Nome | Bitonto | |
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Luogo | Bitonto | |
Status amministrativo | Comune, in provincia di Bari | |
Estensione del territorio comunale | 173 Kmq | |
Popolazione | 55.533 (ISTAT luglio 2015) | |
Musei | Galleria nazionale De Vanna; Museo diocesano Marena; Museo civico Rogadeo; Museo archeologico De Palo-Ungaro | |
Archivi | Archivio storico del Comune | |
Biblioteche | Biblioteca civica Eustachio Rogadeo; Biblioteca diocesana | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Citta/28 |
Nomi antichi e medievali | Botontum, Votontum, Butontum, Butuntum, Betuntum, Bidruntum, Bituntos, Bituntum, Bitontum | |
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Fondazione (data, modalità) | Città peuceta, verisimilmente dopo la guerra sociale divenne un municipio romano dotato di un vasto territorio (Botontinus ager), organizzato in diversi abitati rurali e percorso dalla via Traiana. Dopo la crisi e la contrazione demografica e territoriale di età tardoantica, Bitonto cominciò la fase di ripresa a partire dall’XI secolo, come sede episcopale e città commerciale, coniugando il fertile entroterra agricolo con la vicinanza alla costa adriatica. Tra XI e XII secolo, sotto la dominazione normanna del conte Roberto, la città fu dotata di cinta muraria e organizzata in cortilia. | |
Distrettuazioni di appartenenza | Terra di Bari | |
Demografia | 1447: fuochi 638 (Da Molin 1979, 66) 1532: fuochi 1356 (Giustiniani 1797, 292) 1545: fuochi 2170 (ivi) 1561: fuochi 1941 (ivi) 1595: fuochi 2508 (ivi) 1648: fuochi 2508 (ivi) 1669: fuochi 2580 (ivi) | |
Sito, idrografia, viabilità | Posta al margine settentrionale della conca di Bari, sul primo gradino della Bassa Murgia, su una collina delimitata da un ampio e profondo solco erosivo di origine torrentizia, la città era nota fin dall’antichità per i suoi uliveti. L’accesso alla città medievale era regolato da cinque porte maggiori. Una di queste, denominata Porta Maja o Porta del Carmine dalla statua della Madonna del Carmine con Bambino che vi fu collocata, conduceva verso Modugno e Palo. La costruzione della porta dovrebbe risalire al XIV secolo, quando al torrione quadrangolare della murazione normanna venne affiancato il torrione circolare angioino. Verso Porta Maja, il punto più basso dell’abitato, confluiva il sistema fognario del XVI secolo, che si riversava nel torrente Tifre (Campa, Gnoni, Nitti 2008). Porta Baresana immetteva sulla piazza del Castello, polo civico della città, in cui erano concentrate le sedi del governatore, del capitano, del giudice e del mastrodatti, cui si aggiunse, dopo il 1551, il sedile del Popolo. Da piazza del Castello, attraverso l’asse viario della strada dei Mercanti (attuale via Rogadeo), si giungeva all’altro polo cittadino, la platea puplica antistante la cattedrale, ubicata in corrispondenza del decumano maggiore che conduceva a Porta Robustina. Nei pressi della platea publica era il sedile nobiliare di Sant’Anna (Fagiolo 2009). Il primo documento trascritto nel Libro Rosso, una copia legale di un diploma di Roberto d’Angiò, del 5 giugno 1341, contiene transunto il privilegio di Manfredi del 12 febbraio 1265 con cui conferma la demanialità di Bitonto. Il sovrano aveva delegato Riccardo, conte di Caserta e Calene, capitano regio, perché ordinasse al commissario Tafuro De Capua di procedere alla ricognizione dei confini territoriali bitontini contrastati, in particolare, dai cittadini di Bari. Il 13 febbraio, Tafuro, alla presenza di 50 cittadini di Bitonto e di 50 cittadini di Bari, delimitò il territorio di Bitonto e fece collocare dei cippi di demarcazione del territorio sui quali fossere iscritte tutte le forme legali previste (Libro Rosso 1987, 67-72, doc. I). Le lapidi furono sostituite nel1585, aspese dell’Università, da sette veri monumenti terminali, in esecuzione ai sopralluoghi effettuati da Michele Angelo Azzaro, delegato di Girolamo Oleignano, regio porterio, dal 20 aprile al 9 maggio 1585 (Libro Rosso 1987, 988-1002, doc. CLXXXV). I termini, non più semplici pietre squadrate, assunsero, accanto al valore giuridico, anche un significato altamente simbolico: rappresentavano il potere e l'importanza della città. Il primo termine fu il cosiddetto Titulo de Medugne, originariamente detto de Arenaro o delle Arene (sulla spiaggia Palese), il più contestato dalla città di Bari, poiché insisteva sul conteso porticciolo di Santo Spirito; il secondo termine era nelle terre de Pinolis del vescovo di Bitonto; il terzo era l’Arco di Cammarata o Camerato; il quarto era in Terris Plancane, delimitava l’incrocio tra la vecchia strada Bari-Bitonto e quella Modugno-Palese; il quinto era il cippo di Sant'Andrea, in località già Terris Scaccanate; il sesto era in località Bavottiello, detto anche Bacchellus, o le Corti delle Nere, nella campagna tra Bitonto e Modugno; l’ultimo era in lacu Babutte, probabilmente presso una cisterna. Questi termini, grandi parallelepipedi realizzati in bugnato, portavano l’iscrizione BOTONTUM da un lato e BARIUM dall’altro, la data di edificazione (MDLXXXV), la segnalazione della loro funzione di cippo (TERMINUS BITONTI) e, in alto, lo stemma della città e l’arme imperiale sulla cornice (Fiorino Tucci 2009). Un fondamentale intervento urbanistico, che ebbe ripercussioni in tutta la regione, fu la costruzione del sistema fognario, avviato nel 1512, e terminato all’inizio del secolo successivo. Dal punto di vista strettamente urbanistico, l’intervento comportò una riqualificazione delle aree interessate, costituendo un forte incentivo a ristrutturazioni o edificazioni di nuovi palazzi nobiliari (Fagiolo 2009). Una cronaca del 1670, riportata da Rogadeo nel 1751, chiarisce che l’infrastruttura fu voluta dal sedile dei Nobili e fu contrastata da quello del Popolo (Lauta 2009, 314).
