NomeBrindisi
LuogoBrindisi
Status amministrativoComune capoluogo di provincia
Estensione del territorio comunale328 kmq
Popolazione88.302 (dicembre 2015)
MuseiMuseo archeologico provinciale Francesco Ribezzo; Museo diocesano Giovanni Tarantini
Archivi
BibliotecheBiblioteca provinciale; Biblioteca arcivescovile Annibale de Leo
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Nomi antichi e medievali

Brundisium/Brundusium fu il nome della colonia di diritto latino fondata dai romani. Il toponimo è ricordato dalle fonti come la versione latina dell’originaria denominazione del centro messapico. Strabone precisa, infatti, che nella lingua messapica brenesion è chiamata la testa del cervo, pertanto il nome messapico avrebbe indicato la particolare conformazione del sinus brindisino (Strabo, VI, 282).

Fondazione (data, modalità)

Il processo di conquista della Penisola, avviato anche in area salentina attorno alla metà del III secolo a. C., portò i romani alla fondazione di Brundisium, una colonia di diritto latino la cui deduzione risale probabilmente agli anni tra il 246 e il 243. La necessità di creare un nuovo centro di riferimento in quella regione, con l’obiettivo di accentuare la disgregazione delle strutture preesistenti per crearne di nuove, fu la motivazione principale dell’azione romana. La città, peraltro, divenne presto un importante centro portuale e commerciale, qualificandosi subito come una delle principali porte verso l’Oriente, situazione testimoniata anche dal prolungamento della Via Appia, che nel tratto tra Taranto e Brindisi venne tracciata proprio entro la fine del III secolo a. C. (Alaggio 2009, 8; Lippolis, Baldini Lippolis 1997, 306-307).

Distrettuazioni di appartenenza

1320: 4123 fuochi

1443: 268 fuochi

1532: 863 fuochi

1545, 1206 fuochi

1561: 1636 fuochi

1595: 1948 fuochi

La città subì una prima forte contrazione demografica alla metà del Trecento, per via della peste. Una seconda, ancor più grave nel 1456, in occasione di un terribile terremoto che la decimò letteralmente. In una richiesta a Ferrante I del 1464 i brindisini dichiaravano che in quel momento la città poteva contare meno di 800 fuochi. L’aumento demografico registrato negli anni sesssanta rispetto al 1443, nonostante il terremoto che avvenne tredici anni dopo, va spiegato grazie con la politica di ripopolamento che avviò Giovanni Antonio Orsini del Balzo proprio in seguito al tragico sisma (Vallone 1982, 148).

Demografia

La città era parte del Ducato di Puglia in epoca normanna. Più avanti, con la nuova sistemazione amministrativa operata da Federico II, entrò nel contesto territoriale della Provincia di Terra d’Otranto.

Sito, idrografia, viabilità

La città è posta in una sorta di penisola nel mare Adriatico, abbracciata da due grandi seni d’acqua, ed è quasi equidistante da Lecce e Taranto

