Oggetto | Siponto, Santa Maria Maggiore | |
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Luogo | Siponto | |
Tipologia | chiesa | |
Nome attuale | Santa Maria Maggiore | |
Immagine | ![]() | |
Nomi antichi | ||
Cronologia | 1023-1050: restauro della cattedrale paleocristiana promosso dal vescovo Leone. 1100 c.a: fondazione dell’edificio superstite. 1117: riconsacrazione della cattedrale paleocristiana alla presenza di papa Pasquale II. 1150 c.a: lavori interrotti all’edificio superstite. 1200 c.a: ripresa dei lavori all’edificio superstite. 1223: terremoto rade al suolo Siponto. 1255: fondazione di Manfredonia e successivo trasferimento della sede episcopale. 1508: trasferimento di un’icona miracolosa della Vergine nell’edificio superstite e conseguente restauro a cura dell’arcivescovo Antonio Maria di San Sabino. 1528: assedio di Manfredonia e distruzione della torre di Santa Maria Maggiore. 1588: sinodo dell’arcivescovo Domenico Ginnasio. 1675: interventi di restauro documentati da un’iscrizione. | |
Autore | ||
Committente | ||
Famiglie e persone | ||
Descrizione | La chiesa è l’unica evidenza superstite dell’antica città di Siponto, parzialmente distrutta da un terremoto nel 1223 e rifondata pochi chilometri più a nord sul litorale col nome di Manfredonia. L’intitolazione a Santa Maria Maggiore e una lunga tradizione erudita consentono di riconoscervi l’unica sopravvivenza, rimaneggiata in età moderna, del complesso episcopale sipontino. La chiesa si presenta oggi come una singolare struttura a pianta quadrata con due absidi aperte sui lati sud ed est. La facciata, posta a ovest e dotata di un portale con protiro, è rimasta incompiuta al primo livello. Su ciascun lato, a eccezione di quello nord crollato in antico, il prospetto è movimentato da arcate cieche poggianti su colonne in muratura, addossate alla parete e sostenute da uno zoccolo continuo. La stessa scansione delle superfici murarie è riproposta all’interno, dove una copertura posticcia con cupoletta a vela è sostenuta da quattro archi ricadenti su pilastri e raccordata alle mura d’ambito da volte a mezza botte. Sotto l’intero edificio si estende una cripta a sala suddivisa in venticinque campate da colonne di reimpiego, tra le quali s’inseriscono quattro massicci piloni cilindrici, corrispondenti ai pilastri del livello superiore. Le volte della cripta ricadono lungo tutto il perimetro,su mensole inserite in una parete addossata internamente alle fondazioni della chiesa sovrapposta, come appurato in sede di restauro. Anche nella cripta, due absidi sono aperte sui lati sud ed est, ma hanno una profondità inferiore per l’ispessimento della muratura.