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Schedatore | Veronica Mele | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Geografia Storica/26 |
Profilo storico | Le assemblee plenarie dell’Universitas, già dal XIV secolo si tenevano nell’area antistante il portale maggiore della Cattedrale, detta "loco dello plancheto" (Libro Rosso [ed. De Capua 1987], doc. LIV, 28 novembre 1389). Alle spalle della Cattedrale si estendeva una piazza che arrivava fino al seggio di Sant'Anna; il Seggio del Popolo si trovava, invece, nei pressi della Porta Barisana. La distinzione tra nobili e popolo risalirebbe almeno alla fine del XIV secolo: nella procura dell’Università a Bernardo Regna per il possesso della terra di Palo, donata alla città da re Ludovico I nel 1384, l’azione giuridica si svolge alla presenza degli “infrascriptorum nobilium et popularium civitatis predicte” (Libro Rosso [ed. De Capua 1987], doc. XXIV, 17 giugno 1384; V. Acquafredda, Bitonto attraverso i secoli, Bitonto 1996, 211).
Il primo Statuto di Bitonto risaliva ai tempi in cui era ancora città feudale, e prevedeva che il governo fosse composto da 36 membri, divisi tra nobili e popolari («perché così procedeva ab antiquo»), e questo numero poteva essere aumentato fino al doppio in casi straordinari. Esso prescriveva le consuete limitazioni temporali e di cumulo di cariche anche all’interno della stessa famiglia, affinché «ognuno in giro havesse goduto gli honori come portava i pesi». Questo primo Statuto venne rinnovato una prima volta nel 1551, aumentando i consiglieri a 40, 20 nobili e 20 popolari. Una parte della cittadinanza, però, chiese un’ulteriore revisione del testo. Il viceré e il Consiglio Collaterale, dopo avere delegato il Reggente Francesco Antonio Villano per ascoltare le richieste, emisero la Nuova Riforma, il 24 dicembre 1565, molto simile a quella che il 19 settembre 1565 era stata data a Cosenza. Il primo capitolo affronta il problema del riconoscimento della nobiltà e della conseguente immissione nel governo della parte nobiliare; la questione era stata sollevata giacché molti si fregiavano della nobiltà inventando false origini nobili della propria famiglia. Si ritenne che la questione potesse essere risolta solo dal Consiglio Collaterale con la redazione di un registro delle famiglie nobili, col divieto di aggiungere in futuro altre famiglie se prima non fosse stato riconosciuto il suo diritto da parte dell’Università. Un tale registro, su proposta del sindaco, fu realizzato con la conclusione del 9 luglio 1566, nel quale vennero riportati i nomi di 33 famiglie che avevano già acquistato il diritto (Difesa intitolata Ragioni de’ Signori Nobili del Sedile di S. Anna della città di Bitonto contro le poche famiglie popolane della medesima in esclusione dell’Aggregazione a quella Piazza Nobile, benché pretesa sotto nome di nuova forma del Regimento di quella Università, Napoli 8 aprile 1741, in folio, cc. D2 e D3). Non c’è invece certezza che venisse redatta anche la nota per le famiglie popolari, come era avvenuto a Bari e Molfetta.
Due modifiche furono apportate allo Statuto del 1565, la prima nel 1576 dal Sacro Regio Consiglio su proposta dei Bitontini (Nova reformatione data alla università di Bitonto dal Collateral Consiglio nell’anno 1565 sopra la creatione del regimento della città in ciaschedun anno), e l’altra il 19 agosto 1691 con pubblico atto approvato dal Consiglio Collaterale il 31 agosto (c. A5 delle Ragioni). Quando nel 1570 fu commesso al dottor Livio Margarita di dettare il nuovo Statuto per il Reggimento di Bari (ed. Statuti ed altri provvedimenti intorno all’antico governo municipale della città di Bari raccolti e pubblicati per cura di Francesco Bonazzi, Napoli 1876, pp. 21-36), e nel 1574 fu dato l’incarico al giudice Orazio Granucio di fare lo stesso per Molfetta (Volpicella, Gli Statuti dei secc. XV e XVI intorno al governo municipale della città di Molfetta ora per la prima volta pubblicati per cura di L. V., Napoli 1875, pp. 57-76), il viceré e il Consiglio Collaterale ingiunsero ad entrambi di fare la stessa operazione per Bitonto. Al giudice Granucio diedero specifiche istruzioni che gli Statuti di Bitonto fossero simili a quelli di Cosenza (19 dicembre 1565, ed. in De regimine reipublicae di Agostino Caputo, Napoli 1622; Storia dei Cosentini di Davide Andreotti, Napoli 1869, vol. II, pp. 267-270), che a loro volta ricalcavano il testo concesso a Sulmona. La riforma del 1576 previde l’aumento dei consiglieri da 12 a 18, da mutare una metà ogni anno, per un totale di 36 persone che avrebbero ricoperto la carica durante l’intero anno indizionale. Erano da ritenersi esclusi dagli uffici le persone nate da illegittimo matrimonio e coloro che avevano debiti in sospeso con l’università. Si prescrive, infine, che il diploma venga conservato «colli ordini e scritture della città». Alla Riforma furono allegati, il 4 agosto 1576, degli “emendamenti”, la Reformatione in parte della detta capitolazione sopra la elettione de li officiali. Si tratta di un mandato regio di una provvisione del Sacro Regio Consiglio al capitano di Bitonto, in seguito ad una causa discussa davanti all’uditore Antonio Orefice, regio consigliere, causa agitata ad instantiam della città sulla riforma del reggimento del 24 dicembre 1565, in seguito alla conclusione dell’Università del 28 aprile 1576. Nell’emendamento, La città aveva chiesto che il numero dei consiglieri fosse ripristinato a 24 annuali, ma il Consiglio Collaterale ordinò che rimanesse immutata la prima lettera del testo. La richiesta dell’Università dovette essere accettata nella riforma del 1671, poiché molte famiglie si erano nel frattempo estinte (Volpicella 1880, 699-725). | |
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Cronotassi | 1318: Camera reginale di Sancia di Maiorca, consorte di re Roberto d’Angiò 1344-1345: demaniale 1345: Carlo di Durazzo 1412: Giacomo Caldora, all’interno del ducato di Bari 1439: Antonio di Jacopo Caldora (LR, LXVI, LXVII) 1441: Giovanni da Ventimiglia, marchese di Geraci (LR, p. 45, VIII, LXVIII, XXXI, LXXIX) 1453: Demanio 1460: Giovanni Antonio Orsini del Balzo 1464: Giulio Antonio Acquaviva. Portata in dote da Caterina Orsini Del Balzo, insieme a Conversano, Noci, Bitetto, Gioia Del Colle, Casamassima, Turi e Castellana (LR, LXXXII) 1467: Giovanni Antonio Acquaviva, con il titolo di marchese 1481: Andrea Matteo III d’Acquaviva 1487: Andrea Matteo permuta Bitonto con Ugento e Martina (LR, XCVIII). Bitonto diventa demaniale 1507: Gonzalo Fernandez de Cordoba, duca di Sessa 1551: Demanio | |
Corpus normativo | D. A. De Capua (a cura di), Libro rosso della università di Bitonto (1265-1559), Palo del Colle 1987.