Schedatore

Federico Lattanzio

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Profilo storico

La dominazione bizantina portò alla rinascita della città di Brindisi nel corso della prima metà dell’XI secolo. Lo testimonia anche un’epigrafe, in parte ancora leggibile, posta sul basamento di una delle due colonne che dal promontorio di Ponente guardavano l’imboccatura del porto interno, nel testo della quale si fa riferimento al protospatario Lupo che si adoperò per gli interventi di quella che assunse i toni di una sorta di rifondazione (Alaggio 2009, 137-138). Seguì, nel 1071, la conquista normanna da parte di Goffredo da Conversano, identificato da alcuni come il nipote del Guiscardo, periodo nel quale il risorgimento edilizio ed economico si accentuò notevolmente.
La fase federiciana coincise con la costruzione di un nuovo castello fuori dall’agglomerato urbano, probabilmente per un maggior controllo dell’arsenale della flotta, con annesso ampliamento della cinta muraria. Anche gli angioini, a partire dal 1266, vi misero mano restaurando alcune parti del castello stesso, nel quale peraltro edificarono un palazzo regio, e rafforzarono in maniera netta proprio l’arsenale. Riconfermarono, inoltre, la Zecca che Manfredi precedentemente aveva trasferito in città (Cagiati 1914, 107-108). Secondo la tradizione locale, il governo di Roberto d’Angiò fu positivo, soprattutto per l’alleggerimento dei gravami fiscali (Morelli 1848, 76).
Sotto il regno di Giovanna I le famiglie nobili cittadine dei Cavaleri e dei Ripa accesero una cruenta lotta di fazione, allo scopo di costruirsi poteri più forti per controllare la popolazione brindisina. Filippo Ripa iniziò a dare la caccia a coloro che parteggiavano per i rivali e alla fine tagliò la testa ad Enrico Cavaleri, saccheggiando poi le case dei nemici senza alcuna pietà. La regina dovette intervenire affidando al Tribunale di Vicaria il compito di fare giustizia per coloro che avevano subito tali violenze (Morelli 1848, 78-79).
La peste del 1348, poi, devastò letteralmente la popolazione cittadina, determinando un primo grosso decremento demografico. Quattro anni più tardi fu Ludovico I d’Ungheria a cingere Brindisi d’assedio. Giunto nel Regno per vendicare la morte del fratello, e messa in fuga la regina, tentò prima in maniera diplomatica di portare sotto la sua ala la città, poi, non riuscendovi, ricorse alla forza. Una situazione simile si verificò nel 1383, durante lo Scisma, quando Luigi d’Angiò, con l’obiettivo di conquistare anche militarmente il Regno stesso (di cui l’antipapa Clemente lo aveva investito dopo la morte di Giovanna, mentre il papa ufficialmente in carica Urbano lo aveva affidato a Carlo di Durazzo) mise a sacco i principali centri urbani, tra cui quello brindisino (Cagiati 1914, 198; Morelli 1848, 83-84).
La città entrò nel Principato di Taranto nella seconda metà degli anni ottanta del XIV secolo, grazie all’operato di Raimondello Orsini del Balzo, ma già nel 1399 Ladislao la tolse al Principe, riportandola nel regio demanio (Kiesewetter 2013, 150; Vetere 2013, 11). Nel 1408 il re dovette intervenire per porre fine alle vessazioni che il capitano locale, Percivallo Minutulo, stava perpetrando ai danni della popolazione (Codice Diplomatico Brindisino, III 2006).
Sotto il regno di Giovanna II Brindisi rimase alle dirette dipendenze dei sovrani, nonostante che, a partire dal 1420, gli Orsini del Balzo, con Giovanni Antonio, recuperarono ufficialmente il Principato tarantino. Soltanto con la vittoria definitiva di Alfonso il Magnanimo su Renato d’Angiò, nel 1442, l’Orsini poté diventare il più potente feudatario del Mezzogiorno, avendo sostenuto l’aragonese. I suoi possedimenti, ora, comprendevano di nuovo anche l’intera Terra d’Otranto (Kiesewetter 2013).
Durante questa fase, tuttavia, si verificarono due tragici eventi: il terremoto del 1456 e una nuova ondata della peste, a partire dal 1463. Il sisma distrusse il porto e gran parte della città, determinando - insieme con l’epidemia - il secondo devastante crollo demografico, e riducendo drasticamente i fuochi (Jacovelli 1983, 39). Nella settecentesca Storia del Regno di Napoli è stato scritto che in tale occasione "caddero molte città" tra cui Brindisi, "ch’era popolarissima" ma che, dopo tale rovina "restò totalmente disabitata" (Di Costanzo, 1769, 534). Ferrante I, a partire dal 1463, quando riportò nel demanio regio Brindisi (dopo aver ottenuto la corona e dopo la morte di Giovanni Antonio Orsini del Balzo), attuò una politica tutta volta alla riedificazione cittadina e alla concessione di privilegi, franchigie ed esenzioni fiscali, al fine di ripopolarla e di incentivarne una rifioritura (Codice Diplomatico Brindisino, III 2006). Tale politica, già avviata da Giovanni Antonio Orsini del Balzo, fu rafforzata dall’aragonese.
Nel 1480, quando i turchi invasero Otranto, Brindisi fu importante quale centro strategico del contrattacco aragonese. Ferrante rafforzò la guarnigione, fortificò ulteriormente la città e la dotò di un altro castello, quello dell’isola di Sant'Andrea. Il 25 febbraio del 1481 salpò dunque da qui l’armata cristiana, guidata da Antonello Sanseverino, Galzeramo de Requesens, Galeazzo Caracciolo, Bernardo Villamarino e Federico d’Aragona, diretta contro la flotta del pascià turco, sconfitto e catturato (Zacchino 1978, 133-141). Nel 1496, poi, Venezia ottenne da Ferrante II, in cambio del prestito di duecentomila ducati, la consegna di alcuni porti di Terra d’Otranto, tra cui anche quello brindisino e le sue adiacenze, giurisdizioni e dipendenze (Zacchino 1978, 135). Per undici anni si protrasse tale dominio, fin quando il Regno intero cadde nelle mani degli spagnoli ed ebbe inizio il periodo vicereale. Quello veneziano fu un dominio affatto oppressivo, almeno per Brindisi, sia per una politica di giustizia e benevolenza da parte della Repubblica di San Marco, sia per una convergenza di interessi tra due città protese verso Oriente.
I danni che la città dovette subire nel corso del Quattrocento e del primo Cinquecento, tra quelli dovuti al sisma e quelli dovuti agli scontri con i turchi o agli scontri franco-spagnoli, furono abbastanza irreparabili e il governo aragonese del Regno non appariva più in grado di porvi rimedio. Sotto il dominio vicereale la situazione urbanistica non registrò miglioramenti sensibili, considerando peraltro un nuovo evento negativo, quello del 1529: nell’ambito dell’ultima fase delle Guerre d’Italia, veneziani e francesi misero sotto sacco Brindisi (Jacovelli 1979, 56). Tuttavia, almeno da un punto di vista demografico, il secolo XVI si caratterizzò per una ripartenza importante. Con la fine dei suddetti scontri franco-spagnoli, Carlo V promosse una politica di risistemazione delle fortificazioni anche per questa città.
Di fatto, comunque, la ripresa fu lenta e tortuosa, anche per via del bando di espulsione degli ebrei dal Regno, risalente al 1539, che colpì il fiorente mercato del vino e dell’olio, il cui commercio era portato particolarmente avanti da imprenditori ebrei (Jacovelli 1983, 38).

