OggettoBenevento, Santa Sofia
LuogoBenevento
Tipologiachiesa con complesso monastico (trasformato)
Nome attualeSanta Sofia
Immagine
Nomi antichi

Aghia Sophia (in greco), dedicazione attestata da Erchemperto 

Cronologia

758 c.a fondazione

760 traslazione delle reliquie dei “XII fratelli martiri”.

768 traslazione reliquie di san Mercurio.

sec. XI Viene costruito il campanile addossato alla facciata. (Rotili 1978, p. 274)

1688 con il terremoto del 5 giugno crolla il campanile (Rotili 1978, p. 275).

1696 restauri (Galasso 1968)

1702 restauri all’interno e al campanile (ricostruito staccato dalla chiesa) a opera di Carlo Buratti.

1958 restauro (ricostruzione) a opera di Antonino Rusconi.

Autore
Committente

La fondazione si deve al duca Arechi II (758-787), nonostante fosse stata già voluta dal duca Gisulfo II (742-751).

Famiglie e persone
Descrizione

Chiesa a pianta centrale con coperture voltate. Circonferenza di m. 23,50, altezza alla gronda di ca. m. 8. L’interno è composto da due deambulatori concentrici: quello più interno a sei colonne, l’antro a 10 sostegni , di cui 8 pilastri quadrangolari e 2 colonne. Il perimetro esterno si presenta oggi come l’intersezione di un cerchio, segnato da tre absidi a conclusione dell’asse longitudinale, e un profilo stellato sui lati. L’esagono centrale è sormontato da una torretta cupolata e aperta da finestre. Sul lato nord della chiesa si innesta il chiostro quadrato.

Iscrizioni

Un frammento di iscrizione con poche lettere è affrescato nell’abside.

Un'iscrizione nel primo capitello nord del chiostro attesta che la costruzione avvenne durante il governo dell'abate Giovanni IV (1142-1176): "Perpetuis annis stat Quarti fama Iohannis per quem Pastorem domus hunc habet ista decorem" (Meomartini 1889, p. 379).

Stemmi o emblemi araldici
Elementi antichi di reimpiego

Sono di riuso le 6 colonne del deambulatorio più interno (4 in granito del foro e 2 in Nero Antico), così come le due colonne interne più vicine all’ingresso e quelle esterne ai lati per portale (granito del foro a sinistra e cipollino a destra).

All'interno della chiesa sono reimpiegati diversi capitelli dorici defunzionalizzati e adoperati come basi di colonna e in un caso come capitello di una semicolonna addossata ad un pilastro, così come due capitelli corinzi giulio-claudi, due capitelli della prima metà del II sec. d.C., due capitelli asiatici e un capitello composito. Un capitello composito è riutilizzato come vera di pozzo nel giardino del chiostro, dove è presente anche un capitello dorico, murato su un basamento.

All'esterno del muro di cinta era una fontana decorata con il fronte di un sarcofago antico con scena di amazzonomachia, oggi trasferito al Museo del Sannio. 

Nel campanile è reimpiegato un rilievo a soggetto gladiatorio. All'interno del campanile si trova invece un fregio dorico con leone.

Nella chiesa e in vari ambienti del monastero sono attestate le epigrafi: CIL, IX, 1702; CIL, IX, 1721; CIL, IX, 1781; CIL, IX, 1811; CIL, IX, 1818; CIL, IX, 1899; CIL, IX, 1967; CIL, IX, 2081.

Nel campanile: CIL, IX, 1565; CIL, IX, 1620; CIL, IX, 1628; CIL, IX, 1634; CIL, IX, 1694; CIL, IX, 1713; CIL, IX, 1819; CIL, IX, 1874; CIL, IX, 1880.

Nella piazza della chiesa: CIL, IX, 2031; CIL, IX, 2069.

Opere d'arte medievali e moderne

Portale romanico con lunetta scolpita: Cristo in trono affiancato dalla Vergine e da San Mercurio; ai suoi piedi un personaggio inginocchiato, forse l’abate Giovanni IV, forse il duca Arechi II.

Affreschi medievali nelle due absidi laterali. Bologna (1962; 1992) data gli affreschi all’epoca di Arechi II; Belting 1967; Belting 1968 e poi Bertelli 1983, pp. 94-95, li ritengono successivi al ciclo nella cripta dell’Epifanio a San Vincenzo al Volturno (826-843).

