agincourt | |
Descrizione | La Porta è di Capua è la porta più celebrata porta del medioevo italiano (anche più delle porte di Roma). La porta, che segnava l’ingresso al Regnum (Capua era il limes imperiale), fu innalzata da Federico per rappresentare la sua immagine imperiale: “suam ymaginem in aeternam et immortalem sculpi fecit” (Gardner). Si tratta di una porta romanica che guarda all’antico nella struttura e nell’iconografia. La porta, formata da due torri di forma ottagonale irregolare e da una struttura di collegamento, svolgeva la doppia funzione di porta urbica e di arco/ingresso trionfale alla città, una duplice funzione che si riflette anche nell’iconografia. La porta sorgeva a ridosso del ponte Casilinum attraverso cui la via Appia scavalcava il fiume Volturno. L’associazione di ponte e fiume era familiare all’antichità (Gardner), come nel caso della porta urbica di Rimini che si raggiungeva attraverso un ponte sull’Ausa. L’arco di Saintes eretto sulla riva del Charente nel 19 d.C. era un caso raro in cui una porta aveva statuaria in cima. Un altro precedente è lo Steinerne Bruck a Regensburg Con le due torri poligonali “mire magnitudinis, fortitudini set pulchritudinis”, Capua è strutturalmente confrontabile con le porte romane di Torino e di Spello. Le torri sono costruite in paramento calcareo a bugne piatte smussate con notevole maestria e furono quasi certamente assai costose; lo stesso bugnato isodomo lo ritroviamo nel Palazzo dell’Imperatore di Prato (Clarke). In gran parte distrutta nel 1557, la sua struttura originaria è stata oggetto di diverse ricostruzioni nel tempo, basate sui disegni di Francesco di Giorgio e Agostino Tiferno (c’è anche un disegno di Vecchioni ma post distruzione) e sulle descrizioni letterarie, in particolare quella del vescovo Campano nella biografia di Braccio da Montone. La ricostruzione del suo aspetto originario presenta ancora diversi punti controversi, come l’altezza complessiva delle due torri e la struttura del corpo intermedio e in particolare del “regium cubiculum” (Tomei). Rimane aperto il problema delle arcate del primo piano che secondo Giustina Scaglia sarebbe una loggia e non nicchie chiuse (Tomei). Quindi funzionava come finestre dell’ambiente retrostante. Rispetto al problema della sua configurazione tridimensionale, è ormai chiaro che c’era un corpo tra le due torri e che c’era il regio cubiculo coperto da botte ogivale (si ipotizza che fosse un palco da cui l’imperatore poteva osservare gli spettacoli). Sopra correva ponte in legno che collegava le due torri. Gli spazi interni erano coperti da crociere su colonne(Tomei). Dai disegni si evince con certezza che si trattava di una porta a due facce, una monumentale e trionfale rivolta verso chi giungeva in città, e una probabilmente meno monumentale a meridione. La facciata “trionfale” verso settentrione si presentava come una struttura monumentale su tre livelli divisi da cornici ed era contraddistinta da sculture e da iscrizioni. L’identificazione delle figure principali lascia ancora qualche margine di dubbio, ma è certo che erano disposte in modo che i visitatori provenienti da settentrione, attraversato il fiume per entrare in città, se la ritrovassero esattamente di fronte. Poco interessato al dettaglio il visitatore si trovava dinnanzi un esplicito richiamo alla monarchia imperiale romana la cui restaurazione era stato lo scopo della dinastia degli Hohenstaufen sin dalla metà del XII secolo: la sua romanitas era là sotto gli occhi di tutti. Una grossa testa della Iustitia (cfr. Castelnuovo) campeggiava in un vano più ampio al sommo dell’arco. Sopra la Iustitia correva una falsa arcata contenente al centro l’imperatore sul trono affiancato da due statue di giovani donne; più in alto un colonnato ancor più elaborato presentava altre sculture di soggetto incerto ma stile analogo.Al centro della porta c’era la statua seduta del re. La statua di Federico ricorda le statue del “sempre vittorioso” Arcadius e Honorius sulle porte di Roma. Due busti imponenti di solito identificati con Taddeo da Sessa e Pier delle Vigne, rappresentano ad ogni modo magistrati o ministri in carica per volere dell’imperatore. Federico conosceva sicuramente gli archi della classicità dal momento che è noto che avesse saccheggiato le statue della Porta Aurea a Ravennna per una fornace di calce: la Porta Aurea, smantellata nel ‘500, aveva archi tondi confrontabili con quelli poi scolpiti a Capua e forse contenevano busti; tondi con busti c’erano anche nella porta di Rimini. L’imperatore seduto gli altri busti enigmatici sulla facciata erano accompagnati da un’iscrizione registrata da Andrea d’Ungheria; ammonizioni simili si trovavano su Porta Soprana a Genova dove Federico come imperatore eletto trascorse alcune settimane nel 1212. | |
