NomeGallipoli
LuogoGallipoli
Status amministrativoComune
Estensione del territorio comunale40.35 kmq
Popolazione20.169 (maggio 2012)
MuseiMuseo diocesano, Museo civico Emanuele Barba
Archivi
BibliotecheBiblioteca comunale di Sant'Angelo
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Nomi antichi e medievali

Almeno dal XVI secolo il toponimo Calipoli o Calopoli, interpretato come la città bella, è ricondotto alla mitica fondazione di  Idomeneo re dei Cretesi (si veda ad esempio la cinquecentesca descrizione di Stefano Catalano [ed. 1793], 74). Nolli (1836, 22), inoltre, riferisce altre etimologie legate alle sorti tardoantiche e della città: Callipoli, infatti, sarebbe la città nuova, restaurata da  Genserico re dei Vandali, mutata poi in Gallipoli in seguito alla nuova fondazione da parte di Carlo Magno, evocando nel toponimo l'origine gallica del nuovo fondatore.

Fondazione (data, modalità)

Le fonti antiche su Gallipoli  sono molto scarse; secondo la tradizione riportata da Dionigi Alicarnasso la città fu una subcolonia di Taranto, fondata da Leucippo (Dionys. Hal. 19,3). Piuttosto controversa è la testimonianza di Plinio il Vecchio: «in ora vero Senonum, Callipolis, quae nunc est Anxa» (Plin., III 99), fonte che è stata oggetto di dispute erudite sin dal Rinascimento: alcuni, infatti, come Leandro Alberti, ne hanno tratto un'etimologia del nome Gallipoli che varrebbe come città dei Galli Senoni, ipotesi rifiutata però dalla maggior parte degli storici e degli antiquari (si veda Antonio Galateo, Filippo Cluverio, Giovanni Arduino e Stefano Catalano).

Una tradizione locale, probabilmente costruita sul noto mito di fondazione di Lecce, vuole che l’eroe omerico Idomeneo, re dei cretesi, avesse fondato la città nominandola Calipoli, ovvero la ‘città bella’ (Catalano [ed. 1793], 74).
Alessio Simmaco Mazzocchi, canonico di Capua, pose l’origine della città all’inizio del IV secolo a.C., al momento della migrazione in quest’area dei siculi provenienti da una località omonima, che intendevano sottrarsi alla tirannia di Dionigi (Mazzocchi 1754-55, 34). Luigi Tasselli, invece, aveva sostenuto che Gallipoli fosse stata edificata sulle rovine dell'antica Alezio, città dei Messapi (Tasselli 1693, 138 e 212).

Il centro messapico entrò nell'orbita di Roma, quando tra il 266 e il 265 a.C. la città, alleatasi con Pirro nella guerra tarantina, fu sconfitta. Nel 213 a.C., poi, Gallipoli divenne municipio romano (Maisen 1870, 155-156).

Distrettuazioni di appartenenza

La città era parte del Ducato di Puglia in epoca normanna. Più avanti, con la nuova sistemazione amministrativa operata da Federico II, entrò nel contesto territoriale della provincia di Terra d’Otranto.

Demografia

Da Giustiniani 1802 e Sakellariou 2012:

1511: 458 fuochi

1532: 1193 fuochi

1545: 1097 fuochi

1561: 1383 fuochi

1595: 1285 fuochi

Sito, idrografia, viabilità

La città sorge su uno scoglio circondato dal mare, costituito una massa di pietra calcarea tenera che dopo i primi strati presenta un fondo argilloso. Un ponte la collega alla terraferma. È posizionata nella parte orientale del Golfo di Taranto circa un centinaio di chilometri a sud di quest'ultima città. Una rete viaria secondaria collegava Gallipoli e Taranto, dove era possibile accdere al tragitto della via Appia.