Cronotassi

1266-1352: Dominio angioino

1352: Ludovico I d’Ungheria

1352-1382: Dominio angioino

1382-1386: Carlo III di Durazzo

1386 c.a-1399: Raimondello Orsini del Balzo

1399-1414: Ladislao d’Angiò-Durazzo

1414-1435: Giovanna II d’Angiò-Durazzo

1435-1442: Renato d’Angiò-Valois

1442-1463: Giovanni Antonio Orsini del Balzo

1463-1496: Dominio aragonese

1496-1507: Dominio veneziano

Dal 1507: Dominio vicereale spagnolo

Corpus normativo

Tre manoscritti settecenteschi della Biblioteca pubblica arcivescovile Annibale De Leo di Brindisi (mss. B/57, B/58 e B/59) conservano il corpus delle pergamene relative alla storia politico-istituzionale della città, dalla tardo-antichità alla fine dell’epoca medievale. Si tratta del Codice Diplomatico Brindisino, edito peraltro in tre volumi che rispettano la suddivisione dei manoscritti stessi. Il primo volume contiene documenti dall’anno 492 al 1299 ed è stato pubblicato nel 1940 a cura di Gennaro Maria Monti. Il secondo volume copre l’arco cronologico compreso tra il 1304 e il 1397, ed è stato pubblicato nel 1964, a cura di Michela Doria Pastore. Nel terzo ed ultimo volume, edito nel 2206 a cura di Angela Frascadore, si raccolgono le fonti risalenti al periodo 1406-1499.

Schedatore

Federico Lattanzio

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Distrettuazioni interne

La città era divisa in tre rioni, detti pittaggi: Santo Stefano (nelle vicinanze delle colonne), Sant’Eufemia (nella zona di Santa Teresa) e San Toma (nella zona di Santa Lucia).

Centri demici minori

Questi erano i principali casali compresi nel territorio del contado brindisino: Baldassari, Cellino, Levrano, Guagnano, Mesagne, Salice, Sandonaci, San Pancrazio, Tuturano e Veglie.