Iscrizioni | Andrea d’Ungheria registra l’iscrizione che accompagnava l’imperatore seduto e altri busti enigmatici sulla facciata: “Caesaris imperio regni custodia fio / Quam miseros facio quos variare scio / Intrent securi qui querunt vivere puri / Infidus excludit timeat vel carcere trudi” L'iscrizione moderna apposta nel 1585 sul monumento commemorativo della Porta dove furono ricollocate le statue: FEDERICO II / MARMOREA TURRIUM CORONIDIS / RESTITUTORI / HIS AD NOVAM PROPUGNACULI FORMAM REDACTIS / VETUSTAM REPONIT STATUAM / ORDO POPULUSQ. CAMP. / MDLXXXV. | |
Stemmi o emblemi araldici | ||
Elementi antichi di reimpiego | Statua della Diana, oggi al Museo Campano (Meredith) Statua di Federico è probabilmente una scultura antica rilavorata Chiave d'arco con protome di satiro giovane Chiave d'arco con protome di Volturno. E’ probabile che buona parte delle pietre siano state recuperate da edifici romani non distanti, alcune recano tracce di rimodellamento. | |
Opere d'arte medievali e moderne | Antefisse sulle torri | |
Storia e trasformazioni | ||
Note | Museo Campano, Registri Cancelleria di Capua, libro XX, p. 178, sub datam 19 febbraio 1557: "Eodem die, a XVIII hore, si sono cominciate a scemare le Torri della fedelissima città di Capua, le quali per esserno di sì antico, bello, raro, et altissimo edificio, edificate dalla Maestà di re Federiggo Barbarossa [sic], quattro cento anni sono in circa, han generato tanto cordoglio e pianto, si gran mestitia e terrore non ca' a tutta la città e convicini, ma a tutti i forastieri di qualsivoglia sorte si fussero: talché molti cittadini et altri, veggendo si stupenda opra troncarsi e buttarsi a terra, han preso a scriverne e componere molte compositioni, acciò recandone memoria a gli posteri, se rechi loro insieme caggione di condolersi di ciò". (da Giuseppe Centore, Capua: le torri di Federico, Maddaloni (CE) 2003, pp. 13-15). Una di queste composizioni poetiche (in latino) è trascritta da Fabio Vecchioni nel manoscritto dell'Istituto Germanico di Roma (Paseler-Holtzmann, p. 242 ) 3 gennaio 1584 per disposizione del Senato di Capua, la statua di Federico II che era rimasta a a terra presso le abbattute torri "con le mani et piedi tronchi, guasto il naso ed altri membri del corpo" fu posta in un sacello marmoreo eseguito dagli artisti napoletani Giuseppe di Lazaro e Orazio Carrara "per conservare l'antica memoria et grandezza d'animo della Patria" ( Museo Campano, Registri Cancelleria di Capua, libro XXIX, fol. 37). Il sacello viene collocato sul "lato sinistro della torre " (Centore, op. cit., p. 15); ma non è chiaro quale torre e quale sia il lato sinistro, se da Capua verso Roma, o al contrario. | |
Fonti iconografiche | Francesco Di Giorgio (c. 1480): Firenze, Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, ff. 333Ar e 322Ar. Agostino TIferno (c. 1500): Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, ms. 3528, f. 51v. Fabio Vecchioni (c. 1655): Roma, Deutsches Historisches Institut, ms. 46. | |
Piante e rilievi | Ricostruzioni in Shearer, Willemsen, Tomei. | |
Fonti/Documenti | Capua, Museo Provinciale Campano, Archivio Storico, ms. Scipione Sannelli, Annali della Città di Capua; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 1042, Jacopo da Cessole, Liber de moribus hominum et officiis nobilium super ludo scachorum, c. 104v. Gesta Romanorum, a cura di H. Oesterley, Berlin 1872 (Hildesheim 1963); Andrea d'Ungheria, Descriptio victoriae a Karolo Provinciae comite reportatae, in M.G.H., Scriptores, XXVI, a cura di G. Waitz, 1882, pp. 559-580; G.A. Campano, Braccii Perusini vita et gesta, a cura di R. Valentini, in R.I.S.2, XIX, 1929, pp. 176-178; Riccardo di San Germano, Chronica, a cura di C.A. Garufi, in R.I.S.2., VII, 2, 1936-1938; | |
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Link esterni | Mario D'Onofrio, voce "Porta di Capua" (2005), in Federiciana: http://www.treccani.it/enciclopedia/porta-di-capua_(Federiciana)/ | |
Schedatore | Bianca de Divitiis | |
Data di compilazione | 01/06/2012 08:46:48 | |
Data ultima revisione | 09/11/2016 16:53:44 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/53 |