Supplicatione et gratie se demandano … per la università et homini de Bitonti (17 settembre 1491), in Codice Aragonese, III, pp. 76-78.
Statuti per il governo municipale della città di Bitonto (1565 con riforma del 1576), e Giovinazzo ora per la prima volta pubblicati per cura di Luigi Volpicella, Napoli 1881, pp. 29, estr. dall’Archivio Storico per le Province Napoletane, 5, 1880, fasc. IV, 609-725.
Tenor Capituli quod si contingat (capitolo delle consuetudini dotali di Bitonto, in vigore nel 1593), in Volpicella, Dello studio delle consuetudini e degli statuti delle città di Terra di Bari. Discorso letto nella udienza de’ 3 gennaio 1856, Napoli 1856, 38-41 | |
Schedatore | Veronica Mele | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Istituzioni/35 |
Diocesi | Secondo la tradizione sede episcopale fin dal VI secolo, il primo vescovo di cui si hanno notizie è Arnolfo (1087-1095). Alla metà del XII secolo, la diocesi bitontina fu confermata suffraganea dell’arcidiocesi di Bari. | |
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Distrettuazioni interne | ||
Cattedrale o chiesa matrice | Nella cattedrale, intitolata a Santa Maria e San Valentino, diverse famiglie nobili bitontine possedevano cappelle o altari. I Vulpano possedettero dapprima un altare addossato ad una colonna, fatto costruire da Giovanni nella prima metà del XV secolo; nel 1476, Giovanni Pasquale e Leucio ebbero la concessione di far abbattere l’altare per costruire una cappella dedicata a San Gregorio. Nel 1461 Marino Della Guardia possedeva un altare. Nel 1467 Mitarella di Pietro Cappelli fece costruire un altare dedicato a San Michele arcangelo. Nel 1451, i notai Nicola Antonio e Santoro fecero costruire la cappella di San Nicola, su cui godevano il giuspatronato. Nel 1468, il giudice Nitto di Leone fece costruire l’altare della Visitazione della Vergine. Nel 1473, invece, i Carangelo fecero costruire la cappella dei SS. Pietro e Paolo. Nel 1482, l’arciprete Marco della famiglia Regna ebbe la concessione di far edificare una cappella intitolata a Sant’Agostino, sotto il nuovo campanile, dove era la vecchia sacrestia. Nel 1499, l’abate Francesco Antonio de Ferraris fece edificare una cappella, in cui fu più tardi sepolto Giovan Francesco in un sepolcro fatto erigere dallo zio paterno Giovan Maria. Nella medesima cappella, i nipoti di Giovan Maria deposero anche per lo zio materno una lapide. Almeno dal 1493, un Ludovico Teutonico, servitore del bitontino Mariotto de Verità, volle far costruire una cappella dedicata a San Rocco; lo stesso lasciò anche un legato per far realizzare un quadro per l’altare maggiore della cattedrale. | |
Enti religiosi | Abbazia Benedettina di San Leone (XII secolo). Già alla fine del XII secolo l’abbazia deteneva il diritto di celebrare la fiera annuale, confermata da Carlo II con diploma del 1294; nel 1416 l’abbazia ottenne anche la conferma del diritto di verifica dei pesi e delle misure in occasione della fiera di San Leone. Depauperatama et quasi destructam alla fine delle guerre svevo-angioine, nel 1272 i cistercensi sostituirono i benedettini; nel 1494, papa Alessandro VI vi introduce gli olivetani, ai quali Alfonso II dona i feudi di Bove e Calvano alle Matine.
San Domenico. Il medico Simone Mensurello possedette una cappella intitolata a San Pietro Martire, già appartenuta a Leonardo Greco di Bitonto, che la fece costruire nel 1454. Nella medesima chiesa la famiglia possedeva anche un altare dedicato a Sant’Agostino, già edificato nel 1467. Tra le altre famiglie che vi avevano sepolcri, oltre ai Bove, sono i Covello, i Giovannone e il giudice Matteo Zizo di Napoli, il notaio Nardo de Tirone (Carabellese 1899, 9-10).
San Francesco(già Santa Maria Maddalena)
Santa Maria de Stabillina fuori le mura (detta anche Santa Maria de Chinese), poi incorporata nell’Ospedale civico. Nel 1477 Rosa del fu Giacomo di Leone Basilio la dotò di alcuni oggetti preziosi (un calice d’argento dorato, un messale di pergamena miniato, una pianeta, un piviale e altri arredi sacri e paramenti liturgici).
