NomeNardò
LuogoNardò
Status amministrativoComune, in provincia di Lecce
Estensione del territorio comunale190.48 kmq
Popolazione31.862 (ISTAT gennaio 2014)
Musei
Archivi
BibliotecheBiblioteca comunale Achille Vergari
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Citta/47
Nomi antichi e medievali

Nereton, nome greco (Pignatelli [ed.Gaballo 2001], 17). Neritum, nome latino (Bianchi 1907, 273-276; Plin., N. H., III 105: Neretini).

Fondazione (data, modalità)

Il centro messapico divenne municipio romano probabilmente in seguito alla guerra sociale, ad oggi i ritrovamenti archeologici sono piuttosto scarsi.

Si rimanda per ulteriori approfondimenti sulle fonti antiche reltive alla fondazione e sulla loro ricezione in epoca moderna alle voci "Storiografia locale e cronache" e "Letteratura antiquaria" della presente scheda città.

Distrettuazioni di appartenenza

La città era parte del Ducato di Puglia in epoca normanna. Più avanti, con la nuova sistemazione amministrativa operata da Federico II, entrò nel contesto territoriale della provincia di Terra d’Otranto.

Demografia

Da Giustiniani 1804:

1532: 988 fuochi

1545: 1131 fuochi

1561: 1468 fuochi

1595: 1696 fuochi

Sito, idrografia, viabilità

La città è sita in posizione subcostiera, sulla linea di costa compresa tra Taranto a nord (a circa 80 Km di distanza) e Gallipoli a sud (a 20 km di distanza) ed è circondata da una vasta pianura, ad eccezione della parte che volge verso il mare e Gallipoli, che è collinosa.  

Nelle stagioni piovose la distesa pianeggiante era di solito soggetta, prima delle bonifiche del secolo scorso, a impaludamento; le fonti locali ricordano spesso questo fenomeno sottolineandone anche i vantaggi che ne derivavano alla produzione agricola che poteva giorvarsi di un terreno ingrassato dal limo (Pignatelli [ed. Gaballo 2001], 18).

Un rete stradale locale collegava Nardò con Taranto e dunque con l'asse viario principale rappresentato dall'Appia.

Schedatore

Federico Lattanzio

Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Geografia Storica/48
Profilo storico