Schedatore

Federico Lattanzio

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Diocesi

I racconti agiografici narrano che ad Alessandria, durante il II secolo d. C., un giovane di nome Euprescius vestiva, con suo padre, l’abito monastico nel cenobio di S. Ermete. Una notte il padre ebbe una visione che gli svelava le sorti future del figlio. Il destino di Euprescius sarebbe stato quello di diventare presule, di diffondere il messaggio evangelico e di condurre la città di Brindisi sotto la vera fede. Avrebbe anche dovuto cambiare nome in Leucio. Egli, pertanto, partì per la città pugliese insieme ai suoi chierici per portarvi l’evangelizzazione. Questi sono gli eventi contenuti nelle varie versioni della Vita S. Leucii (Alaggio 2009, 111-112).
Al di là delle tradizioni, comunque, la diocesi brindisina è di fondazione antica e Leucio ne sarebbe stato, per l’appunto, il primo vescovo. Dopo una fase alto-medievale di grande difficoltà, alcuni eruditi hanno ritenuto che nel IX secolo la cattedra di Brindisi fosse stata trasferita presso Oria (D’Avino 1848, 96). Molto più recentemente si è argomentata la difficoltà di accettare un’ipotesi del genere (Alaggio 2009, 127-128). Tuttavia, quando alla fine del X secolo i funzionari bizantini decisero di elevare proprio Oria alla dignità arcivescovile, venne realizzato anche l’accorpamento con Brindisi. Il primo arcivescovo di Oria-Brindisi di cui si ha notizia è Giovanni, che compare in un atto del 1010 (Alaggio 2009, 130). Questa politica bizantina si inserisce in un tentativo strumentale di organizzare i territori diocesani sulla base di una maggiore affermazione del potere imperiale, promuovendo quelle sedi che si erano mostrate più fedeli, elevandole di ruolo ed accorpandone loro delle altre (von Falkenhausen 1978, 168-169).
Fu soltanto alla fine del Cinquecento che le due cattedre tornarono a separarsi. Bernardino de Figueroa fu l’ultimo presule unico per entrambe e dal 1586, conclusa la sua esperienza, per dieci anni la sede di Oria fu vacante e la sua nuova vita si riaprì nel 1596 con Vincenzo de Tufo, mentre a Brindisi dal 1591 sedette Andrea de Ayardis (Eubel 1935, 354).

Distrettuazioni interne
Cattedrale o chiesa matrice

Visitazione e San Giovanni Battista

Enti religiosi
Vescovi (sec. XV-XVI)

Cronotassi degli arcivescovi di Oria-Brindisi in epoca tardo-medievale e agli inizi dell'età moderna, fino all’ultimo presule unico per entrambe le sedi e al primo della nuova sede distaccata brindisina:

Riccardo Rogerii (1382-1412)

Pandullo, abate del monastero Maria di Montevergine (1412-1415)

Aragone de Malaspina, protonotario apostolico (1415-1418)

Paolo di Roma (1418-1423)

Pietro Gattula (1423-1437)

Pietro de s. Blasio (1437-1452)

Goffredo Carusio (1453-1471)

Francesco de Arenis (1477-1483)

Roberto Piscicelli (1484-1513)

Domenico Ydiacaiz (1513-1518)

Giovanni Pietro Carafa (1518-1524)

Geronimo Aleander de Mota (1524-1542)

Francesco Aleander (1543-1560)

Giovanni Carlo Bovio (1561-1570)

Bernardino de Figueroa (1571-1586)

Andrea de Ayardis, primo arcivescovo della sola diocesi di Brindisi (1591-1595).

Schedatore

Federico Lattanzio

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Attività economiche

Per quel che riguarda le aree dell’entroterra brindisino, le attività principali si incentravano sulla coltivazione della vite e dell’olivo. Tipica, ad esempio, era la sistemazione a capanna dei vigneti locali. Rilevante era inoltre la presenza di vigne regie in epoca sveva, e, ancor di più, angioina. Nel cellarium, un ambiente adibito a cantina di cui solitamente erano provviste le abitazioni, si conservavano botti di varia tipologia e a volte le fonti informano su qualche caso specifico, come appunto una botte "bene arclata et timpaniata" a Brindisi verso la fine del Duecento (Licinio 1981, 210).
Scarso lo spazio riservato ad altre attività agricole e a quelle del pascolo del bestiame. Il principale ruolo economico del luogo, infatti, si fondava sul porto, che già a partire dalla rifioritura della città in epoca bizantina cominciò a rappresentare un fondamentale punto di collegamento con l’Oriente, per traffici commerciali ma anche per spedizioni militari (ancor più a partire dal periodo svevo, con il potenziamento dell’Arsenale e l’installazione della Zecca imperiale). La presenza di tali strutture “centrali”, proseguita anche sotto gli Angioini e gli Aragonesi, ebbe ripercussioni notevoli nell’economia cittadina: sia per gli oneri fiscali ai quali era sottoposta, sia per la limitazione degli spazi d’azione sfruttabili dalla popolazione locale nelle attività del commercio. Inoltre questa piazza divenne sempre meno appetibile, a livello mercantile, per due motivi principali: la crescente invadenza dei vetturali veneziani, che iniziarono dall'epoca sveva ad utilizzare Brindisi come base per il rifornimento delle proprie navi da esportazione verso l’Oriente, e la sostanziale indifferenza del potere “centrale” nei confronti di eventuali sviluppi di un’economia di scambio in area brindisina. La città fu esclusa, ad esempio, dalla lista dei centri designati da Federico II quali sedi di fiere (Alaggio 2009, 217-219).
Con il tempo, dunque, crebbe la presenza di operatori commerciali forestieri, in primo luogo, appunto, veneziani, ma anche bolognesi, fiorentini, anconetani, spoletini e persino catalani o marsigliesi. Risultato fu l’impossibilità dello sviluppo di una classe di mercanti locali. A partire dal regno di Carlo I d’Angiò, poi, Brindisi assunse sempre più la funzione di scalo strategico-militare, per il controllo dell’area mediterranea tra Occidente e Oriente, il che accentuò l’impedimento alla fioritura di un’economia forte portata avanti dalla popolazione locale (Alaggio 2009, 223-227).