Convento di S. Francesco della Scarpa dei padri minori conventuali, fondato dal vescovo Leucio Corasio, nel 1283, con i finanziamenti di Sergio Bove.
Monastero di S. Pietro Nuovo, fondato nel 1517 dal vescovo Giacomo Orsini di Roma.
Convento di S. Agostino, fondato dal vescovo Cornelio Musso.
Convento di S. Vincenzo dei Cappuccini, fondato dal vescovo Cornelio Musso. Il cenobio fu collegato, attraverso un importante asse viaria extra moenia, alla Porta Baresana e al Castello (delibera dell’Università del 28 aprile 1567: Fagiolo 2009, 241). | |
Vescovi (sec. XV-XVI) | Antonio Ciccivellis, O.F.M. † (31 luglio 1399 - 1423 deceduto) Paolo Alfatati † (14 giugno 1423 - 1457 deceduto) Antonio di Reggio, O.P. † (4 maggio 1457 - 1472 deceduto) Antonio da Urbino † (1473 - 1482) Andrea Paltroni † (17 agosto 1472 - 5 novembre 1484 nominato vescovo di Nepi e Sutri) Battista Pontini † (5 novembre 1484 - 1500 deceduto) Giovanni Battista Orsini seniore † (12 giugno 1500 - 20 dicembre 1501 dimesso) (amministratore apostolico) Giovanni Battista Orsini iuniore † (20 dicembre 1501 - 1517 dimesso) Giulio de' Medici † (18 febbraio 1517 - 27 febbraio 1517 dimesso) (amministratore apostolico) Giacomo Orsini † (27 febbraio 1517 - 24 gennaio 1530 dimesso) Alessandro Farnese † (24 gennaio 1530 - 17 maggio 1532 dimesso) (amministratore apostolico) Lope Alarcón † (17 maggio 1532 - 1537 dimesso) Alessandro Farnese † (17 giugno 1537 - 11 gennaio 1538 dimesso) (amministratore apostolico per la seconda volta) Sebastiano Deli di Castel Durante † (11 gennaio 1538 - 1544 deceduto) Alessandro Farnese † (1544 - 27 ottobre 1544 dimesso) Cornelio Musso, O.F.M.Conv. † (27 ottobre 1544 - 13 gennaio 1574 deceduto) Giovanni Fortiguerra † (26 aprile 1574 - 1593 deceduto) Flaminio Parisio † (17 settembre 1593 - 1603 deceduto) | |
Schedatore | Veronica Mele | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Istituzioni Ecclesiastiche/27 |
Attività economiche | A partire dalla ripresa alto-medievale, Bitonto si afferma nella regione settentrionale della Puglia per la coltivazione di ulivi e la produzione e commercializzazione di olio. Bitonto è uno straordinario caso in cui la produzione agricola ha aperto un varco verso la costa ad una città che non era naturalmente litoranea. Per la sua orografia e topografia la città si configurava come un’area di confine tra la Murgia e la costa, e si avvantaggiava della duplice vocazione economica agro-mercantile (Poli 2009). Alberti segnalava anche la ricca produzione di grano, vino, mandorli, aranci. | |
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Esenzioni e franchigie | Nel 1306 la città ottenne il diritto secondo cui era fatto divieto di pascolare capre, pecore e maiali negli uliveti del contado nei mesi di ottobre, novembre e dicembre. Nel 1315 fu emanato un ordine contro i cittadini di Bari riguardante il diritto di fondaco nel luogo detto "Castello de Archiro", presso il porto di Sanspirito, perché facente parte del territorio di Bitonto (solo i cittadini bitontini potevano godere dell’esenzione dal dazio). Nel 1316 la città ottenne il diritto di pascolo sul territorio di Giovinazzo, e nel 1341 su quello di Toritto. | |
Mercati e fiere | A Bitonto si celebravano cinque fiere. La più importante era quella di San Leone, concessa all’omonima abbazia, e ricordata anche da Boccaccio nella novella V della IX giornata (Libro Rosso [ed. Carabellese 1900], 15). Si svolgeva nel luogo "Lo Campo", divenuto da demaniale, almeno in parte, proprietà privata, con atto rogato il 6 gennaio 1197; apparteneva, come si evince dal documento, al monastero di San Leone (De Capua, Storia di Bitonto, IV, 24 e nota 27); durava 8 giorni immediatamente precedenti la festa di San Benedetto, nel mese di aprile. Il monastero godeva del diritto di stabilire pesi e misure, di giudicare i delitti commessi durante la fiera, e il diritto di immunità. La seconda fiera fu concessa da Roberto di Taranto nel 1299 (Libro Rosso [ed. Carabellese 1900], LXXXII, 122-123); caduta in disuso in età angioina, riconfermata nel 1494, è rimasta in vigore fino all’inizio del XIX secolo. Si celebrava dal 25 agosto al 3 settembre, in onore di San Bartolomeo. Una terza fiera fu concessa nel 1316, intitolata a Tutti i Santi, e durava dal 1° all’8 novembre. Una quarta fiera, che iniziava l’11 giugno e durava un mese, fu concessa da Luigi I D’Angiò nel 1384 (Libro Rosso [ed. Carabellese 1900], XLVIII, 86). Infine, il 10 febbraio 1460, Giovanni Antonio Orsini del Balzo concesse all’Universitas una fiera, della durata di dieci giorni, con la facoltà di indirla ogni anno nel mese prescelto dal Consiglio cittadino. Il 2 settembre 1414, l’Universitas ottenne dalla regina Giovanna II il privilegio di un mercato settimanale da tenersi dapprima di domenica, e poi, con diploma del 24 dicembre 1487, il giovedì in rispetto del giorno santo (Milillo 1986). | |
Schedatore | Veronica Mele | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Economia/24 |