L'assenza di un corpus di privilegi e diplomi, a differenza dei Libri Rossi di molte altre città pugliesi e del Mezzogiorno tutto, pone per Nardò un problema di reperimento delle fonti primarie su cui costruire un profilo storico coerente e argomentabile. Anche le sintesi più recenti, ad esempio Gaballo 2001, si fondano in minor parte su documenti d’archivio, quali le carte dei Registri della Cancelleria Angioina (Filangieri et al. 1950-2010) o quelle del Codice Aragonese (Trinchera 1866-1874), appoggiandosi con più facilità alle narrazioni delle storie erudite locali. È evidente che una ricostruzione di tal genere porta con sé ampi margini di errore e sarebbe necessario un lavoro sulle fonti documentarie molto più approfondito, che richiederebbe tuttavia un tempo non ben definibile, considerata la dislocazione in centri diversi dei fondi utili. In questa sezione si tenta di fornire informazioni che la storiografia ritiene certe, senza che tuttavia sia stato già possibile avviare un lavoro puntuale sulla documentazione.
La città fu frequentemente infeudata. Già Federico II, nel 1212, per premiarne la fedeltà nelle guerre precedenti, concesse Nardò, come contea, a Scipione Gentile, insieme a Galatone e ad altre terre. Fino alla vittoria di Carlo I d’Angiò fu la discendenza di Scipione a mantenere il dominio di Nardò, che in seguito dal nuovo re fu donata a Filippo Cinardo de Tuziaco per poi tornare direttamente agli angioini: da Filippo I a Roberto, da Filippo II a Giovanna I. Quest’ultima fu prodiga di grazie e privilegi per la città: dall’indulto per le turbolenze tra le parti sorte in quei tempi anche nel centro neritino, in connessione alle lotte di successione per il trono, ai provvedimenti per igiene e sicurezza dei cittadini (Gaballo 2001, 64).
Con la presa del potere di Carlo di Durazzo, nel 1383 Nardò fu concessa al suo fedele Carlo Ruffo. Tre anni dopo Raimondello Orsini del Balzo dava inizio alla sua opera di conquista in area pugliese, per poi riuscire ufficialmente ad ottenere il Principato di Taranto nel 1399, comprendente al suo interno anche la località neritina. Il rivale di Raimondello, Barnabò Sanseverino, assalì allora Taranto sottomettendola, e con essa gli altri centri inseriti nel Principato. Lo scontro, alla fine, premiò comunque l’Orsini del Balzo (Gaballo 2001, 65).
Nel 1406, dopo che Maria d’Enghien, vedova di Raimondello, fu sconfitta da Ladislao, che la sposò per congiungere i domini della donna alla Corona, il re portò sotto il diretto controllo regio anche Nardò, a cui concesse il rinnovo dei privilegi già ottenuti in passato, aggiungendone di nuovi, tra i quali un’amnistia generale (Gaballo 2001, 67). Nel periodo in cui Maria visse a Napoli in una sorta di prigionia insieme al figlio Giovanni Antonio Orsini del Balzo, ovvero dopo il matrimonio con Ladislao, Luigi Sanseverino ne approfittò per rivendicare i diritti che riteneva di poter vantare sul feudo in virtù della parentela con Barnabò, facendo sua anche la città neritina nel 1415. Egli, in accordo con l’abate Giovanni de Epifanis, che era divenuto vescovo locale nel 1413 grazie anche all’interessamento dello stesso re, volle che le scuole pubbliche fossero molto floride e dotate di maestri alquanto dotti; introdusse inoltre l’esercizio militare per addestrare la gioventù alle armi (Tafuri 1848, 406-409). Quando Maria d’Enghien poté tornare a Lecce nel 1417, in seguito alla morte di Ladislao, si scontrò subito con il Sanseverino, ma il vescovo De Epifanis, insieme al conte di Copertino Tristano di Chiaromonte, intervenne per mettere ordine, e Luigi poté mantenere la contea di Nardò fino alla sua morte, nel 1435, diventando anche capitano generale delle truppe della regina Giovanna II. Per tre anni fu il figlio Tommaso ad ereditare il possesso della città, ma tradito dalla popolazione dovette fuggire nel 1438 e Giovanni Antonio Orsini del Balzo, principe di Taranto, riportò sotto il dominio della sua casata il centro neritino (Gaballo 2001, 68).
Nel 1463, morto Giovanni Antonio, Ferrante I d’Aragona recuperò il Principato tarantino, inserendo nel demanio regio anche molte città, come Nardò stessa. La città, tra 1480 e 1481, fu toccata dalla guerra contro i Turchi, come molte altre della Terra d’Otranto. Nel settembre del 1480 il duca Alfonso d’Aragona visitò tutte le località soggette all’attacco turco, lasciandovi guarnigioni di difesa. In terra neritina pose un contingente a capo di Francesco delli Monti dei duchi d’Acria. Nel 1483, quando la guerra era da tempo conclusa, re Ferrante I si vide costretto a cedere diversi possedimenti del suo regno, vendendo anche Nardò per undicimila ducati ad Angilberto del Balzo (Gaballo 2001, 73).
I cittadini ne furono alquanto delusi e tentarono in ogni modo di poter riscattare la propria libertà pagando quegli undicimila ducati, senza riuscirvi. Anche perché nel 1484 dovettero affrontare un attacco da parte dei veneziani, che presero prima Gallipoli e poi si diressero verso le città circostanti. I giovani studenti delle scuole e delle accademie militari neritine imbracciarono le armi, opponendo una strenua resistenza (Zacchino 1991, 35-53). Dopo alcuni giorni di assedio la città fu costretta a capitolare a firmare la tregua con i veneziani, restando tuttavia fortemente danneggiata dalla battaglia. Dopo che si giunse alla pace definitiva tra la Repubblica di Venezia e il Regno, il 20 ottobre del 1484 due rappresentanti di Nardò, Lupo de Nestore e Giovanni Pecoraro, furono inviati al re per discutere dei danni subiti. Ferrante I, nel novembre successivo, firmò un privilegio con cui concesse ai neritini sgravi fiscali, per far sì che Nardò potesse rialzarsi economicamente. Essa, tuttavia, restò sotto il dominio di Angilberto del Balzo (Gaballo 2001, 75-76), anche se da un punto di vista prettamente amministrativo Federico d'Aragona, in quel momento luogotenente del Regno per conto di suo padre, con un decreto del 16 marzo 1485 declassò la città a casale di Lecce, affidandone la giurisdizione civile e criminale al capitano leccese (Libro Rosso di Lecce, 251-253). (Ciò perché il centro neritino si era arreso ai veneziani).
Angilberto, poco più avanti, coinvolto nella Congiura dei Baroni, fu spodestato dei propri possedimenti e decapitato nel 1486. Nardò, di conseguenza, tornò nel regio demanio fino alla morte di Ferrante I, avvenuta nel 1494, restandovi poi sotto i suoi successori Alfonso, Ferrante II e Federico. Tuttavia durante la discesa di Carlo VIII finì sotto il dominio francese, nell’inverno del 1495. Con Federico, poi, nel marzo del 1497 Nardò fu concessa in ducato a Belisario Acquaviva, figlio secondogenito del conte Giulio, come premio per avere costui rinunciato alla contea di Conversano in favore del fratello Andrea Matteo, che la possedeva precedentemente. I neritini protestarono, rivendicando la propria libertà ottenuta a partire da Ferrante I, ma Federico restò fermo nella sua scelta, pur illudendo la popolazione locale con la promessa che molto presto la loro città sarebbe stata reintegrata nel regio demanio (Gaballo 2001, 78).
L’intero Cinquecento vide dunque il dominio della casata D’Acquaviva su Nardò, elevata a Marchesato nel 1516 con contemporanea riconferma a Belisario, che la resse per un trentennio. Gli Acquaviva tentarono anche di usurpare i ventiquattro feudi nobili del contado cittadino; un tentativo da parte dei neritini di distaccarsi da tale dominio per riacquisire la libertà si ebbe nel 1528, con l’invasione franco-veneta. In primavera la città accolse al proprio interno un presidio francese, volendo cercare nell’invasore un sostegno per un ritorno al demanio regio. Nel mese di luglio, peraltro, morì di peste Belisario. Dopo ben diciotto mesi di ribellione, tuttavia, Nardò dovette arrendersi alla vittoria di Carlo V, sottoscrivendo dei capitoli di resa, riuscendo a riottenere la tanto ambita demanialità. Decisiva fu pure la punizione esemplare inflitta ad alcuni capi del movimento rivoltoso: Pietro delli Falconi, Baldassare de Carignano e Chimonico de Merato vennero privati dei beni; Pietro Vetrano fu condannato a morte (ASL, Schede del notaio Nociglia per l’anno 1596, n. 104; Panareo 1942, 169-171).
Già nel 1532, però, il viceré Pietro di Toledo infeudò nuovamente la città a Giovan Bernardino Acquaviva, al quale nel 1541 succedette il figlio Francesco che governò per altri diciotto anni, durante i quali i contrasti con la popolazione locale furono sempre più accesi, per varie ragioni: la riscossione indebita dei proventi civili, l’usurpazione di proprietà private, l’intromissione nell’operato di capitani e camerlenghi, così come nell’elezione del procuratore del monastero di Santa Chiara, i diversi soprusi e le prestazioni feudali gratuite pretese dai vassalli, l’incetta di sale e carne, i salari tagliati ai contadini (Zacchino 1990, 160).
Durante il dominio di Francesco, tuttavia, Nardò si legò nel 1552 ad un complotto francofilo contro Carlo V, che aveva come obiettivo la conquista del Regno di Napoli. L’obiettivo specifico dei neritini era l’uccisione dell’Acquaviva (Coniglio 1951, 259). Il complotto fallì e in area pugliese ciò fu soprattutto dovuto all’operato del governatore delle province di Terra di Bari e Terra d’Otranto, Ferrante Loffredo, che fece torturare undici dei congiurati della città salentina (Zacchino 1990, 163-164).
Il successore di Francesco, a partire dal 1559, fu il figlio, anch’egli di nome Giovan Bernardino. Costui resse la città nelle sue mani fino al 1596, quando morì. Gli succedette Belisario, suo primogenito. Gli Acquaviva mantennero il dominio di Nardò fino ai primi dell’Ottocento.

Cronotassi

1383: Carlo Ruffo

1386, o poco dopo: Raimondello Orsini del Balzo, con conferma ufficiale regia dal 1399

1406: Dominio di re Ladislao

1415: Luigi Sanseverino

1435: Tommaso Sanseverino

1438: Giovanni Antonio Orsini del Balzo

1463: Demanio regio aragonese

1495, pochi mesi: Dominio di Carlo VIII di Francia

1495: Demanio regio aragonese

1497: Belisario Acquaviva, ducato prima e poi marchesato dal 1516

1528: Demanio vicereale spagnolo

1532: Giovan Bernardino Acquaviva

1541: Francesco Acquaviva

1559: Giovan Bernardino II

1596: Belisario II

Corpus normativo

Non si è a conoscenza di un corpus di privilegi per la città di Nardò raccolti in un manoscritto, come nel caso di numerosi altri centri pugliesi e, più in generale, di tutto il Mezzogiorno italiano. Per poter ricostruire la situazione normativa locale sarebbe necessario scandagliare le diverse serie documentarie all’interno delle quali è possibile riscontrare informazioni sul contesto neritino.
In primo luogo vanno prese in considerazione le pergamene dell'Archivio storico diocesano di Nardò. Per il periodo angioino e quello aragonese, poi, si può tentare di consultare le carte dei Registri della Cancelleria Angioina (Filangieri et al. 1950-2010) e quelle del Codice Aragonese (Trinchera 1866-1874).
Utile appare anche un contributo di Salvatore Panareo, risalente alla prima metà degli anni quaranta del Novecento. In esso lo studioso fornisce anche un quadro della struttura amministrativa cittadina, con i due sindaci, uno per la parte dei nobili, l’altro per la parte dei popolari, a rappresentarne i vertici (Panareo 1942, 172). Si menziona, inoltre, la riforma degli statuti locali avvenuta a cavallo tra la fine degli anni ottanta del Quattrocento e l’inizio degli anni novanta: lo studioso riporta infatti uno dei capitoli, datato al 1491 (Panareo 1942, 172). Le fonti usate da Panareo sono i transunti di alcuni diplomi regi raccolti negli atti del notaio neritino Francesco Antonio Nociglia, i quali si conservano ancora nell’Archivio di Stato di Lecce: si tratta di 134 transunti.
Molto rilevante, infine, anche la recente iniziativa dell’Associazione Culturale Apuliae Manuscripta, che ha proposto un progetto per il recupero, la tutela, la valorizzazione e la diffusione del patrimonio storico documentario della famiglia Acquaviva d'Aragona fra i secoli XV e XVIII, attraverso la costruzione di un fondo archivistico interamente digitale a partire dalla documentazione edita e, soprattutto, inedita, custodita in alcuni dei più importanti archivi storici europei, da Napoli a Madrid. La realizzazione di questo progetto, presentato nel marzo del 2010, potrebbe fornire dati di grande importanza anche per il Cinquecento di Nardò.