Esenzioni e franchigie

Tra il 1464 e il 1466 re Ferrante I concesse a Brindisi una serie di cospicui privilegi. La città era stata colpita da un tremendo terremoto nel 1456, mentre già un secolo prima era stata devastata dalla peste. Ferrante, per risollevarla, oltre ad un programma di riedificazione, accordò che i debitori non potessero essere molestati dai loro creditori per cinque anni; che i negozianti potessero estrarre 25 tomoli di grano in maniera totalmente franca; che la metà di tutti i diritti che si pagavano nel Regno per olio, grane e biade fossero concessi alla comunità brindisina; stabilì l'esenzione per la regia dogana e per diverse tasse. Inoltre il re concesse ai brindisini di essere cittadini per tutto il Regno stesso e dette loto il monopolio sulla manifattura del sapone (CDB, III, 2006).

Mercati e fiere

L’unica fiera di cui si è a conoscenza per Brindisi fu istituita nel 1264 e si teneva, ogni anno, nel periodo compreso tra il 24 aprile e il 2 maggio (Sakellariou 2012, 479).

Schedatore

Federico Lattanzio

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Famiglie

Le grandi famiglie di Brindisi, tutte più o meno apparentate tra loro, di antica o recente nobiltà, erano in particolare le seguenti: Bovio, Cateniano, Fornari, Glianes, Granafei, Moricino e Scolmafora. Ricavavano le loro ricchezze dallo sfruttamento delle proprietà fondiarie, nelle aree dell’entroterra brindisino. Il prestigio, inoltre, gli derivava dalle cariche cittadine che spesso i loro appartenenti occupavano, come pure dall’esercizio delle professioni, quali ad esempio la medicina o la giurisprudenza (Jacovelli 1983, 39).

Personaggi illustri

Francesco de Arenis

Giovanni Maria Moricino: medico di fama vissuto a cavallo tra la seconda metà del Cinquecento e la prima metà del Seicento, autore delle antichità brindisine pubblicate nel 1674 da padre Andrea Della Monaca.

Scipione Ammirato (1531-1601), leccese, vi studia in gioventù retorica.

Giovanni Carlo Bovio (1522-1570), arcivescovo di Brindisi e Oria (1564-1570), membro attivo del Concilio di Trento.

Colonie mercantili e minoranze
Confraternite
Corporazioni
Istituzioni di Beneficenza
Schedatore

Federico Lattanzio

Per citare questa schedahttp://db.histantartsi.eu/web/rest/Societa/40
Oggetti archeologici di reimpiego

Il reimpiego dell’antico si concenta a Brindisi nella Chiesa di San Giovanni al Sepolcro (si segnala in particolare la presenza di capitelli di importazione) e nel Portico de’ Cateniani (Brindisi, Museo Provinciale, iscrizione CIL IX 34).

Almeno dal 1470 è attestata tra le reliquie della Cattedrale  un’urna in granito identificata, secondo una consuetudine molto diffusa già dal Medioevo, con una delle Idrie del miracolo di Cana.

Edifici antichi

Il rapporto con l’antico della città di Brinidisi è stato mediato, in maniera caratterizzante, dalla presenza all’imboccatura del porto interno di due colonne monumentali con capitelli figurati, tradizionalmente riferite alla terminazione della via Appia.

Le colonne hanno dominato con la loro mole il paesaggio della città antica, medievale e modena, diventandone un importante simbolo identitario; infatti queste, collocate sul porto della città, famosissimo e celebrato in tutte le fonti antiche per la straordinaria conformazione (cfr. sezione letteratura in particolare le voci corografia e geografia), hanno costituito il luogo in cui si raccordavano la memoria storica della città romana, la leggenda del fondatore Brentos, figlio di Eracle (mito che risale a Stefano Bizantino) e il legame tra Brindisi e Virgilio, la cui abitazione veniva riconosciuta in un palazzetto adiacente al monumento antico.