Famiglie | Dopo la riforma degli Satuti del 1551, che aumentava i consiglieri da trentasei a quaranta, divisi equamente tra nobili e popolari, una parte della cittadinanza chiese un’ulteriore revisione. Il viceré e il Consiglio Collaterale delegarono dapprima il Reggente Francesco Antonio Villano perché ascoltasse le richieste, e poi il 24 dicembre 1565 fu emessa la Nova Riforma, molto simile a quella che il 19 settembre 1565 era stata data a Cosenza. Il primo capitolo del nuovo testo affronta il problema del riconoscimento della nobiltà e della conseguente immissione nel governo della parte nobiliare; la questione era stata sollevata giacché era molto diffusa la prassi di attribuire false origini nobili alla propria famiglia. Si ritenne che la questione potesse essere risolta solo dal Consiglio Collaterale con la redazione di un registro delle famiglie nobili, col divieto di aggiungere in futuro altre famiglie se prima non ne fosse stato riconosciuto il diritto da parte dell’Università. Un tale registro, su proposta del sindaco, fu realizzato con la conclusione del 9 luglio 1566, nel quale vennero riportati i nomi di trentatré famiglie (Difesa intitolata Ragioni de’ Signori Nobili del Sedile di S. Anna della città di Bitonto contro le poche famiglie popolane della medesima in esclusione dell’Aggregazione a quella Piazza Nobile, benché pretesa sotto nome di nuova forma del Regimento di quella Università, Napoli 8 aprile1741, in folio, cc. D2 e D3). Le trentatré famiglie nobili registrate sono: Abinante, Alvaro, Alitti alias Giannone, Barone, Bove, Corneliis, Ferrara, Gentili, Giannone, Girardis, Ildaris, Labini, Lutiis, Monte, Paduli, Perrese, Pietata, Planellis, Regna, Ripa, Rogadeo, Saluzzo, Saxo, Scaraggi, Scarappo, Sansone, Spinello, Scatiggio alias Spinelli, Silos, Valeriano, Veritate. Non c’è invece certezza che venisse redatta anche la nota per le famiglie popolari, cosa che invece fecero Bari e Molfetta (Volpicella 1881, 701-703).
Sul frontespizio della sua opera Il Cavaliere Romito, del 1693, Apollinare di S. Gaetano (Mariano 1693), riportava lo stemma civico della città di Bitonto e le armi di venticinque famiglie nobili: Abenante, Alvaro, Barone, Bovio, Ferraris, Galasso, Gentile, Gerardi, Giannone, Alitto, Guardia, Ildaris, Labini, Padula, Pau, Perrese, Pietà, Planelli, Regna, Rogadeo, Rossi, Saluzzo, Scaraggi, Sylos, Verità.
Le famiglie più importanti del XV-XVI secolo erano le seguenti:
- Vulpano: tra le più eminenti famiglie bitontine, oltre a dottori in legge e notai, diversi membri del casato praticavano la mercatura, stabilendo contatti commerciali con famiglie dell’Italia centro-settentrionale (Medici, Gaddi e Serragli di Firenze, Tolomei di Siena, Lampugnani di Milano, Bragadino, Bembo e Loredan di Venezia). Giovanni Pasquale, doctor legum, e suo fratello Leucio, decretorum doctor, furono i committenti del magnifico Palazzo Vulpano Sylos. La famiglia, oltre ad avere una cappella gentilizia nel proprio palazzo, dedicata a San Michele, possedeva un altare e una cappella dedicata a San Gregorio (quest’ultima concessa agli stessi Giovanni Pasquale e Leucio) in Cattedrale.
- De Ferraris: la famiglia possedeva in Cattedrale un sepolcro fondato nel 1499 dall’abate Francesco Antonio, in cui furono seppelliti Giovan Francesco e lo zio paterno Giovan Maria.
- Bove: famiglia originaria di Ravello, ma attestata a Bitonto fin dal XIII secolo. Sergio finanziò la costruzione della chiesa di San Francesco detta Della Scarpa e l’adiacente convento dei frati minori conventuali. Petruccio ebbe in San Domenico un raffinato sepolcro fatto erigere dai nipoti Francesco Sergio e Nicola Maria nel 1485.
- Rogadeo: famiglia originaria di Ravello. Di Giacomo (1230-1305) esiste la pietra tombale nella chiesa di Sant’Anna.
- Sylos: famiglia di origina ispanica, giunsero dalla nativa Burgos all’inizio del’ XVI secolo al seguito del Gran Capitano. Il primo membro a stabilirsi a Bitonto, Diego, impalmò Minerva, ultima esponente della potente famiglia dei Vulpano. I loro figli si legarono ai Giannone, Planelli e Gentile. Il nipote, l’omonimo Diego, concluse la scalata sociale della famiglia ottenendo l’aggregazione alla nobiltà cittadina (Sapagnoletti 2009, 52).
- Affatatis: Paolo fu vescovo della città dal 1423 al 1457.
- Carofiglio: Giovanni Antonio fu ambasciatore presso il re di Spagna nel 1535; Fabio fu poeta morto nel 1570.
- Scaraggi: un Marcello appaltò la gabella dello scannaggio nel 1517 (Libro Rosso 1987, 798).
- Mensurello
- Cappelli
- Della Guardia
- Regna
- Carangelo | |
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Personaggi illustri | Giulio Antonio Acquaviva (1428 c.a-1481 c.a), marchese di Bitonto Andrea Matteo Acquaviva (1458-1529), marchese di Bitonto (nel 1487 rinuncia al titolo in cambio del marchesato di Ugento) Saladino Ferro di Ascoli (Satriano o Piceno) fu medico del Principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, come si firmò in calce al Compendium aromatariorum, pubblicato nel 1488 a Bologna e Ferrara. L’11 agosto 1451 firmò con l’Università di Bitonto una condotta annuale (Caraballese 1901, 32-33; Paone 1969, 16). Il contratto prevedeva l’esenzione da ogni gabella o dazio, la concessione di una casa cum aqua, e la facoltà di lasciare la città in caso di peste, ma anche licenza di dare precedenza al Principe di Taranto su tutti gli altri cittadini. Il medico era, tuttavia, tenuto a rientrare in città se fosse stato richiamato, e comunque la sua assenza non poteva protrarsi oltre sei giorni; inoltre, aveva l’obbligo di indicare sulle ricette mediche il nome dello speziale prescelto dal paziente, misura presa a difesa dell’Arte degli speziali. | |
Colonie mercantili e minoranze | Nota fin dall’antichità per i suoi uliveti, dopo la fase di contrazione territoriale tardoantica, Bitonto, sede episcopale, conobbe una ripresa insieme demografica, territoriale ed economica a partire dall’XI secolo. L’espansione dell’abitato in direzione sud/ovest-nord/est, cioè verso la costa, favorì le attività commerciali connesse con la produzione dell’olio d’oliva, attirando comunità ravellesi ed amalfitane in città, che si radicarono anche attraverso legami matrimoniali.