Schedatore

Federico Lattanzio

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Distrettuazioni interne

La suddivisione delle zone interne alla cinta muraria è stata costruita, dagli eruditi, sulla base delle porte cittadine: la porta Viridaria, posta “a scirocco”, dove si trova l’antico castello; più a levante la porta San Paolo, così denominata perché nelle vicinanze di una cappella intitolata a quel Santo; la porta San Francesco, nei pressi della quale era sito l’antico convento francescano; la porta Vaccarella, da cui ci si dirige verso Gallipoli e verso le marine di Nardò (Tafuri 1848, 341-351; Gaballo 2001, 19-20).

Centri demici minori

Nardò era ricca di casali, alcuni dei quali furono via via danneggiati nel corso dei secoli dalle incursioni dei mori, restando disabitati. Si tratta di oltre venti località, eccone di seguito un elenco: Agnano, Carignano, Feudonegro, Feudospezzato, Lucugnano, Ogliastro, Pompigliano, Puzzovivo, S. Niccolò d’Arneo, S. Niccolò di Cilliano, Uggiarica, Feudo di Castri, Feudo di Cassopi, Feudo di Flangiano, Feudo della Gegna, Feudo di Melegnano, Feudo del Pallio, Feudo di Pescaria, Feudo di Persano, Feudo di Plautò, Feudo di Sant’Andrea, Feudo di Santa Barbara, Feudo di San Teodoro, Feudo di Santa Venerdia (Gaballo 2001, 17).

Schedatore

Federico Lattanzio

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Diocesi

Si è supposta una esistenza della diocesi di Nardò già in età paleocristiana (Mazzarella 1972, 27-28), senza tuttavia prove a suffragio, così come unica attestazione di un presule in terra neritina nell’Alto Medioevo risale al 761, quando papa Paolo I ordinò al clero e al popolo di Nardò, dal momento che si era resa vacante la sede vescovile, di non procedere alla consueta nomina del nuovo vescovo bensì di affidare la totale giurisdizione ecclesiastica all’archimandrita dei monaci basiliani. Alcuni di questi ultimi, infatti, erano sfuggiti dall’iconoclastia orientale ed erano migrati, stabilendosi anche nella città neritina (Mazzarella 1972, 28-29).
Questo stato di cose andò avanti fino al 1090, quando il normanno Goffredo, conte di Nardò, ottenne da papa Urbano II che il governo dell’ecclesia locale fosse tolto ai basiliani per essere concesso ai monaci benedettini, il cui monastero da quel momento fu posto sotto la protezione della sede pontificia e dotato dei privilegi di esenzione. L’abate Giordaimo fu il primo della serie degli abati neritini a capo della chiesa cittadina. Un vero e proprio regolamento del monastero e del suo capitolo si ebbe tuttavia soltanto nel 1265, quando papa Clemente IV inviò a Nardò, in qualità di legato, Rodolfo o Pandolfo vescovo di Albano, il quale costruì una sorta di statuto monasteriale. Se nel periodo in cui l’ecclesia di Nardò fu retta dai basiliani la vera e propria cura pastorale delle anime sembra dipendesse dagli arcivescovi di Brindisi, nella fase di governo da parte degli abati benedettini costoro si operarono per escludere ogni ingerenza brindisina, opponendosi inoltre anche ai tentativi dei vescovi di Gallipoli di pretendere le decime e i diritti episcopali sulla terra neritina (Mazzarella 1972, 30, 32-33 e 39).
Nel 1387 la situazione subì alcuni sconvolgimenti, in occasione dei dissidi scismatici in seno alla Chiesa romana. L’antipapa Clemente VII per provare a portare i neritini dalla propria parte nominò vescovo del centro salentino il frate Matteo de Castellis, contraddicendo il regolare governo ecclesiastico benedettino. Il de Castellis, tuttavia, incontrò nel clero e nella popolazione una forte ostilità al suo arrivo, nonostante Clemente VII avesse avvertito che la città fosse stanca del regime degli abati. Nel 1401, tornato il Regno di Napoli sotto l’obbedienza di papa Bonifacio IX, il frate Matteo fu espulso da Nardò e la chiesa locale tornò ad essere retta dagli abati stessi (Mazzarella 1972, 31).
Finalmente nel 1413, sulla spinta delle richieste stavolta effettivamente avanzate dai neritini, re Ladislao fece istanza a Giovanni XXIII e ottenne che venisse ripristinata l’antica sede vescovile, alla quale fu confermato il privilegio di esenzione e il cui primo nuovo presule divenne l’abate benedettino in carica a quel tempo, ovvero Giovanni de Epifanis. Tale provvedimento fu confermato poi da Martino V (Mazzarella 1972, 32).
Nel corso del Cinquecento la diocesi di Nardò visse un periodo poco florido, soprattutto perché fu retta spesso non da vescovi residenti bensì da amministratori o commendatari o titolari. Tutto ciò con l’obiettivo, da parte degli Acquaviva, di favorire maggiormente se stessi nel reggimento della città, inserendosi più facilmente anche nelle questioni ecclesiastiche locali. Addirittura due dei presuli del secolo XVI provennero dalla casata stessa: Giacomo Antonio Acquaviva e Giovanni Battista Acquaviva. Erano peraltro fratelli, entrambi figli di Belisario.
Una sorta di rifioritura si ebbe grazie all’operato del frate Ambrogio Salvio, vescovo di Nardò dal 1569 al 1577. Uomo di grande spessore spirituale, quando si sedette sulla cattedra neritina, all’età di 78 anni, si impegnò assiduamente per conservare e rinvigorire tutti i privilegi della diocesi, per ristabilire la disciplina ecclesiastica e per risollevare i costumi e la moralità dei fedeli locali (Mazzarella 1972, 122).

Distrettuazioni interne

Nel momento in cui fu ripristinata l’antica sede vescovile di Nardò, nel 1413, la diocesi era estesa su numerosi centri: Alliste, Aradeo, Casale del feudo di S. Nicola d’Arneo, Casale di Lucugnano, Casale di S. Nicola di Cigliano, Casarano grande, Casarano piccolo, Copertino, Felline, Fulcignano, Galatone, Matino, Melissano, Neviano, Noha, Parabita, Pozzovivo, Racale, Seclì, Tabelle e Taviano. Altri feudi e località minori sotto il controllo spirituale della diocesi neritina erano Agnano, Agiano, Carignano, Castro, Cersano, Collemeto, Melignano, Mollone, Olivastro, Penta, Pompiliano, Puggiano, S. Andrea, S. Barbara, S. Cosimo, S. Teodoro, Specchia, Tecentano, Tuglie, Uccitino e Uggiano (Mazzarella 1972, 34-35).