Schedatore

Federico Lattanzio

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Profilo storico

Città marinara di rilievo sin dall’epoca normanna, nonché demaniale già da quei tempi. Nel 1200 ottenne da Federico II il privilegio del foro, ovvero la possibilità di nominare propri giudici (Ingrosso 2004, 135). Ma alle costituzioni di Melfi del 1231, che rappresentarono una sorta di freno alle libertà cittadine, non poté sottrarsi nemmeno Gallipoli.
Dopo il 1250, quando diverse città del Mezzogiorno rovesciarono gli ordinamenti Svevi e gli ufficiali regi costituendo un proprio governo, a Gallipoli si instaurarono podestà (forestiero), consiglio e parlamento (Natali 2007, 39).
Nel novembre 1268, non essendosi voluta sottomettere ai nuovi arrivati, gli angioini, Carlo I le volse contro le armi. Dopo sette mesi di assedio Gallipoli fu espugnata e, in seguito, subì l’abbandono di alcune famiglie, a causa della forte pressione fiscale angioina. Carlo, per tentare di ripopolarla, nell’ottobre del 1277 scrisse all’esattore delle tasse regie locali affinché tale pressione fosse abbassata, in modo che i cittadini vi potessero rientrare (Natali 2007, 41). Gli eruditi di età moderna sostennero che la città fu distrutta in occasione di quell’assedio e che i suoi abitanti l’abbandonarono completamente, tornando poi circa un secolo dopo; tuttavia si tratta di ipotesi smentite in tempi recenti (Massa 1984, 77-94).
Nel settembre 1327 Roberto d’Angiò ratificò i capitoli sottopostigli da Gallipoli, che fissavano l’importo dei dazi cittadini per le singole merci che vi si introducevano o estraevano, e stabilivano le tasse e chi dovesse esserne esente (Ingrosso 2004, 74-78). Questo accadde dopo che in città erano scoppiate delle tensioni per le tipologie di provvedimenti che l’amministrazione stava per l’appunto vagliando (Natali 2007, 45). Tuttavia, soprattutto in materia di gravami fiscali, il controllo angioino fu anche superiore a quello svevo. Fu solo dal 1298, ad esempio, che alla città venne concesso di nominare nuovamente un proprio giudice e per la prima volta anche propri sindaci (Natali 2007, 48).
Dopo il 1386, nell’ambito delle operazioni di conquista di terre in area pugliese da parte di Raimondello Orsini del Balzo, anche Gallipoli finì sotto il dominio di quest’ultimo, che dal 1399 fu ufficialmente infeudato anche del principato di Taranto, del quale la città salentina fece parte fino alla morte di Giovanni Antonio Orsini del Balzo nel 1463, erede di Raimondello (Kiesewetter 2013, 150). Nel periodo in cui tuttavia Giovanni Antonio e sua madre, Maria d’Enghien, vissero in una sorta di prigionia a Napoli, ossia dal 1407 al 1414, e nel periodo in cui il giovane erede non aveva ancora ufficialmente recuperato i suoi diritti sui possedimenti del padre, ossia dal 1414 al 1420, il principato fu concesso dalla regina Giovanna II al marito Giacomo della Marca. Pertanto anche Gallipoli finì sotto il controllo di costui. Fu un periodo in cui la regina e il marito concessero alla città diversi privilegi fiscali, in considerazione soprattutto dei cospicui danni che essa aveva subito nel corso degli ultimi decenni del Trecento e i primi decenni del Quattrocento, a causa delle lotte per il trono tra angioini e durazzeschi (Natali 2007, 55).
Gallipoli fu in seguito fedele ad Alfonso d’Aragona, nelle contese di successione tra costui e Renato d’Angiò. Dal 1463, poi, ottenne nuovamente la piena demanialità, con la salita al potere di Ferrante I, che riportò direttamente alla corona il principato di Taranto, dopo la scomparsa di Giovanni Antonio Orsini del Balzo (Natali 2007, 57). Come fece con molte altre città del Regno, Ferrante accordò anche a Gallipoli diversi privilegi, in particolar modo di natura giuridica ed economica, accaparrandosi la fedeltà delle stesse. Tali concessioni creavano ulteriore possibilità di sviluppo della sua economia commerciale. Il 17 dicembre del 1463, infatti, tra gli altri capitoli approvati c’era anche la franchigia della dogana su tutto il territorio del reame (Ingrosso 2004, 31-36).
La seconda metà del Quattrocento, comunque, fu un periodo di tensioni interne alla città. Quello che può essere considerato il popolo minuto, ovvero la classe meno abbiente, viveva di frequente in condizioni difficili, determinate soprattutto dalle ricorrenti crisi economiche dovute alle calamità naturali, alla peste, alle carestie, alle guerre. Le diverse grazie richieste al sovrano, nella maggior parte dei casi poi accordate, tendevano quasi totalmente a salvaguardare gli interessi dei maggiorenti locali, i quali detenevano tutto il potere economico e politico. In quelle grazie, spesso, si trovavano anche concessioni di immunità ai membri dei ceti elitari per poter minacciare impunemente eventuali querelanti, costringendoli a ritirare entro breve tempo la querela (Natali 2007, 62). Non esisteva, pertanto, un equilibrio stabile e concorde tra le parti in città.
Per via delle ricorrenti difficoltà nell’onorare gli impegni fiscali, Gallipoli dovette chiedere anche una riforma del sistema contributivo, che il re varò il 16 agosto del 1475, creando un nuovo sistema fondato non più sul focatico bensì sulla riscossione dei dazi da cui la città ricavava i fondi per i versamenti fiscali; si ampliava così il numero dei generi di consumo sui quali gravavano le tassazioni, con grave penalizzazione, ancora una volta, per i meno abbienti (Ingrosso 2004, 36-39).
Altro motivo di preoccupazione per i gallipolini nella seconda metà del secolo XV, con particolare riferimento all’ultimo quarto, fu la situazione delle mura e delle torri, da riparare e rafforzare, in considerazione soprattutto della guerra di Otranto che nel 1480 aveva visto cadere quella città per mano dei turchi. Tra 1482 e 1484 il sovrano accolse le richieste per gli interventi di fortificazione, anche perché impegnato in un contrasto con i veneziani e dunque timoroso di un possibile attacco da parte di costoro (Natali 2007, 66-69).
La mattina del 17 maggio 1484, infatti, la flotta veneziana si presentò nel mare di Gallipoli, con l’obiettivo di creare un altro fronte che potesse distrarre le forze aragonesi da quello padano e, se possibile, di incrementare i domini della Repubblica; due giorni dopo la città cadde. Iniziò così il dominio di quattro mesi da parte di Venezia, che aveva interesse comunque per le fortificazioni, la difesa e il benessere della città, come mostrano le istruzione del doge Giovanni Mocenigo al provveditore Bartolomeo Giorgio quando lo sollecitava a recarsi nel centro salentino, raccomandandolo di essere clemente con i gallipolini in tutti i settori e di esercitare amministrazione e giustizia sulla base degli statuti di questa terra. Il 7 agosto seguente la pace di Bagnolo segnò la fine delle ostilità tra il Regno e la Repubblica veneta; così il 15 settembre avvenne anche la restituzione di Gallipoli, che tuttavia subì un altro saccheggio prima della riconsegna (Natali 2007, 74-76).
Per ovviare allo stato di enorme difficoltà in cui la città versava dopo quegli accadimenti, Ferrante I il 9 dicembre del 1484, dopo le richieste dei gallipolini, varava una serie di capitoli, garantendo esenzione fiscale totale e libero commercio in ogni parte del suo reame e tutta una serie di altri privilegi fiscali e amministrativi, tra cui la possibilità di eleggere e confermare ogni anno i sindaci, i mastri giurati e gli altri ufficiali cittadini (Ingrosso 2004, 50-56). Tentò di approfittarne anche il vescovo locale, Alfonso Spinelli, provando a convincere il re a ricreare la diocesi gallipolina così com’era prima del 1413, ovvero prima della costituzione del vescovato di Nardò. Tuttavia una serie di circostanze, tra cui la morte del sovrano, non permisero che ciò avvenisse (Natali 2007, 79).
I capitoli del reggimento e governo in vigore dal 1490-1491, approvati ancora da Ferrante I, avevano inoltre ormai dato configurazione stabile al suo ordinamento civico e avevano anche sancito la partecipazione alla vita pubblica di nobili e borghesi sulla base del censo o sulla base dell’esercitazione di professioni liberali, mentre la rappresentanza dei ceti meno abbienti negli organi amministrativi era quasi del tutto esclusa. Il sindaco era la carica principale e le assemblee principali erano il parlamento e il consiglio (Natali 2007, 83-90).
Nella fase finale del secolo XV Gallipoli cercò di porre ulteriormente rimedio ai suoi problemi di natura economica. Si impegnò molto in suo favore, da questo punto di vista, Federico d’Aragona, figlio di Ferrante I, mediando nei confronti del padre per fare in modo che la città ottenesse ulteriori privilegi. Così nel 1487 il re la esentava dalla tassa sul sale prodotto per uso privato (Ingrosso 2004, 116-117), mentre nel 1489 ordinava al giustiziere di Terra d’Otranto di non molestarla per alcuni pagamenti fiscali residui (Ingrosso 2004, 154-155).
Durante la prima fase delle Guerre d’Italia, dopo la discesa di Carlo VIII, recuperato il Regno da parte degli aragonesi, il nuovo re Federico d’Aragona emise un diploma di grazie nei confronti di Gallipoli, datato al 19 maggio del 1497, in quanto rimasta totalmente fedele alla casata spagnola nel corso dei duri conflitti con i francesi. La città ottenne la possibilità di portare a compimento i lavori di fortificazione, di fornirsi di artiglieria, munizione e grano, di continuare a godere di franchigie fiscali e doganali già accordate in precedenza, di essere risarcita di tutti i danni provocati al suo territorio durante le battaglie (Ingrosso 2004, 6-19).
Ancora una volta Gallipoli chiese che potesse essere ricostituita l’estensione della diocesi com’era prima del 1413, ma dovette arrendersi nuovamente per via della ripresa delle ostilità franco-spagnole. Nel giugno del 1502 la città venne assediata dai francesi, rivolgendosi a Consalvo di Cordova per chiedere aiuto. Giunse con numerosi soldati Giovanni Castriota, duca di Ferrandina; la città resistette, anche se il territorio circostante venne devastato. Tra 1503 e 1507 due diplomi, uno di Consalvo e l’altro di Ferdinando il Cattolico, tentarono di risollevare Gallipoli dalle ennesime difficoltà in cui versava dopo quell’ulteriore attacco attraverso privilegi ed esenzioni, incentivi per il ripopolamento e per il rifacimento delle fortificazioni (Ingrosso 2004, 103-109 e 56-61). Quando poi nel 1528 i francesi capitolarono definitivamente, anche grazie ai soldati gallipolini guidati nuovamente da Giovanni Castriota, Filiberto di Chalons, principe d’Orange e viceré di Napoli, concesse sette capitoli di ulteriori privilegi alla città (Ingrosso 2004, 87-91).
Molto interessante, comunque, la descrizione della città fornita dal Galateo, che nel 1513, in vecchiaia, vi andò ad abitare. Nella Callipolis descriptio, databile a quell’anno, un’epistola letteraria indirizzata all’amico Pietro Summonte, Galateo sosteneva come ormai a quel tempo la città fosse saldamente difesa, come il clima fosse salubre e dunque molto apprezzabile, come gli abitanti conservassero sempre purezza di costumi e fermezza di carattere, come le donne in particolare fossero state enormemente coraggiose durante i vari assedi, come la popolazione fosse pacifica e come, tuttavia, il commercio non fosse così florido quanto in precedenza (Galateo 1558, 39-43).
Nel 1537 la flotta turca al comando di Solimano II si avvicinò alle coste meridionali per invadere il Regno. La città tuttavia non fu toccata in quell’occasione, a differenza di molte altri centri della Puglia. Ma il problema più grave, in quel momento, fu che Alfonso Castriota, governatore di Terra d’Otranto, inviò in loco Giovanni Battista d’Affitto con i suoi soldati per rafforzare il presidio già fisso presente nel castello e alle molestie che già compiva il governatore cittadino, Pedro de Silva, si aggiunsero quelle del d’Affitto stesso. Il viceré Toledo tentò di fare in modo che vi si ponesse fine, senza successo. Intervenne nel 1545 l’imperatore Carlo V, che da Worns in agosto ordinò proprio al Toledo di impedire l’invio di guarnigioni anche in tempo di guerra, poiché Gallipoli da sé era in grado di difendersi (Natali 2007, 156). La minaccia turca non si placò e tra gli anni Sessanta e Settanta tornò a insidiare il Mezzogiorno e numerosi gallipolini parteciparono alla battaglia di Lepanto del 1571.
L’aspirazione della città, inoltre, continuava ad essere quella di potenziare ancor più le barriere difensive e i traffici commerciali. Nel corso del Cinquecento vi fu effettivamente un incremento in tal senso, come mostra anche la crescita demografica. Eppure ciò non riuscì lo stesso a portare sollievo alle casse dell’erario cittadino, gravato in particolar modo dalle cospicue esenzioni di cui godevano l’aristocrazia e gli ecclesiastici, nonché dalle frequenti guerre affrontate tra la seconda metà del secolo XV e la prima metà del secolo XVI. Senza dimenticare le calamità naturali, come l’invasioni dei bruchi tra 1539 e 1544, o come la carestia che colpì il Salento tra 1583 e 1587 (Natali 2007, 155 e 183).
Nell’ultimo quarto del Cinquecento, infine, la popolazione cittadina era travagliata da aspri litigi con le autorità sia cittadine, sia vicereali. I motivi principali erano rappresentati dalle ulteriori molestie e gli ulteriori soprusi subiti ad opera dei soldati spagnoli di stanza fissa in loco, che spesso mettevano a soqquadro la città, dalle liti interne tra fazioni e con i sindaci per alcuni provvedimenti che costoro prendevano a causa dalle problematiche finanziarie e dai tumulti che potevano scoppiare perché i ceti più disagiati pativano eccessivamente le ricorrenti carestie. Nel maggio del 1596, dopo che il sindaco Marco Antonio Crisigiovanni lo aveva proposto al consiglio generale l’anno precedente, entrò in vigore un nuovo regolamento civico composto da una serie di capitoli che tentarono di introdurre regole più rigide per la gestione della cosa pubblica (Natali 2007, 194-196).