La comunità ebraica a Bitonto, come in altre città, soprattutto costiere del regno, era cospicua, e, come nel resto del regno, fu decimata e annullata all’inizio del XVI secolo, quando arrivò il Bando di Ferdinando il Cattolico del 1510. Dai protocolli notarili si evince che gli ebrei bitontini, di origine catalana e provenzale, erano dediti per lo più al commercio di olio, panni, animali, immobili. La loro attività era indispensabile all’economia cittadina e regnicola, tanto che nel 1520, su sollecitazione dei sudditi, il viceré Ramon de Cardon fu costretto a firmare un decreto di riammissione. L’apporto degli ebrei alla società bitontina non fu solo di tipo economico. In epoca aragonese era fiorita, infatti una scuola, bet midrash, in cui furono prodotti poemi e opere di filosofia (Colafemmina 2009; Moretti 1987). | |
Confraternite | Congrega di Santa Croce, poi Oratorio dei Nobili, esistente fin dal XIV secolo. Confraternita del Sacramento (1540): fu costituita nella Cattedrale dal vescovo Sebastiano Delio che ne ottenne subito l’aggregazione all’Arciconfraternita di Roma. Con atto notarile del 16 dicembre 1572, Cesare Labini e il fratello, l’abate Francesco Maria, dotarono la confraternita di una cappella dedicata a San Giovanni Evangelista, di cui erano entrambi rettori e patroni. La congregazione comprendeva ottanta iscritti, divisi in quaranta confratelli, ciascuno dei quali poteva nominare una consorella (Carlucci 2008). Confraternita della Santissima Trinità (1594) Confraternita del Purgatorio (1600) Confraternita d Sant’Anna (1611) Confraternita del Rosario (1629) | |
Corporazioni | Nell’archivio diocesano di Bitonto è conservata una Copia visitationis aromatariarum universitatis Bitonti del 1558. Si tratta di un’ispezione effettuata tra il 5 e il 6 aprile di quell’anno alle farmacie della città, con grande disappunto degli speziali bitontini, Pietro Francesco Cazza e Valerio Porta, che la considerarono illegittima, minacciando invano di denunciare in Vicaria l’accaduto. La commissione, presieduta dallo speziale Mario de Cicchillis di Barletta, era composta anche da due medici bitontini, Alfonso Lucano e Giacomo Bonaventura, e da un commissario tecnico, il fisico Antonio Veles. L’ispezione era scattata per controllare che i farmaci venissero preparati scientificamente e non empiricamente (Muschitiello 2009).
Nell’Archivio De Gemmis di Bari è conservato l’atto costitutivo di una società di “aromatari”, redatto dal notaio Antonio Brigola di Bitontonel 1596. | |
Istituzioni di Beneficenza | Nel 1317, il vescovo Giovanni di Ostuni fondò una confraternita per l’assistenza degli infermi, ed edificò, presso Porta Robustina, un ospedale intitolato a Santa Maria de confratribus. Ceduto l’edificio alle monache delle Vergini, l’ospedale si fuse con quello eretto, nel 1414, dal vescovo Antonio Cicivelli, e l’amministrazione passò al Monte di Pietà. Il monte di Pietà era stato fondato nel 1559 dal vescovo Cornelio di Musso di Piacenza (Foresta 2012). | |
Schedatore | Veronica Mele | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Societa/23 |
Repertoriazioni | ||
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Archivi storici | ||
Raccolte e miscellanee | ||
Strumenti di corredo | ||
Schedatore | ||
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Fonti documentarie/30 |
Reliquie - culti -processioni | Nella cattedrale di San Valentino si conserva la reliquia del braccio del santo protettore della città. | |
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Cerimonie e rituali civici | Nel 1570, l’abate cassinese Angelo Faggi, detto il Sangrino, forse da identificare con lo stesso frate Angelo di cui scrive Apollinare, dedicò al beato Giovanni da Bitonto dei versi in cui faceva l’elogio della città: “unde praeclara genitum Botonto / Urbe te clarum titulo parentum / qua trahit servo spietate primis / traxit ab orbis”, e “tu nunc effulges minus, o Bitontum, / civitas felix, decus iner urbes / Appulas, clarum titulis avitate / Nobilitatis / Clara et heroum generosa divum / Urbs olivetis decorata laetis / Vineis cincta et bonitate agrorum / Cultu et aquarum” (Giustiniani 2, 290-291).