Cattedrale o chiesa matrice

Santa Maria Assunta

Enti religiosi

Monastero di S. Chiara: fondato nel XIII secolo, comunità di clarisse che soprattutto tra XIV e XV secolo ottenne tutta una serie di donazioni, le quali forniscono la misura della crescita del suo peso economico locale e la rilevanza dell’ente signorile (Codice Diplomatico Pugliese, XXV, 1981).

Chiesa e convento francescano dell’Immacolata

Chiesa e convento di San Domenico

Chiesa e complesso monastico del Carmine

Chiesa e convento di Sant’Antonio da Padova

Chiesa dei Ss. Cosma e Damiano: nucleo originario della seconda metà del secolo XVI.

Chiesa dell’Incoronata: datata al 1599, progetto attribuito a Giovanni Tarantino.

Al presule di Nardò erano soggette anche le seguenti abbazie situate nei dintorni della città: S. Anastasia, S. Angelo della Salute, S. Eleuterio, S. Elia, S. Giovanni di Collemeto, S. Maria dell’Alto in Felline, S. Maria dell’Alto in Nardò, S. Maria de Civo, S. Maria delle tagliate, S. Maria di Cesarea, S. Nicola di Macugno, S. Nicola di Scugno, S. Nicola in pergoleto, S. Stefano di Curano (Mazzarella 1972, 35-36).

Vescovi (sec. XV-XVI)

Elenco dei vescovi di Nardò a partire da quando la città fu nuovamente elevata a sede episcopale nel 1413:

Giovanni De Epifanis (1413-1422)

Bartolomeo Sabatino, vicario capitolare (1422-1423)

Giovanni Barella (1423-1436)

Stefano De Pendinelli (1436-1451)

Ludovico De Pennis (1451-1484)

Ludovico De Giustinis (1484-1491)

Gabriele Setari (1491-1507)

Antonio De Caris (1507-1517)

Luigi d’Aragona (1517-1519)

Marco Cornaro (1519-1521)

Giacomo Antonio Acquaviva (1521-1532)

Giovanni Domenico De Cupis (1532-1536)

Giovanni Battista Acquaviva (1536-1569)

Ambrogio Salvio (1569-1577)

Cesare Bovio (1577-1583)

Fabio Fornari (1583-1596)

Lelio Landi (1596-1611)

Schedatore

Federico Lattanzio

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Attività economiche

Il territorio che circonda Nardò rappresentava una fonte di ricchezza per la città nel settore agricolo. Frumento, legumi, olio, vino, frutta, bambagia ed erbe medicinali sono i prodotti che maggiormente venivano coltivati, tanto che la terra neritina venne denominata "il Magazzino della Provincia" (Giustiniani 1804, 5). Molto sviluppate erano anche le attività legate alla pastorizia, nonché la relativa produzione di formaggi acquistati soprattutto nelle vicinanze, come a Gallipoli, ma anche a Napoli (Giustiniani 1804, 6).
Sporadica la presenza di masserie di privati. Nel 1292 il miles Giovanni Scoto ricevette in permuta dal barese Sparano i beni del tenimento di Fornelli, insieme a due settimi dei casali di Matino e Parabita, facenti parte dell’area compresa tra Gallipoli e Nardò (Licinio 1981, 263).
Ancor più importante, invece, l’economia sviluppata dal monastero delle clarisse di Santa Chiara. Le donazioni ricevute dal complesso monastico nel corso dei secoli XIV e XV, anche da persone residenti in territorio extradiocesano, ne fecero una fondazione di grande forza nel contesto locale. Un documento datato al 1365, ad esempio, registrava quella donazione effettuata da parte di Tommaso de Iudicibus di Lecce e sua figlia Margherita di un oliveto con trecentotrenta alberi, libero da ogni servitù e situato in area leccese, in località Ruge (Falla Castelfranchi 1986, 270). Grazie ad altre donazioni, risalenti al 1376, 1378, 1383 e 1400, il monastero entrò in possesso di una masseria denominata Santa Maria delle Campure, presso Arneo, di un’altra masseria ubicata in località Villanova, di un pezzo di vigneto sito nel feudo Scraieta e di un pezzo di terra franca presso "lo piczo de la Maddalena" (Falla Castelfranchi 1986, 270). Il peso economico del complesso, durante il Quattrocento, fu accresciuto anche dall’acquisizione del casale di Agnano (Falla Castelfranchi 1986, 270).

Esenzioni e franchigie

Risulta complicato individuare eventuali esenzioni e franchigie di cui Nardò possa aver goduto, proprio a causa della grossa difficoltà di reperimento dei diplomi regi relativi alla città. Quello che certamente si può affermare è che Ferrante I, nel novembre del 1484, firmò un privilegio con cui concesse ai neritini sgravi fiscali, per far sì che Nardò potesse rialzarsi economicamente in seguito all'assedio subito dai veneziani (Gaballo 2001, 76).

Mercati e fiere

Non si è a conoscenza di fiere rilevanti che si tenessero nella città di Nardò. Già Giustiniani, nel suo Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, a cavallo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, non ne menzionava alcuna per il centro neritino. Tale quadro è confermato in Sakellariou (2012).
La città aveva certamente il diritto di mercato (Giustiniani 1804, 18), senza che tuttavia si abbiano informazioni chiare sulle modalità di svolgimento dello stesso.

Schedatore

Federico Lattanzio

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Famiglie

Acquaviva: duchi/marchesi di Nardò dal 1497 ai primi dell’Ottocento.

Tafuri: letterati e storici eruditi di Nardò che dal secolo XVI al secolo XVIII secolo produssero importanti scritti letterari e sulla storia della città.

Per quanto riguarda le famiglie dell'élite cittadina di Nardò risulta più complicato proporne un elenco, sempre a causa delle difficoltà legate al reperimento e all'analisi delle fonti documentarie locali e non. I nomi dei personaggi coinvolti nel complotto filofrancese del 1528 possono dare soltanto un'idea di quali potessero essere i "cognimina" di alcune famiglie tra le principali: Pietro delli Falconi, Baldassare de Carignano, Chimonico de Merato e Pietro Vetrano (ASL, Schede del notaio Nociglia per l’a. 1596, n. 104; Panareo 1942, 169-171).
A fornire ulteriori dati, decisamente più completi, è stato uno studio degli anni Novanta del Novecento sull'araldica civile e religiosa di Nardò, che per l'ambito civile ha elencato gli stemmi delle seguenti famiglie: Acquaviva, Aprile, Arachi, Biscozzi, Bonvino, Caputi, Carignani – Carignano, Chiodo, Colucci, Costa, De Castelli – De Castello, Dell’Abate, Dell’Antoglietta – De Nantolio, Della Porta, Della Ratta, De Ruggeri – De Rogerio, Delli Falconi, De Michele, De Michele, De Noha, De Nuccio, De Pandi, De Pantaleonibus, De Raho, De Vito, Fumarola, Giovinazzi, Giannelli, Giulio, Gaetani, Granafei, Longo, Manieri, Manieri Elia, Maremonti, Margherito, Massa, Megha, Montefuscoli, Moresco, Nociglia, Pagano, Personé, Pignatelli, Sambiasi, Sangiovanni,Sanseverino, Securo – Sombrino, Tafuri, Tisi, Venturi, Vernaleone, Vetrano, Zuccaro (Gaballo 1996, 34 e ss.).