Collezioni di antichità, scavi e scoperte archeologiche di età moderna

Dovevano essere oggetto di un puntuale interesse antiquario e di sicure forme di collezionismo le monete antiche che si potevano ritrovare, anche in maniera casuale, sul  terrtorio. In particolare, erano molto apprezzate le monente coniate dalla città nel III secolo a.C., nelle quali la legenda (BRUN) poteva essere citata come garanzia evidente dell’antichità del toponimo cittadino.

Un tema ricorrente nella tradizione antiquaria del tardo XVI secolo, che al momento trova nella Lettera Apologetica di Giovan Battista Casimiro la fonte più antica (Casimiro 1567), è l’identificazione del giovane delfiniere, rappresentato sul rovescio delle emissioni di Brundisium, con il mitico fondatore Brentos.

Schedatore

Stefania Tuccinardi

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Architetti, ingegneri e tavolari attivi in città
Mura e porte urbiche

Mura

Porta Lecce

Porta Mesagne

Strade e piazze
Infrastrutture urbane

Porto

Fontana di Tancredi

Arsenale angioino

Strutture assistenziali
Castelli e fortezze

Castello di Terra

Castello di Mare

Palazzo signorile
Edifici pubblici

Seggio dei Nobili (distrutto)

Palazzi privati

Loggia dei De Cateniano

Loggia Balsamo

Palazzo in via Tarantini 14

Palazzo Granafei

palazzo Scolmafora

Edifici religiosi

Cattedrale

San Giovanni al Sepolcro

San Paolo Eremita

Apparati effimeri
Schedatore

Antonio Milone

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Artisti attivi in città
Opere d'arte medievali e moderne

- Mosaico pavimentale della Cattedrale (1178).

- Affreschi votivi alle pareti della chiesa di San Giovanni al Sepolcro (secc. XIII-XIV).

- Lastra tombale di Niccolò Castaldi e consorte nella chiesa di San Paolo Eremita (1309).

- Affreschi alle pareti nella chiesa di San Paolo Eremita (secc. XIV-XV).

- Tomba di Giovanni Maria Moricino nella chiesa di San Paolo Eremita (1558-1628).

- Dipinto della Visitazione (1559, Jacopo de Vanis) nella chiesa di San Paolo Eremita.

- Fonte battesimale della Cattedrale (1571-86) (il precedente fonte, di cui abbiamo testimonianza nelle visite pastorali, è forse da identificare nella vasca della fontana de Torres).

- Mascherone raffigurante Crono già nel seggio dei nobili, oggi esposto in Palazzo Granafei.

- Fontana de Torres (1618): fatta realizzare dal regio governatore reimpiegando per il bacino un pezzo medievale, proveniente forse dal vecchio fonte battesimale della Cattedrale.

Collezioni
Schedatore

Antonio Milone

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Letterati che nascono, vivono o operano in città

 

Aurelio Serena da Monopoli

 

Niccolò de Cateniano

 

Giovanni Carlo Bovio 

 

Antonio Diana

 

Diomede Valentino

 

Giovan Battista Casimiro

 

Lucio Scarano 

 

Nicola Taccone

 

Antonio Monetta

Stampatori e produzione libraria cittadina

La prima attestazione risale a un episodio del 1627, quando lo stampatore Lorenzo Valeri, attivo stabilmente a Trani, stampa nel palazzo arcivescovile di Brindisi un testo giuridico del vescovo Juan de Falces.

Biblioteche pubbliche e private

Si ha notizia di alcune biblioteche private nel XVI secolo, come quella di Nicolò de Cateniano e quella di Lucio e Gabriele Cannavense (Carito 1979, 78; Jurlaro 1977, 134).

Accademie
Committenze di opere letterarie relative alla città
Dedicatari di opere letterarie
Storie di famiglie
Corografia e geografia

Nel XIII secolo a Brindisi è dedicata una interessante descrizione nell'opera geografica di Guidone : 27, 12-20: et post has antiquior cunctarumque nobilior Brundusium, in qua ecclesia sancti pontificis et confessoris Christi Leucii egregio opere constructa, ubi et requie vit, cernitur. hanc urbem Romoald Beneventanorum princeps cum Tarento simul cepit et diruit, similiter quoque et ceteras civitates Salentinae regionis, eo quod exercitus Romanorum ab urbe Constantinopolitana missos susciperent et devote orientali aulae aut antiquitus, dum Longobardorum gens divina permissione Italiam infestarent, parerent.