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Iscrizioni | ||
Stemmi o emblemi araldici | ||
Elementi antichi di reimpiego | Capitello utilizzato come base d'altare. Coppia di capitelli di tipo corinzio asiatico. Capitello corinzio asiatico sulla prima semicolonna di sinistra di fondo. Capitello corinzio orientale sulla prima colonna a destra dell'altare. Capitello corinzio orientale a sostegno della volta nell'angolo destro. | |
Opere d'arte medievali e moderne | ||
Storia e trasformazioni | L’insolita planimetria di Santa Maria Maggiore ha dato vita in passato a diverse interpretazioni circa l’originaria configurazione dell’edificio, i modelli adottati e la cronologia dei lavori. I ritrovamenti archeologici effettuati durante restauri eseguiti negli anni Settanta e gli studi che ne sono scaturiti consentono oggi di gettare nuova luce sulle fasi costruttive della chiesa, sollevando interrogativi sulla sua primitiva destinazione e funzione. Il primo dato appurato in sede di restauro riguarda la costruzione dell’abside orientale, evidentemente aggiunta a una struttura preesistente. Tale dettaglio ha consentito di stabilire che l’edificio, originariamente dotato di una sola abside a sud, è stato orientato in un secondo momento, con conseguente trasformazione in facciata del lato occidentale. Contestualmente si è potuto stabilire che la cripta è stata scavata, non prima del XII secolo, all’interno della chiesa superiore in ricostruzione, forse perché parzialmente crollata. Il ritrovamento di un frammento di arredo liturgico, recante la data 1039 e il nome di Acceptus (maestro attivo negli stessi anni in San Michele a Monte Sant’Angelo), ha fatto supporre che l’edificio fosse stato costruito dal vescovo Leone (1023-1050) in concomitanza con il ripristino della sede episcopale sipontina, sottomessa sin dall’VIII secolo a quella beneventana. L’individuazione di frammenti dello stesso arredo nelle rovine della preesistente cattedrale paleocristiana, già rimesse in luce da una campagna di scavo nel 1937, ha però suggerito che le opere in questione fossero state realizzate per quest’ultimo edificio e riutilizzate nella chiesa attuale in epoca imprecisabile. Un’attenta rilettura delle fonti storiche ha quindi consentito a Pina Belli d’Elia di ipotizzare fondatamente che la cattedrale restaurata dal vescovo Leone, e in seguito riconsacrata nel 1117 alla presenza di papa Pasquale II, debba essere identificata con le rovine emerse negli anni Trenta, esito di un lungo abbandono iniziato a partire dal terremoto del 1223 che causò la rifondazione della città da parte di Manfredi nel 1255. Seppur parzialmente distrutto, tale edificio sarebbe però rimasto in piedi a lungo e ricordato ancora nel XVII secolo come l’antico duomo sipontino. L’edificio attuale, invece, che le fonti d’età moderna descrivono come “rampollo dell’antico duomo della vecchia Siponto”, sarebbe il frutto di una distinta fondazione annessa alla cattedrale, da far risalire in prima istanza al tardo XI secolo e forse edificata sui resti di un battistero. Ancora da stabilire l’originaria funzione di questa chiesa, che Pina Belli d’Elia ritiene possa identificarsi con una cappella dedicata a San Nicola di Mira, menzionata in fonti d’età moderna, la cui cripta riprenderebbe il modello della basilica del santo a Bari. In alternativa, la studiosa ricorda l’esistenza nel complesso episcopale di una chiesa dedicata a San Giovanni Battista. A prescindere dalle diverse ipotesi sull’intitolazione e la destinazione d’uso, Belli d’Elia rileva una cesura nei lavori di costruzione intorno alla metà del XII secolo, e una ripresa del cantiere tra la fine del secolo e l’inizio del XIII, epoca alla quale può ricondursi lo stile dei paramenti esterni. Solo in seguito si sarebbe deciso di orientare la chiesa con la costruzione di un’abside a est e la creazione del portale a ovest, probabilmente nell’ambito di lavori atti a ripristinare l’agibilità della sede episcopale, danneggiata dal terremoto del 1223. Rimasto incompiuto il progetto, l’edificio sarebbe stato progressivamente abbandonato con il trasferimento forzato della città nella nuova Manfredonia. Belli d’Elia