Cronotassi

1200-1268: Demanio regio svevo

1269-1386: Demanio regio angioino

1386-1407: Raimondello Orsini del Balzo

1407-1420: Giacomo della Marca, marito della regina Giovanna II

1420-1463: Giovanni Antonio Orsini del Balzo

1463-17 maggio 1484: Demanio regio aragonese

17 maggio 1484-15 settembre 1484: Dominio veneziano

15 settembre 1484-1501: Demanio regio aragonese

Dal 1502: Demanio vicereale spagnolo

Corpus normativo

Il Libro Rosso si conserva in due copie originali, l’una nell’Archivio di Stato di Lecce e l’altra nella Biblioteca Comunale di Gallipoli, databili entrambe alla fine del XVIII secolo. Contengono il corpus dei privilegi e delle grazie concesse dalle autorità sovrane alla città. Ne è stata curata recentemente un’edizione, ad opera di Amalia Ingrosso, pubblicata nel 2004.
Come tutte le città demaniali, poi, anche Gallipoli tra 1490 e 1491 era rientrata nelle approvazioni di capitoli riguardanti ordinamento e funzionamento dell’amministrazione ad opera di Ferrante I. Se non vi è traccia documentaria di quell’epoca, tuttavia nel 1559 Michele Giordano Villanova, in qualità di visitatore inviato in loco per volere di Filippo II – così come attuato per molte altre città del Regno – fece approvare nuovi capitoli da osservare e dal relativo documenti si apprende che si trattasse di modifiche e aggiunte a quelli del 1490-1491 (Natali 2007, 83; Scritture Gallipoli, 36/5, cc. 40r-45v).

Schedatore

Federico Lattanzio

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Distrettuazioni interne

Le regiones rappresentavano le circoscrizioni interne della città di Gallipoli in epoca bizantina (Natali 2007, 23). Successivamente presero la denominazione di ottine, termine che probabilmente stava a significare il rione o il distretto stradale composto da un raggruppamento di “isole”; il Ravenna nelle sue memorie storiche poteva elencarne 43 (Natali 2007, 84).

Centri demici minori

Sarebbe possibile pensare che l’estensione del territorio extra murario di Gallipoli, con la creazione del vescovato di Nardò nel 1413, avesse subito una diminuzione in favore della stessa Nardò, come accadde per il territorio diocesano. Eppure in un documento del maggio 1528 la Camera della Sommaria, tra le altre disposizioni, ordinava il rispetto di un privilegio relativo alla concessione di trecento ducati delle entrate della terra di Parabita per le opere di fortificazione gallipoline (Ingrosso 2004, 87-91). Parabita era uno di quei centri che appartenevano al vescovato di Gallipoli prima di passare a quello di Nardò proprio dal 1413, insieme ad Alliste, Casarano, Copertino, Felline, Galatone, Nardò, Neviano, Nohe, Seclì, Taviano e Tuglie. Amministrativamente, tuttavia, non è semplice capire se essi da quel momento rispondessero alla stessa Nardò. Se proprio Parabita nella prima metà del Cinquecento era di certo feudo del conte di Ugento Francesco del Balzo (Natali 2007, 144), degli altri non è dato sapere. Senz’altro, invece, i villaggi di Picciotti e San Nicola erano ancora sotto il controllo gallipolino anche dopo il 1413.