Personaggi illustri

Angilberto del Balzo

Belisario Acquaviva

Angelo Tafuri: autore de La guerra de’ Veneziani del 1484 contro le città di Gallipoli e Nardò ed altri luoghi di Terra d’Otranto, pubblicata a cura di Michele Tafuri in Napoli nel 1848.

Giovanni Bernardino Tafuri: autore de Dell’origine, sito, ed antichità della città di Nardò, pubblicata a cura di Michele Tafuri in Napoli nel 1848.

Colonie mercantili e minoranze
Confraternite
Corporazioni
Istituzioni di Beneficenza
Schedatore

Federico Lattanzio

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Repertoriazioni
Archivi storici

Archivio storico diocesano di Nardò

Raccolte e miscellanee
Strumenti di corredo
Schedatore
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Architetti, ingegneri e tavolari attivi in città

Giovanni Maria Tarantino

I maestri Donato, Marco Antonio e Allegranzio Bruno e Tommaso Riccio sono attivi nel 1577 presso l'Immacolata.

Mura e porte urbiche
Strade e piazze
Infrastrutture urbane
Strutture assistenziali
Castelli e fortezze
Palazzo signorile
Edifici pubblici

Palazzo della Universitas

Seggio

Palazzi privati
Edifici religiosi

Duomo

Madonna del Carmine

San Domenico

Sant'Antonio da Padova

Santa Chiara

Madonna Immacolata

Apparati effimeri
Schedatore

Antonio Milone

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Artisti attivi in città

Stefano da Putignano

Opere d'arte medievali e moderne

Duomo: affresco con San Bernardino da Siena

Duomo: affresco con Madonna del melograno

Duomo: affresco con Madonna e Santi

Carmine: Annunciazione

Sant'Antonio, mausoleo di Giovan Bernardino e Belisario Acquaviva d'Aragona

Sant'Antonio da Padova: statua di Sant'Antonio da Padova (Stefano da Putignano, 1514)

Sant'Antonio da Padova: statua di San Francesco d'Assisi (attr. Stefano da Putignano)

Collezioni
Schedatore

Antonio Milone

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Letterati che nascono, vivono o operano in città

Luigi Sanseverino di Bisignano

 

Francesco Securo da Nardò

 

Roberto Caracciolo da Lecce

 

Angilberto del Balzo

 

Antonio de Ferrariis Galateo

 

Belisario Acquaviva

Stampatori e produzione libraria cittadina
Biblioteche pubbliche e private

 

Grazie alla presenza di una scuola di copisti greci, e in generale grazie all'impulso alle lettere che Nardò ricevette nel ventennio in cui fu retta da Luigi Sanseverino (1415-1435), la città dovette registrare la presenza di numerose collezioni librarie, di cui tuttavia mancano testimonianze specifiche.

Al cap. 18.26 del De situ Iapygiae, infatti, Galateo menziona l’antica scuola di calligrafi greci che esisteva a Nardò, in grado di produrre uno stile scrittorio eccellente, al punto che ‘neritine’ divenne un modo per definire le grafie pregevoli e ben fatte. In seguito alla progressiva de-grecizzazione, si continuarono a studiare con profitto la cultura e la letteratura greca (Galateo elogia molto il ruolo dei Sanseverino). All’epoca del padre di Galateo, Nardò aveva la scuola più importante del Salento, alla quale accorrevano giovani da vari luoghi, inclusi i due teologi Francesco Securo e Roberto da Lecce (18.27).

 

Per la seconda metà del Quattrocento, grazie alla sopravvivevnza di un inventario, è ben nota la consistenza della biblioteca personale, custodita in Nardò, di Angilberto del Balzo., che si era arricchita con lasciti proveniente dall'eredità di Giovanni Antonio Orsini. In essa si osserva una certa prevalenza di opere in volgare, e l'assenza di opere in greco.

 

Certamente doveva trovarsi a Nardò la biblioteca personale di Belisario Acquaviva.

Accademie

 

Il duca Belisario Acquaviva fondò a Nardò l'Accademia del Lauro, sul modello dell'Accademia Pontaniana di Napoli

Committenze di opere letterarie relative alla città
Dedicatari di opere letterarie

 

Belisario Acquaviva è dedicatario di numerose epistole letterarie di Antonio de Ferrariis Galateo.

Storie di famiglie
Corografia e geografia

 

Nell'opera di Pietro Ranzano (Annales XIV, ix, 40),si dedica a Nardò una breve menzione, in quanto città antica e dotata di un ricco territorio. Da domenicano qual era, Ranzano coglie l'occasione per tessere un breve elogio di Francesco da Nardò.

 

Nardò è trattata nell'opera del Galateo De situ Iapygiae, cap. 18 dell'ed. Defilippis: Galateo si sofferma sulla feracità del territorio attorno a Nardò, soffermandosi a lungo sul fenomeno delle acque sotterranee (parr. 2-9). I paragrafi 10-25 sono occupati da un lungo excursus sui fenomeni naturali che generano superstizione negli incolti: la casistica è varia e prende spunto, per poi allontanarsene, da alcune visioni che si verificavano nelle paludi vicino Nardò. Come già in un passo precedente relativo alle tarantole (cap. 3.9), anche qui Galateo si diffonde (per confutarle) nella descrizione di credenze mostruose, dalle streghe ai non-morti.

Sorprende, d'altro canto, come Galateo non dedichi alcuno spazio all'aspetto urbano della città, e non menzioni né chiese né monumenti di sorta.

 

Leandro Alberti (Alberti 1550), si sofferma a sua volta piuttosto brevemente sulla città, prima di inserire un breve elogio di Francesco da Nardò, come già aveva fatto Ranzano: “Et da Gallatina rivolgendosi a man sinistra, dopo tre miglia si vede la città di Nardo molt’antica, da Tolomeo, detta Nertitum, la qual è molto civile, ricca, et di popolo ben piena. Tiene un bello, vago, et abbondante territorio, ornato d’Aranci, limoni, et di gran selve d’olivi, et di belle vigne.