Tracce di affreschi medievali all’interno e all’esterno.

Nel chiostro sono particolarmente interessanti i capitelli del porticato.

Tracce di un arredo interno ritrovate durante i restauri del 1958 non consentono di verificare l’esistenza di una schola cantorum al centro dell’aula, mentre sembra più probabile l’esistenza di un sinthronon nell’absidiola meridionale.

Si ha notizia di una statua di Arechi II, esistente fino al Seicento, all’interno della chiesa, ma non è chiaro come fosse (stante, inginocchiato, giacente), né dove fosse collocata (fonti mss. citate in Rotili 1986, p. 189, e 238, nota 491).

Storia e trasformazioni

La chiesa è di fondazione ducale, e da subito vi viene annesso un monastero femminile benedettino, la cui badessa è la sorella di Arechi II, e che viene posto alle dipendenze da Montecassino. Nel 760 avviene la traslazione delle reliquie dei XII fratelli martiri, e nel 768 quella delle reliquie di san Mercurio. Dopo il 938 è attestata la trasformazione in monastero maschile.

Il problema più grave di Santa Sofia è dato dalle incertezze circa la conformazione originaria, poiché i discutibili restauri di metà XX secolo hanno cancellato le tracce della situazione precedente, ma non sono stati accompagnati da rilievi archeologici o studi scientifici fondati, quanto piuttosto da una generica interpretazione di dati archeologici parziali. In particolare l’inconsueta e inspiegabile pianta stellare è stata realizzata abbattendo le murature circolari dell’edificio precedente, e insistendo sulle tracce di speroni angolari ritrovati all’interno e all’esterno del perimetro precedente. Dubbi sussistono anche per la copertura del vano centrale, che doveva in qualche modo essere provvisto di fonti di luce, ma che nella configurazione attuale conserva la soluzione risalente al XVIII secolo.

Rusconi (1967, p. 350) ipotizza come modello ispiratore la tenda nomade dei Longobardi, ma il nomadismo dei longobardi non è attestato, e la dedicazione, oltre che, in maniera generica, l’idea di chiesa centrale con schermi di colonne, rimandano al prototipo della Santa Sofia giustinianea di Costantinopoli. L’edificio mostra caratteri misti germanici e orientali. Il problema storiografico è quello dell’unicità (ovvero della ricerca dell’originalità nell’architettura medievale) e dei probabili modelli, ancorché reinterpretati in maniera libera.

Un indizio sulla conformazione originaria della chiesa viene dai documenti relativi ai restauri successivi al terremoto del 1688, in cui si fa riferimento a un "irregularium parietum labyrintho", e si precisa che vennero ricostruite in forma «ovatam» per ristabilire "symmetriam, regulam ac venustatem" (Galasso 1968; Pezone 2009). 

Note
Fonti iconografiche

La fonte iconografica più antica è una miniatura nel Chronicon Sanctae Sophiae (BAV, Vat. Lat. 4939, f. 28v), che mostra il duca Arechi II che presiede alla costruzione della chiesa. La rappresentazione è molto schematica e mostra un edificio coperto a tegole, con una cupola sulla parte centrale e una cupola minore verosimilmente sul presbiterio. Paragonabile ai mosaici all’interno di Santa Sofia a Costantinopoli che mostrano Giustiniano con il modellino della chiesa.

Rotili 1986, p. 186 pubblica una foto dell’interno prima dei restauri del 1958.

Due disegni di Carlo Labruzzi (1789) mostrano il muro di cinta del complesso. 

Piante e rilievi

Numerose piante e sezioni sono state pubblicate, sia di rilievo che ipotesi di ricostruzione dello stato originario: Schulz 1860 (vedi infra, Allegati); Rusconi 1958; Cavuoto, Pane 1963-1964; Carella 2011, 48, 52. Approssimativa pianta degli scavi in Ferrante 1952.

Fonti/Documenti

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Link esterni

Disegno di Carlo Labruzzi raffigurante il complesso e il muro di cinta, e altro disegno dello stesso artista raffigurante il dettaglio della fontana murata all'esterno.

SchedatoreFulvio Lenzo
Data di compilazione30/05/2012 13:49:25
Data ultima revisione06/11/2016 14:20:40
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