Schedatore

Federico Lattanzio

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Diocesi

Secondo la tradizione, la diffusione del culto cristiano nell’area di Gallipoli si deve attribuire all’apostolo Pietro, giunto in terra pugliese tra 42 e 43 d. C. in compagnia di suoi discepoli. A Pancrazio, considerato il primo vescovo locale, costui dovette affidare il compito di prendersi cura della comunità religiosa che aveva costruito (D’Avino 1848, 242-243).
Sino al VI secolo non si hanno ulteriori notizie sulla diocesi, ovvero fino al 536, anno in cui la governava il presule Benedetto (D’Avino 1848, 244). Nel periodo di papa Gregorio Magno una lettera inviata da costui al vescovo di Gallipoli Sabiniano poneva l’accento sulle lamentazioni dei cittadini nei confronti degli amministratori pubblici del luogo e chiedeva al presule di non permettere che la popolazione fosse oppressa (Gregorio Magno, IX, II, 100, anno 598-599). Questo, inoltre, a testimonianza del fatto che in epoca altomedievale la chiesa della città salentina rientrasse pienamente sotto l’obbedienza di quella romana.
Per circa tre secoli tra IX e XI, invece, fu maggiormente sotto il controllo dei patriarchi bizantini. Nel IX secolo, quando la sede di Santa Severina da Metropoli fu elevata dai greci ad arcivescovato, Gallipoli ne fu fatta suffraganea (Natali 2007, 24). Nell’XI, quando i normanni diffusero la loro presenza in quelle aree, riuscendo a conquistare un predominio rilevante, i pontefici di Roma riacquisirono i loro diritti. Papa Alessandro II, quindi, assegnò il centro salentino al metropolita di Otranto (D’Avino 1848, 245-246).
Sin dal 1374 la diocesi era stata latinizzata, sotto il vescovo Domenico. Lo si deduce da una lettera di Gregorio XI del 29 aprile datata in quell’anno, anche se numerosi restavano i preti che officiavano secondo la liturgia bizantina (Natali 2007, 132, nota 48).
Tra Quattrocento e Cinquecento, comunque, la diocesi visse alcune fasi delicate. In primo luogo con il presule Alessio Zelodano, tra 1495 e 1508, in contrasto con la popolazione per la sua eccessiva taccagneria. I cittadini supplicarono il sovrano, Federico d’Aragona, affinché obbligasse il vescovo a riparare la cattedrale, che aveva subito dei danni, e a dotarla degli arredi sacri per il culto. Si chiese, inoltre, che lo Zelodano rispettasse lo ius patronatus nell’assegnare i benefici vacanti, escludendo da essi forestieri e suoi familiari. Il re incaricò il cavaliere gerosolimitano Leonardo Prato di ricomporre la questione, il quale a sua volta delegò il leccese Antonio Migliazzolo, che nel dicembre 1498 sentenziò che il presule dovesse spendere ogni anno sei once d’oro per i bisogni della chiesa locale. Anche sulla questione dei benefici il Prato sostenne le richieste della piazza (Natali 2007, 103).
Zelodano, insoddisfatto, andò a Roma nel 1504, diventando segretario del pontefice Giulio II, lasciando a Gallipoli come vicario generale l’arciprete Francesco Cuti e come vicario foraneo Bernardino Calò, i quali iniziarono a rifiutarsi di versare quelle sei once annuali, scatenando la reazione della città che su mandato del Sacro Regio Consiglio di Terra d’Otranto sequestrò le rendite della mensa vescovile. Zelodano reagì ottenendo dal papa un breve apostolico di interdetto contro Gallipoli, datato al 26 maggio 1504. Con esso, peraltro, veniva messa al bando la liturgia bizantina in favore del rito latino. Tali comportamenti provocarono, infine, l’allontanamento di Cuti e Calò da quel luogo e la traslazione nella diocesi di Molfetta, nel 1508, del presule (Natali 2007, 103).
Nel secolo XVI, poi, Pellegro Cibo fu il primo ad introdurre i dettami del Concilio di Trento. Egli dispose che il parochus substitutus tenesse nell’archivio di S. Agata i registri di battesimo, matrimonio e morte dei parrocchiani; introdusse inoltre il Catechismus ad Parochos, vietò il cumulo dei benefici ecclesiastici e dette avvio alle visite pastorali diocesane (Natali 2007, 158). In seguito, per accelerare il processo di tridentizzazione, fu nominato vescovo da Gregorio XIII Alfonso Herrera, su proposta di Filippo II di Spagna. Costui era un monaco agostiniano di origine iberica. Nei primi tempi sembrò ben determinato a migliorare i costumi e la cultura del clero locale, a richiedere ai fedeli piena osservanza dei doveri religiosi, nonché ad offrire al popolo un’istruzione religiosa periodica. Era, tuttavia, di carattere forte ed intransigente, irascibile. I rapporti con la cittadinanza, pertanto, divennero via via più tesi. Su intervento del conte di Macchia, preside dalla Provincia, e dell’auditore di Terra d’Otranto, l’Herrera dovette firmare nel 1579 dei capitoli che stabilivano diritti e doveri di entrambe le parti (Natali 2007, 177).
Il vescovo si mostrava molto interessato anche alle rivendicazioni patrimoniali, come testimonia il fatto che pretendesse il pagamento della quarta (o decima) sulla pesca dei giorni festivi: il Consiglio Collaterale del viceré gli dette ragione, con sentenza del giugno di quello stesso anno (Natali 2007, 178). Ma il grande insuccesso dell’Herrera si ebbe nel 1581, quando un breve di Gregorio XIII sostenne la causa dei cittadini, che chiedevano di poter lavorare anche durante i giorni festivi meno importanti, poiché ritenevano troppe le feste religiose. Deluso spinse per la traslazione, che avvenne nel marzo 1585 verso la sede di Ariano Irpino (Natali 2007, 179-180).
Il nuovo arrivato, Sebastiano Quintero, ebbe anch’egli frequenti dissidi con la popolazione. Nel 1587 si rifiutò di osservare il breve papale del 1581, emettendo un proprio breve con cui limitava i privilegi concessi dal pontefice. Ovviamente Sisto IV, successore di Gregorio XIII, nel 1590 confermò il breve del suo predecessore (Natali 2007, 181). Altri contrasti sorsero in occasione della visita pastorale del 1588: stavolta si confrontò con il clero, poiché sostenne di aver incontrato sporcizia e disordine in alcune cappelle della zona del Campo. Anche il Quintero chiese e ottenne di poter lasciare la carica, tornando in Spagna nel 1593 (Natali 2007, 181).
A quel punto il napoletano Vincenzo Capece fu scelto da Filippo II per occupare la cattedra gallipolina, insediandosi nel febbraio 1596. Era un uomo fedele alla Spagna e nel contempo all’ortodossia cattolica. L’esperienza nella diocesi di Milano, retta a quel tempo da Carlo Borromeo, gli era stata fondamentale e a Gallipoli tentò di portare avanti la sua principale battaglia, ovvero la lotta alle credenze e alle pratiche superstiziose, attraverso processi che si chiusero con lievi condanne. Non era suo intento instaurare il terrore ma soltanto evidenziare gli errori (Natali 2007, 198).  
Quasi endemiche, per tutto il basso Medioevo, furono le controversie tra Gallipoli e Nardò, che ebbero inizio quando il monastero benedettino di quest’ultima fu eretto alla dignità di abbazia da papa Urbano II, alla fine del secolo XI. In tal modo per l’abbazia si avviò una fase di prosperità in ricchezze e possedimenti. Nel 1179 Corrado, vescovo di Gallipoli, rifiutava di concedere all’abate Pagano la riscossione delle decime che il presule riceveva da baroni e vassalli del monastero. Il pontefice intervenne in favore dell’abbazia. Circa due secoli più tardi, nel 1348, altri contrasti interessarono il vescovo Pietro e l’abate Bartolomeo. Addirittura in tale occasione un monaco dei basiliani di Gallipoli fu aggredito da alcuni monaci e laici dei benedettini di Nardò. Quando l’accaduto giunse all’orecchio di Clemente VII, che risiedeva ad Avignone, il papa fece istruire un processo, scomunicando e punendo i colpevoli (D’Avino 1848, 249-251). Con l’erezione a chiesa cattedrale della stessa Nardò, infine, scelta operata da Giovanni XXII nel 1413, una serie di terre che già rappresentavano feudi dell’abbazia, ma che fino a quel momento avevano fatto parte della diocesi di Gallipoli, divennero appartenenze della sede vescovile appena creata (Natali 2007, 24, nota 20).
Nonostante la città continuasse a lungo a chiedere che si tornasse alla situazione precedente, le Guerre d’Italia bloccarono le trattative e vana si rivelò anche la volontà di Carlo V, che il 20 agosto del 1519, concesse al vescovato gallipolino l’abbazia di S. Mauro (Ingrosso 2004, 39-44).

Distrettuazioni interne

L’estensione della diocesi di Gallipoli, fino al 1413, era ampia e comprendeva Alliste, Casarano, Copertino, Felline, Galatone, Nardò, Neviano, Noha, Parabita, Seclì, Taviano e Tuglie. Dalla data indicata, con la creazione del vescovato di Nardò ad opera di Giovanni XXII, la giurisdizione religiosa dei suddetti centri passò alla nuova diocesi, mentre a Gallipoli rimasero soltanto i villaggi di Picciotti e S. Nicola.