 

Per le fonti rinascimentali, da Pietro Ranzano in poi, è di grande importanza la lettura Strabone VI 3, 6, passo nel quale si dice quanto segue: la città fu fondata da Cretesi provenienti da Cnosso, oppure da Iapyx. Brindisi era governata da re, fu sconfitta più volte da Falanto di Taranto, che poi passò dalla parte dei Brindisini e fu trattato da loro con grandi onori. La terra dei Brindisini è migliore di quella dei Tarantini: è più arida ma più fruttifera. Il porto è migliore per via delle insenature, alle quali si accede da un unico imbocco, creando una forma che ricorda la testa di un cervo. Brention è infatti il termine messapico che indica il cervo.

La tradizione di una fondazione cretese è adottata anche da Lucano (II 610-627), che descrive bene il porto e menziona la provvidenziale collocazione dell’isolotto che chiude l’imbocco verso nord, l’odierna isola di S. Andrea. Pompeo Trogo (apud Justinum) XII 2, 5-11, riporta la tesi della fondazione etolica con Diomede. Notevole anche un passo di Gellio (NA IX 4), in cui l’autore racconta di aver comprato a Brindisi con gran facilità e a poco prezzo molti libri greci. Sempre Gellio, sia in questo passo citato che (più estesamente) in IV 6, riporta un verso di Ennio in elogio del porto di Brindisi: Brundisium pulcro praecinctum praepete portu.

 

Ranzano XIV, ix, Calabrya, cc. 25-29 ed. Di Lorenzo, Figliuolo, Pontari: del tutto dipendente da Strabone per la parte antica; Nessun riferimento alle antichità materiali, neanche alle colonne. Ranzano tesse un elogio del porto, riferimento al nome messapico della città. Alla sua epoca la città è molto malridotta per non meglio precisate lotte intestine che sarebbero avvenute alla fine del Trecento, con grande spargimento di sangue ed estinzione di alcune famiglie.

 

Galateo, De situ Japigiae, c. 11 ed. Defilippis. Galateo è abbastanza dettagliato nel descrivere il porto, facendo menzione dei due castelli, quello di terra e quello di S. Andrea, delle due torri all'imboccatura del porto e la catena di protezione, ecc. Non menziona le antichità, curiosamente, neanche le famose colonne. Galateo racconta anche di alcune vicende storiche, della fuga a Brindisi di Isabella del Balzo nel 1495, del valore del suo amico (amicus noster) Spineto Ventura, che si distinse nello scontro in cui i francesi furono sconfitti dai brindisini poco fuori città, verso Mesagne.

 

Sereni 1512, Descriptio portus Brundisii, in Opuscula, Roma 1512, cc. [C iv] - D i (v. scheda)

 

Alberti 1551, 193v-194v: espone sia la tesi degli Etoli che quella dei Cretesi. Conferma lo stato malridotto e poco abitato della città. Cita anche Ranzano. Come descrizione del porto menziona le due torri che chiudono l’imbocco: la torre del Cavallo e quella della Pena. Castello di Ferrante sull’Isola. Sulle COLONNE: “Veggionsi circa il porto (pur nella città) due colonne di pietra drizzate assai alte. Et la cagione perché siano quivi poste, non l’ho potuto intendere”. Cita poi Faccio degli Uberti, che considera Taranto e Brindisi porti pieni di “malandrini”. Menziona poi la nascita di Pacuvio.

 

Scaligero 1546, 379: nella sezione Urbes (374-412) elegia su Brindisi con elogio del porto e citazione del verso di Ennio (anche elegie su Otranto, 396; Taranto 400-401; Venosa 406)

 

Casimiro 1567: v. sotto, la sezione Letteratura antiquaria.

Storiografia locale e cronache
Letteratura antiquaria

Cf. anche sopra, la sez. Corografia e geografia.

A partire dal secondo Cinquecento si sviluppa a Brindisi un interesse antiquario locale di un certo rilievo. Si veda a tal proposito l'opera di Giovan Battista Casimiro (o Casmirio), terminata nel 1567 e rimasta in forma manoscritta (Casimiro 1567), la quale fa da base al successivo studio di Giovanni Maria Moricino, a sua volta alla base di quello di Andrea della Monaca (che di fatto ne fece un plagio: cf. Carito 1979, 81), stampato nel 1674 (Della Monaca 1674).