Storiografia locale e cronache

Plinio (N.H., III, 105) menziona i “Neretini” tra gli abitanti del Salento, come anche Nereto è ricordata da Tolomeo (3, 1, 76); nelle Metamorfosi di Ovidio (XV, 51) si ricorda “Sallentinumque Veretum”. Galateo cita un'iscrizione nella quale compaiono menzionati “Lupienses, Hudrentini et Neritini” per Mommsen apocrifa nella versione presentata dai fratelli Tafuri (CIL IX, 13*). In un testo sulla presa della città da parte dei veneziani (1484) di Angelo Tafuri, testimone oculare dell'evento, che proviene dalla dubbia fucina degli eruditi Tafuri del Settecento (ma accolta nel vol. XXIV delle RR.II.SS.), viene detto che la città sia stata “fabricata di certi popoli che se ne fuggirono dall'isola di Lecatia, pe la grande penuria d'acqua” (Tafuri 1848, 8). In nota, il curatore Giuseppe Tafuri ritiene verosimile l'ipotesi che greci di Leucadia o dalla Itaca di Ulisse si siano trasferiti in Salento e cita a riprova Scipione Puzzovivo (rianimatore dell'accademia cittadina per ordine del vescovo del 1577), autore di una descrizione di Nardò, che scrive che ebbe “i popoli coni per suoi fondatori” e le Antichità di Leuca (1693) di Tasselli (Lettera al lettore s.i.p., 214-217). Giacomo Perganteo, autore di una Istoria della provincia salentina manoscritta, afferma, a detta di Geronimo Marciano (autore di un'opera di argomento analogo nel 1656: Marciano 1855, 481-482 e Marciano 1996, p. 482), che fondatori siano stati i Cilici o gli Egizi nel 3559 (Tafuri 1848, 338-339). Agostino Merodio, nella Istoria tarantina, ricorda la città “edificata dalli popoli egizii, che furono i primi abitatori dell'Italia”.

Nelle Antichità di Leuca l'autore trae da un manoscritto: “fundata dagli Egitj o da' Neretini 500 anni in circa, dopo fu Italo re in provincia, et accresciuta in città vi fecero dall'Egitto arrivare li maestri della sua eruditissima Menfi” (Tasselli 1693, Lettera al lettore s.i.p., 214-217). Tra le opere manoscritte sulla storia di Nardò, recentemente è stato individuato un testo di Geronimo de Falconibus (1643) ai tempi del vescovo Fabio Chigi (poi papa Alessandro VII), nel quale si racconta della mitica fondazione da parte di un tale Tullio de Beccolini (pubblicata su Neretum da Giancarlo De Pascalis). Dell'origine della città discorre anche padre Bonventura da Lama 1723, 194-199, ricapitolando le varie ipotesi al riguardo.

Il nome Nerito viene associato da Giovanni Bernardino Tafuri, autore di una storia di Nardò (1735), ad una località greca presso il monte Itaca menzionata nell'Iliade e da Virgilio nell'Eneide (III, 271) (Tafuri 1848, 339-340).

Nel testo dell'assedio del 1484 viene poi riferito che la città ha avuto “parecche guerre dalli romani, che la diruparono affatto et dopoi dallo imperatore Ottavio di nuovo fabricata”. A testimonianza si cita di nuovo Tasselli 1693, 284-285 (che richiama Perganteo) e si riporta un'iscrizione romana frammentaria che “anticamente si leggeva in città” (anch'essa ritenuta falsa CIL IX 3*).

Letteratura antiquaria

 

Ranzano (l. XIV, ix, 40) si sofferma sulla forma del nome Neritum, chiedendosi come mai essa si fosse trasformata in Neritonum col passare del tempo.

 

Nel già citato cap. 18 del De situ Iapygiae, Galateo confuta l'attendibilità di ogni altra forma del nome che non sia Neritum, portando a testimonianza un'epigrafe romana da lui consultata a Lecce, nella quale si parla di " Lupienses, Hydruntinos et Neritinos" (18, 1); l'epigrafe nella versione riportata in Tafuri 1848 viene ritenuta apocrifa da Mommsen (CIL IX 13*).

Non figurano in Galateo altri riferimenti all'antichità della città.

La città viene menzionata nella Vita del Gran Capitano di Paolo Giovio (1526): discorrendo delle città in Terra d'Otranto, compare “Nardoum a Leucadiae Nerito condentibus Graecis ductum”: “Lezze, detta anticamente Lupia, e oltra ciò Calatana antichissima colonia de' tessali, la quale oggi si chiama San Pietro e Nardo cosidetta da Nerito Leucadia, la qual terra edificarono già i greci” (cito dal volgarizzamento di Ludovico Domenichi del 1547: Giovio 1931, 100).

Letteratura ecclesiastica e religiosa

 

Cf. la ricca produzione teologica e filosofica di Francesco Securo (noto come Francesco da Nardò), il quale, secondo la già citata testimonianza del Galateo (De situ Iapygiae, 18.28), all'epoca di Luigi Sanseverino si formò nella natìa Nardò, come anche il teologo Roberto Caracciolo (Roberto da Lecce).

Letteratura giuridica
Letteratura scientifica

 

Cf. Galateo, De situ Iapygiae 18.2-25, la lunga spiegazione dei fenomeni carsici nell'area di Nardò e delle visioni (v. sopra).

Poesia, prosa d'arte, altre forme letterarie

 

Cf. le opere prodotte da Belisario Acquaviva e quelle prodotte per suo impulso.

Elogi di città e altri scritti encomiastici o apologetici

 

La sezione neritina del De situ Iapygiae di Galateo ha toni fortemente encomiastici: Nardò è la città dove egli si è formato da giovane. Poiché Nardò è l'ultima città affrontata nella descrizione del Salento, Galateo afferma enfaticamente:

 

Neque ero ingratus si ut initium descriptionis Tarento, sic et finem Nerito tribuero. Hoc exigit locorum ratio, et conviviorum magistri semper aliquid quod maxime delectet, in finem reservant: sit Neritum longae finis chartaeque viaeque.

 

"E non sarò irriconoscente se, come ho avviato la descrizione cominciando da Taranto, così la concluderò con Nardò. Lo esige l’ordine che ho seguito nella illustrazione delle località; e i direttori di sala che sovrintendono ai convivi riservano sempre per la fine qualcosa che piaccia moltissimo: sia dunque Nardò il termine della lunga scrittura e del cammino" (18.30, tr. Defilippis).

Altro
Schedatore

 

Lorenzo Miletti, Antonio Milone

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Mappe territoriali
Piante di città
Vedute di città

Veduta della città Nardò Blaeu (1663; Blaeu 1663:  Theatrum ciuitatum nec non admirandorum Neapolis et Siciliae regnorum, Amsterdam, Joan Blaeu, 1663; consultabile on line)

Apprezzi di tavolari
Schedatore

Antonio Milone

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Fonti manoscritte

ASL, Nociglia: Archivio di Stato di Lecce, Notai, Schede del notaio Nociglia per l’anno 1596, n. 104.

 

BPA, Pollidori: Biblioteca Provinciale di Avellino, Fondo Tozzoli, ms. 9, Giovanni Battista Pollidori, In scriptum abbatis, capituli et monachorum Neritonorum de statu veteri atque recenti neritonensis ecclesiae ad Joannem XXIII pontificem maximum notationes Johannis Baptistae Pollidori frentani, sec. XVIII.

Fonti a stampa
Bibliografia

 

Bianchi 1907: Luigi Bianchi, “Antica etnografia dei Salentini e Calabri”, Rivista Storica Salentina, 4, 1907, 273-276.

 

Biscozzi (ed. Vacca 1936): Giovanni Battista Biscozzi, “Libro d’annali de’ successi accatuti nella città di Nardò” [1632-1656], in Nicola Vacca, "Giovanni Battista Biscozzi e il suo Libro d'Annali", Rinascenza salentina, 4, 1936, 1-44.