Cattedrale o chiesa matrice

Duomo di Gallipoli, ovvero cattedrale di S. Agata

Enti religiosi

Monastero di San Francesco

Chiesa e convento di San Domenico (XV-XVI secolo)

Monastero e chiesa di S. Chiara (XVI secolo)

Chiesa e convento di S. Teresa (XVII secolo)

Chiesa e convento di San Francesco di Paola (XVII secolo)

Vescovi (sec. XV-XVI)

Ugolino (1379-1383)

Giovanni de Nerone (1383-1396)

Guglielmo da Lacedonia (1396-1421)*

Angelo Corposanto, domenicano (1421-1424)

Donato di Brindisi, minorita francescano (1424-1443)

Antonio de Nicotero, minorita francescano (1443-1445)

Pietro Teodoro di Taranto (1445-1458)**

Ludovico Spinelli (1458-1484)

Alfonso Spinelli (1484-1493)

Francesco (1494)

Alessio Zelodano (1495-1508)

Enrico d’Aragona (1508-1513)

Francesco Romelino, cardinale (1513-1518)

Geronimo Munoz (1518-1520)***

Federico Petruzzi di Siena (1520-1536)****

Pellegro Cibo (1536-1576)

Alfonso Herrera (1576-1585)

Sebastiano Quintero (1585-1593)

Vincenzo Capece (1596-1622)

 

* Maisen (1870, 119) dal 1401 al 1421 conta altri tre vescovi, ossia il domenicano Daniele de Leodio (1401-1405), l’altro domenicano Bernardo Arcufice (1405-1412) e il francescano Guglielmo de Fonte (1412-1421).

** Maisen (1870, 120) dal 1451 al 1458 inserisce quale altro vescovo Antonio minorita francescano.

*** Eubel inserisce nella lista Andrea della Valle (vescovo di Crotone, 1496-1508 e 1522-1524) che fu probabilmente amministratore apostolico della diocesi di Gallipoli tra il 1518 e il 1524, per poi far partire il Munoz dal 1524 e farlo giungere sino al 1529.

**** Eubel lo fa partire dal 1529.

Schedatore

Federico Lattanzio

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Attività economiche

L’abbondanza di olio in Terra d’Otranto rappresentò una fonte di ricchezza notevole anche per Gallipoli nel corso di tutto il basso Medioevo e la prima età moderna. La città, infatti, fu un emporio fondamentale nel Mediterraneo per questo prodotto. Lo si comprende senz’altro dal gran numero di reclami presentati presso la Sommaria e il Collaterale di Napoli da mercanti veneziani, genovesi, liparoti, a causa del fatto che Gallipoli stessa pretendesse una maggiorazione dei dazi per l’olio esportato e si rifiutasse di rispettare i privilegi di quei mercanti nell’ambito di quest’attività (Natali 2007, 133-134). La supplica alla Santa Sede da parte della città, risalente al 1581, attraverso cui si chiedeva che i facchini e le maestranze portuali potessero lavorare anche durante i giorni festivi, fu anch’essa determinata dalla floridezza dei traffici legati all’attività del porto. A tale richiesta il papa Gregorio XIII rispose positivamente, nonostante il parere contrario del vescovo Herrera (Ingrosso 2004, 131-133). L’esazione di un grano per ogni staio d’olio che la città aveva imposto nel novembre 1594, per provvedere alla manutenzione di infrastrutture e fortificazioni, alimenta ulteriormente la cognizione che l’abbondanza di quel prodotto fosse cosa concreta (Natali 2007, 135).
Altro elemento di conferma è il fatto che dalla fine del Quattrocento venivano eletti ogni anno tre persone incaricate di fissare il prezzo dell’olio commercializzato nel territorio cittadino, che rimanevano in carica per un intero anno, in modo da tutelare gli interessi dei produttori e dei compratori (Natali 2007, 185-186).
Attraverso le navi che giungevano nel porto per caricare olio, Gallipoli riceveva in cambio una grande quantità di altri prodotti: grano, orzo, formaggi, pesci, panni, metalli vari, legname, pietre preziose. Questi erano conservati nei fondaci locali, dove venivano poi a rifornirsi commercianti di tutto il Mezzogiorno. Alcune botteghe artigianali che si occupavano della costruzione delle botti erano collegate al commercio dell’olio, come pure del vino. Rilevante era anche l’industria del sapone (Natali 2007, 137).
Il Cinquecento in particolare fu un secolo di crescita economica, sulla base soprattutto di queste attività e di un più generico miglioramento delle condizioni igieniche, agricole e dei mezzi di sussistenza. L’incremento demografico toccò anche Gallipoli. Dei benefici economici, tuttavia, godettero più che altro i grandi commercianti, i proprietari terrieri, in parte anche artigiani e bottai. Rimasero sempre in condizioni precarie i pescatori e i contadini del territorio. Inoltre il suddetto miglioramento economico non risolse mai il problema del precario erario cittadino, causato per lo più dalle cospicue esenzioni di cui godevano l’aristocrazia e gli ecclesiastici (Natali 2007, 139).
L’agricoltura non era l’elemento fondante, quindi, dell’economia gallipolina, anche se cotone e zafferano rappresentavano di certo i prodotti di spicco dell’area (Licinio 1981, 226). Con il  privilegio sulla pesca del 1327, infine, la città aveva potuto impiantare una tonnara fissa che per secoli rappresentò fonte di ricchezza (Natali 2007, 46).

Esenzioni e franchigie

Con un diploma del 2 settembre 1327 Roberto d’Angiò concedeva a Gallipoli un diritto perpetuo sulla pesca (Ingrosso 2004, 76). La regina Giovanna II d’Angiò, il 20 settembre del 1414, approvava l’applicazione di dazi da parte della città sulle navi attraccanti al porto, allo scopo di affrontare le spese di manutenzione del porto stesso (Ingrosso 2004, 111-113). Giacomo della Marca, suo marito, il 18 giugno del 1419 concedeva il libero acquisto di sale e una franchigia nell’acquisto di ferro e pece per uso pubblico (Ingrosso 2004, 19-22), mentre il 29 novembre di quell’anno esentava Gallipoli dal pagamento di una tassa di dieci once, per essere stata fedele alla corona (Ingrosso 2004, 24-26).
Altre esenzioni fiscali furono attuate ancora da Giovanna II – per una tassa di quattro once nel luglio 1429 –, poi da Alfonso il Magnanimo, per una tassa di sei once nel marzo 1437 (Ingrosso 2004, 65-68 e 26-27). Ferrante I, il 17 dicembre del 1463, concesse la franchigia della dogana su tutto il territorio del Reame (Ingrosso 2004, 31-36). Egli inoltre, il 14 luglio del 1470, dava libertà ad ogni marinaio gallipolino di raccogliere gratuitamente in tutto il Regno quindici tomoli di legumi (Ingrosso 2004, 28-29). Ancora Ferrante I, il 9 dicembre del 1484, garantiva esenzione fiscale totale e libero commercio in ogni parte del suo regno, per ovviare allo stato di difficoltà in cui versava la città in seguito all’assedio dei veneziani (Ingrosso 2004, 50-56). Tre anni dopo il re esentava Gallipoli dalla tassa sul sale prodotto per uso privato (Ingrosso 2004, 116-117).
Ferrante II, l’8 febbraio del 1495, la esonerava dal pagamento dei residui di tasse dovuti alla Regia Corte (Ingrosso 2004, 158-159). In seguito ad una prima complessa fase delle Guerre d’Italia, il 13 gennaio del 1502 Consalvo de Cordova, luogotenente generale del Regno, ordinava a feudatari, città e ufficiali di tutto il Regno di permettere ai gallipolini di poter produrre e acquistare grano e altri prodotti in maniera libera, senza alcuna imposizione fiscale (Ingrosso 2004, 117-118). Nella primavera del 1517, poi, la Camera della Sommaria comunicava a Francesco Brancaleone, precettore regio, che Gallipoli non fosse tenuta a pagare le 42 grana per fuoco richieste alle altre città del Regno (Ingrosso 2004, 200-201).
Carlo V concesse, il 23 giugno del 1526, di prelevare duecento tomoli di sale dalla salina di Casalnuovo (Manduria) per uso privato, e l’esenzione per la città stessa a provvedere alle spese degli ufficiali ivi soggiornanti (Ingrosso 2004, 44-50). Nel novembre del 1539, inoltre, veniva ordinato al governatore di Terra d’Otranto di non esigere dai gallipolini la riscossione delle imposte (Ingrosso 2004, 217-218). Il 25 settembre del 1578, infine, la Camera della Sommaria intimava agli esattori del passo di Squinzano l’osservanza del privilegio goduto da Gallipoli di acquistare vettovaglie ad uso privato senza alcun onere (Ingrosso 2004, 222-224).