Il manoscritto di Casimiro è un'opera di notevole valore: dedicata a Quinto Mario Corrado, porta il titolo di Epistola apologetica, benché si tratti di un vero trattato su Brindisi, in cui lo studio antiquario basato sull'osservazione diretta di fonti letterarie, monete ed epigrafi, si intreccia con l'elogio della città e dei suoi cittadini dotti, sui quali vengono offerte notizie preziose. A tutt'oggi il testo è privo di edizione.

Letteratura ecclesiastica e religiosa

Gli Acta Sanctorum Brundisinorum, opera dispersa, scritta nel 1538 da Niccolò de Cateniano.

Si vedano anche la traduzione di Diomede Valentino dell'opera del teologo Antonio Scaragio di Altamura (Scaragio 1557), nonché gli Officia sanctorum 1583, con numerose ristampe.

Letteratura giuridica
Letteratura scientifica
Poesia, prosa d'arte, altre forme letterarie

Si veda la produzione del brindisino Antonio Monetta (1559-162o circa), attivo a Venezia e autore di un poema religioso in terza rima sul martirio di San Teodoro (Monetta 1592) e di un canzoniere di rime amorose (Monetta 1593).

 

Si veda inoltre lo Scenophylax dialogus di Lucio Scarano, attivo a Venezia, dedicato a questioni di poetica relative ai gnerei tragico e comico (Scarano 1601).

Elogi di città e altri scritti encomiastici o apologetici

V. sopra, i riferimenti all'elegia di Serena da Monopoli e all'opera di Giovan Battista Casimiro, entrambi animati da intenti celebrativi.

Altro
Schedatore

Lorenzo Miletti

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Mappe territoriali

Pianta del porto e della città di Brindisi (dal Libro di Piri Reis, ms del sec. XVII: Baltimora, Walters Art Gallery, ms W.628; consultabile on line)

Pianta della città e del porto di Brindisi (sec. XVIII, incisione; Biblioteca provinciale S. Teresa dei Maschi - De Gemmis - Bari - IT-BA0136 ; Inventario: 51447 ; Segnatura: C. GEOGR. 17)

Piante di città

Pianta della città di Brindisi (1871: Brindisi, Archivio di Stato, Archivio Storico del Comune di Brindisi, cat. 10, cl. 23, fasc. 7)

Vedute di città

Veduta Blaeu (1663: Blaeu 1663: Theatrum ciuitatum nec non admirandorum Neapolis et Siciliae regnorum, Amsterdam, Joan Blaeu, 1663; consultabile on line).

Veduta delle fortificazioni e della città (1783: Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786, III; consultabile on line)

Veduta della città di Brindisi (1783: Saint-Non 1781-1786: Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786, III)

Veduta della città dalla Fontana di Tancredi (1819: Castellan 1819: Antoine Laurent Castellan, Lettres sur l’Italie faisant suite aux lettres sur la Morée, l’Hellespont et Constantinople, tome premier, à Paris, chez A. Nepveu, 1819, tav. III)

Apprezzi di tavolari
Schedatore

Antonio Milone

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Fonti manoscritte

Casimiro 1567: Giovan Battista Casimiro, Epistola apologetica Io. Baptistae Casimirii, adq. Marium Corradum. Diplomata ac privilegia summorum pontificum regum ac imperatorum plurima. Index copiosissimus eorum quae in epistola continentur, 1567, Brindisi, Biblioteca pubblica arcivescovile Annibale De Leo, manoscritti, ms. D/8.

 

Moricino 1604: Giovanni Maria Moricino, Dell'antiquità e vicissitudine della città di Brindisi descritta dalla di lei origine sino all'anno 1604, copia manoscritta a cura di Giacinto Maria Martina, 1760-1761, Brindisi, Biblioteca pubblica arcivescovile Annibale De Leo, manoscritti, ms. D/12.


Fonti a stampa
Bibliografia

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Scaligero 1546: Iulii Caesaris Scaligeri Poematia ad illustriss. Constantiam Rangoniam, Lugduni, apud Godefridum et Marcellum Beringos fratres, 1546.


Scaragio 1557: Antonio Scaragio, Opera nova utilissima, e necessaria alla salute christiana, intitulata Ornamento de l’anima, composta per il r. theologo ... Antonio Scaragio, della citta d’Altamura, de l’ordine de gli frati minori ..., corretta nel volgar idioma per messer Diomede Valentino da Brindisi, in Napoli, per Mattio Cancer [1557].


Scarano 1601: Lucii Scarani philosophi, medici, Academici Veneti Scenophylax dialogus, in quo tragaediis et comaediis antiquus carminum usus restituitur, Venetiis, apud Ioan. Baptistam Ciottum Senensem, 1601.


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