Un’iscrizione di epoca normanna, in un angolo della murazione cittadina, e in seguito a ridosso del giardino del Convento dei PP. Teatini, fa riferimento ai simboli dello stemma civico, ulivo e leoni: SISTE VIATOR EN VRBEM VIDES PACIS / HONORE ET BELLI GLORIA FLORENTEM / BOTONTVM VNDIQVE BONVM CVI MERITO / IN OLIVA ET LEONIBVS GLORIA EST QVOD VI/ROS ALAT AD VTRVMQVE TEMPLOS ET MANSVETOS / ET GENEROSOS ABI JAM SAT OCULIS TVIS DEBES (Libro Rosso 1900, 26). Un’altra lapide collocata sulla Porta del Carmine avrebbe elogiato i bitontini come gentes tranquilla pace fruentes e par animo robur. Il motto dello stemma, popolarmente attribuito a Federico II, recita, infatti: AD PACEM PROMPTVM OLIVA BOTONTUM, (Libro Rosso 1900, 5). Nello stemma originario, tuttavia, non dovevano essere presenti i leoni, simboleggianti, infatti, le due parti cittadine che governavano la città, i nobili e il popolo, dopo il riscatto della demanialità nel 1551. Cinque uccelli appollaiati sui rami d’ulivo rappresentano, invece, i cinque casali del tenimento cittadino; secondo un’altra interpretazione rappresenterebbero le cinque infeudazioni cui era stata soggetta la città prima del 1551: Giacomo Caldora, duca di Bari; Giovanni Ventimiglia, marchese di Geraci; Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto; Giulio Antonio Acquaviva, conte di Conversano ed eredi; Consalvo de Cordova, duca di Terranova, ed eredi. | |
Ingressi trionfali, allestimenti e rappresentazioni | In occasione dell’insediamento sulla cattedra vescovile di Cornelio Musso, il notaio Tommaso de Pisarellis annotò nei suoi protocolli che il 4 novembre 1459, alle ore venti, il prelato fu accolto da archi trionfali posizionati nei pressi di S. Leone, dinanzi alla Porta Barisana, d’avanti alla spezieria di Bartolomeo de Electis, e l’ultimo d’avanti alla scalinata del vescovado (Sammati 2009, 62-63). Nell’Archivio De Gemmis della Biblioteca Provinciale di Bari, è conservata la copia di una deliberazione del 1550 dell’Università di Bitonto relativa a disposizioni sul “pallio” da portarsi in onore del duca di Sessa in visita in quella città. Alla copia è allegata una lettera del 1785 diretta da Domenico Festa al conte Giovanni Antonio de Ildaris eletto sindaco di Bitonto per offrirgli i suoi servigi. | |
Schedatore | Veronica Mele | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Riti e Cerimonie/23 |
Architetti, ingegneri e tavolari attivi in città | ||
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Mura e porte urbiche | ||
Strade e piazze | ||
Infrastrutture urbane | ||
Strutture assistenziali | ||
Castelli e fortezze | ||
Palazzo signorile | ||
Edifici pubblici |
Sedile del Popolo (distrutto) | |
Palazzi privati | ||
Edifici religiosi |
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Apparati effimeri | ||
Schedatore | Antonio Milone | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Architettura/23 |
Artisti attivi in città | ||
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Opere d'arte medievali e moderne | Cattedrale, ambone Cattedrale, tomba di Giovan Francesco de Ferraris Cattedrale, rilievo cd. di Federico II San Domenico, tomba di Petruccio Bove San Domenico, acquasantiera Scesa San Francesco, lunetta erratica di portale | |
Collezioni | ||
Schedatore | Michela Tarallo | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Produzione Artistica/13 |
Mappe territoriali | ||
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Piante di città | Nella documentazione raccolta da padre Angelo Rocca intorno al 1584 sono conservate due piante della città (Muratore, Munafò 1991, 104-107: Pianta, disegno, 1584 circa (Roma, Archivio generale agostiniano, Carte Rocca, P/4); Pianta, disegno di Michelangelo Azzario (Roma, Biblioteca Angelica, Bancone Stampe, 56/83). | |
Vedute di città | ||
Apprezzi di tavolari | ||
Schedatore | Antonio Milone | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Cartografia storica/36 |
Fonti manoscritte | ||
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Fonti a stampa |
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Bibliografia | Acquafredda 1936-1938: Vito Acquafredda, Bitonto attraverso i secoli, voll. 3, Bitonto 1936-1938.
Ambrosi 1980: Angelo Ambrosi, "Variazioni nel disegno urbano nel '600 a bitonto", in Cultura e Società a Bitonto nel sec. XVII, Atti del seminario di studi (Bitonto, dicembre 1978-maggio 1979), a cura di Valentino Garofalo, Bitonto 1980, 280-342.
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Barone 2011-2012: Maria Teresa Barone, Elemento morfologici dell'architettura rinascimentale in terra di Bari. Il caso del palazzo Sylos Calò a Bitonto, tesi di dottorato (tutor Francesco Paolo Fiore), Dottorato di ricerca in Storia e restauro dell’architettura, Università di Roma “La Sapienza”, a.a. 2011-2012
Belli D'Elia 1975: Alle sorgenti del Romanico. Puglia XI secolo, a cura di Pina Belli D'Elia, Bari 1975.