Mercati e fiere

La più antica fiera di Gallipoli si teneva nei presi della chiesa di San Giovanni della Pedata (oggi Torre San Giovanni), la quale si trasferì nel 1484 presso la chiesa di San Pietro dei Samari; durava per otto giorni in concomitanza con la festività dei SS. Pietro e Paolo, alla fine di giugno. Dal 1578, con la costruzione del convento di Santa Chiara, la fiera iniziò a svolgersi nella piazzetta attigua ad esso. Una seconda fiera, sempre della durata di otto giorni, si teneva in concomitanza con la festività dell’Assunta, alla metà del mese di agosto (Natali 2007, 105, nota 280).

Schedatore

Federico Lattanzio

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Famiglie

Le maggiori famiglie di Gallipoli nel  XV e nel XVI secolo erano quelle degli Assanti, dei Balsamo, dei Camaldari, dei D’Acugna, dei Manglabeto, dei Pantaleo, dei Pirelli, dei Rocci e degli Specolizzi.

Gli esponenti di queste ricoprirono le cariche più importanti dell’amministrazione cittadina, con particolare riferimento al ruolo del sindaco (Ravenna 1836, 535-536).

Molte famiglie, inoltre, possedevano palazzi che nell'architettura sembrano aver privilegiato l’aspetto difensivo rispetto a quello decorativo, come per sottolineare il contesto di continua tensione, per via delle frequenti guerre, e le prerogative militari del rango dei committenti (Pindinelli 2008, 196-197).

Personaggi illustri

Jachetto Manglabeto

Lucio Cardami: fu sindaco di Gallipoli nel 1463, partecipò alla strenua difesa della città nel corso dell’assedio veneziano del 1484 e scrisse una sorta di diario degli accadimenti che poté vivere in riferimento agli anni compresi tra il 1410 e il 1494.

Francesco Camaldari: di famiglia distinta e antica visse a cavallo tra XV e XVI secolo, fu abate di San Salvatore, lasciando anche un manoscritto con un’Istoria de’ successi del suo tempo.

Giovanni Battista Crispo: nacque attorno al 1550 a Gallipoli e presentò presto inclinazione per le lettere; passò poi a Napoli e a Roma; fu sacerdote esemplare e lasciò diverse opere, tra cui si ricorda De Ethnicis Philosophis caute legendis, pubblicata a Roma nel 1594.

Stefano Catalano: uomo di dottrina e di erudizione, nato nel 1553 e morto nel 1620; un’iscrizione alla sinistra della porta maggiore del monastero di San Francesco a Gallipoli ne ricorda la memoria; produsse diverse opere manoscritte, tra cui si menziona il De originis urbis Callipolis, pubblicata a Napoli nel 1793 (Catalano [ed. 1793]).

Antonello Rocci: sindaco di Gallipoli nel 1607 e autore delle Notizie memorabili della fedelissima città di Gallipoli, scritte nel 1640.

Colonie mercantili e minoranze

Quando Brindisi, nel 1496, fu ceduta in pegno ai veneziani da Ferrante II, la colonia ebraica brindisina decise di emigrare verso Gallipoli a condizione che le fossero concessi i medesimi privilegi già goduti. I gallipolini, consapevoli che poteva trattarsi di un’occasione da non perdere a livello economico, per l’ulteriore sviluppo dei commerci, comunicarono al nuovo sovrano Federico il loro beneplacito e il re potè concedere agli ebrei di Brindisi di stanziarsi in quella città; con essi giunsero anche quelli di Nardò, scacciati dalla popolazione locale (Natali 2007, 107). Costoro si stabilirono fuori le mura, nella zona che da essi prese il nome di Giudecca. Il centro salentino li protesse anche dai funzionari spagnoli di Ferdinando il Cattolico, spesso ostili ad essi. Con il bando di espulsione dalla Spagna e da tutto il Regno di Napoli, del 1540, anche la comunità giudaica di Gallipoli dovette necessariamente migrare, ancora una volta.

Confraternite
Corporazioni
Istituzioni di Beneficenza
Schedatore
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Societa/43
Repertoriazioni
Archivi storici

Archivio della Universitas di Gallipoli

Raccolte e miscellanee
Strumenti di corredo
Schedatore
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Architetti, ingegneri e tavolari attivi in città

Nel 1609 il francescano Bernardino Amico da Gallipoli pubblica una raccolta di disegni illustranti le principali fabbriche della città di Gerusalemme.

Francesco Milizia

Mura e porte urbiche
Strade e piazze
Infrastrutture urbane
Strutture assistenziali
Castelli e fortezze

Castello

Palazzo signorile
Edifici pubblici

Seggio (distrutto)

Palazzi privati

Palazzo Balsamo

Palazzo Granafei

Palazzo Pirelli

Edifici religiosi

Cattedrale

San Francesco

Apparati effimeri
Schedatore

Antonio Milone

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Artisti attivi in città
Opere d'arte medievali e moderne

San Francesco, altorilievo di San Michele arcangelo

San Francesco, Cristo morto sorretto dagli angeli

San Francesco, Presepe

San Francesco, Vergine Annunciata

Fontana

Collezioni
Schedatore

Paola Coniglio

Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Produzione Artistica/30
Letterati che nascono, vivono o operano in città

 

Iachetto Manglabeto

 

Alessio Celidonio o Celadeno

 

Antonio de Ferrariis Galateo

 

Stampatori e produzione libraria cittadina
Biblioteche pubbliche e private
Accademie
Committenze di opere letterarie relative alla città
Dedicatari di opere letterarie
Storie di famiglie
Corografia e geografia

Gallipoli beneficia di due distinte descrizioni ad opera di Antonio de Ferrariis Galateo. La prima figura nel De situ Iapygiae (edito in Defilippis 2005), la seconda nella Callipolis descriptio.

 

Nel De situ Iapygiae (Defilippis 2005, capp. 7.1-10; altre edizioni: Galateo 1558; Paone 1974) Galateo si sofferma sulla forma della città, definendola come “di una padella” (“formam habet sartaginis”), il cui manico sarebbe lo stretto istmo. Ne elogia le solide mura e il castello all’imboccatura dell’istmo. Afferma poi che la città fu distrutta da Carlo I d’Angiò o forse Carlo II, perché avrebbe voluto passare, come la Sicilia, a Pietro d’Aragona. A causa di questo saccheggio la città rimase deserta per circa un secolo, in quanto gli abitanti si sarebbero divisi per le campagne vicine. Poi avrebbero riurbanizzato la città distrutta, ma in modo misero, senza salvare il tracciato urbano creando quell’impressione che Galateo definisce come di una città occupata, più che costruita ad arte (“Et quae quondam pulchra urbs a Graecis appellata est, nunc, nullo viarum ordine servato, habitatur non ut condita sed ut occupata”).