individua inoltre la presenza di una torre a nord della chiesa, che consentiva tra l’altro l’accesso alla cripta sottostante. La torre fu fatta saltare in aria dalle truppe francesi durante l’assedio di Manfredonia nel 1528. All’abbattimento si deve il crollo delle strutture su questo lato dell’edificio. I danni resero vani i lavori promossi nel 1508 dall’arcivescovo Antonio Maria di San Sabino in occasione del trasferimento nell’antica Santa Maria Maggiore di un’icona miracolosa della Vergine. Restaurata alla meglio dall’arcivescovo Domenico Ginnasio, vi si celebrò un sinodo nel 1588. Un altro intervento è attestato nel 1675 dall’iscrizione dipinta su uno dei pilastri di sostegno della cupola. L’interesse per l’edificio tra XVI e XVII secolo s’inquadra nel più generale contesto della nascente archeologia sacra e si spiega con la necessità di ribadire la legittimità dell’antica sede sipontina contro le mire autonomistiche del potente santuario di Monte Sant’Angelo e delle diocesi concorrenti. | |
Note | Secondo Pina Belli d’Elia la cripta sarebbe stata costruita con materiale di reimpiego proveniente da un portico del complesso episcopale, e adoperata per le funzioni liturgiche mentre la chiesa superiore era ancora in ricostruzione. La datazione della fabbrica al primo quarto del Duecento le ha consentito di riesaminare i rapporti, già intravisti dalla critica, tra l’edificio in questione, le cattedrali di Troia e di Foggia e la chiesa di Santa Maria Maggiore a Monte Sant’Angelo, ritenute in passato derivazioni dal modello sipontino. Quest’ultimo sembrerebbe invece riprendere alcune caratteristiche della cattedrale di Troia nella versione risalente alla seconda metà del XII secolo (abside orientata, trattamento delle superfici murarie ad arcate cieche, aperture a forma di losanga). Non si può escludere, tuttavia, che la fonte di tutti questi edifici possa essere la distrutta cattedrale sipontina. | |
Fonti iconografiche | L'aspetto esterno della chiesa è riprodotto in una veduta pubblicata da Saint Non nel 1783; nello stesso volume anche una veduta della cripta. | |
Piante e rilievi | Piante e sezioni Schulz 1860, Avena 1902. | |
Fonti/Documenti | ||
Bibliografia | Avena 1902: Adolfo Avena, "Comune di Manfredonia. Santa Maria Maggiore di Siponto", in I monumenti dell'Italia meridionale, Roma 1902, 199-214.
Belli D’Elia 1975: Pina Belli D'Elia, "Siponto, cattedrale di Santa Maria", in Alle sorgenti del Romanico: Puglia XI secolo, Bari 1975, 47-74.
Belli D’Elia 1999: Pina Belli d’Elia, "La chiesa medievale", in Siponto antica, a cura di Marina Mazzei, Foggia 1999, 281-307.
Belli D’Elia 2001: Pina Belli D’Elia, "Un modello in crisi: Santa Maria Maggiore di Siponto e il Romanico in Capitanata", in Medioevo. I modelli, atti del convegno (Parma 1999) a cura di Arturo Carlo Quintavalle, Milano 2001, 413-428.
Belli D’Elia 2003: Pina Belli D'Elia, Puglia Romanica, Milano 2003, pp. 253-256.
Bertaux 1904: Émile Bertaux, L’art dans l’Italie Méridionale, tome premier: De la fine de l’Empire Romain à la Conquête de Charles d’Anjou, II, Paris 1904, 637-639.
D’Angela 1986: Cosimo D’Angela, "Storia degli scavi della basilica paleocristiana di Siponto", Vetera Christianorum, 23, 1986, 337-378.
Mola 1983: Riccardo Mola, "Manfredonia. Chiesa di Santa Maria di Siponto", in Restauri in Puglia (1971-1983), II, Fasano 1983, 117-125.
Rotili 1978: Marcello Rotili, in L’art dans l’Italie méridionale. Aggiornamento all’opera di Émile Bertaux, sotto la direzione di Adriano Prandi, IV, Roma 1978, 270-271.
Schulz 1860: Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmaeler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, I, Dresden 1860, 214-217.
Serricchio 1986: Cristanziano Serricchio, "La Cattedrale di Santa Maria Maggiore di Siponto e la sua icona", Archivio Storico Pugliese, 39, 1986, 69-100.
Venditti 1966: Arnaldo Venditti, "La chiesa di Santa Maria Maggiore di Siponto", Napoli Nobilissima, 5, 1966, 105-115. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Stefano D'Ovidio | |
Data di compilazione | 27/09/2013 15:10:30 | |
Data ultima revisione | 04/03/2017 10:32:10 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/516 |