 

Blaeu 1663: Joan Blaeu, Theatrum civitatum nec non admirandorum Neapolis et Siciliae Regnorum, Amsterdam 1663.

 

Bocchino 1992: Francesco Bocchino, “Il restauro ottocentesco della Cattedrale di Nardò”, in Restauro tra metamorfosi e teorie, a cura di Stella Casiello, Napoli 1992, 143-172.

 

Boito 1898: Camillo Boito, La Cattedrale di Nardò. La Cascina Pozzobonello in Milano. Rilievi e studi eseguiti dall’architetto Pier Olinto Armanini, Milano 1898.

 

Bonaventura da Lama 1723-1724: padre Bonaventura da Lama, Cronaca de’ minori osservanti della provincia di San Nicola, voll. 2, Lecce 1723-1724, II, 194-201, 227-234.

 

Bove Balestra 1999: Santino Bove Balestra (a cura di), Il monastero di S. Chiara di Nardò: miscellanea di studi nell’VIII centenario della nascita di Santa Chiara d’Assisi, Galatina 1999.

 

Cassiano 2006: Antonio Cassiano, “L’arte al tempo dei principi”, in Dal Giglio all’Orso. I Principi D’Angiò e Orsini del Balzo nel Salento, a cura di Antonio Cassiano e Benedetto Vetere, Galatina 2006, 269-270.

 

Cazzato 1993: Mario Cazzato, “Il sedile di Galatone e i sedili salentini”, in Galatone nella seconda metà del Cinquecento, Atti del Convegno (Galatone, 10-11 novembre 1990) a cura di Vittorio Zacchino, Galatina 1993, 15-24.

 

Chronicon (ed. Tafuri 1738): Chronicon Neritinum, edizione a cura di Giovanni Bernardino Tafuri, in Rerum Italicarum Scriptores, vol. XXIV, Milano 1738, coll. 883-910.


Coniglio 1951: Giuseppe Coniglio, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo V, Napoli 1951.

 

Cosi 1992: Giovanni Cosi, “La casa dell’università o palazzo di città”, in Il notaio e la pandetta. Microstoria attraverso gli atti notarili (secc. XVI-XVIII), a cura di Mario Cazzato, Galatina 1992, 75-78.

 

De Epifaniis (ed. Coleti 1717): Giovanni de Epifaniis, “Relatio de statu veteri et recenti Neritinae Ecclesiae et Diocesis facta a Joanne de Epiphaniis abbate, capitulo et monachorum conventu ad Joannem XXIII pontificem maximum anno Domini 1412”, in Ughelli, Italia Sacra, ed. Coleti, I, Venetiis 1717, coll. 1038-1045.

 

De Lorenzis et al. 2014: Sancta Maria de Nerito. Arte e devozione nella Cattedrale di Nardò, a cura di Daniela De Lorenzis, Marcello Gaballo, Paolo Giuri, Galatina 2014.

 

De Pascalis 1999: Donato Giancarlo De Pascalis, Nardò. Il centro storico, Nardò 1999.

 

Duval Arnould, Jacob 1982-1983: Louis Duval-Arnould, André Jacob, “La description du diocese de Nardò en 1412 de Jean de Epiphaniis est elle authentique?”, Bullettino dell’Istituto Storico per il Medioevo e Archivio Muratoriano, 90, 1982-1983, 331-353.

 

Falla Castelfranchi 1986: Marina Falla Castelfranchi, “I monumenti di Nardò dal XIII al XVIII secolo”, in Città e monastero. I segni urbani di Nardò (secc. XI-XV), a cura di Benedetto Vetere, Galatina 1986, 242-276.

 

Falla Castelfranchi 1996: Marina Falla Castelfranchi, “Le formelle del campanile di Nardò”, in Studi in onore di Michele D’Elia, a cura di Clara Gelao, Matera 1996, 173-178.

 

Filograna 1999: Roberto Filograna, Castelli, fortificazioni ed antichi privilegi della città di Nardò, Lecce 1999.

 

Floro 1997: Laura Floro, “La Cattedrale di Nardò”, Nicolaus. Studi storici, 8, 1997, 261-276.

 

Floro 1999: Laura Floro, “Il complesso domenicano di S. Maria de Raccomandatis di Nardò”, Opus, 6, 1999, 297-350.

 

Foscarini 1927: Amilcare Foscarini, Armerista e notiziario delle famiglie nobili, notabili e feudatarie di Terra d’Otranto…, Lecce 1927.

 

Fracella 2004: Rosi Fracella, I cappuccini a Nardò: storia di un’impronta (1569-1866), Galatina 2004.

 

Frascadore 1981: Le pergamene del monastero di S. Chiara di Nardò (1292-1508), a cura di Angela Frascadore, Bari 1981.

 

Gaballo 1996: Marcello Gaballo, Araldica civile e religiosa a Nardò, Nardò 1996.

 

Gaballo 2005: Marcello Gaballo, Il Cristo nero della Cattedrale di Nardò, Galatina 2005.

 

Gaballo 2006: Marcello Gaballo, Il cinquecentesco mausoleo dei duchi Acquaviva d’Aragona nella chiesa di Sant’Antonio da Padova a Nardò (Lecce), in Ottant’anni di un Maestro. Omaggio a Ferdinando Bologna, a cura di Francesco Abbate, Pozzuoli 2006, I, 277-281.

 

Gaballo 2007: Marcello Gaballo, Il mistero dei segni: elementi di iconologia sacra nella Cattedrale di Nardò tra Medioevo ed età barocca, Galatina 2007.

 

Gelao 1979: Clara Gelao, “Contributo alla storia dell'architettura medioevale in Puglia. La Cattedrale di S. Maria di Nardò”, Rassegna Tecnica Pugliese. Continuità, 13, 1979, 39-66.

 

Gelao 1990: Stefano da Putignano nella scultura pugliese del Rinascimento, Fasano 1990.

 

Gelao 1994: Clara Gelao, “Chiesa dell’Immacolata, Nardò (Lecce)”, in Confraternite, arte e doviziose in Puglia dal Quattrocento al Settecento, a cura di Clara Gelao, Napoli 1994, 132-134.

 

Giovio (ed. Panigada 1931): Paolo Giovio, Le vite del Gran Capitano e del Marchese di Pescara volgarizzate da Ludovico Domenichi (1549), edizione a cura di Costantino Panigada, Bari 1931.

 

Giuri 2013: Paolo Giuri, “Il restauro svela: la Cattedrale di Nardò in un dipinto del XIV secolo”, Kronos, 15, 2013, 103-110.

 

Giustiniani 1804: Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, VII, Napoli 1804, 5-18.

 

Ingusci 1962: Pantaleo Ingusci, “Storia breve del sedile di Nardò”, La Zagaglia: rassegna di scienze, lettere ed arti, 4, 1962, 469-471.

 

Ingusci 1965: Pantaleo Ingusci, Compendio di storia della città di Nardò, Nardò 1965.

 

Lenzo 2014: Fulvio Lenzo, Memoria e identità civica. L’architettura dei seggi nel Regno di Napoli (XIII-XVIII secolo), Roma 2014.

 

Licinio 1981: Raffaele Licinio, “L’organizzazione del territorio fra XIII e XV secolo”, in La Puglia tra Medioevo ed Età moderna. Città e campagna, Milano 1981, 263.