Galateo passa poi a una interessante sezione di storia contemporanea dai toni decisamente encomiastici, ricordando della fede aragonese, e ricordando anche come la città fu espugnata dai veneziani cinque anni dopo i fatti di Otranto. In quella occasione i pochi abitanti opposero una resistenza così fiera che, pur essendo costretti a difendere fino a sette merli di mura per ciascuno, inflissero ingenti perdite agli assedianti, e molte furono le donne che salirono sugli spalti per combattere. Quando i Francesi, poco tempo dopo, occuparono l’Italia, la città non fu mai presa d’assedio e fu difesa dal condottiero napoletano Marco Antonio Filomarino. In seguito, la città si arrese controvoglia a Consalvo di Cordova, solo dopo un accordo, e da quel momento fu fedele alla Spagna, anche al momento dell’effimera conquista francese del territorio, mentre Consalvo era asserragliato a Barletta. In quel frangente, grazie alla guida di Giovanni Castriota duca di Ferrandina, Gallipoli divenne un baluardo antifrancese.

La descrizione termina con la menzione dell’Isola d S. Andrea, poco discosta dalla città.

 

I toni encomiastici sono ancora più evidenti nella Callipolis descriptio, scritta intorno al 1513, quando Galateo viveva a Gallipoli lavorando come medico condotto (ed. in Paone 1974; Pallara 1977; ed. princeps Galateo 1558). Interessante la menzione della Fontana Greca; molto interessante anche il cambio di prospettiva adottato da Galateo nel descrivere il tessuto urbano in confronto con quanto da lui stesso scritto, pochi anni prima, nel De situ Iapygiae: nella Callipolis descriptio, infatti, quello che nell’altra opera era presentato come uno sviluppo viario informe e poco strutturato, diviene una saggia disposizione delle strade che impedisce al vento di sferzare la città, cosa che sarebbe avvenuta se si fosse adottato un sistema urbano ortogonale.

In generale, in quest'opera la città è descritta come luogo sereno e quieto, adatto alle meditazioni filosofiche dell'autore.

 

 

Storiografia locale e cronache
Letteratura antiquaria

V. sopra, quanto scritto da Galateo nel De situ Iapygiae e nella Callipolis descriptio.

Letteratura ecclesiastica e religiosa

Cf. gli scritti di argmento religioso di Alessio Celadeno quando questi era vescovo della città.

Letteratura giuridica
Letteratura scientifica
Poesia, prosa d'arte, altre forme letterarie

Si veda la produzione politica e oratoria del vescovo e umanista greco Alessio Celadeno, in particolare lo scritto contro i Turchi che costui scrisse quando era vescovo di Gallipoli.

Elogi di città e altri scritti encomiastici o apologetici

Le due descrizioni della città ad opera di Galateo sono senza dubbio ispirate da spirito encomiastico (v. sopra).

Altro
Schedatore

Lorenzo Miletti

Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Letteratura/24
Mappe territoriali

Veduta del porto e della città di Gallipoli (dal Libro di Piri Reis, sec. XVII; Baltimora, Walters Art Gallery, ms W.658)

Piante di città
Vedute di città

Veduta della città di Gallipoli Braun-Hogenberg (1578, Braun-Hogenberg: consultabile on line)

Veduta della città di Gallipoli Blaeu (1663: Blaeu 1663: Theatrum ciuitatum nec non admirandorum Neapolis et Siciliae regnorum, Amsterdam, Joan Blaeu, 1663; consultabile on line)

Veduta del porto e della città (1783: Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786)

Apprezzi di tavolari
Schedatore

Antonio Milone

Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Cartografia storica/23
Fonti manoscritte

Scritture Gallipoli: Archivio di Stato di Lecce, Scritture dell’Università di Gallipoli, ms. 36/5, cc. 40r-45v.

Fonti a stampa
Bibliografia

Abulafia 2010: David Abulafia, “Signorial power in Aragonese Southern Italy”, in Sociability and its Discontents: Civil Society, Social Capital, and their Alternatives in Late Medieval and Early Modern Europe, ed. N. Eckstein and N. Terpstra, Turnhout 2009, 173-92.

 

Acconcia Longo 1988: Andrea Acconcia Longo, “L’assedio e la distruzione di Gallipoli (1268-69)”, Archivio storico italiano, 535, 1988, 3-22.

 

Adams 1994: Nicholas Adams, “L’architettura militare di Francesco di Giorgio”, in Francesco di Giorgio architetto, a cura di Francesco Paolo Fiore e Manfredo Tafuri, Milano 1994, 114-150.

 

Antonucci 1943: Giovanni Antonucci, “Curiosità storiche salentine”, Rinascenza Salentina, n.s., 11, 1943, 40-53.

 

Bacile di Castiglione 1915: Gennaro Bacile di Castiglione, “Il castello di Gallipoli”, Rassegna Tecnica Pugliese, 14.5, 1915, 76-81.

 

Bacile di Castiglione 1927: Gennaro Bacile di Castiglione, Castelli pugliesi, Roma 1927, 139-152.

 

Blaeu 1663: Theatrum ciuitatum nec non admirandorum Neapolis et Siciliae regnorum, Amsterdam, Joan Blaeu, 1663.

 

Blandino 2007: Francesco Blandino, “Gallipoli, fra strade antiche e cinta bastionata: strutture e forme urbane nella condizione insulare”, Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura, n.s., 44-50, 2004-2007, 653-666.

 

Borgia 2001: Luigi Borgia, Lo stemma del Regno delle Due Sicilie, Firenze 2001.

 

Brunetti 2007: Oronzo Brunetti, “Disegni di architetture militari del Viceregno di Napoli dalla raccolta del cardinale Antonio Perrenot de Granvelle (1517-1586)”, Kronos, XI, 2007, 3-21.

 

Bruno, Tinelli 2012: Brunella Bruno, Marisa Tinelli, "Testimonianze bizantine e medievali da Gallipoli (LE). A proposito di un intervento presso l'oratorio di San Giuseppe, 1998", Archeologia medievale. Cultura materiale, insediamenti, territorio, 39,  2012, 215-227.

 

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Ingrosso 2004: Il Libro Rosso di Gallipoli (Registro de Privileggii), a cura di Amalia Ingrosso, Galatina 2004.

 

Jacob 1989: André Jacob, “Gallipoli bizantina”, in Paesi e figure del vecchio Salento, a cura di Aldo de Bernart, III, Galatina 1989, 281-312.

 

Jacob 2014: André Jacob, “Nardò e Gallipoli tra greci e latini”, in Nertinis sedis, a cura di Giuliano Santantonio e Mario Spedicato, Galatina (Lecce) 2014, 163-175.

 

Kissling 1979: Hans Joachim Kissling, “Celidonio, Alessio”, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXIII, Roma 1979.

 

Lenzo 2014: Fulvio Lenzo, Memoria e identità civica. L’architettura dei seggi nel Regno di Napoli (XIII-XVIII secolo), Roma 2014.

 

Liaci 1943: Vincenzo Liaci, “Della patria di Jachetto Mangalabeto”, Rinascenza Salentina, n.s., XI, 1943, 186-189.


Liaci 1963a: Vincenzo Liaci, “L'antico fonte battesimale del duomo di Gallipoli”, La Zagaglia: rassegna di scienze, lettere ed arti, 5, 1963, 401-412.