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Rogadeo 1751: Giovan Donato Rogadeo, Difesa della piazza chiusa di S. Anna della città di Bitonto, Napoli 1751
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Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Fonti e bibliografia/30 |
Luogo | Bitonto | |
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Denominazione | Bitonto, Archivio dell'Universitas | |
Sede storica | Almeno dal 1459 una cassa chiusa con quattro chiavi era conservata nella cripta della Cattedrale, e dalla prima metà del XVII secolo 6 casse di documenti erano conservate nella sacrestia della Cattedrale. | |
Tipologia | ||
Soggetti produttori | Universitas di Bitonto | |
Storia dell'archivio | Le prime informazioni riguardanti il sistema adottato per la conservazione delle scritture dell'Universitas risalgono al secolo XV; infatti da un documento del notaio De Tauris, pubblicato da Francesco Carabellese, si ricava che l'archivio cittadino, o almeno gli atti più importanti che attestavano titoli di possesso e privilegi della comunità bitontina, fosse conservato nella cripta della Cattedrale. In particolare si rileva che il 18 febbraio del 1459 il notaio De Tauris si recò «in confexione episcopatus Botonti» e alla presenza di Leone de Girardis sindaco dei nobili, di Francesco Antonio de Aparma ordinato dei nobili, di Domenico Paparicio ordinato del popolo, di Feravantus de Barisano sindaco del popolo, «aperuit cassonum unum, in quo erant et sunt certa privilegia et scripturas universitatis Botonti in dicta confexione existente clausum cum quatuor clavibus» (Carabellese 1901, 172; Id. 1897, 148). Molto più tarda è poi la notizia che nel corso della santa visita del vescovo Giovanni Battista Stella del 1620, di cui si conserva la relazione nell'Archivio storico diocesano di Bitonto, fu rilevato che nella stanza del lavamani, nella sacrestia della Cattedrale, risultavano custodite molte casse contenenti documenti, tra cui cinque di carte private ed una più grande di scritture e privilegi dell'Universitas di Bitonto, oltre all'archivio delle scritture del Capitolo. | |
Consistenza dell'Archivio | ||
Fondi archivistici | ||
Strumenti di corredo | ||
Raccolte e miscellanee | 1. Libro Rosso ovvero platea della magnifica Università di Bitonto: Biblioteca comunale Eustachio Rogadeo di Bitonto, ms. A 3/1, del XVI secolo, di carte 427, mm 430x290. Volume cartaceo, mutilo delle prime carte; legatura in pelle rossa (ed. De Capua 1987). 2. Libro di conclusioni dell'Università di Bitonto del 1567: Archivio storico del Comune di Bitonto, ms. cartaceo mutilo in principio ed in fine, di carte 209 numerate (ma si comincia dalla carta 100). 3. Il secondo Libro delle conclusioni che si conservi, cronologicamente successivo al precedente, è il Liber conclusionum dell'anno indizionale 1626-27: cartaceo, di carte 76 numerate, mutilo in principio e alla fine, poco ben conservato. 4. Libro del patrimonio della città di Bitonto: ms. cartaceo di carte 162 numerate, mutilo in fondo; è chiuso in una busta membranacea. Precedono 15 carte non numerate, delle quali nella prima è il titolo: "Notamento della città di Bitonto" e più giù "Libri delle conclusioni del 1605 in 1606, 1617 in 1618, 1620 in 1621". A carta II recto si trova l'indice dei notai dal 1456 al 1537, e nel tergo della medesima carta comincia l'indice generale del libro per lettere alfabetiche. A c. XII segue: "Cronica di Botonto. Botonto città preclara fu edificata da Botone re alli 212 anni del Signore, al quinto anno dopo la conversione di Francia alla fede cattolica. Questa città si lege haver havuto sotto al suo dominio trenda due ville delle quale sono queste, videlicet in primis Palo, il quale anticamente si chiamava Trenta, perché contineva in sé trenta piscine d'acque..." ecc. La stessa cronaca è riprodotta in forma latina alle pag. 7-13 dell'opera del frate Apollinare di San Gaetano Il cavaliere romito, Storia panegirica del P. F. Ambrogio Mariano di S. Benedetto, dedicata a Nicolò Planelli, pubblicata in Napoli nella stamperia di Vernuccio e Layno, 1693. Il frate di San Gaetano dice di ricavarla dall'Historia S. Petri de Castello eiusdem civitatis Bitonti, e precisamente dal capitolo "De Aedif. et Orig Bitunti", che è stata vista solo da Carabellese. A c. XIV è la lista dei vescovi di Bitonto dal 1333 al 1668. A c. XIV è la lista dei vescovi di Bitonto di cui il primo segnato è Giovanni, del 1333, tratto "ex sceda notarii Nicolai Antonii Regna in confirmatione capitoli S. Nicolai et Hospitalis"; il secondo è Giacomo, del 1363, il terzo Andrea de Paleonibus d'Urbesio, del 1443, e si arriva fino al 1668 con Francesco d'Acquaviva domenicano. Questa cronaca dei vescovi è di mano diversa dalla precedente che è ripresa a carta I:"«La città di Bitonto ritrovandosi sotto il dominio et potestà dell'illustre signore don Consalvo Ferdinando di Cordova, duca di Sessa, fu da quello venduta et allenata alli cittadini de città istessa di Bitunto per docati sessanta sei milia, come dalle sequenti cautele appare [...]", ecc. A c. 4, "Dogana di Bitonto"; a c. 6, "Sito della città di Bitonto et suo territorio"; a c. 7, "Chiese che tiene la città di Bitonto"; a c. 8, "Gabella della farina"; e così seguita degli altri dazi sempre a modo di cronaca, citando dei secoli XIV, XV e XVI documenti in pergamena dell'Archivio dei privilegi di essa città dentro la sacrestia della Cattedrale e il Libro Magno, cioè il Libro Rosso. Qua e là ci sono delle aggiunte della stessa mano della cronaca dei vescovi, come a c. 35, "Fameglie nobili che godono nel regimento di questa città di Bitunto, quali si mettono per ordine alfabetico, estratte da schede antiche de' notari e cautele della città"; a c. 38 "Annue intrate et censi che esigge la città". A c. 56b comincia l'elenco dei sindici della Università di Bitonto eletti anno per anno, due per volta, uno nobile e l'altro popolare, dal 1446 al 1691, con qualche lacuna (o perché non se ne conoscevano i nomi o perché in un determinato anno non ne furono eletti); accanto ai nomi di acuni sindici è aggiunta qualche notizia storica o di cronaca cittadina. A c. 69 ritorna la prima mano nel riportare l'applicazione e ripartizione della tassa fuocatico nel Regno. | |
Note | ||
Bibliografia | Carabellese 1897: Francesco Carabellese, "Bitonto", in Gli archivi della storia d'Italia, a cura di Giuseppe Mazzantini, Rocca S. Casciano 1897, 148.
Carabellese 1901: Francesco Carabellese, La Puglia nel secolo XV, I, Bari, 1901, 172.
Libro Rosso: Libro rosso della università di Bitonto (1265-1559), a cura di Donato Antonio De Capua, Palo del Colle 1987. | |
Allegati | ||
Link esterni | ||
Schedatore | Veronica Mele | |
Data di creazione | 19/07/2014 18:08:58 | |
Data ultima revisione | 06/04/2017 16:45:07 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Scheda Archivio/13 |