 

Lorenzo 1975-1976: Giovanni Lorenzo, “Uno scultore pugliese del Rinascimento: Stefano da Putignano”, Annali dell’Università di Lecce. Facoltà di Lettere e Filosofia, 7, 1975-1976, 137-171.

 

Manieri Elia 1989: Mario Manieri Elia, Barocco leccese, Milano 1989.

 

Marciano, Albanese (ed. 1855):Geronimo Marciano, Domenico Tommaso Albanese, Descrizione, origini e successi della provincia d’Otranto del filosofo e medico Geronimo Marciano, con aggiunte del filosofo e medico Domenico Tommaso Albanese di Oria, Napoli 1855.

 

Marciano (ed. Novembre 1996): Geronimo Marciano, Descrizione, origini e successi della provincia d’Otranto…, edizione a cura di Domenico Novembre, Galatina 1996.

 

Mazzarella 1972: Emilio Mazzarella, La sede vescovile di Nardò (dall’origine ai nostri giorni), Galatina 1972.

 

Mazzarella 1999: Emilio Mazzarella, Nardò sacra, a cura di Marcello Gaballo (coll. Quaderni degli Archivi diocesani di Nardò e Gallipoli, n.s., 3), Galatina 1999.

 

Mennonna 1997: Mario Mennonna, Nardò sparita: storia e iconografia (secc. XI-XVIII), Galatina 1997.

 

Mennonna 2001: Mario Mennonna, Guida di Nardò: arte, storia, centro antico, Galatina 2001.

 

Nuzzo 1999: Mariella Nuzzo, “Il restauro della Cattedrale di Nardò e i suoi architetti: note documentarie”, in Arte d’Occidente: temi e metodi. Studi in onore di Angiola Maria Romanini, a cura di Antonio Cadei, voll. 3, Roma 1999, III, 1269-1279.

 

Panareo 1942: Salvatore Panareo, “Per la storia di Nardò”, Rinascenza Salentina, 10, 1942, 164-174.

 

Paoli 1716: Sebastiano Paoli, Della vita dl venerabile monsignore fra Ambrogio Salvio dell’ordine de’ predicatori, eletto vescovo di Nardò dal santo pontefice Pio Quinto, e di altre notizie storiche spettanti a quella chiesa, Benevento 1716.

 

Perrone 1981: Benigno Francesco Perrone, I conventi della serafica riforma di San Nicolò in Puglia (1590-1835), 1981-1982, I, 1981, 97-98, II, 1982, 153, fig. 47.

 

Petracca 2004: Luciana Petracca, “I limiti immateriali della Nardò medievale”, Kronos, 7, 2004, 115-124.

 

Petracca 2012: Luciana Petracca, “Libri e lettori nel Salento basso-medievale. La biblioteca di Angilberto del Balzo”, Medieval Sophia, 11, 2012, 214-228.

 

Petracca 2013: Luciana Petracca, Gli inventari di Angilberto del Balzo conte di Ugento e duca di Nardò: modelli culturali e vita di corte del Quattrocento meridionale. Paris, Bibliothèque Nationale de France, ms. Latin 8751 D, Roma 2013.

 

Pignatelli [ed. Gaballo  2001]: Emanuele Pignatelli, Civitas Neritonensis. La storia di Nardò di Emanuele Pignatelli ed altri contributi, edizione a cura di Marcello Gaballo, Galatina 2001.

 

Pollidori 1717: Pietro Pollidori, “Dissertatio de Neritinis episcopis”, in Ughelli, Italia sacra, ed. Coleti, I, Venetiis 1717, coll. 1047-1063.

 

Pollidori 1739: Giovanni Battista Pollidori, “De falsa defectione Neritinae civitatis ad Venetos regnante Ferdinando I Aragonio dissertatio historica”, Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, 19, 1739, 185-307.

 

Reg. Canc. Ang. 1950-2010: I registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani, Napoli, 1950-2010.

 

Santantonio 2013: Giuliano Santantonio, Ecclesia Mater: la fabbrica della Cattedrale di Nardò attraverso gli atti delle visite pastorali, Galatina 2013.

 

Tafuri (ed. 1739): Angelo Tafuri, “Ragionamento della guerra de’ signuri veniziani contro la cettate di Gallipoli, di Nerito et altri luochi della provinzia” [1484], in Rerum Italicarum scriptores, XXIV, Milano 1739, coll. 911-922.

 

Tafuri, A. (ed. Tafuri 1848): Angelo Tafuri, “Ragionamento della guerra de’ signuri veniziani contro la cettate di Gallipoli, di Nerito et altri luochi della provinzia” [1484], in Opere di Angelo, Stefano, Bartolomeo, Bonaventura Giovanni Bernardino e Tommaso Tafuri di Nardò, a cura di Michele Tafuri, voll. 2, Napoli 1848-1851, I, 1848, 3-15.

 

Tafuri 1724: Giovanni Bernardino Tafuri, “Ragionamento storico recitato nell’apertura dell’Accademia dell’Infimi Rinovati di Nardò”, in padre Bonaventura da Lama, Cronaca de’ minori osservanti della provincia di San Nicola, voll. 2, Lecce 1723-1724, II, 1724, 202-226.

 

Tafuri, G.B. (ed. Tafuri 1848): Giovanni Bernardino Tafuri, “Dell’origine sito antichità della città di Nardo libri due”, in Opere di Angelo, Stefano, Bartolomeo, Bonaventura Giovanni Bernardino e Tommaso Tafuri di Nardò, a cura di Michele Tafuri, voll. 2, Napoli 1848-1851, I, 1848, 325-543.

 

Tasselli 1693: Luigi Tasselli, Antichità di Leuca città già posta nel Capo Salentino. De’ luoghi, delle terre e d’altre città del medesimo promontorio e del venerabile tempio di Santa Maria di Leuca, Lecce 1693.

 

Trinchera 1866-1874: Codice Aragonese, o sia lettere regie, ordinamenti ed altri atti governativi de’ sovrani aragonesi in Napoli riguardanti l’amministrazione interna del Reame e le relazioni all’estero, a cura di Francesco Trinchera, Napoli, 1866-1874.

 

Vetere, Micali 1979: Benedetto Vetere, Salvatore Micali, Nardò, Galatina 1979.

 

Vetere 1981: Benedetto Vetere, “La Relatio de statu veteri et recenti Neritinae Ecclesiae et Diocesis", in Studi in onore di Mario Marti, Galatina 1981, 375-425.

 

Vetere 1998: Visite pastorali in diocesi di Nardò (1452-1501), a cura di Benedetto Vetere, Galatina 1998.

 

Vetere 2006: Benedetto Vetere, “Introduzione. Dal Giglio all’Orso attraverso il leone dei Brienne e la stella dei Del Balzo”, in Dal Giglio all’Orso. I Principi D’Angiò e Orsini del Balzo nel Salento, a cura di Antonio Cassiano e Benedetto Vetere, Galatina 2006, XIX.

 

Zacchino 1990: Vittorio Zacchino, “Ideali d’indipendenza e fermenti francofili nella Nardò di metà Cinquecento”, Archivio Storico Pugliese, 43, 1990, 155-167. 

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