 

Liaci 1963b: Vincenzo Liaci, “Curiosità storiche salentine. I, Il tempio francescano di Gallipoli; II Per Matteo d’Alessio; III, La festa di S. Oronzo a Lecce nel Settecento”, La Zagaglia: rassegna di scienze, lettere ed arti, 5, 1963, 295-304.

 

Licinio 1981: Raffaele Licinio, “L’organizzazione del territorio fra XIII e XV secolo”, in La Puglia tra Medioevo ed Età moderna. Città e campagna, Milano 1981, 226.

 

Lorenzo 1988: Giovanni Lorenzo, “Presepi rinascimentali in Puglia”, in Ricerche e studi in Terra d’Otranto, III, a cura di Paolo Agostino Vetrugno, Campi Salentina 1988, 106.

 

Maisen 1870: Pietro Maisen, Gallipoli e i suoi dintorni, Gallipoli 1870.

 

Massa 1984: Carlo Massa, Venezia e Gallipoli. Notizie e documenti, Galatina, 1984.

 

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Mazzoleni 1938: Jole Mazzoleni, “Le Pergamene dell’Archivio della Real Camera della Sommaria e la loro importanza per la storia delle Puglie (1267-1458)”, Japigia, n.s., IX, 1938, 281-306.

 

Natali 2007: Federico Natali, Gallipoli nel Regno di Napoli: dai Normanni all’Unità d’Italia, Galatina 2007.

 

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Perrone 2009: Cosimo Perrone, Gallipoli... a corte: nel borgo antico tra corti, vicoli, mignani e portali, Casarano (Lecce) 2009.

 

Pindinelli 1989: Elio Pindinelli, “Architettura civile a Gallipoli tra nobiltà e borgesia, in Paesi e figure del vecchio Salento, a cura di Aldo de Bernar, III, Galatina 1989, 245-279.

 

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Pindinelli 2005: Elio Pindinelli, Francescani a Gallipoli. Dal restauro alla memoria, Alezio 2005.

 

Pindinelli 2006: Elio Pindinelli, Gallipoli. Il mito, la storia, monumenti, Alezio 2006.


Pindinelli 2008: Elio Pindinelli, “I palazzi dell’aristocrazia di Gallipoli”, in Dal castello al palazzo baronale. Residenze nobiliari nel Salento dal XVI al XVIII secolo, a cura di Vincenzo Cazzato e Vita Basile, Galatina 2008, 196-205.

 

Quarta 2015: Aurora Quarta, Storia e architettura di un convento dimenticato: i frati francescani a Gallipoli, Monteroni di Lecce (Lecce) 2015.

 

Ravenna 1836: Bartolomeo Ravenna, Memorie istoriche della città di Gallipoli, Napoli 1836.

 

Riccio (ed. Cataldini 1977): Luigi Riccio, Descrizione istorica della città di Gallipoli (ms., 1808), edizione a cura di G. Cataldini, Lecce 1977.

 

Saladini 1987: Carlo Maria Saladini, “Gallipoli”, in Storia dell’arte italiana, a cura di Giovanni Previtali, Federico Zeri I, Torino 1980, 346-362.

 

Scapecchi 2012: Piero Scapecchi, “Tre esemplari di incunaboli appartenuti ad Alessio Celadeni, familiare del cardinal Bessarione e poi vescovo di Gallipoli e Molfetta”, in Roma e il papato nel Medioevo. Studi in onore di Massimo Miglio, a cura di Amedeo de Vincentiis, Anna Modigliani, II, Roma 2012, 167-170.

 

Schirosi 2012: Gino Schirosi, Gallipoli sacra, Casarano (Lecce) 2012.

 

Speranzi 2011: David Speranzi, “Il ritratto dell’Anonimo. Ancora sui manoscritti di Alessio Celadeno, vescovo di Gallipoli e Molfetta”, in La tradizione dei testi greci in Italia meridionale. Filagato da Cerami philosophos e didaskalos. Copisti, lettori, eruditi in Puglia tra XII e XVI secolo, a cura di Nunzio Bianchi, Bari 2011, 113-124.

 

Tartaglia (ed. Luciani 1982): Gaspare Broglio Tartaglia, Cronaca malatestiana del secolo XV (dalla Cronaca universale), a cura di Antonio G. Luciani, Rimini 1982.

 

Tasselli 1693: Luigi Tasselli, Antichità di Leuca, Lecce 1693.

 

Trinchera 1874: Francesco Trinchera, Codice aragonese, III, Napoli 1874.

 

Vacca 1963: Nicola Vacca, “Anche a Gallipoli si può ammirare un presepe di Stefano da Putignano”, La Gazzetta del Mezzogiorno, 3, 27 dicembre 1963.

 

Vernole 1933: Ettore Vernole, Il castello di Gallipoli. Illustrazione storico-architettonica, Roma 1933.

 

Verona 1976: Sebastiano Verona, Gallipoli e i suoi monumenti, Gallipoli 1976.

Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Fonti e bibliografia/37
LuogoGallipoli
DenominazioneGallipoli, Archivio dell'Universitas
Sede storica

Almeno dal 1526 la cassa dei privilegi era conservata nella sacrestia della Cattedrale.

Tipologia
Soggetti produttori

Universitas di Gallipoli

Storia dell'archivio

La documentazione conservata nell'Archivio dell'Università fu in gran parte distrutta nel 1484, quando la città venne presa dai veneziani comandati da Giacomo Marcello. 

Non si sa con sicurezza dove fosse conservata la cassa dell'Archivio prima del 1526, quando fu depositato “in archa intus cameram domorum dictae Universitatis” la copia del 26 agosto 1527 di un provvedimento datato in originale a Granada il 23 giugno 1526, con cui l’imperatore aveva approvato “consuetudinos et antiquos mores […] civitatis Gallipolis”. La copia fu tratta dall’originale su ordine del sindaco Oliviero e depositata nell’archivio cittadino.

A seguito delle vicende del 1528-29, che causarono ulteriori dispersioni documentarie, si stilò un inventario delle carte dell'Università nel 1551, fino alla compilazione del Registro dei privilegi nella prima metà del XVII secolo.

Consistenza dell'Archivio
Fondi archivistici
Strumenti di corredo
Raccolte e miscellanee

Libro Rosso di Gallipoli, Scritture delle Università e Feudi, Atti diversi. Registro dei privilegi (1200-1745): ms. 36/1 (ed. Ingrosso 2004). Il registro, contenente 195 documenti, fu completato su commissione del sindaco Andrea Sansonetti (sindaco negli anni 1662/63 e 1678/79) alla metà del XVII secolo, sulla base di copie autenticate da vari notai nel corso del ’500. La prima parte della redazione potrebbe però essere iniziata già alla fine del XVI secolo.

Note

Del Libro Rosso di Gallipoli esiste un secondo testimone conservato presso la Biblioteca comunale della città, e datato al XVIII secolo. Entrambi i testimoni mancano di un’autentica generale o parziale notarile, il che induce a pensare che siano entrambe copie semplici di un originale scomparso, mentre difficile è stabilire il rapporto tra i due testimoni.

Bibliografia

Libro Rosso: Il Libro Rosso di Gallipoli (Registro de Privilegi), a cura di Amalia Ingrosso, Galatina 2004.

 

Pastore 1973: Michela Pastore, "Fonti per la storia di Puglia: regesti dei libri rossi e delle pergamene di Gallipoli, Taranto, Lecce, Castellaneta e Laterza", in Studi di storia pugliese in onore di Giuseppe Chiarelli, a cura di Michele Paone, Galatina 1973, 153-295.

Allegati
Link esterni
SchedatoreVeronica Mele
Data di creazione19/07/2014 18:27:32
Data ultima revisione09/04/2017 17:03:11
Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Scheda Archivio/14